Vedi CAPESTRANO, Guerriero di dell'anno: 1959 - 1973
CAPESTRANO, Guerriero di
Statua, così detta dal luogo di ritrovamento (in provincia dell'Aquila), rappresentante un uomo rivestito delle sue armi. Tagliata nel calcare tenero locale, alta complessivamente m 2,09 senza il plinto, era posta sulla tomba del personaggio che rappresentava, come si deduce dal fatto che è stata trovata, insieme ad un busto acefalo femminile, in una vasta necropoli le cui tombe più antiche risalivano al VII-VI sec. a. C.
Il guerriero è rigidamente eretto, con i piedi distanti e paralleli, sostenuto alle spalle da due appoggi di forma rozzamente piramidale che portano incisa nella parte esterna la figura di una lancia. L'armatura è costituita da due dischi (che nella realtà erano in lamina metallica) uno sul petto e l'altro sul dorso, sostenuti da corregge, una difesa triangolare (che doveva essere in cuoio o in lamina metallica) copre l'addome e l'inguine, rafforzata da una linea marginale più spessa decorata a meandro. Le braccia sono strette sul davanti e sostengono una spada con rilievi di animali fantastici sull'impugnatura, un pugnale posto su questa ed un'esile ascia incrociata; due armille si stringono intorno al braccio sinistro ed una intorno a quello destro; una doppia collana con breve ornamento sul davanti, cinge il collo. Il viso si ritiene coperto da una maschera (metallica), la cui linea di confine è nettamente segnata sul volto, e che, secondo la più comune interpretazione, faceva parte dell'armatura; oppure sarebbe stata una maschera funeraria che si metteva addosso ai cadaveri, secondo un uso in voga fin dai tempi micenei e non ignoto ai Romani. Anche le orecchie sono forse rappresentate chiuse da una difesa. Sulla testa, il guerriero ha un elmo a tesa larghissima (m 0,65 di diametro) con un cimiero di penne (oggi in massima parte di restauro) fissato ad un rialzo decorato a meandro. La sproporzione di questo copricapo ha fatto pensare che si trattasse invece di uno scudo e tutta la statua rappresentasse il defunto che assiste ritto (sostenuto dalle due lance) ai suoi funerali, con lo scudo in testa, costume largamente praticato a Roma (Polyb., vi, 53) e presso i popoli italici. Lo scudo sulla testa andrebbe messo in relazione da un lato con la devotio, per cui ci si copriva la testa durante le funzioni religiose, e dall'altro con una tendenza a dare a cippi tombali una copertura a forma di scudo (specialmente in necropoli etrusche: Vetulonia).
L'ipotesi di riconoscere nel guerriero di C. una immagine di consacrazione (devotio) sembra confermata dall'altezza della scultura, corrispondente a sette piedi romani (Liv., viii, 10, 12).
Gli oggetti che si vedono raffigurati indosso al guerriero sono stati identificati con altri rinvenuti in tombe etrusche o italiche delle località relativamente vicine; il luogo infatti in cui era la statua era quello di una popolazione che nelle proprie manifestazioni artistiche e culturali, pur mantenendo una base di elementi indigeni (piceni o sabelli), riceveva influssi etruschi. I due dischi hanno riscontro con altri simili rinvenuti su scheletri in tombe di Alfedena, elemento che poi si svilupperà con la corazza tipicamente sannita formata da tre dischi sul petto e sulla schiena; il triangolo sull'addome è simile ad altri di lamina bronzea scavati in Etruria e nel Piceno; dell'ascia si ha un esemplare simile in ferro, trovato a Chiusi; maschere sono state trovate a Chiusi e nel Piceno, in lamina bronzea (v. canopo); anche elmi simili, però con tesa più ridotta, sono stati scavati nelle vicine regioni adriatiche.
Sul problema artistico di questa statua si sono accese notevoli discussioni; alcuni la vorrebbero ritenere un esemplare della metà del VI sec., tipico della civiltà sabellico-picena, non estraneo quindi ad influssi etruschi e anche greci, mediati o immediati, pur ostentando manifestazioni primitive tipiche di ogni arte periferica; del resto, è facile il confronto delle figure sull'impugnatura della spada con altre dell'arte etrusca orientalizzante. Un'altra corrente di studiosi, invece, mettendo questa statua a confronto con monumenti dell'arte gallica e iberica, la valuterebbe come concepita sotto un influsso predominante dell'arte celtica.
Su uno dei sostegni è incisa una iscrizione in caratteri e lingua presabellica o sud-picena, in cui probabilmente si deve leggere il nome, patronimico, ecc., del defunto. (v. Italica, arte).
Bibl.: G. Moretti, Il guerriero di C., con appendice epigrafico-linguistica di F. Ribezzo (Ist. Naz. Arch. St. Arte - Opere d'arte, IV, Roma 1936); S. Ferri, Osservazioni intorno al guerriero di C., in Boll. d'Arte, 1949, pp. 1-9; M. Pallottino, Capestranezze, in Archeologia classica, I, 1949, pp. 208-210; A. Boëthius, Sulle origini della scultura italo-etrusca, in Studî Etruschi, XXI, 1950, pp. 14-16; (cfr. anche A. Minto, I clipei funerarî etruschi ed il problema delle origini dell'imago clipeata funeraria, in Studî Etruschi, XXI, 1950, pp. 25-57; F. Ribezzo, Popolo e lingua degli antichi piceni, ibidem; E. Polomé, À propos du guerrier de C., in La nouv. Klio, IV, 1952, pp. 261-270; L. Adams Holland, in Am. Journ. Arch., LX, 1956, p. 243 ss.; A. Boëthius, in Eranos, LIV, 1956, p. 202 ss.; G. Radke, Pauly-Wissowa, VIII A, c. 1779 ss.