ALLEANZA, Guerra della grande
Si designa con questo nome la terza e più terribile delle coalizioni europee contro Luigi XIV. Essa ha la sua origine in una lega conchiusa ad Augusta, il 10 luglio 1686, tra l'imperatore, il re di Spagna (per i suoi possessi dei Paesi Bassi), l'Olanda e la Svezia, oltre alla Baviera, alla Sassonia e ai circoli di Franconia e di Svevia; ma la si chiamò "Grande" solo nel 1689, dopo l'adesione di Guglielmo III d'Orange, come re d'Inghilterra, e di altri stati, anche italiani.
I precedenti di questa più che decennale coalizione sono da riLercare nella politica seguita dal re di Francia dopo la pace di Nimega, che, nel 1678, aveva messo termine all'avventurosa guerra d'Olanda e, insieme, alla seconda delle coalizioni europee contro la Francia. Quella pace aveva dato a Luigi la Franca Contea e l'illusione, in mezzo al coro generale delle lodi e delle adulazioni, di aver conseguito una potenza non mai raggiunta da alcun altro sovrano. Ma l'Olanda, cioè il maggior nemico che si voleva distruggere, rimaneva in piedi, anzi, avvantaggiata da tariffe commerciali che le si erano dovute concedere contro ogni disegno primitivo; e, dietro l'Olanda, si era affermata una unione di potenze decisamente diffidenti e ostili. Tale ostilità si accentuò ancora di più, per successivi atti del re. Primo fra essi, su consiglio del ministro Louvois, la convocazione delle famose "Camere di Riunione" che assegnarono arbitrariamente alla Francia parecchie terre della Germania, subito occupate da Luigi XIV, a danno dei vescovi di Spira e di Treviri, del conte del Palatinato, del re di Svezia, del duca del Württemberg, ecc. Venne poi la presa di possesso simultanea, avvenuta il 30 settembre 1681, di Strasburgo e di Casale. La prima era compiuta in base ad un'interpretazione cavillosa di ambigue clausole e di riserve contenute nei trattati di Mu̇nster (1648) e faceva parte di un sistematico processo di assorbimento dell'Alsazia, ormai quasi compiuto; l'altra, in base ad un trattato segreto carpito all'imbelle duca di Mantova l'8 luglio 1681. Casale doveva servire, insieme con Pinerolo, a tenere il Piemonte in una specie di morsa. Se le occupazioni dei feudi renani provocarono le proteste della Dieta di Ratisbona e inimicarono al re vecchi amici, come il duca del Württemberg, il conte palatino e il re di Svezia; l'impressione di dolore e di stupore prodotta dai fatti di Strasburgo e di Casale spinsero il re di Svezia e Guglielmo III d'Orange, il giovane e già celebre statolder d'Olanda, punto di convergenza oramai di tutti gli oppositori della Francia, ad un'intesa detta "Associazione dell'Aia", che fu preceduta da una violenta campagna, a base di pamphlets, dell'Orange contro le ambizioni di Luigi XIV e da una controcampagna diffamatoria dei Francesi. Al trattato dell'Aia aderivano presto, tra gli altri, la Spagna e l'Impero: donde una breve guerra tra la Francia e l'Impero, combattuta specialmenti nel Belgio e nel Lussemburgo, e chiusa con l'armistizio ventennale di Ratisbona 11 e 15 agosto 1684), dopo che l'Austria si era vista nel 1683 esposta al pericolo dell'invasione turca.
Seguirono nuovi atti arbitrari o violenti di Luigi XIV, che andavano oltre gli stessi piani del suo ministro Louvois, ispiratore primo della politica di guerra. Al tradizionale disegno di espansione e arrotondamento verso il Belgio e di penetrazione sul Reno, il re aggiunse anche, dopo Ratisbona, una politica inframmettente nel Mediterraneo, e più particolarmente, in Italia. Della quale, gli episodî che destarono maggiore impressione e rancore furono il bombardamento di Genova, nel 1684, con l'umiliazione inflitta al doge di quella repubblica, disobbediente al comando di non costruir navi per la Spagna; e, nel 1686, l'entrata in Roma di un corpo di truppe francesi, come protesta per l'estensione all'ambasciata di Francia del divieto, ormai generale e da tutti accettato, di certe immunità godute per l'addietro dalle rappresentanze diplomatiche.
La lega d'Augusta. - In un'atmosfera cosiffatta, la tempesta non poteva tardare. Crebbe la tensione degli animi, quando, morto l'ultimo elettore palatino (maggio 1685), Luigi XIV, contro la linea Pfalz-Neuburg che aveva i maggiori diritti, pretese per la cognata Elisabetta Carlotta, sorella del morto principe, la successione ai feudi femminili e agli allodî della linea di Simmern: ciò che significava metter le mani su gran parte del Palatinato. La Germania, già irritata dai metodi di governo del re francese nei territori tedeschi occupati, fu pervasa da profonda commozione: e, dietro l'esempio dell'elettore di Brandenburgo, Federico Guglielmo, cresciuto di territori e di efficienza militare dopo le recenti vittorie sulla Svezia, i vari principi, insolitamente concordi, presero l'un dopo l'altro posizione aperta contro la Francia. Luglio 1686, lega di Augusta. La quale si presentò con carattere difensivo, contro chiunque turbasse la pace. Neanche un accenno a Luigi XIV. Ma in realtà, essa era diretta proprio contro di lui e significava che quel re avrebbe trovato i collegati uniti e pronti, alla sua prima aggressione. Quest'accordo era più grave, per il fatto che vi accedevano quasi tutti i vecchi alleati della Francia, Baviera e Svezia in prima linea; e che, pur non essendovisi legato ufficialmente Guglielmo III d'Orange, tuttavia il vero spirito animatore, la vera forza dell'alleanza erano dati da questo grande nemico di Luigi XIV. Spinto anche dal Louvois, il re avrebbe voluto prevenire gli avversarî e attaccare; ma si limitò a parziali atti di ostilità, come l'invio di una flotta francese davanti a Cadice e i tentativi di far boicottare il commercio olandese in Turchia. Dalla sua parte, Guglielmo d'Orange, sebbene gli alti ceti del suo paese fossero contrarî, faceva anche lui preparativi guerreschi e attiva propaganda contro Luigi di Francia e contro il re d'Inghilterra Giacomo II, la cui condotta inabile e provocatrice verso l'Olanda secondava assai l'azione dell'Orange. Quanto all'imperatore, impegnato in quegli anni nelle guerre di riscossa contro la Turchia, si era limitato per il momento a prender posizione a fianco degli altri principi e stati. Ma già i successi del 1686 contro i Turchi, la presa di Ofen e Szegedin e la vittoria del duca di Lorena nell'agosto del 1687 a Móhacz, insomma la definitiva riconquista dell'Ungheria, erano una mezza guerra contro la Francia che dei Turchi si era sempre servita per premere sugli Absburgo. Si aggiunse in ultimo, a far precipitare gli eventi, la questione della successione nello stato elettorale di Colonia, dopo la morte (giugno 1688) di Massimiliano Enrico, l'unico rimasto amico e ligio alla Francia fra i principi tedeschi. Re Luigi sostenne pertanto l'elezione di Guglielmo di Fürstenberg, già ministro del morto elettore e suo coadiutore dal gennaio del 1688. Troppo premeva a lui avere ai suoi cenni quel piccolo stato, posto in posizione centrale, utilissimo a controllare anche l'Olanda! Contro il re, la lega portò Giuseppe Clemente, fratello minore dell'elettore di Baviera. Per la prima volta, la lega e il re di Francia si trovavano nettamente l'uno di contro all'altro. Nessuno dei due candidati riuscì in un primo tempo ad essere eletto. Deferita la scelta al papa, questi si decise, ed era naturale - sia per i maggiori titoli del bavarese, sia per i suoi non buoni rapporti con Luigi XIV - a favore del candidato antifrancese. Ciò significava escludere il re di Francia da un punto vitalissimo della Germania, donde egli poteva minacciare e i varî stati di questa e l'Olanda: e pertanto era una prima grande vittoria, una vittoria politica della lega. Luigi XIV allora ruppe gli indugi e fece occupare rapidamente dalle truppe francesi le fortezze dell'elettorato di Colonia e porre assedio alla piazza importante di Philippsburg, occupando altresì Avignone, che apparteneva al pontefice. Contro il papa stesso e i principi tedeschi vi furono violenti manifesti, che gettavano sulle loro spalle la responsabilità degli avvenimenti. Ben presto, Philippsburg cadde e i Francesi poterono entrare anche in Magonza, ceduta loro improvvisamente e con evidente viltà dal suo principe elettore. Così, in un primo slancio offensivo - mentre si succedevano l'una all'altra le dichiarazioni di guerra, dal gennaio 1689 in poi - la Francia giungeva alla linea del Reno e la superava, minacciando il cuore stesso della Germania.
La guerra nel Palatinato e l'intervento inglese. - Tra il 1688 e il 1689, la superiorità militare dei Francesi apparve evidente. Ma essa fu macchiata da incredibili vandalismi, compiuti con rammarico e resistenza degli stessi comandanti militari, dietro ordini perentorî del Louvois. Costui volle che nel Palatinato e sul Neckar si distruggessero città e campagne: il paese doveva diventare una zona fortificata e nient'altrol La stessa sorte toccò anche a molte località del Württemberg. Mannheim fu rasa al suolo; Oppenheim, Spira, Worms, saccheggiate e gravissimamente danneggiate. Fu distrutto il magnifico castello degli elettori a Heidelberg; distrutti i sepolcri imperiali; disperse le ceneri di molti imperatori; scacciati i miseri abitanti, dopo averli depredati d'ogni cosa. Rovine simili non s'erano compiute neppure durante la guerra dei Trent'anni non ancora dimenticata anzi sempre viva nella memoria; e destarono in tutta la Germania un fierissimo odio contro il nome francese. In ogni modo, le cose volgevano male per la coalizione, non sostenuta con forze adeguate dall'imperatore, affaccendato sempre coi Turchi. Ma a questo punto, intervenne un fatto nuovo che mutò l'andamento della guerra, la complicò, la alimentò ulteriormente, e contribuì a darle un indirizzo del tutto diverso. In seguito alla seconda rivoluzione inglese, che privava del trono Giacomo II, alleato di Luigi XIV e oppositore sistematico degli olandesi, Guglielmo d'Orange salpava il 12 novembre 1688 per le isole britanniche e poco dopo assumeva la corona d'Inghilterra. Si ebbe allora un mutamento radicale nei rapporti di questo paese con l'Olanda e con la lega; e ben presto, non solo veniva stretta un'alleanza tra l'lnghilterra e l'Olanda che, in quel momento, rispondeva all'interesse di tutti e due i paesi; ma il Parlamento inglese concedeva anche larghi mezzi per condurre la guerra contro la Francia. Nel settembre 1689, poi, re Guglielmo aderiva ufficialmente alla lega, la quale così acquistava veramente carattere europeo e, soprattutto, aumentava notevolmente di forza e diveniva minacciosa.
L'intervento dell'Inghilterra non rappresenta solo una nuova forza politica e militare, che si aggiunge alla coalizione ontifrancese, ma anche una forza morale nuova che Luigi XIV ebbe il torto di non comprendere, quando ritenne che la terribile lotta si riassumesse, in ultima analisi, nel conflitto personale tra lui e l'Orange. Al di sopra delle due potenti personalità che, innegabilmente, hanno dato alla guerra una passione ardente e hanno quindi concentrato su di loro il massimo interesse, si delinea, con il passaggio dell'Inghilterra dall'alleanza e dall'amicizia francese alla coalizione d'oltre Reno, una potente unione delle forze protestanti e, in un certo senso, liberali, di fronte al principio cattolico e autoritario rappresentato da Luigi. Non si tratta, veramente, di una nuova guerra di religione; ma l'elemento religioso integra gli altri elementi e accentua, approfondisce l'opposizione europea alla Francia di Luigi XIV. È opportuno anzi rammentare, a tal riguardo, che se non tutti, parecchi almeno degli Ugonotti fuorusciti, capeggiati da Jurieu, si adoprarono attivamente a pro' degli alleati, contro il loro antico sovrano; e che l'unione di tutti i protestanti d'Europa contro la reazione cattolica, scatenatasi in Francia e culminata con la revoca dell'editto di Nantes (1685), era stata invocata, sin dal 1686, da Claudio Brousson, il noto agitatore calvinista (v.).
Luigi XIV credé di potere aver ragione del nuovo re d'Inghilterra, accogliendo a Parigi Giacomo II con tutti gli onori reali e dandogli poi i mezzi per recarsi in Irlanda e di là promuovere un'insurrezione che avrebbe dovuto restaurare gli Stuart e, insieme, ricondurre l'Inghilterra all'alleanza francese. Ma la spedizione, pur iniziata con qualche successo, finì ben presto in un lacrimevole disastro. Avvenne pertanto il contrario di quanto si era sperato, perché la nuova monarchia inglese, con questo non richiesto battesimo di fuoco, poté consolidarsi assai più rapidamente di quanto lo stesso Guglielmo III potesse sperare: ciò che volle dire, anche, consolidamento della Grande Alleanza. In tal modo la situazione delle truppe francesi, nella seconda metà del 1689, andò progressivamente peggiorando. Premute dai Prussiani, esse, pur valorosameme combattendo, dovettero ripiegare sino alla frontiera di NE. ed oltre. Il 25 agosto 1689, il conte di Waldeck batteva a Walcourt, nei Paesi Bassi spagnoli, il maresciallo di Humières; dietro di lui avanzarono gli eserciti della Grande Alleanza, che, con la fine dell'anno, potevano vantarsi di aver ripresa Magonza e liberato il Palatinato. Per impedire o ritardare l'avanzata nemica, i Francesi sottoposero a devastazione sistematica le stesse provincie nord-orientali del Regno, come avevano già fatto in Germania. Così, evacuate per necessità le terre dell'elettorato di Colonia, la linea del Reno poteva considerarsi perduta del tutto.
La grande campagna del 1690-91. - Si palesò allora tutta la capacità organizzatrice del Louvois. Con sforzi immani - e in ciò gli fu di aiuto il nuovo ministro delle finanze, il conte Ponchartain, suo uomo fidato e che agì duramente - egli preparò per la nuova campagna del 1690 mezzi potenti, tanto che, raccogliendo 200.000 uomini, riuscì a superare per terra le forze degli auversarî; e, mettendo insieme 80 navi di linea, 20 fregate, 50 brulotti e 50.000 uomini e dandone il comando ad un uomo di grande capacità, il contrammiraglio Trourville, poté avere una flotta di maggior efficienza delle flotte riunite d'Inghilterra e d'Olanda, senza contare le forze irregolari di mare, formatesi da qualche tempo e costituite da un numero rilevante di navi da corsa, che, comandate da uomini di grande bravura ed esperienza, come il celebre Jean Bart, davano molta noia agl'Inglesi e agli Olandesi. Finalmente, passando sopra alla precedente attività scandalosa del maresciallo di Luxemburg, e badando solo alle sue eminenti qualità militari, il Louvois indusse il re a ridargli il comando delle milizie e ad inviarlo alla testa degli eserciti operanti verso la Fiandra. Vi era anche da guardar oltre le Alpi, dove il duca di Savoia, stanco della tutela francese e desideroso di riaver Pinerolo, cominciava a destare serie preoccupazioni e si accingeva, come fece poi il 4 giugno 1690, a stringere alleanza con l'impero e aderire alla Grande Alleanza. E qui fu inviato il Catinat, generale egualmente valoroso, ma, tra gli esecutori delle durissime direttive del Louvois, certamente il più umano e accomodante. Di fronte a così energica preparazione, gl'imperiali e i collegati perdevano invece, nell'aprile del 1690, uno dei loro più valenti generali, il duca Carlo V di Lorena.
L'errore capitale commesso nel 1690 dai collegati e specialmente dagli imperiali, troppo impegnatisi contro i Turchi che erano ritornati minacciosi e pareva puntassero sulla stessa Vienna (dondc grande, ma esagerato terrore in Austria e Ungheria), dette modo al Luxembourg di conseguire una prima grande vittoria sugli Olandesi a Fleurus, il 6 giugno 1690, pur limitata, nei suoi effetti, da un felice ritorno controffensivo del Waldeck. Ma esso non fece intendere subito l'errore ancora più grave commesso del Louvois, concentrando le operazioni militari sulla Germania e sul Palatinato e non attendendo invece a colpire fin da principio l'Inghilterra. Una vittoria navale francese a Beachy Head, riportata sugli Olandesi, avrebbe potuto facilitare questo compito, certo difficile, non impossibile; ma essa fu resa nulla da una successiva disfatta navale patita a La Hogue (29 maggio 1692), la quale mandò a monte una spedizione e invasione dell'Inghilterra, progettate peraltro troppo tardi e insieme rese impossibile gli aiuti ulteriori all'Irlanda. Solo più tardi si poterono vedere le conseguenze di questo errore di tattica; e più precisamente dal 1691 in poi, cioè da quando Guglielmo III si trasportò in Olanda, per accordarsi personalmente con gli alleati sui mezzi occorrenti al mantenimento di un grosso esercito, equivalente o superiore anche al totale delle forze francesi e preventivato in circa 220.000 uomini. Da allora in poi, il re d'Inghilterra intervenne spesso personalmente e direttamente nella condotta tattica e strategica delle operazioni.
Luigi XIV e Louvois, pertanto, rafforzati anche dalla notevole vittoria ottenuta dal Catinat sul duca di Savoia a Staffarda, il 18 agosto 1690, credettero giunto il momento di infliggere un gran colpo alla lega, prima che questa, disorientata dai successi turchi ai quali aveva, del resto, contribuito lo stesso re mandando a monte, con la missione del marchese di Chateaunef, gli approcci di pace tentati nel 1689 dai Turchi, potesse riaffermarsi. Di qui ha origine la celebre offensiva su Mons, piazzaforte di primissimo ordine e capace di dare alla Francia il comando sul Belgio. Fu ritenuto questo, generalmente, uno dei colpi più geniali del Louvois. E certo, l'organizzazione e l'esecuzione sua sono grande vanto dell'esercito francese. Ma con questo, Luigi XIV si impegnava ancora più a fondo verso la Germania e quindi, in sostanza, prolungava la guerra con azioni gloriose e brillanti, sì, ma poco utili a dargli partita vinta. Infatti, anche la presa successiva di Namur, 1692, che fu fatta con un dispiegamento di forze imponentissimo (140.000 uomini) e con l'intervento personale del re stesso alla testa di un Corpo di 50.000 uomini, mentre la Maintenon e le dame di corte vi assistevano come a un grande spettacolo, se fu militarmente un bel fatto d'arme, ebbe conseguenze pratiche quasi nulle. Certo, costituì un grave danno per gli Alleati, specialmente sotto il rispetto morale; e ne patì la stessa fama di Guglielmo III, che non era corso a tempo a soccorrere la città, pure avendo formidabili forze a sua disposizione. Ma l'Orange, se mancava spesso di iniziativa per prevenire azioni nemiche - e gli aristocratici olandesi sovente lo deridevano - era tuttavia insuperabile nello stancare il nemico e nel ristabilire l'equilibrio. Così, sebbene non ottenesse alcun risultato positivo in un successivo attacco a Steenkerken, riuscì invece a fermare i Francesi a Namur e a renderli per alcun tempo inoperosi sul Reno.
Il massimo sforzo della Francia. - L'anno 1693 segna il massimo sforzo della Francia contro la coalizione. Sebbene, dopo la morte del Louvois, avvenuta per apoplessia a 51 anni il 16 luglio 1691, il reclutamento si fosse reso assai più difficile, Luigi XIV poté ancora aggiungere ai cinque eserciti che operavano lungo tutte le fronti (nelle Fiandre, sotto il comando del Luxembourg; sulla Mosella, col gen. Boufflers; l'esercito di Germania, col Lorges, quello delle Alpi, col Catinat; sulla fronte catalana, col Noailles) un sesto esercito destinato contro gli Inglesi, sotto il comando del principe di Orléans. V'è certo qualche cosa di grandioso in questa tensione di energie contro tanti nemici. Ma essi avevano dalla loro il tempo; e bisognava quindi provocarli e attaccarli, per poterli distruggere. Donde una complicata guerra guerreggiata che costava enormemente alla Francia, senza rendere benefici adeguati. Le vittorie che si susseguirono dettero, sì, lustro e fama al re di Francia, il quale poté anche abbondare nella creazione di illustri marescialli, come avvenne del Catinat e del Boufflers; ma le vittorie finivano con l'essere inutili. Il Catinat aveva saputo contenere un'invasione del duca di Savoia nel Delfinato (dove molto lo aiutarono la resistenza degli abitanti e una specie di nuova Giovanna d'Arco, nella persona di una giovanetta della nobile casa dei La Tour du Pin), e più tardi far togliere l'assedio da Pinerolo; il Lorges prendeva Heidelberg nel maggio del 1693, distruggendola; il Noailles occupava località varie dei Pirenei; pirati davano colpi tremendi al commercio di mare dei nemici; e finalmente, a parte uno scacco patito dal re stesso sotto Liegi (e d'allora in poi Luigi XIV non prese più parte ad alcun fatto d'arme), il Luxembourg, già carico di tante vittorie e di numerosi trofei, vinceva il 29 luglio 1693 una micidiale battaglia a Neerwinden, sullo stesso Guglielmo III, in seguito alla vuale cadevano in mano ai Francesi Charleroi e Huy. Si sarebbe detto che, con tutte queste vittorie, il re di Francia avrebbe potuto imporre la sua volontà agli avversarî. Invece, non solo il re d'Inghilterra seppe con la sua solita tattica contenere il nemico e opporgli, 15 giorni dopo Neerwinden, 60.000 uomini; ma nel complesso non fu possibile trarre da tante vittorie nessun frutto tangibile e soprattutto nessuna risoluzione del lunghissimo e aspro conflitto. Gli Alleati da una parte, e il re di Francia dall'altra, rimanevano fermi sulle rispettive invariate posizioni.
Se non che, col passar del tempo, la Francia, nonostante la superiorità militare, s'avviava alla rovina. Essa non poteva tollerare a lungo gl'immensi sforzi e i sacrifizî che la guerra le imponeva, aggiuntisi a quelli delle guerre precedenti. Perciò re Luigi, consapevole di questo stato di cose, si mostra ora desideroso di giungere a un accordo. Si mostra anzi molto arrendevole, in quanto, dopo tante vittorie, dichiara di essere disposto a rinunziare a gran parte delle conquiste e a restituire le terre occupate nei Paesi Bassi e nell'elettorato di Treviri: il che costituiva addirittura l'abbandono di tutta la sua vecchia politica di espansione a nord. Ma gli alleati, pur nel complesso inferiori militarmente fino ad ora, tengono un atteggiamento da vincitori e rifiutano ogni intesa. Capivano che, per essi, bastava pazientare. A loro non era ignota la pietosa condizione interna della Francia e come re Luigi fosse spinto precisamente da questo a sollecitare la pace. Per dare un'idea delle difficoltà in cui si dibattevano la nazione, il governo e il re di Francia, basta ricordare che, per le spese sempre crescenti, - mentre scemava la capacità produttiva del paese - si dovette procedere a larghe vendite di uffici, imporre nel 1693 il cambio delle monete d'oro e d'argento con monete di carta, che rinvilirono del 25% ( n (e si ottennero ciò non ostante appena 30 milioni di lire), interrompere le grandi costruzioni, sospendere i pagamenti. L'esercito stesso finì per essere mal provveduto; e, a partire dal 1694, dovettero spesso provvedervi, con sacrifizî personali, gli stessi ufficiali e generali (celebre in proposito il Noailles). Finalmente, è da aggiungere la miseria largamente diffusa, la carestia prodotta dai cattivi raccolti del 1692-93, le numerose sommosse provocate dalla fame. Con tutto questo, il re Luigi, nell'impossibilità di ottenere la pace, fu costretto a provvedere con ogni possibile mezzo: ma non poté più continuare la guerra d'offesa. Dal 1694 in poi, la sua non è che una dolorosa guerra di difesa. Si hanno ancora episodî di audacia e di valore militare; ma non riescono a impedire il lento e graduale disfacimento di tutta la compagine militare creata dal gran re.
La guerra di difesa e i trattati di pace. - Quesso sulla stretta difensiva l'esercito del Luxembourg, il più valoroso e fortunato sino ad ora; bombardata dagli alleati Dieppe; abbandona: a per mancanza di mezzi la flotta e lasciato unicamente ai pirati il compito della difesa del mare; ben presto re Luigi perde ogni influenza in Germania e in Italia e deve abbandonare i luoghi che avevano visto le sue glorie maggiori. Nel 1695, sperando di attrarre a sé il duca di Savoia, restituisce Casale al duca di luantova: senza con questo riuscire nello scopo, perché il duca di Savoia voleva soprattutto Pinerolo, testa di ponte della Francia in Piemonte. E Pinerolo, legato da Richelieu alla Francia, è ceduto esso pure (1696). Un'altra dolorosa perdita è quella di Namur, ripresa da Guglielmo d'Orange e perduta dall'inetto maresciallo Villeroy, succeduto a un certo punto al Luxembourg: anzi con questo auvenimento, che distruggeva la più gloriosa delle conquiste francesi, la Grande Alleanza dava, si può dire, il colpo di grazia al re di Francia. Dopo d'allora, convenutosi in un primo trattato di rispettare la neutralità dell'Italia, riuscì alla diplomazia francese, col ministro Colbert, di poter finalmente stabilire dei contatti e di addivenire a trattative, approfittando più particolarmente del fatto che in Inghilterra si era oramai stanchi della guerra e della grave crisi monetaria anche lì sopraggiunta, e sfruttando l'opposizione sempre più manifesta degli Olandesi a continuare una lotta che si faceva più che altro col loro denaro. Preoccupava poi tutti, e Alleati e Francia, lo stato malaticcio del re di Spagna Carlo II, e la sensazione che alla sua morte, non lontana, sarebbero venute innanzi nuove e gravi questioni per tutta l'Furopa. I rappresentanti francesi si presentarono a Neuburg Hausen, presso Ryswich, con propositi assai moderati. Già in un trattato col duca di Savoia del 29 giugno 1697, la Francia (che succissivamente in un altro accordo conchiuso tra il Tessé e il Groppello sanzionava la cessione di Pinerolo) si assicurava la tranquillità in Italia: nel qual trattato, è notevole un articolo segreto col quale si concordava la cessione della Savoia al re Luigi, ove il duca sabaudo acquistasse Milano. A Ryswick, pertanto, si dibatté essenzialmente l'assetto europeo e, superate le diffiioltà di vario genere presentatesi, si addivenne (v. ryswick, pace di) ad una serie di accordi per cui la Francia rinunziava alle terre occupate in Germania (Treviri, Philippsburg, Kehl, Germensheim, ecc.), restituiva quelle occupate nei Paesi Bassi spagnoli (Charleroi, Courtray, ecc.) e quelle prese nella Catalogna, e conservava solo la città di Strasburgo senz'alcuna limitazione di autorità.
Così terminava questa grande e gravosissima guerra, combattuta da una parte a fini essenzialmente egemonici, dall'altra a fini essenzialmente difensivi. Per la prima volta, era intervenuta l'Inghilterra nel pieno della politica europea, in vista dell'equilibrio: allora, contro la Francia, come ai nostri tempi contro la Germania. Con questo suo intervento, che, per quanto riguarda la Francia, inizia un periodo di conflitti destinato a chiudersi press'a poco nel 1815 e costituente perciò quasi il primo anello di un'altra "guerra dei cento anni", l'Inghilterra diventa definitivamente potenza europea e continentale, acquista preminenza sull'Olanda e assume una funzione fortemente direttiva negli affari dell'Europa. Finisce, invece, la politica d'invadenza di Luigi XIV e il sogno di una nuova monarchia universale francese. Quanto all'Impero, esso, nonostante i gravi errori commessi nella condotta della guerra e la sua non adeguata preparazione alla guerra stessa, riacquista, per l'indebolimento della Francia, una maggiore consistenza. La Germania e la Spagna si volgono, d'ora innanzi, più facilmente a Vienna. Anche in Italia, i Savoia rimarranno per lungo tempo mal disposti verso la vicina monarchia. Per la Francia, infine, la guerra segnò, anche nei rapporti interni, il principio di un disagio politico ed economico che si protrarrà sino addentro al nuovo secolo.
Bibl.: Per la conclusione della guerra, v. ryswick, pace di. Per le vicende di essa, cfr. anzitutto Les sources de l'histoire de France, III: L. André, Le XVII siècle (1610-1715), iv (Parigi 1924), e v (Parigi 1926), e G. Davies, Bibliography of British History, Stuart Period, 1603-1714, Oxford 1928. Da consultare, naturalmente, le opere d'insieme dedicate a Luigi XIV e a Guglielmo III (v.), e alla storia dei varî paesi coinvolti nella guerra: cfr. specialmente Sirtema de Grovestins, Guillaume III et Louis XIV, voll. 8, Parigi 1868. G. Pagés, Le Grand électeur et Louis XIV, Parigi 1905. V. inoltre C. Gérin, Le pape Innocent XI et l'Élection de Cologne en 1688, in Revue des questions historiques, XXXIII (1883); R. Fester, Die Augsburger Allianz, Monaco 1893; P. Haacke, Brandenburgische Politik und Kriegsführung in den Jahren 1688 und 1689, Berlino 1896; K. von Landmann, Wilhelm III von England und Max Emanuel von Bayern im Niederländischen Kriege 1692-7, Monaco 1901; G. Kock, Die Friendsberstrebungen Whilhems III v. England in den Jajren, 1694-97, Tubinga 1903; P. de Ségur, Le tapissier de Notre-Dame. Les dernières années du maréchal de Luxembourg (1678-1695), Parigi 1903; G.N. Clark, The Dutch alliance and the war against French trade, Manchester 1923. Per la partecipazione degli ugonotti fuoriusciti alla lotta contro Luigi XIV, J. Dedieu, Le rôle politique des protestants français (1685-1715), Parigi 1920.