GUGLIELMI
Famiglia di musicisti i cui antenati, originari di Pariana o di Berticagnana, piccoli villaggi della montagna massese, si trasferirono nella città di Massa verso gli inizi del Cinquecento. Comunemente erano conosciuti come Cillotti, appellativo con il quale fino a tutto il Settecento vennero indicati gli appartenenti a questa famiglia.
Con Domenico (I), nato a Massa il 26 marzo 1593 e ivi morto nel 1682, divenuto poi canonico della collegiata di S. Pietro, ebbe inizio il filone dei sacerdoti della famiglia.
Infatti, per vocazione, o per semplici interessi economici, altri membri della famiglia, seguendo il suo esempio e con il suo aiuto, intrapresero il cammino sacerdotale. Domenico trascorse la sua lunghissima esistenza a Massa, distinguendosi come strumentista (probabilmente suonava l'organo) e buon cantore. Prima di morire "ebbe la consolazione di vedere tre nipoti che come lui si consacravano all'altare, né da parte sua mancò di secondare tangibilmente tali inclinazioni" (Giampaoli, p. 112). Si trattava dei figli del fratello Francesco: Domenico, Giovanni e Pietro. Quest'ultimo, ottimo amministratore, divenne maestro di casa dei duchi Cibo Malaspina: Carlo (II) prima, e successivamente Alberico (III) e Alderano.
Jacopo (propriamente Marc'Antonio), figlio di Jacopo, ossia dell'altro nipote maschio di Domenico (I), nacque a Massa il 3 luglio 1681. Sostituì il suo nome di battesimo con quello del padre forse per la prematura scomparsa di quest'ultimo, morto a trentasei anni. Probabilmente grazie all'influenza a corte dello zio don Pietro, divenne direttore del teatro dei duchi Cibo Malaspina (Magri, p. 14). Venne nominato anche maestro di cappella ducale, succedendo al suo maestro S. Martelli, sotto la cui guida era avvenuta la sua prima formazione musicale, in seguito perfezionata a Lucca. Compose musica sacra e profana, ma delle sue opere rimane soltanto una messa a due tenori e basso (Lucca, Biblioteca del Seminario).
Sposò Giulia Guerra, dalla quale ebbe sette figli: Domenico, Giovanni (morto all'età di quattro anni), Fulvia, Maddalena, Antonia, Clotilde e Pietro Alessandro. Ben quindici anni separavano il primogenito, Domenico (II), e l'ultimo, Pietro Alessandro; questa notevole differenza d'età ha in seguito creato non poca confusione, portando gli storici a considerare Domenico (II) fratello di Jacopo.
Jacopo fu anche virtuoso di cembalo presso i duchi Alberico (III) e Alderano. Morì a Massa il 1° luglio 1742.
Domenico (II), figlio primogenito del precedente, nacque a Massa il 26 ott. 1713. Apprese i primi rudimenti della musica dal padre, divenendo un eccellente organista e un valido contrappuntista. Compì gli studi di dogmatica e teologia abbracciando il sacerdozio nel 1735. Probabilmente già dal 1744, e sicuramente dal 1756 fino quasi agli ultimi giorni di vita, fu organista della cattedrale di Massa. Morì a Massa il 20 genn. 1790.
Pietro Alessandro, fratello del precedente, nacque a Massa il 9 dic. 1728. Ultimo di sette fratelli, apprese i primi rudimenti della musica dal padre e dal fratello maggiore Domenico (II). Il padre gli insegnò a suonare la viola e il fagotto, strumenti che gli permisero di entrare giovanissimo nell'orchestra del teatro Ducale di Massa, in quel periodo per la verità piuttosto misera.
Nel 1742, quando il padre morì, aveva solo quattordici anni; quasi certamente i familiari avrebbero voluto che anche Pietro Alessandro, come il fratello, intraprendesse la carriera ecclesiastica. Un passo in questa direzione, stando ad alcuni documenti nei quali appare indicato come chierico, sembra lo abbia compiuto (Giampaoli, p. 116). Tuttavia, nella storia della famiglia non mancavano anche radicate tradizioni musicali: oltre all'esempio del padre e del fratello, non va dimenticato che il nonno materno di Pietro Alessandro era il nipote di F. Guerra, stimato cantante e maestro di cappella del duca Alberico (II).
Fu probabilmente il 25 nov. 1744 (ma la data è alquanto incerta) che il giovane musicista poté dare mostra del suo talento attraverso la rappresentazione a corte di una sua piccola farsa, della quale nulla è rimasto, che riscosse grande successo presso il pubblico. Ricciarda Gonzaga (moglie di Alderano Cibo Malatesta) sapendo che Massa avrebbe potuto offrirgli ben poco, per il proseguimento degli studi lo inviò nel 1745 nella vicina Lucca, città che poteva vantare una solida tradizione musicale. Qui studiò con G. Puccini (1712-81), maestro di cappella del duomo di Lucca, molto apprezzato come musicista e insegnante. Dopo circa un anno fu probabilmente lo stesso maestro, accortosi di quanto il suo allievo promettesse nel campo dell'opera, a desiderare che Pietro Alessandro venisse ammesso a studiare in uno dei conservatori napoletani. La duchessa, che da parte sua aveva preso a ben volere il ragazzo, non esitò a interporre i propri uffici per favorirlo ancora una volta.
Nell'autunno del 1746, all'età di 18 anni, entrò a studiare nel conservatorio di S. Maria di Loreto, forse il più famoso e rinomato dell'epoca. Nell'anno in cui Pietro Alessandro entrò in quel conservatorio, la cattedra era occupata da F. Durante, esimio insegnante sotto il quale avevano già studiato alcuni fra i più noti compositori dell'epoca.
Non sappiamo quanto Pietro Alessandro sia rimasto a studiare in questo conservatorio, probabilmente otto o nove anni; sappiamo però che, almeno nel periodo iniziale, l'impegno dedicato agli studi fu scarso. Lontano dallo sguardo vigile della famiglia, la sua indole scapestrata prese il sopravvento sui doveri di studente. La città partenopea dischiuse al giovane musicista un mondo caotico, sovraffollato, totalmente diverso da quello che fino ad allora aveva respirato nella piccola città di Massa. I biografi, forse esagerando, lo hanno più volte rappresentato come uno degli allievi più svogliati e frivoli del Durante. Ciononostante, fu in grado di superare prove molto difficili, che lo qualificarono come uno tra i migliori allievi del conservatorio.
Il 21 genn. 1750 morì la madre. Fece quindi ritorno a Massa per entrare in possesso dell'eredità paterna e vi si trattenne diversi mesi, cercando di accomodare le cose nel modo a lui più conveniente. A tale scopo, d'accordo con il fratello sacerdote, pensò bene di fare donazione a quest'ultimo di quasi tutti i suoi beni; si trattava di una comoda scappatoia per sfuggire alle tasse.
Tornò a Napoli nell'estate dello stesso anno, e da quel momento sembra si mise a studiare con serietà e costanza, conseguendo il diploma di maestro probabilmente nel 1754. A ventinove anni Pietro Alessandro iniziò a Napoli la carriera di compositore, esordendo come operista comico con Lo solachianello 'mbroglione, commedia in musica, in dialetto napoletano, andata in scena al teatro dei Fiorentini nell'inverno 1757. L'opera riportò un lusinghiero successo, dando così inizio a una lunga e fortunata carriera teatrale. Da quel momento la sua attività compositiva divenne considerevole; nei libretti d'opera e nelle cronache degli spettacoli cominciò a figurare come "maestro di cappella napoletano", entrando così a far parte a pieno titolo della cosiddetta scuola napoletana, e divenendone uno dei principali rappresentanti.
In questo avvio di carriera Pietro Alessandro godette dell'appoggio fornitogli dalla corte ducale di Massa, in particolare dalle principesse Marianna e Maria Cibo Malatesta, amanti della musica e della poesia, le quali non avevano dimenticato il loro protetto. Con il loro sostegno riuscì a rappresentare le sue opere successive sulle scene dei teatri di Napoli e Roma.
La sua prima vera opera, Il filosofo burlato, venne rappresentata nell'inverno 1758 (Napoli, teatro dei Fiorentini). Fra le prime composizioni vanno anche ricordate La moglie imperiosa (ibid., autunno 1759) e L'Ottavio (ibid., teatro Nuovo, 1760), opere che riscossero un notevole successo grazie alla scelta felice dei libretti e dei soggetti, e alla facilità con cui egli era solito melodizzare, giungendo a una semplicità che tuttavia non risultava mai banale.
Sembra ormai certa la notizia di un suo viaggio in Germania, secondo cui fu dapprima a Dresda, per ricoprire l'incarico di maestro di cappella presso la corte, e dopo pochi mesi (nel 1763) brevemente a Brunswick, per lo stesso incarico. È comunque a questo periodo poco conosciuto della sua vita che risale la composizione di alcune opere rappresentate in Italia, tra cui La donna di tutti i caratteri (Napoli, teatro dei Fiorentini, autunno 1762), Tito Manlio (Roma, teatro Argentina, gennaio 1763) e L'Olimpiade (Napoli, teatro S. Carlo, novembre 1763).
Da adolescente vivace e turbolento, Pietro Alessandro divenne un uomo passionale caratterizzato da una certa irascibilità che lo conduceva spesso al litigio, o addirittura al duello: pare che la causa principale di tutto questo siano state quasi sempre questioni amorose, più che musicali.
Pietro Alessandro era ormai molto noto nel mondo musicale, tanto da essere considerato uno dei maggiori compositori del periodo. Nel 1763 il celebre soprano Caterina Gabrielli, dovendo interpretare al S. Carlo di Napoli il ruolo della protagonista nell'Armida di T. Traetta, volle che le sue arie fossero rimusicate proprio da Pietro Alessandro. Nel 1765 l'ancor giovane G. Paisiello musicò lo stesso libretto dell'opera La donna di tutti i caratteri, rappresentandola con il titolo Madama l'umorista e conservando alcuni dei migliori brani composti da Pietro Alessandro.
Negli anni successivi al 1763 Pietro Alessandro compose opere per diversi teatri dell'Italia settentrionale, in centri come Torino, Firenze, Padova e soprattutto Venezia, l'unica città a poter tenere il confronto con Napoli in quanto ad attività musicale. Proprio a Venezia, nel biennio 1765-66, Pietro Alessandro rappresentò vari melodrammi e conobbe Lelia Acchiappati, una delle migliori voci dell'Ospedale dei mendicanti, nonché donna di singolare bellezza, la quale sarebbe presto divenuta sua moglie. Nata quasi sicuramente a Firenze nel 1745, la donna era molto più giovane di lui; probabilmente il loro matrimonio venne celebrato a Venezia nell'autunno 1766, ma dell'episodio non si hanno notizie certe.
Sicuramente, invece, verso la fine dello stesso anno si trasferirono a Londra, città ove i musicisti, soprattutto italiani, erano molto apprezzati, e i compensi di gran lunga più elevati rispetto al resto d'Europa. Pietro Alessandro vi si trattenne fino al 1772, impegnato con il King's theatre in qualità di compositore, allestitore e direttore. La moglie, sotto il nome d'arte di Maria Leli, iniziò nel 1768 la carriera di cantante nell'opera del marito I viaggiatori ridicoli; nel 1770 fu protagonista nell'Orfeo, un pasticcio con musiche di Pietro Alessandro, Chr.W. Gluck, J.Chr. Bach e G. Guadagni.
Nel soggiorno londinese Pietro Alessandro affiancò alla produzione operistica la composizione di molta musica strumentale, genere particolarmente richiesto e apprezzato in Inghilterra. Così, nel 1768, pagando personalmente le spese di pubblicazione si fece editore del suo primo lavoro cameristico, i sei quartetti con il cembalo. La scelta fu dettata dal non aver trovato alcun editore disposto a pubblicare le sue prime composizioni da camera. Queste, invece, trovarono subito il consenso del pubblico inglese, e da quel momento non incontrarono più problemi di tipo editoriale. Nel 1772 le sei sonate per clavicembalo o fortepiano, suo ultimo lavoro inglese, vennero pubblicate da Bremner come op. III, e dedicate a lady Hamilton.
L'11 luglio 1772 venne alla luce Pietro Carlo, il suo primo figlio. Dopo pochi mesi Pietro Alessandro ritornò a Massa insieme con la famiglia. Nella città natale investì il denaro guadagnato in Inghilterra acquistando una bella villa, sulle pendici di una collinetta nota come il Monte di Pasta, poco lontano dal centro abitato. Probabilmente proprio nell'autunno del 1773 nacque un altro bambino, Giovan Battista. Fino al 1775 fissò la dimora della famiglia a Massa, anche se l'attività teatrale lo portò spesso in altre città, come Firenze, Venezia, Torino e Roma.
Nel 1776 decise improvvisamente di ritornare stabilmente a Napoli, ove aveva mantenuto i contatti con molti amici che ancora operavano nella città. I concorrenti che lavoravano sui teatri napoletani erano molti: tuttavia, la recente morte di N. Jommelli (avvenuta da poco più di un anno), la permanenza di P. Anfossi a Venezia, la partenza di N. Piccinni per Parigi e di G. Paisiello per la Russia, le opere artisticamente poco mature di D. Cimarosa, ancora soltanto agli inizi della carriera, crearono condizioni molto favorevoli al ritorno sulle scene napoletane di un musicista del calibro di Pietro Alessandro.
Nel luglio 1776 si trasferì con la famiglia in una casa di campagna poco fuori Napoli. Subito rappresentò al teatro S. Carlo La Semiramide riconosciuta, una nuova opera seria in tre atti, su libretto di P. Metastasio, che riportò i più ampi consensi, e un'opera buffa, Il matrimonio in contrasto (G. Palomba; teatro dei Fiorentini). Negli ultimi mesi dello stesso anno fu a Roma per l'allestimento dell'opera seria in tre atti Artaserse (Metastasio; gennaio 1777) al teatro Argentina. L'opera non piacque e per Pietro Alessandro fu un amaro insuccesso del tutto imprevisto; le sue musiche vennero sostituite con brani che per lo stesso libretto avevano composto altri musicisti. Proprio a Roma, intanto, il 14 genn. 1777 nacque la terzogenita Maria Clementina.
Il successo napoletano tuttavia continuò, e ne divenne protagonista anche la moglie che, avendo ripreso a cantare nella stagione 1777-78, giunse a esibirsi al teatro S. Carlo come primadonna nel Ricimero, melodramma serio in tre atti musicato dal marito. In quell'occasione, però, la Leli non riuscì a conquistare il consenso del pubblico e, visto che gli insuccessi continuarono a ripetersi, Pietro Alessandro la convinse ad abbandonare le scene.
Da quel momento tra i coniugi sorsero molti contrasti, aggravati anche dalle continue avventure amorose del musicista, legato a una cantante di nome Oliva (probabilmente il soprano Oliva Martini). Così Lelia decise di ritornare a Massa con i figli più piccoli, lasciando a Napoli il marito e il primogenito Pietro Carlo.
Nel 1779 Pietro Alessandro ottenne a Napoli un incarico molto ambito, venendo nominato maestro di cappella della Nobile Accademia di dame e cavalieri. Nello stesso anno, per inaugurare la riapertura del teatro dei Fiorentini, venne messa in scena una sua opera, Il raggiratore di poca fortuna. Sempre nello stesso teatro l'8 nov. 1779 andò in scena con notevole successo La villanella ingentilita.
A Massa nacquero infine Maria Teresa (28 ott. 1780) e Giacomo (16 ag. 1782), quinto e ultimo figlio di Pietro Alessandro. Queste nuove nascite sembrerebbero testimoniare una pacificazione tra i coniugi dopo il loro allontanamento. Nel 1783 si giunse comunque alla separazione; i figli vennero affidati allo zio don Domenico, con l'obbligo di corrispondere un mensile di 5 zecchini d'oro alla cognata. Nel marzo 1785, in seguito all'intervento degli organi direttivi del Ducato di Massa e di Carrara, Lelia ottenne la metà dei beni del marito mediante un prelievo d'ufficio.
Intanto, il trionfale ritorno a Napoli di Paisiello nel 1784, dopo l'enorme successo riscosso a San Pietroburgo presso la corte di Caterina II, determinò per Pietro Alessandro l'inizio di un periodo molto difficile e pieno di amarezze. La situazione che si venne a creare è ben riassunta nelle parole del Riemann: "Se tanto grande fu l'artista Paisiello, l'uomo ebbe delle gravi debolezze; nutrì una bassa invidia contro Cimarosa e Guglielmi […]; li denigrò e tentò creare loro ostilità in teatro durante la rappresentazione dei loro lavori".
La rivalità con Pietro Alessandro venne ad assumere i connotati di una disputa ferocissima. Dalla semplice concorrenza sul piano professionale si arrivò a una volgare diatriba personale che poco aveva a che fare con la musica. Ben presto anche fuori dai teatri si costituirono delle vere e proprie schiere rivali di ammiratori pronte a tutto pur di far prevalere l'uno sull'altro, tanto che si verificarono persino alcuni attentati alla vita dei due musicisti. Per porre fine a questa contesa si rese addirittura necessario l'intervento di Ferdinando IV re di Napoli.
Pietro Alessandro compose quindi La pastorella nobile (teatro del Fondo, aprile 1788) e l'azione sacra Debora e Sisara (C. Sernicola; S. Carlo, Quaresima 1788). Quest'ultima rappresenta una fra le espressioni più alte della musica drammatica composta in seno alla scuola napoletana nella seconda metà del Settecento.
Il 20 genn. 1790 si spense a Massa il fratello don Domenico. Con la sua morte anche la situazione finanziaria di Lelia venne fortemente compromessa; così la donna decise di trasferirsi a Venezia, dove probabilmente avrebbe potuto contare su qualche aiuto prezioso; per vivere ricominciò a cantare, e pare che sia tornata persino in Inghilterra.
Nel 1790 Pietro Alessandro presentò al pubblico napoletano La serva innamorata e L'azzardo, andate in scena rispettivamente al teatro dei Fiorentini e al teatro del Fondo. Nel 1791 compose ancora due commedie: Le false apparenze (teatro dei Fiorentini) e La sposa contrastata (teatro del Fondo). Nel 1792 scrisse invece Il poeta di campagna e Amor fra le vendemmie, andate in scena entrambe al teatro Nuovo di Napoli. Attraversò quindi una grave crisi, originata probabilmente dalla scomparsa del fratello, dalla difficile situazione familiare, e dal contrasto con Paisiello. Due fatti concorsero a risolvere i suoi problemi, chiudendo nello stesso tempo il secondo periodo della sua permanenza a Napoli. Innanzitutto decise di concorrere al posto di maestro della cappella Giulia in Vaticano, resosi vacante in seguito alla morte del maestro A. Boroni. Il 3 marzo 1793 il capitolo di S. Pietro lo chiamò a ricoprire tale incarico. Così, nello stesso mese, insieme con il figlio Pietro Carlo, che aveva ormai completato gli studi musicali, si trasferì a Roma. Il secondo fatto importante fu la ricomposizione del nucleo familiare, avvenuta a Venezia in seguito all'allestimento da parte di Pietro Alessandro di un'opera buffa, La lanterna di Diogene, rappresentata al teatro S. Samuele nell'autunno 1793.
L'opera riscosse un successo addirittura trionfale, al punto da costringere gli altri teatri veneziani, disertati dal pubblico, a chiudere i battenti nei giorni delle sue repliche. Durante la permanenza veneziana egli ebbe modo di incontrare la moglie Lelia e riabbracciare i quattro figli. Probabilmente l'anno successivo ci fu una riconciliazione generale e l'intera famiglia andò ad abitare in una casa al centro di Roma in via del Governo Vecchio, alle spalle di piazza Navona.
Lo stipendio che Pietro Alessandro riceveva in qualità di maestro della cappella Giulia era comunque modesto, 15 scudi mensili, insufficienti ai bisogni familiari; così, nel 1797 accettò l'incarico di maestro di cappella anche nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina.
Durante la Repubblica Romana vennero abolite le grandiose cerimonie, e la stessa cappella Giulia finì per essere disertata dai fedeli; anche l'attività teatrale diminuì, e i guadagni di Pietro Alessandro legati a essa vennero a mancare. Dal 1798 al 1802 scrisse solamente due opere serie, Ippolito e Siface e Sofonisba, per il S. Carlo di Napoli, un oratorio, e due azioni sacre. Soltanto il ristabilimento del governo pontificio e l'arrivo a Roma del neo papa Pio VII (1800), segnarono la ripresa delle attività musicali nella cappella Giulia e l'occasione per Pietro Alessandro di comporre una messa solenne.
Le condizioni economiche non tendevano tuttavia a migliorare, e nel 1804 inviò il figlio Pietro Carlo a Massa affinché tentasse di dare in affitto la villa sul Monte di Pasta. Il 24 ottobre dello stesso anno compose il suo ultimo lavoro, il graduale Angelus Domini Raphael per quattro voci e organo.
Pietro Alessandro morì nella sua casa a Roma il 19 nov. 1804 e fu sepolto nella chiesa di S. Stefano in Piscinula.
Compositore particolarmente prolifico, scrisse oltre cento lavori per il teatro. Si tratta perlopiù di opere buffe (o commedie per musica) e di opere serie, numerosi oratori e cantate, e una musica di scena. Per il catalogo delle opere si rimanda a The New Grove Dictionary (ed. 2001).
Una buona dozzina delle sue opere comiche ebbe un successo internazionale, e alcune rimasero in repertorio per circa trent'anni. Di queste fortunatissime composizioni ricordiamo, oltre a quelle precedentemente citate: L'impresa d'opera (libr. B. Cavalieri, Milano, teatro Ducale, autunno 1765); La sposa fedele (P. Chiari, Venezia, teatro di S. Moisè, Carnevale 1767); Le vicende d'amore (G.B. Neri, Roma, teatro Valle, Carnevale 1784); La virtuosa in Mergellina (S. Zini, Napoli, teatro Nuovo, estate 1785); La bella pescatrice (Id., ibid., ottobre 1789).
Al pari di Paisiello, Jommelli, e Cimarosa, Pietro Alessandro fu uno dei massimi esponenti della scuola napoletana. Tuttavia, pur restando in linea con i dettami di questa scuola, che prediligeva un linguaggio armonico semplice e scorrevole, egli cercò di vivificare le sue composizioni con un largo impiego di lunghi pedali, in grado di creare spesso audaci dissonanze, usando successioni armoniche inconsuete, e talvolta inserendo l'accordo di settima di sensibile (accordo tanto caro a Jommelli, ma poco usato nella seconda metà del Settecento). Nelle sue opere, inoltre, l'orchestra partecipa drammaticamente all'azione, e alcune scene complesse vengono ben costruite attraverso l'utilizzo di cori, ballerini e recitativi accompagnati. La notevole importanza che attribuisce al finale d'atto ne determina inoltre un suo sviluppo del tutto particolare. Inoltre, le sue arie presentano una notevole varietà formale.
Quasi tutta la musica strumentale fu composta da Pietro Alessandro a Londra tra il 1767 e il 1772. Si ricordano ancora: 15 sinfonie per orchestra; 6 divertimenti a quattro per archi (1768); 6 divertimenti per violino e clavicembalo, op. II (1770); trio in re minore per due violini e basso; quartetto A conversation per oboe e trio d'archi; The favorite Scotch divertissement per pianoforte (trascrizione ed elaborazione di melodie tradizionali scozzesi); 2 toccate per cembalo; 6 quartetti a due clavicembali; sonata in re maggiore per cembalo e violino (1771); 4 sonate per cembalo; concerto per clavicembalo e orchestra; concerto per violino e orchestra.
Le composizioni di musica sacra, tutte raccolte e conservate presso la Biblioteca apostolica Vaticana, ammontano a oltre 260, e rappresentano una produzione vastissima, scritta quasi interamente a Roma dal 1793 al 1804, nel periodo in cui Pietro Alessandro ricoprì l'incarico di maestro della cappella Giulia. Nella produzione religiosa egli adoperò il tipico "stile misto" italiano. Fece un largo uso del contrappunto imitativo e del fugato, e utilizzò il contrappunto "verticale" (armonico). Dal mondo operistico riprese alcuni andamenti particolari per la condotta delle voci, l'uso di arie virtuosistiche e di duetti, e alcuni disegni ritmici. Della produzione sacra si ricordano: la Messa pia solenne, a otto voci, concertata, a tutta orchestra obbligata (1794; dedicata a papa Pio VI); messa in do maggiore, per soli, coro e orchestra (1803), pervasa da un profondo misticismo; messa a 4 in re maggiore, per soli, coro e organo (1804). Inoltre, tralasciando le composizioni incomplete, 21 mottetti, 12 inni, 1 sequenza, 3 Tantum ergo, 2 Magnificat, 1 Te Deum, 2 orazioni, 1 lamentazione, 42 salmi, 113 antifone, 32 offertori, 27 graduali.
Pietro Carlo (detto Guglielmino o Guglielmini), figlio di Pietro Alessandro, nacque a Londra l'11 luglio 1772. Trascorse l'infanzia principalmente a Massa, dove la famiglia era tornata a vivere proprio dopo la sua nascita.
È probabile che la sua prima educazione musicale sia stata seguita dal padre o, più verosimilmente, affidata allo zio don Domenico. Certamente dovette risentire dei contrasti sorti tra i genitori. Studiò al conservatorio di S. Maria di Loreto di Napoli. Quasi sicuramente si giovò dell'aiuto paterno nella fase del compimento degli studi musicali, e in quella ancora più delicata di avvio della carriera artistica. Non è un caso, infatti, che non si conosca il nome di un suo maestro. Nel 1793, dopo aver terminato gli studi musicali, si trasferì con il padre a Roma.
Il suo debutto artistico come compositore avvenne al teatro de los Caños del Peral di Madrid nel 1794 con la rappresentazione del Demetrio. In Spagna e Portogallo riportò i primi successi. Fu poi a Napoli, Roma, Firenze, Palermo, Venezia e Padova. La popolarità e la fama raggiunta gli garantirono una certa sicurezza economica, che gli permise in più occasioni di aiutare la famiglia paterna, che versava in difficili condizioni. Durante una permanenza a Massa si innamorò di una giovane parente, Maria Teresa Guerra. Le nozze si celebrarono il 7 apr. 1804, e la giovane coppia andò a vivere a Roma nella casa paterna. Il 1° febbr. 1805 la sposa diede prematuramente alla luce un figlio, Pietro, che morì dopo soli due giorni. Successivamente alla morte del padre, Pietro Carlo si stabilì a Massa, dove si dedicò alla gestione del patrimonio familiare che ricostituì caparbiamente a poco a poco, comprando anche dai fratelli le loro quote d'eredità. Nel 1806 visse fra Napoli e Roma; in quest'ultima città nacque la figlia Maddalena. L'anno successivo ritornò nuovamente a Massa, dove comprò altre terre, mentre nel 1808 si trasferì in Portogallo dove il 3 luglio venne alla luce l'altra figlia, Fulvia. Si trasferì poi a Londra, dove rimase fino al 1810, anno in cui fece ritorno nella sua amata Massa, comprando nuove terre e dimostrandosi amministratore oculato dei propri guadagni.
Pietro Carlo quasi sicuramente non godette mai di ottima salute; probabilmente nel 1811 le sue condizioni lo indussero a redigere il proprio testamento prima di partire con la moglie per Roma, ove il 4 genn. 1812 nacque Pietro Alessandro (II), l'unico figlio maschio sopravvissuto. L'anno successivo al teatro alla Scala di Milano vennero allestite tre sue opere (L'isola di Calipso, La presunzione corretta, Ernesto e Palmira); poteva ormai considerarsi un compositore affermato. Il nuovo teatro degli Impavidi di Sarzana venne inaugurato con la rappresentazione di un suo dramma giocoso, Astuzia contro astuzia.
Dopo il congresso di Vienna si ebbe il ritorno di Massa e Carrara sotto il governo di Maria Beatrice d'Este. Per tale occasione, il 30 maggio 1814, venne eseguito nel duomo di Massa un Te Deum composto da Pietro Carlo. Il 29 apr. 1816, in suffragio dell'imperatrice Maria Ludovica, figlia di Maria Beatrice, diresse e probabilmente compose una messa solenne che gli valse la nomina di maestro di cappella onorario di Massa (17 ag. 1816). Le sue cattive condizioni di salute lo portarono a un rallentamento dell'attività artistica. Con la rappresentazione al teatro dei Fiorentini di Napoli dell'opera Paolo e Virginia, forse la sua composizione teatrale più fortunata, riscosse il suo ultimo successo.
Pietro Carlo morì a Napoli il 28 febbr. 1817 mentre si accingeva a far ritorno a Massa.
La critica musicale valuta la sua produzione artisticamente inferiore rispetto a quella paterna, e nello stesso tempo vi riconosce i segni della decadenza della scuola napoletana. Per l'elenco completo delle opere si rimanda ancora alla voce del New Grove Dictionary (ed. 2001). Delle opere di carattere sacro si ricordano: La distruzione di Gerusalemme (S.A. Sografi, Napoli, teatro del Fondo, Quaresima 1803); Il trionfo di Davide (G. Caravita, Lisbona, teatro S. Carlos, Quaresima 1808).
Giacomo, fratello del precedente, nacque a Massa il 16 ag. 1782. Violinista e tenore, visse con la famiglia paterna fino alla morte del padre. Nel 1805 sposò Maria Rigani, una ragazza romana. Il fratello Pietro Carlo lo favorì nella carriera artistica; esordì infatti come tenore proprio in una sua opera, Ines de Castro, rappresentata al teatro Argentina di Roma (2 genn. 1805).
Cantante molto apprezzato, soprattutto nell'ambito dell'opera comica, si esibì per oltre un ventennio sulle scene di Parma, Napoli, Firenze, Bologna e Venezia. Il 25 genn. 1817 partecipò alla prima rappresentazione assoluta de La Cenerentola di G. Rossini nel ruolo di Don Ramiro. Una delle sue ultime esibizioni risale probabilmente all'estate 1827, ne I falsi monetari ossia Violenza e costanza di S. Mercadante, allestita al Ducale di Parma; si ritirò definitivamente dalle scene intorno al 1830. Molto apprezzato come didatta, il suo metodo di canto venne pubblicato a Tolosa nel 1842.
Giacomo morì dopo il 1846 (Magri, p. 68).
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