Guerriglia
di Werner Hahlweg
Guerriglia
sommario: 1. Definizione della guerriglia. 2. Fondamenti storici. 3. Forme, strutture e moventi della guerriglia contemporanea. 4. Teoria e prassi della guerriglia. 5. Possibilità e limiti della guerriglia moderna. 6. Stato della ricerca. 7. Conclusioni: la guerriglia come fattore politico-sociale del nostro tempo. □ Bibliografia.
1. Definizione della guerriglia
La guerriglia, ossia la lotta di piccole o piccolissime unità armate contro un nemico inizialmente più forte (almeno apparentemente), non è nata nel XX secolo ma ha fondamenti storici più remoti. A partire dalle singole situazioni concrete, sono state date varie definizioni della guerriglia, talvolta vaghe o incomplete. Di fronte alla molteplicità di forme e di moventi con cui la guerriglia si presenta e che la rendono di volta in volta sostanzialmente diversa, è difficile trovare una sua definizione universalmente valida: per il momento lo studio di questo fenomeno non può che essere affrontato caso per caso.
Il concetto di guerriglia è polivalente e non è stato finora chiarito in modo definitivo, nel senso di un'individuazione storica e di una differenziazione sul piano concettuale; tale stato di cose è testimoniato fra l'altro dalle svariate denominazioni di ciò che viene generalmente associato a quel concetto nei processi di rappresentazione e di astrazione delle forme fenomeniche esteriori. Com'è noto, il vocabolo deriva dallo spagnolo guerrilla (‛piccola guerra'), e allo stesso diminutivo corrispondono in francese petite guerre (usato già nel Settecento), in inglese small war o guerrilla, in tedesco Kleinkrieg o Guerillakrieg. In tedesco troviamo, oltre a denominazioni più antiche come Parteien, Parteigängerkrieg, Streifparteien, Detaschmentkrieg (‛guerra di pattuglie'), le espressioni verdeckter Kampf (‛lotta clandestina'), subversiver Krieg (‛guerra di sovversione'), Bandenkampf (‛lotta di bande partigiane'); quest'ultimo termine, che può assumere un valore spregiativo, trova riscontro nel russo partisanka voina. Emergono peraltro da tutte queste denominazioni alcuni caratteri ben definiti della guerriglia: lotta armata di piccolissimi gruppi operanti, almeno fino a un dato livello, con una certa autonomia tattica. Nel suo corso di lezioni sulla guerriglia (1810-1811), Clausewitz la definisce appunto come ‟guerra condotta da piccole unità". I gruppi di guerriglieri che si costituiscono nelle guerre di popolo o nelle lotte di resistenza possono agire come formazioni separate, ma sostanzialmente collaboranti con le forze armate regolari, oppure come gruppi terroristici e bande partigiane. S'intende anche per ‛guerriglia' la particolare tattica di combattimento di questi piccoli gruppi o reparti, caratterizzata dalla massima mobilità e rapidità, da apparizioni fulminee seguite da un'altrettanto rapida ritirata (il ‟mordi e fuggi" di Che Guevara), dal fattore sorpresa, da assalti e continue azioni in punti sempre diversi: una tattica che presuppone individui combattenti ben addestrati e di elevate doti morali, coscienti degli scopi per cui lottano.
In conclusione, il concetto di guerriglia va precisato mediante la conoscenza critica dei vari casi concreti, tenendo conto fra l'altro del tipo di motivazione che ne è alla base: sarà possibile allora distinguere chiaramente la guerriglia dal semplice terrorismo o banditismo e dagli atti di vera e propria criminalità. La guerriglia, quindi, non può mai essere concettualmente disgiunta dai principi politici, morali o ideologici di chi la pratica: essa non è una tecnica o un mestiere, né è riducibile all'uso indiscriminato della violenza.
2. Fondamenti storici
Per comprendere la guerriglia del XX secolo occorre rifarsi allo sviluppo storico di cui essa è il risultato: una simile visione storica consentirà se non altro di cogliere alcuni nessi illuminanti circa la formazione di determinate strutture di questo tipo di lotta. La storia della guerriglia può farsi risalire all'antichità e prosegue senza interruzioni attraverso il Medioevo fino all'età moderna e contemporanea. È la forma di lotta scelta da chi pensa di poter dispiegare così le proprie forze nel modo più efficace e funzionale; è guerra di rivolta, di liberazione nazionale e sociale, guerra totale di popolo, resistenza armata contro un dominio straniero o contro un regime aborrito. La guerriglia è al tempo stesso un fenomeno sociale, politico, economico e psicologico, un fattore d'azione sui generis: nata dal profondo della sfera civile, nel suo esercizio si converte in energie politico-militari che possono a loro volta, in relazione alle circostanze, mutare violentemente le strutture di un'intera società e in generale creare nuovi rapporti di forza nel campo del potere politico. Chi sente di essere oppresso e si rifiuta assolutamente di riconoscere il sistema di potere che lo sovrasta si dà alla guerriglia, per lo più utilizzando in un primo momento mezzi di fortuna. In lui si compie innanzi tutto, attraverso una riflessione critica interiore, una trasformazione psicologica (mutamento di coscienza) che lo porta a un'opposizione radicale verso la realtà contestata (sistema sociale, forma di potere, ecc.) e che sfocia infine nella violenza armata.
Esempi storici di guerriglia sono la rivolta antispagnola degli Olandesi, durata ottant'anni (dal 1568 al 1648, o quanto meno fino al 1609, data della costituzione dei Paesi Bassi Settentrionali); la guerra americana d'indipendenza dagli Inglesi (1776-1783); le rivolte polacche contro i Russi del 1830 e del 1863; la Pasqua irlandese del 1916. Accanto a questi troviamo anche esempi di guerriglia ‛regolare', condotta cioè da piccoli reparti speciali dell'esercito, come avvenne da parte prussiana nelle guerre di liberazione del 1813-1815 e nella guerra contro la Francia del 1870-1871. Osservazioni e studi al riguardo furono compiuti da ufficiali combattenti e da esperti prussiani come il maggiore (poi generale) von Colomb o il capitano e scrittore di cose militari Cardinal von Widdern. Anche in Svizzera la guerriglia nelle sue varie forme ebbe un ruolo importante: oltre a essere praticata con successo, essa fu oggetto di lucide analisi teoriche (Wieland, Gingins-La Sarraz, Rudolf, von Erlach). Altri esempi di guerriglia sono quella degli Olandesi di Pieter van Guethem durante la guerra di successione spagnola e quella che i soldati della città libera di Danzica guidati dal maggiore Gottfried von Conradi condussero nel primo ventennio del XVIII secolo contro le milizie polacche penetrate illegittimamente nel territorio della città. Durante le guerre slesiane, un'attiva e multiforme guerriglia fu combattuta in Boemia dagli Austriaci contro i Prussiani, con l'impiego di formazioni speciali di truppe leggere. Il Settecento fu appunto il secolo in cui la guerriglia divenne una professione e un'arte, nel quadro delle guerre condotte dagli eserciti mercenari al servizio delle monarchie assolute; contemporaneamente si ebbero i primi modesti inizi di una teoria della guerriglia, più che altro sul piano professionale della tattica. Esperti e studiosi di questa forma di arte militare come Grandmaison, de Jeney, Scharnhorst e soprattutto Ewald (quest'ultimo, nativo dell'elettorato d'Assia, partecipò alla guerra d'indipendenza americana e fu poi generale dell'esercito danese) delineano nei loro scritti la tecnica della guerriglia e, la esaltano come un'autentica scuola per l'ufficiale desideroso di affermarsi, in quanto esige da chi la pratica doti militari di prim'ordine.
Con la guerra d'indipendenza americana e con l'età della Rivoluzione francese e di Napoleone, si compie l'evoluzione della guerriglia verso la sua forma moderna. Essa si presenta ora come un fattore politico, sociale ed economico connesso con le insurrezioni nazionali, coi rivolgimenti sociali e con la nuova coscienza: le trasformazioni che gli eventi rivoluzionari provocano nella società fanno sì che i motivi della guerriglia assumano un'ampiezza e una profondità finora sconosciute. La guerriglia diventa parte integrante della dinamica rivoluzionaria e controrivoluzionaria, presentandosi come guerra di masse popolari, caratterizzata da un'asprezza e un'intensità mai viste né immaginate fino a quel momento: una spietata guerra d'annientamento, in cui le forze in campo non sono più distinguibili dai fattori politici ed economici e dall'ordinamento sociale, ma rappresentano anzi le strutture stesse della società. Esempi ben noti sono la rivolta della Vandea (1793-1800), la guerra popolare spagnola (1808-1814, ancor oggi considerata come un modello di guerriglia moderna ed efficace), la rivolta popolare tirolese del 1809 e le azioni dei partigiani russi contro la Grande Armata napoleonica nel 1812. Al tempo stesso, da queste premesse, forme e possibilità d'azione la teoria della guerriglia riceve nuovo impulso: ne sono testimonianza, fra l'altro, le riflessioni di Clausewitz sulla guerra di popolo nell'opera Della guerra, le già ricordate lezioni sulla guerriglia da lui tenute negli anni 1810-1811 e la cosiddetta Bekenntnisdenkschrzft della primavera 1812, come pure i saggi e i manuali del capitano austriaco Schels e del croato Dragollowic. Del resto anche i riformatori prussiani - Gneisenau, von Stein, Scharnhorst - propugnavano la guerriglia come guerra di popolo e la consideravano come un efficace strumento per la lotta di liberazione dal dominio napoleonico da essi auspicata.
Intorno alla metà dell'Ottocento, emerge nella teoria della guerriglia la componente socialista-rivoluzionaria: nei loro scritti militari Marx ed Engels analizzano criticamente i moti insurrezionali del loro tempo, occupandosi della guerra del 1848-1849 in Italia, della guerriglia spagnola del 1808-1814 e della successiva guerra civile carlista degli anni trenta. In particolare è Marx a stabilire i principi di una forma socialista di guerriglia. Nei suoi quaderni di estratti troviamo brani dalle opere del noto generale e scrittore militare prussiano Heinrich von Brandt sulla resistenza spagnola negli anni 1808-1812, alla quale lo stesso Brandt aveva partecipato; Marx prende inoltre in esame alcune fonti inglesi sulla guerra carlista, che - vista storicamente nei suoi caratteri essenziali - si presenta in pratica anch'essa come una forma di guerriglia. Gli studi di Marx sulla guerriglia moderna portano a queste conclusioni: 1) la guerriglia va intesa innanzi tutto come un fattore d'azione politico, sociale ed economico; 2) essa rappresenta uno strumento per cambiare con la forza le strutture politico-sociali; 3) la guerriglia come guerra totale di popolo è vincolata a funzioni ben stabilite e circoscritte e non deve degenerare nell'asocialità del brigantaggio e del banditismo comuni. In ogni caso, per Marx la guerriglia ha senz'altro le sue radici nella sfera civile ed è una componente essenziale della futura rivoluzione socialista. Engels concepisce la guerriglia in modo analogo, come risulta ad esempio dalle sue osservazioni sul comportamento degli Italiani nella guerra del 1848-1849 contro l'Austria o sulle particolari condizioni della guerriglia in montagna, con riferimento al cosiddetto conflitto di Neuchâtel (1856).
Con le vicende della Comune di Parigi nella primavera del 1871, con gli scritti di Lenin sulla guerra partigiana (1906), con le due guerre mondiali (in particolare con la seconda) e con gli eventi dell'ultimo trentennio, la guerriglia si è imposta sempre più all'attenzione mondiale, assumendo al tempo stesso una nuova dimensione strategico-politica. In pratica non vi è parte del globo in cui essa non sia presente, in connessione con i problemi del Terzo Mondo, con le rivolte dei gruppi radicali negri negli Stati Uniti, con l'attività dei movimenti rivoluzionari dell'America Latina, da Cuba al Brasile, dal Venezuela all'Uruguay, dalla Colombia all'Argentina. Il fatto che la guerriglia stia diventando sempre più globale e organica coincide con l'emergere nella politica mondiale di nuovi fattori: i movimenti di liberazione nazionale e sociale tendono infatti a sovvertire le strutture di potere e gli ordinamenti sociali esistenti, perseguendo come fine ultimo l'alternativa di un ordine mondiale socialista fondato sui principi del marxismo-leninismo o del maoismo, associati talvolta a istanze nazionalistiche.
Un'importante cesura nella storia di questo processo è costituita dalla seconda guerra mondiale. Nei paesi occupati dalla Germania si sviluppò, come espressione visibile di resistenza, una guerriglia generalizzata che finì con l'essere una vera e propria risposta alla guerra-lampo condotta inizialmente con tanto successo dai Tedeschi. Nelle vaste regioni rapidamente conquistate le popolazioni civili, investite di sorpresa e per così dire travolte dalla prima fase della guerra, passarono dopo qualche tempo al contrattacco nei confronti delle truppe d'occupazione; in questo caso, dunque, guerra- lampo e guerriglia sono da considerarsi associate in un'unità dialettica.
È possibile infine distinguere un tipo di guerriglia ‛orientale' da un altro ‛occidentale'. Nel primo (guerriglia socialcomunista) la vittoria delle armi porta, almeno come tendenza di principio, a un cambiamento delle strutture sociali esistenti. Nel tipo ‛occidentale', invece, la guerriglia rappresenta solo un elemento di una grand strategy militare. Anche in questo caso essa ha un orientamento politico di fondo, in quanto è rivolta, nell'ambito assegnatole, contro una potenza occupante o contro truppe nemiche; tuttavia non è previsto alla fine delle ostilità alcun mutamento delle strutture politico-sociali, e pertanto gli obiettivi della lotta sono da un lato la liberazione nazionale e dall'altro il mantenimento dello status quo. Questa fondamentale diversità fra i due tipi di guerriglia sussiste anche se essi non presentano differenze apprezzabili nella tecnica e nelle forme di lotta.
3. Forme, strutture e moventi della guerriglia contemporanea
Col problema delle motivazioni della guerriglia l'attenzione si sposta verso l'ambito della politica, della sociologia, dell'economia e della psicologia, fino a toccare la sfera più intima ed essenziale del vivere umano. La tendenza di fondo a ricorrere alla guerriglia nasce in genere là dove si formano - nella realtà effettiva o talvolta nel modo di concepire questa realtà - certi rapporti gerarchici tra gruppi dirigenti e gruppi subalterni, tra oppressori e oppressi. Può accadere che i secondi siano qualitativamente superiori ai primi, i quali però non intendono cedere loro il campo; possono inoltre sussistere, nell'ordinamento di una società, ingiustizie sociali o economiche che a lungo andare vengono sentite come intollerabili da chi ne è vittima. Nascono così i presupposti di una sfida, di un conflitto che può sfociare nella guerriglia. Chi si considera oppresso, anche se apparentemente sottomesso, riflette criticamente sulla propria situazione finché non si compie in lui un mutamento di coscienza: a questo punto la cosiddetta ‛soglia dello stimolo' è superata, l'oppresso non è più disposto psicologicamente a sopportare i gravi sacrifici che gli vengono richiesti ed è pronto ad annientare l'oppressore, a rispondere alla violenza con la violenza. Questo processo si è riprodotto continuamente nella storia della guerriglia, in Algeria come nel Vietnam o in Irlanda. D'altra parte la guerriglia può trarre incentivi anche dalla sfera del terrorismo e dell'anarchismo, con motivazioni del genere di quelle lanciate da un protagonista della guerriglia urbana di Berlino Ovest, Michael Baumann (Bommi), con gli slogan: Rock-and-roll, ‛L'uomo scopre se stesso', ‛Vivere nelle comuni', ‛Prendere la droga', ‛Comitato centrale degli sradicati ribelli' dediti all'éahêsh di Berlino Ovest, che si autodefiniscono ‛nucleo armato della subcultura berlinese', ‛Vietnam', ‛Charles Manson', ‛Che Guevara', ‛Black Panther Party', ‛Benno Ohnesorg-2 giugno 1967'.
L'applicazione alla lotta politica del principio della guerriglia, nel suo svolgimento originato da una riflessione critica, ha in ogni caso importanti conseguenze pratiche nella vita di uno Stato e di una società. Esso porta dapprima a una critica della situazione esistente, della forma di gerarchia e dei personaggi che la rappresentano, del sistema nel suo complesso; quindi alla formazione di una teoria; e infine a un comportamento informato ai criteri della guerriglia e alla solidarietà con chi nutre le stesse convinzioni o si trova sostanzialmente in condizioni analoghe. Il motivo dominante è la necessità di eliminare quelle che sono sentite come le iniquità di uno stato di cose o di un sistema esistente, mediante una guerriglia protratta sempre più nel tempo, ma orientata senza compromessi verso soluzioni del tutto nuove e in ogni caso verso una sovversione violenta delle strutture esistenti. In questo senso la guerriglia è concepita dai suoi sostenitori come un correttivo degli abusi e delle ingiustizie della vita sociale, politica ed economica.
La politica così intesa è una politica ‛totale', senza possibilità di ripiegamento o di momentaneo disimpegno, e in cui si pone anche il problema dell'‛apparato' della controparte da combattere. Il potere esecutivo di quest'ultima dispone per lo più di forze armate regolari e di corpi di polizia ben addestrati e muniti dei più svariati mezzi tecnici: armi modernissime, mezzi di comunicazione e di trasporto, un vasto apparato logistico, apparecchiature cibernetiche (calcolatori, ecc.). Contro la guerriglia è schierato dunque un intero sistema, un organismo statale consolidato, fornito di vasti mezzi: un sistema che può essere una democrazia parlamentare, uno Stato autoritario, una dittatura o un dominio coloniale di tipo tradizionale. Da parte loro, i guerriglieri devono affrontare questo potere ponendosi la domanda: è possibile per l'individuo affermare se stesso contro l'‛apparato'? Di quali possibilità, ad esempio, dispone la guerriglia di fronte al calcolatore? Quale atteggiamento assume il guerrigliero nei riguardi delle nuove relazioni vigenti anche nell'‛apparato' - tra idee, algoritmi e decisioni nella moderna conduzione della lotta? Nel delineare questa problematica, M. Baumann contrappone all'‛apparato' l'‛istinto' del singolo: ‟Un istinto per cui inconsciamente agisci proprio nel modo giusto; questa è davvero la forma più elevata che tu possa raggiungere nelle esperienze di guerriglia, acquistare l'istinto di un animale nella giungla". La controparte dispone di un apparato ben più vasto ed efficiente, con speciali sistemi di raccolta dei dati e di identificazione: i guerriglieri allora rinunzieranno a ogni apparato e saranno invece automaticamente e istintivamente sicuri, abili nella falsificazione di documenti e nel furto di auto, esperti di armi e dotati di eccellenti capacità ideative. Più che la specializzazione, è necessaria un'estrema versatilità: a questo proposito Baumann individua come caratteristica del guerrigliero moderno quella di saper essere al tempo stesso ideatore ed esecutore, di saper assalire di sorpresa il nemico ma anche di inventare e guidare un assalto. È necessaria inoltre una conoscenza specifica degli apparecchi radio, per manipolarli in modo da poter intercettare le comunicazioni della polizia.
Il mondo odierno e sempre più pieno di conflitti, che si manifestano in genere sotto forma di guerriglie: i conflitti armati in atto all'interno delle singole nazioni finiscono col trascenderne i confini per comporsi in un quadro più ampio, come elementi di processi dinamici generalizzati di natura strategico-politica. La problematica di queste connessioni è stata oggetto di particolari ricerche, ad esempio da parte dell'International Institute for Strategic Studies di Londra (Violenza civile e sistema internazionale - I. Le finalità della violenza civile. - II. La violenza e la sicurezza internazionale). L'influsso delle nuove forze agenti su scala mondiale si manifesta specialmente in tre settori: 1) in quello della rivoluzione socialista, della sua diffusione e del suo consolidamento; 2) in quello dei movimenti di emancipazione dei popoli di colore e dei paesi sottosviluppati del Terzo Mondo; 3) in quello della pura e semplice violenza terroristica e anarchica. In pratica avviene spesso, in particolare nel Terzo Mondo, che le istanze e le finalità della rivoluzione socialista siano associate a quelle della lotta per l'emancipazione nazionale. Tutte queste attività interessano soprattutto vaste regioni dell'Asia, dell'Africa e del Sudamerica, ma presentano anche propaggini e collegamenti con l'Europa occidentale e con l'America del Nord.
Nel contesto del gigantesco processo di trasformazione in atto nel mondo, la guerriglia moderna va vista come un fattore dinamico. A questo proposito, non occorre riferirsi alle note tesi del maresciallo Lin Piao circa la lotta su scala mondiale delle ‟campagne" contro le ‟città" per comprendere quali siano le istanze ultime della guerriglia: essa tende a essere onnipresente e ad adeguarsi a ogni situazione. Ne è derivata, logicamente, una differenziazione della guerriglia in varie forme che assumono gli aspetti più diversi e sono soggette a continui mutamenti. La guerriglia rappresenta dappertutto un processo dinamico, in atto nelle città come nelle grandi distese di pianura e in montagna, nei paesi ricchi e altamente industrializzati come in quelli sottosviluppati; un fenomeno ugualmente connesso con la tensione tra mondo orientale e mondo occidentale e con quella tra Nord e Sud. La guerriglia, eventualmente guidata da determinati centri, reagisce in modo elastico ed è ricca d'inventiva: la sua forma più recente è quella dei dirottamenti aerei e degli assalti alle ambasciate o ai treni, associati alla cattura di ostaggi.
La differenziazione a cui abbiamo accennato è stata la conseguenza di nuovi complessi di circostanze, venutisi a creare a partire dagli anni sessanta. Gli insuccessi della guerriglia in campo aperto hanno dato origine nell'America Latina (per es. coi tupamaros uruguayani) alla guerriglia urbana: una forma di guerriglia di cui già si era occupato Che Guevara e che si è diffusa anche negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale. Un'altra forma è quella della cosiddetta ‛guerriglia di quadri', condotta da gruppi sorti per autoreclutamento e caratterizzata da contatti limitati o quasi inesistenti con le popolazioni. Sono emersi infine gruppi anarchici e terroristici che, pur adottando largamente i metodi propri della guerriglia, si collocano in genere su un piano diverso per quanto riguarda le posizioni di base, le finalità e le motivazioni politico-sociali: anarchismo e terrorismo non sono infatti identificabili con la guerriglia.
Il mondo odierno si trova dunque di fronte a una nuova situazione, in cui la guerriglia è spesso associata ad atti di puro e semplice terrorismo, e questo terrorismo sembra voler estendere all'intero globo terrestre la propria attività.
4. Teoria e prassi della guerriglia
Alla pratica della guerriglia ha fatto seguito la formazione di una teoria, ma a rigore ciò è avvenuto solo a partire dall'Ottocento: per quanto riguarda i due secoli precedenti, si può parlare tutt'al più di ‛istruzioni' o ‛precetti' sulla conduzione di azioni militari, concepiti su basi puramente empiriche. Ciò appare evidente, ad esempio, nei manuali e nei saggi sulla ‟piccola guerra" di Grandmaison (v., 1756), de Jeney, Ewald (v., 1785), Scharnhorst e von Boltenstern, la cui tradizione proseguì nella prima metà dell'Ottocento con gli scritti di Duhesme, Dragollow???48???ic, Valentini e Schels. Ma le basi di una moderna teoria della guerriglia furono poste soprattutto, come abbiamo già accennato, da Marx e da Engels, che ne misero in luce la componente socialista-rivoluzionaria; significativa è l'attenzione da essi rivolta alle strutture politiche, sociali ed economiche. Nel settore specialistico della tecnica militare, contribuirono all'avanzamento della teoria della guerriglia ufficiali e scrittori come von Decker, von Brandt, von Boguslawski (v., 1881), Rüstow e Callwell (v., 1976); ulteriori contributi vennero dalla cerchia dei riformatori prussiani, con Gneisenau e soprattutto con Clausewitz (v., 1966). Quest'ultimo ebbe il merito di inserire la teoria della guerriglia nel quadro d'insieme degli eventi bellici, e quindi anche nella teoria della guerra propriamente detta, mettendo sistematicamente in evidenza le connessioni interne e la globalità del fenomeno; al tempo stesso Clausewitz seppe intuire - come più tardi Marx ed Engels - le implicazioni politiche e sociali della guerriglia, mentre gli scritti dei militari già ricordati rimasero in un ambito più strettamente tecnico e non fornirono in sostanza elementi validi per impostare un'autentica teoria.
In effetti, solo nel quadro delle poderose tensioni e dei mutamenti di carattere sociale, politico-ideologico, economico, spirituale e rivoluzionario del nostro secolo, s'è potuta sviluppare una moderna teoria della guerriglia, fondata sulla riflessione critica e al tempo stesso mirante a enucleare strutture e caratteri validi sia per il presente, sia per l'avvenire. Ciò è avvenuto soprattutto in relazione agli eventi della prima e seconda guerra mondiale e alle trasformazioni delle strutture sociali e di potere che si sono avute in tutto il mondo nei decenni successivi al 1945. Gli incentivi a elaborare una teoria della guerriglia sono venuti in particolare dalle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917, dai saggi di Lenin sulla guerra partigiana e dalla rivolta degli Arabi guidati da T. E. Lawrence contro i Turchi (1916-1918). Il suo famoso libro The seven pillars of wisdom (v. Lawrence, 1935) contiene una teoria organica della guerriglia, dedotta appunto dalle esperienze degli Arabi in lotta, che è considerata ancor oggi nel mondo occidentale come una delle creazioni classiche in questo campo; non meno importante è la voce Guerrilla redatta dallo stesso Lawrence per l'Encyclopaedia Britannica (v. Lawrence, 192914).
In seguito, la rivoluzione cinese degli anni venti e la guerra cino-giapponese del 1937-1945 diedero modo a Mao Tse-tung di sviluppare una teoria della guerriglia che rappresenta una tappa importante in questo campo e che delinea un modello di lotta armata più volte imitato in altri paesi (per es. nell'America Latina, nella guerra di liberazione algerina e nella connessa controguerriglia francese, nel Vietnam, in Palestina, ecc.). La teoria cinese della guerriglia è tra le più moderne ed evolute; in essa la considerazione degli aspetti e dei condizionamenti politici, culturali, sociali ed economici si fonde col sistematico richiamo agli insegnamenti e alle esperienze della tecnica militare. In tal modo i mutui rapporti tra la guida dall'alto e quella dal basso, la tattica e la strategia, l'attacco e la difesa, come pure le varie fasi di una guerriglia su larga scala, vengono attentamente indagati e praticamente definiti in ogni caso. In questo senso la teoria maoista della guerriglia resta tuttora insuperata; anch'essa può annoverarsi fra le formulazioni classiche e appare valida, grazie alla programmatica integrazione di teoria e prassi, tanto per le situazioni presenti quanto per quelle avvenire.
In base all'esperienza acquisita nelle lotte d'emancipazione dal dominio coloniale, dal capitalismo straniero e dai governi locali a essi collegati, alcuni popoli di colore o paesi sottosviluppati hanno elaborato una propria teoria della guerriglia. Citeremo a questo proposito gli scritti del generale indonesiano Nasution, del generale nordvietnamita Vô Nguyen-giap, dell'uomo politico africano Kwame Nkrumah, dei rivoluzionari sudamericani Che Guevara e Marighella, dello statunitense Don Cox, membro del Black Panther Party e dello scomparso maresciallo cinese Lin Piao, che nel suo opuscolo Viva la vittoria nella guerra popolare! cerca di sviluppare ulteriormente la teoria maoista della guerriglia su un piano di strategia politica mondiale. A questa tendenza si ricollega la teoria del maggior ideologo nordvietnamita Truong-Chinh, nella quale la condotta della guerriglia viene messa direttamente in relazione con l'ideologia della rivoluzione socialista e con le concezioni della lotta di liberazione nazionale e anticoloniale. Secondo questa teoria, la guerriglia è così strettamente correlata con le condizioni sociali, politiche ed economiche da dover essere considerata in pratica come una ‛politica totale' che si serve di mezzi violenti.
Nell'Europa occidentale ha avuto larga diffusione un' opera del tenente colonnello svizzero von Dach dedicata interamente alla tecnica della guerriglia e intitolata Der totale Widerstand. Kleinkriegsanleitung für jedermann. Essa è stata adottata negli ambienti rivoluzionari della Germania Occidentale, dov'è apparsa come pubblicazione clandestina, accanto al Manuale minimo del guerrigliero urbano di Carlos Marighella; si tratta tuttavia di un manuale pratico d'istruzione, che si colloca più propriamente ai margini della teoria. Allo stesso genere appartiene il libro Cento problemi di guerriglia di Alberto Bayo, che in questo campo fu, com'è noto, uno dei maestri di Che Guevara; infine, anche la guerriglia anarchica ha avuto un teorizzatore in Powell, il cui The anarchist's cookbook, apparso nel 1969, è giunto nel 1977 alla sua quindicesima edizione.
A queste teorie si affiancano, in un quadro dialettico unitario, quelle della controguerriglia, altrettanto necessarie per rappresentare in tutta la sua complessità l'intero fenomeno. In particolare negli Stati Uniti (Special Forces di Fort Bragg), in Francia (Roger Trinquier), in Spagna e in Inghilterra (Richard Clutterbuck) sono state elaborate in tal senso idee e concezioni organiche dedotte anch'esse per astrazione, e per così dire specularmente, dalla prassi della guerriglia. Queste concezioni sono state sviluppate fin nei minimi particolari, nel convincimento che una riproduzione della guerriglia con segno cambiato potesse rappresentare un efficace antidoto contro di essa. Tuttavia la controguerriglia praticata in conformità di questa teoria trova un limite nella sostanziale insufficienza dei presupposti politico-sociali ed economici di base: la pura e semplice adozione degli stessi criteri tecnico-militari a cui si attiene l'avversario non può dare alla controguerriglia alcuna garanzia di successo.
Uno, dei maggiori teorici della moderna guerriglia urbana nell'Uruguay, lo spagnolo Abraham Guillén, ha elaborato, a integrazione e ulteriore sviluppo della teoria, i principi di una filosofia sociopolitica della guerriglia fondata su basi marxiste e intesa come concezione dialettica della politica; a questa filosofia egli ricollega temi come la ‟strategia della guerriglia urbana", la ‟teoria della violenza" e la ‟rivolta del Terzo Mondo". La filosofia di Guillén, oltre a rispecchiare la prassi rivoluzionaria dei guerriglieri urbani, affronta criticamente Hegel e Marx e cerca in ultima analisi di fondere tra loro anarchismo e marxismo; essa si presenta cioè come una sintesi dei contributi dati alla teoria e alla prassi rivoluzionarie da Marx e da Bakunin. Solo mediante una diversa combinazione delle due mentalità è possibile superare certi errori teorici: 1) sottovalutazione dei mutamenti rivoluzionari attuati nei paesi socialisti con l'eliminazione della classe borghese e del modo di produzione capitalistico; 2) sopravvalutazione della base popolare delle rivoluzioni del XX secolo per quanto riguarda l'aspettativa di un'imminente rivoluzione socialista suscitata e guidata dal proletariato nei paesi progrediti. Guillén enuncia così i principi informatori della sua filosofia della guerriglia urbana: ‟L'anarco-marxismo è la dottrina rivoluzionaria del nostro tempo. Dottrina marxista nella concezione dell'economia capitalistica, delle sue contraddizioni e dei mezzi per superarle; anarchica nella concezione della democrazia diretta, dell'impresa autogestita e della federazione dei lavoratori liberamente associati".
Fondamentale va considerata nella teoria della guerriglia l'analisi del rapporto fra teoria e pratica, ossia la problematica dell'integrazione fra idee e realtà. Nella guerriglia, ancor più che nella guerra regolare, la giusta soluzione di questo problema ha un'importanza vitale: se la teoria è errata, ben presto nella pratica la guerriglia fallisce, come è avvenuto per la cosiddetta ‛teoria dei focolai' di Régis Debray, che fu adottata, fra l'altro, da Che Guevara. Ciò significa che la teoria della guerriglia deve sempre poggiare concretamente su una larga base d'esperienza; al tempo stesso, il teorico della guerriglia dovrà possedere un modello generale ed essere in grado di adoperarlo per interpretare correttamente i risultati empirici. Già Clausewitz che del resto sta incontrando sempre maggior considerazione fra coloro che si occupano di guerriglia - applicò con successo un procedimento filosofico nel suo trattato Della guerra e ne fece anzi uno dei fondamenti più durevoli della sua teoria; le sue idee così feconde sulle corrette relazioni fra intenti, obiettivi e mezzi - idee che sono d'importanza fondamentale anche per la teoria della guerriglia hanno appunto origine da questa sua adozione di un metodo filosofico.
In generale, nell'elaborare una teoria della guerriglia si tende a darle la forma più ampia possibile e a mantenere una certa elasticità nelle enunciazioni, evitando ogni irrigidimento su singoli principi. I problemi da considerare vanno dalla tecnica del combattimento alla tattica e alla strategia, dai condizionamenti sociopolitici ed economici ai presupposti più genericamente umani o - nei casi in cui la situazione lo richieda - alle motivazioni ideologiche. Inoltre è compito della teoria sviluppare il dibattito sui principî, ad esempio sul ruolo svolto dai cosiddetti ‛focolai', o nuclei d'iniziativa dei guerriglieri, e dai partiti comunisti ‛tradizionali': le attività di guerriglia e i connessi orientamenti politici si formano nei ‛focolai', oppure la funzione di guida e gli influssi politici spettano ai partiti comunisti?
Una teoria che sia effettivamente riuscita ad armonizzarsi con la prassi consente ai guerriglieri di scorgere più chiaramente le connessioni generali e al tempo stesso di tenere nelle singole situazioni concrete un comportamento adeguato alla realtà. Talvolta ciò può portare addirittura a una vera e propria regolamentazione militare della guerriglia, come nel caso del già citato Manuale minimo del guerrigliero urbano di Marighella. Negli scritti di Mao Tse-tung, Lin Piao, Vô Nguyen-giap e Che Guevara si trovano anche elaborazioni teoriche sulla guerriglia strategica che hanno contribuito a collocare questa particolare forma di lotta armata, nelle sue nuove dimensioni, a fianco della guerra condotta su scala più o meno vasta dai tradizionali eserciti di massa, e quindi a equipararla a quest'ultima, e perfino a elaborare sui fondamenti della guerriglia un intero sistema di difesa del territorio. Questo tipo di organizzazione difensiva trova riscontro ad esempio nella ‛difesa globale del territorio' adottata in Iugoslavia, come pure nelle concezioni del generale austriaco Spannocchi e del già ricordato tenente colonnello svizzero von Dach sulla resistenza totale.
La teoria della guerriglia è condizionata in sostanza da tre presupposti: 1) ogni guerriglia si presenta con una sua prassi specifica, caratterizzata caso per caso in modo diverso e che costituisce un elemento determinante; 2) alla base della guerriglia vi sono motivazioni ideologiche come il marxismoleninismo, il maoismo, il nazionalismo, l'anarchismo, o concezioni più specificamente terroristiche; 3) la guerriglia è solo uno dei tanti mezzi della lotta rivoluzionaria (Lenin), ovvero è la quintessenza della guerra di popolo (Mao Tse-tung). D'altra parte, per ogni tipo di guerriglia sono validi in linea di principio, almeno nell'ambito della tecnica di lotta e della tattica, alcuni fondamenti generali, esaminati fra l'altro nei già citati manuali di Marighella e di von Dach: lotta esercitata da piccoli o piccolissimi gruppi, agilità ed elasticità di manovra, fattore sorpresa, ecc. (v. sopra).
Una volta posto a fondamento della guerriglia, com'è giusto fare, un complesso di esperienze pratiche effettivamente compiute, è possibile stabilire ai fini di un'elaborazione teorica le seguenti proposizioni.
1. La guerriglia va concepita caso per caso, nel quadro delle condizioni politiche, sociali ed economiche di un determinato popolo, paese, Stato o società. Per valutare realisticamente le sue attività, le sue possibilità d'azione e i suoi limiti occorre innanzi tutto tener conto della situazione nella sfera civile; gli aspetti tecnico-militari, per quanto importanti possano essere, devono rimanere subordinati.
2. Non esiste un modello unico di guerriglia; la prassi deve fare da guida alla teoria nell'abbracciare tutti i singoli casi concreti e nell'astrarre da essi le proprie leggi e caratterizzazioni. Ogni guerriglia si trova di fronte a specifici condizionamenti d'ordine storico, economico, politico, geografico, sociale e psicologico. Così, ad esempio, non è possibile applicare senz'altro il modello di guerriglia urbana dell'America Latina alle condizioni della Germania Occidentale, o estendere il modello cubano all'intero Sudamerica. In ultima analisi, quindi, una teoria della guerriglia non può che mantenersi alquanto sulle generali: essa deve adeguarsi sostanzialmente al principio dell'‟osservazione" di Clausewitz, se si vogliono evitare valutazioni errate della situazione, del genere di quelle compiute dai guerriglieri urbani o dai gruppi terroristici della Germania Occidentale.
3. La guerriglia come guerra totale di popolo è organizzata, in genere, dal punto di vista della strategia politica, su tempi lunghi; suo obiettivo finale è l'annientamento dell'avversario.
4. La guerriglia non è merce d'esportazione, nè può essere direttamente trapiantata altrove. L'esperienza, recepita anche dalla teoria, mostra che la sua efficacia è massima nel paese d'origine.
5. La riuscita o il fallimento della guerriglia sono legati all'atteggiamento della popolazione civile nel cui ambito essa si svolge. Secondo la nota espressione coniata nel 1937 da Mao Tse-tung, i guerriglieri devono potersi muovere tra il popolo come pesci nell'acqua; la guerriglia può aver successo solo se i suoi fini corrispondono alla volontà, alle aspirazioni e ai bisogni della popolazione civile.
6. L'intensità con cui la guerriglia può essere condotta è determinata dalle condizioni politiche, sociali ed economiche del paese e dello Stato. La cosiddetta ‛teoria dei focolai' di Debray, da lui elaborata in base a una propria interpretazione delle condizioni rivoluzionarie dell'America Latina, s'è dimostrata inefficace nella pratica; allo stesso modo è andato incontro al fallimento il gruppo di guerriglia urbana Baader-Meinhof, che a tale concezione aveva aderito.
7. La guerriglia si svolge su due piani interagenti, quello tattico e quello strategico, opportunamente associati tra loro in relazione alle circostanze, secondo il principio generale del decentramento tattico e dell'accentramento strategico. A questo proposito, Mao Tse-tung ha elaborato, in base alle esperienze della guerra civile e del conflitto cino-giapponese, la sua nota teoria sulle tre fasi della guerriglia: a) fase difensiva; b) fase dell'equilibrio tra le forze; c) fase offensiva, in cui le operazioni dei reparti di guerriglieri sono coordinate con quelle delle truppe regolari.
8. La guerriglia è un fattore di mutamento delle strutture sociopolitiche ed economiche, e può servire a costituire nuovi sistemi di potere; essa può nascere pertanto come guerra di liberazione nazionale o di liberazione sociale, o fondere in sè entrambi questi aspetti.
9. Come continuamente ci insegna la pratica, non bisogna attribuire alla guerriglia una validità assoluta; Lenin giunse ad affermare che in fondo essa non è il mezzo più importante di lotta rivoluzionaria e che occorre anzi subordinarla ad altri mezzi più efficaci.
10. La guerriglia condotta dai popoli di colore e dai paesi sottosviluppati del Terzo Mondo è orientata in senso mondiale: nessuna guerriglia è un fatto isolato. È nota la teoria della guerriglia come strategia politica sostenuta dal maresciallo Lin Piao, con la già ricordata concezione della lotta su scala mondiale delle ‟campagne" contro le ‟citta" (v. sopra, cap. 3).
11. L'esperienza dimostra che nella guerriglia è di particolare importanza la cosiddetta ‛fase cospirativa' iniziale: in essa infatti si decide se la guerriglia potrà sopravvivere e svilupparsi, o se invece verrà liquidata dalla controparte prima ancora di prendere forma. Una volta che la guerriglia come guerra di popolo o insurrezionale abbia raggiunto una certa diffusione ed efficacia, la lotta si fa più accanita e radicalizzata da ambe le parti, viene a mancare ogni possibilità di compromesso e si tende verso soluzioni globali. Subentra allora il fattore tempo, la strategia a lunga scadenza, con lo scopo di sopraffare definitivamente l'avversario, come ad esempio in Indocina, nel Vietnam, in Algeria o in Irlanda.
12. Come s'è detto, la pratica insegna che non vi è un tipo unico di guerriglia, e quindi neppure un modo universalmente valido di condurla. In base appunto ai fenomeni osservabili, la teoria distingue una guerriglia spontanea, pienamente condivisa da chi l'attua come guerra totale di popolo, e una guerriglia importata dall'esterno a vantaggio di una potenza straniera, i cui interessi possono anche non coincidere con quelli del paese o del popolo in questione. Mentre il primo tipo di guerriglia ha in sé una forza d'urto capace di condurla al successo finale, il secondo manca di motivazioni profondamente radicate nella popolazione e più volte ha fallito i propri obiettivi.
13. In genere la guerriglia richiede una cosiddetta ‛potenza d'appoggio', che possa all'occorrenza spalleggiare i guerriglieri, garantire loro rifugi al sicuro dalle azioni nemiche, rifornirli di armi, munizioni e vettovaglie ed eventualmente prestare loro assistenza diplomatica. Un esempio in tal senso è dato dalla guerra popolare spagnola del 1808-1814, in cui l'Inghilterra assunse il ruolo di potenza d'appoggio dei ribelli.
14. Presupposto indispensabile perché la guerriglia sia coronata da successo è l'esistenza di un efficiente servizio d'informazioni, senza il quale gli obiettivi della guerriglia diventano irraggiungibili o possono essere conseguiti solo in condizioni molto più sfavorevoli. Si tratta di un dato dell'esperienza di cui la teoria non può fare a meno di tener conto.
15. Da un punto di vista tecnico-militare, il principio della guerriglia viene adottato e messo in pratica anche dai gruppi terroristici di matrice politica o semplicemente asociale e criminale, in quanto nella tecnica di lotta vi sono criteri e norme di comportamento comuni; la differenza sta piuttosto nelle motivazioni e nelle finalità. La guerra popolare spagnola del 1808-1814, la guerra dei partigiani russi contro gli invasori tedeschi nel 1941-1944, la lotta dei maquis francesi, la guerriglia condotta a Cipro dal colonnello greco Grivas contro l'occupazione britannica, tutte sostenute da autentici motivi nazionali e sociali, non possono equipararsi alle attività dei gruppi terroristici che hanno alimentato la guerriglia urbana a Berlino Ovest. La teoria - a partire, ancora una volta, dall'esperienza - distingue quindi la guerriglia dal terrorismo, nel senso che alle affinità nell'impiego dei mezzi e nella tecnica di lotta fa riscontro una disparità nelle motivazioni, nell'etica e negli obiettivi finali, specialmente in quanto nel terrorismo assumono una parte notevole la criminalità politica e quella comune. In certi casi, tuttavia, non è affatto escluso che anche i guerriglieri facciano ricorso a metodi terroristici per conseguire i propri fini: nei paesi dell'America Latina, ad esempio, i gruppi di guerriglia terroristica provocano intenzionalmente i governi e gli organi esecutivi, spingendoli ad adottare provvedimenti eccessivamente rigorosi agli occhi dell'opinione pubblica. In particolare, com'è noto, questo metodo è stato largamente applicato nella lotta antigovernativa dai gruppi uruguayani di guerriglia urbana.
16. La teoria della guerriglia trova il suo complemento in quella della controguerriglia. Anche quest'ultima deve avere finalità ben definite, corrispondere alle aspirazioni e ai bisogni della popolazione (avere cioè un fondamento sociopolitico ed economico) e mantenersi a un livello uguale o addirittura superiore a quello dell'avversario per quanto riguarda le tecniche di lotta. Una teoria della controguerriglia spinta quasi fino alla perfezione è quella elaborata dalle Special Forces americane di Fort Bragg in base a svariate esperienze pratiche compiute in tutto il mondo: in questa, che forse è la più completa dottrina della controguerriglia oggi disponibile, si parte dalla tecnica del combattimento e dall'addestramento all'uso delle armi a livello elementare per arrivare allo studio della strategia e dell'economia, delle strutture e dei condizionamenti politici, amministrativi e psicologici. Come nel caso della guerriglia, è anche qui d'importanza decisiva l'atteggiamento delle popolazioni direttamente interessate: quale che sia la perfezione dei mezzi, la contro-guerriglia può non conseguire i risultati che si propone se manca un contatto adeguato con la popolazione. Per questo motivo, ad esempio, le Special Forces americane nel Vietnam non hanno raggiunto, malgrado l'eccellente addestramento ed equipaggiamento, l'efficienza che da esse ci si era aspettata. D'altra parte, in particolari condizioni la contro- guerriglia può senz'altro contrastare efficacemente l'avversario, come hanno più volte dimostrato le truppe speciali israeliane impegnate contro i guerriglieri palestinesi. Fra guerriglia e controguerriglia intercorre un rapporto assai stretto e addirittura un nesso di causalità: esse imparano l'una dall'altra, si potenziano a vicenda e perfezionano in continua emulazione i propri metodi. Questi mutui rapporti vengono chiaramente alla luce nella teoria della guerriglia e della controguerriglia, in quanto l'esperienza pratica obbliga la teoria a conglobare in sé entrambi gli aspetti: si tratta in fondo di una teoria unitaria costruita a partire da premesse sociopolitiche, economiche e psicologiche che sono diametralmente opposte fra loro, ma che costituiscono una perfetta polarità.
Nella teoria della guerriglia così delineata si rispecchia un processo storico di sviluppo che può riassumersi in cinque fasi: 1) nascita della guerriglia come professione e come arte nel XVIII secolo; 2) ampliamento e approfondimento della guerriglia come guerra di popolo, come guerra d'insurrezione nazionale e come strumento della rivoluzione o della controrivoluzione, nel quadro dei mutamenti delle strutture sociopolitiche ed economiche; 3) ulteriore diffusione e intensificazione della guerriglia in seguito alle numerose rivoluzioni e insurrezioni del XIX secolo, in connessione con la seconda rivoluzione industriale, con l'accresciuta differenziazione sociale e con l'emergere del Quarto Stato; 4) rivoluzioni russa e cinese, prima e seconda guerra mondiale; 5) la guerriglia nel quadro delle guerre di rivolta e di liberazione nazionale e sociale in tutto il mondo, del processo di decolonizzazione e della nascita del Terzo Mondo (dal 1945 a oggi): guerriglie in Indonesia, a Cipro, in Algeria, in Indocina e nel Vietnam, in Malesia, nelle Filippine, nell'Africa nera (Angola, Mozambico, Namibia, Zimbabwe, Azania, ecc.), nell'America Latina, negli Stati Uniti e nel Vicino Oriente.
5. Possibilità e limiti della guerriglia moderna
Come abbiamo visto, la moderna guerriglia rappresenta nella vita politica, sociale ed economica dei popoli e degli Stati un fattore importante, una realtà a livello nazionale e internazionale: si pone quindi il problema di precisarne le possibilità e i limiti.
Per quanto riguarda le possibilità d'azione della guerriglia, esse dipendono da due presupposti essenziali.
1. Le tecniche di lotta, la struttura interna e l'organizzazione di un movimento di guerriglia devono essere adeguate, caso per caso, all'ambiente in cui tale movimento agisce e alle finalità che esso si pone, secondo la già ricordata relazione fra intenti, obiettivi e mezzi. In concreto, la tattica della guerriglia prevede azioni di piccolissime unità sparse, perfettamente addestrate alla lotta e dotate di un'eccellente conoscenza del terreno. Oltre a padroneggiare le regole del moderno scontro a fuoco, fissate anche nei recenti manuali d'istruzione degli eserciti regolari (impiego funzionale e coordinato delle armi automatiche, massima versatilità e rapidità d'azione, prevalente ricorso al fattore sorpresa), il guerrigliero dev'essere esperto di esplosivi, saper praticare la guerriglia urbana, aver acquisito mediante un assiduo tirocinio la padronanza delle proprie armi ed essere addestrato a raccogliere informazioni. La preparazione del guerrigliero dev'essere cioè di livello uguale, e possibilmente superiore, rispetto a quella dei membri delle forze armate regolari e della polizia: egli deve conoscere a fondo gli elementi della tattica moderna e l'impiego combinato della potenza di fuoco, della forza d'urto e dei mezzi di comunicazione, così come dev'essere esperto in agguati e in tranelli, in droghe, in esplosivi, e in genere nell'attività cospirativa e terroristica, oltre a possedere, naturalmente, precise conoscenze nel campo della tecnologia, della psicologia, dell'amministrazione e della logistica.
2. Per essere veramente efficace, occorre alla guerriglia un'adeguata motivazione. Bisogna che i tempi siano ‛maturi', che vi siano nella società o nello Stato tensioni, contrasti e ingiustizie sentite come tali dalle masse popolari, in modo che la guerriglia possa presentarsi come una sorta di ‟catalizzatore delle forze sociali" (Che Guevara). Ciò significa che le finalità della guerriglia devono essere congruenti coi desideri e col modo di sentire della popolazione interessata, e soprattutto che i guerriglieri devono assolutamente evitare di cadere nell'isolamento e devono prendere coscienza dei propri fini attraverso un'adeguata preparazione dottrinale.
Specialmente nell'ultimo trentennio la guerriglia ha riportato numerosi successi, raggiungendo spesso i propri obiettivi, operando mutamenti nelle strutture politico-sociali e favorendo validamente il processo di decolonizzazione: basti pensare a tale proposito ad esempi come l'Indocina e il Vietnam, Cipro, Angola, Indonesia, Cuba, Cina e Irlanda. Le possibilità di successo di una guerriglia appoggiata dalla popolazione contro un esercito regolare moderno e tecnicamente evoluto sono state dimostrate dalla lotta dei ribelli algerini contro il dominio coloniale francese. Dalle approfondite analisi di H. Elsenhans (Frankreichs Algerienkrieg 1954-1962) emerge come in determinate circostanze una siffatta guerriglia possa generalizzarsi e incidere profondamente sulla compagine politica, sociale e soprattutto economica del potere coloniale contestato; nel corso di una lotta lunga e logorante, le forze armate di questo potere vengono messe di fronte a un compito praticamente irrealizzabile proprio per effetto dell'intima connessione fra guerriglia e strutture sociali. ‟La violenza fisica della guerriglia - scrive Elsenhans - servì solo a dare l'avvio al fondamentale processo di organizzazione della popolazione locale da parte del Fronte di Liberazione e alla sua mobilitazione per la lotta politico-militare contro il potere coloniale. La guerriglia favorì questo processo impegnando le forze francesi, sottraendole permanentemente (o quanto meno saltuariamente, nelle ore notturne) ai loro compiti di protezione e stroncando sul nascere ogni possibile cooperazione fra determinati strati della popolazione e il potere coloniale, mediante la liquidazione degli individui e dei gruppi disposti a collaborare. In tal senso si può affermare che all'ombra protettrice della guerriglia il popolo algerino riuscì a conquistare la sua indipendenza". Si potrebbe aggiungere che là dove i guerriglieri, validamente sostenuti dalla popolazione, lottano per una causa sentita come giusta non vi sono possibilità di vittoria per l'avversario: sta a dimostrarlo, fra l'altro, la rivolta irlandese del 1919-1922.
Non è possibile d'altra parte ignorare i limiti della guerriglia, denunziati ad esempio dai fallimenti della guerriglia greca del 1944-1948 e del movimento rivoluzionario malese contro il protettorato britannico (1948-1962). Questi limiti si sono manifestati anche negli Stati Uniti, dove le attività dei Weathermen, del Black Panther Party e dei gruppi anarchici di guerriglia urbana non sono riuscite finora a minacciare seriamente la compagine statale e la struttura sociale della nazione; lo stesso può dirsi della guerriglia urbana condotta dai tupamaros uruguayani. In generale, la guerriglia mostra i suoi limiti quando non trova un appoggio adeguato nella popolazione a cui si rivolge, quando opera in base a una valutazione errata e poco realistica della situazione, quando accoglie modelli stranieri senza rielaborarli o insegue ideali astratti. Ne sono testimonianza la sorte toccata a Che Guevara in Bolivia e gli insuccessi della guerriglia urbana nella Germania Occidentale.
A ciò si aggiunge la possibilità che la controguerriglia messa in atto con crescente intensità dai governi interessati guadagni terreno mediante un affinamento dei propri metodi sempre più perfezionati dalla tecnologia, e soprattutto la possibilità che essa, prendendo a modello l'avversario, si assicuri i consensi della popolazione con l'assecondarne abilmente gli interessi. Se invece la controguerriglia vien meno alle sue finalità politiche, sociali ed economiche e non riesce a soddisfare in misura adeguata le esigenze di sicurezza della popolazione, va incontro al fallimento, o quanto meno non progredisce; né vale a salvarne le sorti la perfezione raggiunta nell'organizzazione, nell'addestramento, nell'armamento e nelle tecniche di lotta.
In tutti i paesi le forze di polizia vengono addestrate materialmente e psicologicamente a resistere alla guerriglia, soprattutto nelle sue forme più recenti. Già nel 1970, in un articolo sulla guerriglia urbana pubblicato nella Germania Occidentale dalla rivista specializzata ‟Die Polizei", si osservava che questo tipo di guerriglia corrisponde a un modo del tutto nuovo di concepire la guerra: ‟una concezione in cui il terrorismo mira a distruggere dall'interno uno Stato altamente industrializzato, che si ritiene protetto contro ogni attacco esterno dal proprio potenziale bellico di mezzi distruttivi di massa; quest'enorme potenziale, e con esso il mastodontico apparato militare statale, possono essere messi per così dire ‛fuori gioco' da un pugno di uomini dotati di mezzi quasi primitivi". Si direbbe che questa forma di lotta, in cui dalla giungla la guerriglia si è trasferita nelle aree metropolitane, abbia già soppiantato la guerra classica e si sia affermata come la forma di guerra del futuro. È stato un grave errore della nostra società industriale credere che la guerriglia fosse connessa a determinate circostanze di fatto. La guerriglia metropolitana è nata invece dalla considerazione che uno Stato industriale può continuare a esistere solo in quanto vi siano garantiti l'ordine e la sicurezza pubblica: perciò chi intende paralizzare questo tipo di Stato, attacca e sconvolge l'ordine pubblico.
6. Stato della ricerca
Nel nostro secolo, gli studi sulla guerriglia hanno avuto un notevole impulso all'inizio degli anni sessanta. Prima d'allora non si era compreso che il fenomeno della guerriglia rappresentava qualcosa di nuovo: una lotta armata, una guerra di nuove dimensioni, intesa come strategia politica totale su scala mondiale. Si trattava quindi di rimeditare a fondo il problema della guerriglia e di esplorarlo criticamente con cognizione di causa, mediante indagini analitiche e sintetiche; tanto più che sul piano dell'esperienza pratica era già disponibile un copioso materiale, mentre sul piano concettuale i punti di partenza erano dati dalle impostazioni teoriche e dagli insegnamenti di eminenti teorici ed esperti della guerriglia come Lenin, Lawrence, Mao Tse-tung, Che Guevara, Vô Nguyen-giap, Marighella e von Dach.
Lo stato attuale delle ricerche sull'argomento può essere forse sintetizzato in un primo inventario, articolato nelle seguenti voci: 1) caratterizzazione della guerriglia e sua valutazione alla luce delle strutture generali politiche, sociali, economiche, tecnologiche e psicologiche; ricerca di base, nessi oggettivi; vari tipi di guerriglia e loro motivazioni; 2) tecniche di lotta, tattica e strategia della guerriglia; formazione teorica e pratica; 3) storia della guerriglia dall'antichità a oggi; insegnamenti offerti dalla storia; indagini comparative; 4) aspetti materiali della guerriglia: armamento e logistica; 5) organizzazione e amministrazione; 6) strutture politiche, sociali, economiche, ideologiche e psicologiche della guerriglia in singoli casi concreti; 7) teoria e prassi della guerriglia nel quadro del movimento rivoluzionario dell'America Latina; la guerriglia urbana e il terrorismo negli Stati Uniti e nell'Europa occidentale; 8) studi descrittivi (con edizione di fonti e testi) per la conoscenza e la valutazione delle guerriglie in Algeria, nel Vietnam, in Malesia, nel Vicino Oriente, nell'Irlanda del Nord, in Grecia, nell'Indonesia, a Cipro e nei paesi africani; documentazione sull'attività della guerriglia urbana e del terrorismo nella Germania Occidentale; 9) Lawrence d'Arabia come teorico ed esperto della guerriglia; le teorie di Lenin, Mao Tse-tung, Giap, Che Guevara; 10) guerriglia e guerra-lampo nella seconda guerra mondiale; Birmania; Indocina; la guerra partigiana in Iugoslavia, suoi caratteri tipici e sua fondamentale importanza per la ‛difesa globale del territorio'; 11) sviluppo di una nuova concezione della guerra: la guerriglia come elemento nuovo da inserire a pieno titolo nella gamma delle forme attuali o potenziali di conflitto; 12) la guerriglia e la moderna ricerca sui conflitti (Gaston Bouthoul); 13) la controguerriglia: problemi e aspetti della lotta antiguerriglia; 14) guerriglia e terrorismo; il problema della violenza e della controviolenza.
Nel complesso, le ricerche sulla guerriglia svolte nell'ultimo decennio si presentano con una gamma di impostazioni, di problematiche, di indagini particolari e di sintesi che appaiono adeguate a rappresentare, almeno in un primo abbozzo, la complessità di questa forma di lotta armata e le svariate manifestazioni che essa ha avuto nel nostro secolo. Le ricerche finora condotte consentono di affermare che sono stati centrati i vari problemi e che si è riconosciuta la necessità di procedere su un piano ampio e interdisciplinare, con la collaborazione delle scienze militari, della storia militare e generale, delle scienze sociali e di altre discipline (filosofia, psicologia, ricerche sul comportamento, scienze economiche, diritto internazionale, teologia, ecc.); infatti lo studio della guerriglia, nella molteplicità dei suoi aspetti, moventi, precedenti e strutture, oltrepassa le capacità dei singoli specialisti. Inoltre, la ricerca tende a frazionarsi nell'analisi delle guerriglie condotte nei vari paesi, mentre sarebbe opportuno superare quest'ambito per prendere essenzialmente in esame i nessi internazionali. Ricerche sulla guerriglia sono state compiute soprattutto nei paesi anglosassoni (Clutterbuck, Laqueur, Osprey, Ellis), ma non mancano indagini e trattazioni dovute ad autori italiani, francesi, tedeschi, latino-americani, sovietici e spagnoli.
Dal lavoro finora svolto risulta che sono stati considerati e affrontati più o meno tutti i principali aspetti e problemi della guerriglia e che le questioni essenziali sono state viste e studiate alla luce delle relazioni fra teoria e pratica. Non si può dire, peraltro, che si sia giunti a una valutazione conclusiva d'insieme: in particolare, manca sul fenomeno della guerriglia un'opera fondamentale, un manuale che sia impostato criticamente e sia al tempo stesso esauriente e sintetico.
7. Conclusioni: la guerriglia come fattore politico-sociale del nostro tempo
1. La guerriglia è oggi un fattore operante su scala universale, che ha larga parte nei mutamenti delle strutture politiche, sociali ed economiche del nostro mondo e che in date circostanze può portare, sul piano interno come su quello internazionale, a forme di potere del tutto nuove. Si è sviluppata, cioè, su nuove dimensioni, una forma di lotta armata e di uso della violenza che già da qualche tempo ha superato il ristretto ambito locale e tattico per affermarsi a livello di strategia e di coordinamento sopranazionale. Accanto ad altre forze agenti, la guerriglia va presa in seria considerazione come elemento della politica mondiale, e in avvenire occorrerà non sottovalutarne l'importanza come vero e proprio fattore di potere.
2. La guerriglia ha una sua storia e una sua tradizione; si pone oggi il problema d'indagarla a fondo nella sua totalità, con metodo critico e oggettivo, in quanto problema di struttura della società moderna, per renderla comprensibile a tutti nelle sue concezioni e nella sua realtà. Cogliere l'essenza della guerriglia significa rendersi conto di importanti forze agenti con notevoli effetti pratici nel nostro tempo, e padroneggiarle mediante la conoscenza della loro intima natura allorché esse trascendono, per mero impulso distruttivo, determinati limiti.
3. La molteplicità di forme con cui la moderna guerriglia si presenta e agisce obbliga chi voglia esprimere un giudizio su di essa a operare una differenziazione critica: è necessario cioè distinguere in linea di principio il puro e semplice terrorismo dedito alla violenza omicida ovvero gli atti di mera asocialità criminale dalla guerriglia che sia invece motivata politicamente e abbia finalità di liberazione nazionale o sociale.
4. Mediante la sistematica associazione tra riflessione critica ed esperienze concrete è stato possibile realizzare su larga scala un'unità di teoria e prassi che ha accresciuto l'efficacia della guerriglia nell'ultimo decennio. I risultati delle ricerche finora svolte su questa forma di lotta armata consentono di affiancare senz'altro alla teoria della guerra regolare una moderna teoria della guerriglia, come già era avvenuto nelle impostazioni anticipatrici di un Clausewitz; Teoria e prassi della guerriglia si sono formate nel corso di una continua e secolare evoluzione; le forme moderne di guerriglia non sono certo una creazione esclusiva del socialismo rivoluzionario, e da parte loro gli esperti di cose militari hanno dato un notevole contributo al perfezionamento della guerriglia, soprattutto per quanto riguarda le condizioni materiali del suo esercizio. Tuttavia negli ultimi tempi sono state in primo luogo le sollecitazioni politiche e sociali, operanti secondo una formula nuova e in parte rivoluzionaria, a improntare di sé l'odierna guerriglia, con tutta l'ampiezza e la profondità dei loro influssi sull'intera società; inoltre, come è ovvio, non possono essere trascurati a questo proposito gli sviluppi e i perfezionamenti della più moderna tecnologia.
5. Dalle sue prime origini, connesse con l'arte militare come professione, la guerriglia si è evoluta fino a diventare una ‛politica totale' in cui politica e impiego della violenza praticamente coincidono. Ne deriva un intensificarsi sul piano militare, politico e sociale - dei conflitti, che si orientano verso lo spietato annientamento dell'avversario: realtà, questa, che si manifesta chiaramente nell'associazione di guerriglia e terrorismo.
6. Sarebbe misconoscere l'essenza della moderna guerriglia volerla giudicare principalmente dalle sue manifestazioni di carattere tecnico-militare e tattico; occorre invece in primo luogo indagarne a fondo i moventi sociali, politici, economici, psicologici e ideologici. Sono proprio le connessioni sempre più frequenti tra guerriglia e terrorismo a consigliare una simile linea di ricerca, in cui viene messa in risalto l'importanza prioritaria delle tensioni presenti nella sfera civile. Nello stesso tempo, occorre riproporsi continuamente la domanda: ‟che sta accadendo nell'uomo?" Il ricorso alle armi e agli esplosivi, la pratica dei metodi terroristici sono solo l'ultimo anello visibile di una catena di sviluppi e di processi decisionali nei quali assume senza dubbio un ruolo importante l'esperienza vissuta a livello di coscienza. Per le doti d'ordine psicologico, spirituale e fisico che la sua pratica richiede, la guerriglia non può essere messa sullo stesso piano della guerra condotta da un esercito regolare di massa, le cui esigenze sono al confronto ben più limitate: basti pensare a quanto siano diverse le motivazioni del guerrigliero da quelle del soldato regolare che è stato ‛trascinato' in guerra e che in molti casi sente i propri doveri come più o meno privi di una motivazione interiore.
7. La tecnologia moderna offre alla guerriglia risorse impensate, che vanno dalle armi automatiche di piccolissimo calibro fino alla ‛bomba atomica tascabile'. La logistica moderna mette a disposizione dei guerriglieri una miniera inesauribile di microapparecchi, e non è lontano il tempo in cui la guerriglia potrà contare su strumenti tecnici che non avranno nulla da invidiare a quelli in dotazione alla polizia e alle forze armate regolari. I moderni mezzi di trasporto, di comunicazione, di controllo e di distruzione servono ai bisogni della guerriglia come a quelli degli eserciti regolari. Questa tendenza è ancora agli inizi e potrà manifestarsi con maggiore intensità quando i capi della guerriglia avranno compreso appieno quali siano, ai fini della loro lotta, le possibilità insite nella tecnologia moderna. In altri termini, quanto minori sono le remore agli sviluppi della tecnica, tanto più distruttiva diventa la guerriglia; e quanto più perfetta e sofisticata si fa la tecnica nella moderna società industriale; tanto più essa è impotente di fronte agli atti di guerriglia.
8. La guerriglia va vista nella sua complessità e nel suo carattere dialettico: in questo senso, guerriglia e controguerriglia costituiscono una unità. Esse si condizionano a vicenda, nell'antagonismo del loro procedere e delle loro finalità, ma sono sostanzialmente simili: le formazioni di guerriglieri e i corpi antiguerriglia si riportano alle stesse leggi e presentano le stesse strutture, sia all'interno, sia nelle attività esterne.
9. Per quanto efficace possa essere, la guerriglia non è imbattibile, non è applicabile dappertutto con eguale successo e non è il ‛sistema universale' per risolvere qualsiasi conflitto sociale e politico. Essenziale resterà sempre la riflessione critica sul problema: in relazione a quali premesse è ragionevole attendersi un successo della guerriglia, e in quali casi bisogna invece prevederne il fallimento? Si pone allora in generale il problema della violenza, ossia del valutare in quali casi e in quale misura la violenza sia veramente un mezzo per risolvere i conflitti nella sfera civile. Le forme più recenti di terrorismo associato alla guerriglia devono indurre a riflettere a fondo su questi problemi, anche se talvolta, come a Entebbe o a Mogadiscio, la violenza e la controviolenza possono conseguire successi spettacolari.
bibliografia
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