BERNARDI, Guglielmo
Cavaliere di origine francese al servizio di Carlo I d'Angiò, viene ricordato per la prima volta in un documento del 13 marzo 1267. Nel 1269 sappiamo che egli fu incaricato di censire e valutare quei beni dei traditori del re, che dovevano esser sottoposti a confisca; sempre nello stesso anno, il 25 giugno, fu creato capitano di Valfortore, col compito di reprimere la rivolta dei Saraceni di Lucera, i quali si erano sollevati alla notizia della calata di Corradino di Svevia.
In quegli anni il B. doveva essere in stretti rapporti con gli ambienti della corte del deposto imperatore latino di Costantinopoli, Baldovino II; ciò è dimostrato dalla ambasceria che, tra il 1269 ed il 1270, egli effettuò presso Carlo I d'Angiò, rappresentando appunto il principe Filippo, figlio di Baldovino II. La carriera del B. si sarebbe tuttavia svolta in seguito tutta al servizio di Carlo I, da quando cioè quest'ultimo lo creò suo familiaris e maresciallo in Albania (1272).
Mentre era maresciallo del re in Albania, il B. profittò dei suoi poteri per estorcere denaro agli abitanti di Durazzo, imponendo loro, illegalmente, gravami fiscali di vario genere. Carlo I, informato di ciò, si affrettò ad ingiungergli di troncare abusi e malversazioni (26 nov. 1272); non sembra però che il re lo colpisse con alcuna sanzione né che perdesse la sua fiducia in lui, dato che il B. continuò a ricoprire la carica di maresciallo almeno sino a tutto il 1274. Rientrato in Italia, dopo pochi mesi veniva nuovamente rimandato in Albania come "capitano e vicario regio a Durazzo e nel Regno d'Albania" (23 sett. 1275).
In Albania la situazione era assai grave, allora. Gli eserciti dell'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo stringevano da vicino Durazzo; le soldatesche angioine mancavano di armi e di mezzi; il governo regio era privo di fondi. A tali difficoltà si aggiungevano, aggravandole, gli atti di pirateria compiuti dai corsari slavi, che sottoponevano le coste dell'Albania a continui saccheggi ed ostacolavano, con attacchi continui, il traffico - militare e mercantile - tra il Regno di Napoli e la penisola balcanica.
Per quanto stava in lui, il B. affrontò decisamente la situazione. Con 100 arcleri saraceni e 50 mercenari, si portava a Durazzo, dove installava il suo quartier generale, e prendeva i necessari provvedimenti per organizzare la difesa di Durazzo stessa e del porto di Valona, seriamente minacciato dai Bizantini. Contemporaneamente, per provvedere alla mancanza di armi, di danaro per le spese di guerra, di vettovaglie e di materiali, mentre assillava il governo di Napoli con continue richieste cui si cercò di sopperire nei limiti del possibile (si pensi che dovettero esser inviate dall'Italia anche le pietre necessarie alla ricostruzione del castello di Durazzo), copriva le spese di guerra più urgenti col ricavato della vendita, da lui autorizzata, del sale (vendita e ricavato che sarebbero spettati, di diritto, alla Camera regia). Riuscì inoltre a ottenere l'invio di navi da guerra, per la protezione del traffico marittimo e delle coste dell'Albania. In tal modo il B. poté difendere efficacemente i possessi angioini affidati alla sua amministrazione per ben tre anni sino all'aprile 1278, quando egli venne a morte in Durazzo.
Il B. possedeva estesi beni feudali nell'Italia centro-meridionale, specialmente in Abruzzo e nella Val di Crati; in quest'ultima zona era signore del castello di Abatemarco, che, tra il 1277 ed il 1278, cedette alla Curia regia, ricevendone in cambio il castello di Salandra, nella Basilicata. Il B. lasciava, morendo, un figlio, Guglielmo, che ricoperse egli pure, tra il 1182 ed il 1283, la carica di capitano a Durazzo (v. Gli Atti perduti della cancelleria angioina…, II, pp. 548 s., 651).
Fonti e Bibl.: Gliatti perduti della Cancelleria angioina transuntati da Carlo de Lellis, I, Il regno di Carlo I, a c. di B. Mazzoleni, in Regesta chartarum Italiae, XXV, Roma 1939, p. 288; XXXI, Roma 1943, pp. 122, 134; I Registri della Cancelleria angiolina, a c. di R. Filangieri, Napoli 1950-1964, I, pp. 74, 210; II, p. 111; III, p. 14; VIII, p. 99; IX, pp. 160, 165; X, pp. 246-247; XI, p. 32; XII, pp. 121-122, 202-204, 239, 255; XIII, pp. 55-56, 111, 118, 170, 201, 202; XIV, pp. 4, 24, 136, 143; XVI, pp. 9, 63; XIX. pp. 55, 150; P. Durrieu, Les archives angevines de Naples, II, Paris 1887, p. 284; F. Carabellese, Carlo d'Angiò nei rapporti politici e commerciali con Venezia e l'Oriente, Bari 1911, pp. 46, 67-69, 72-74, 105.