BORREMANS, Guglielmo
Nato ad Anversa nel 1670, fu ammesso, durante l'esercizio del 1688-89, nella gilda di S. Luca come allievo di Peter van Lindt; notizie della sua presenza vi si trovano, come risulta dagli archivi dell'Accademia di Belle Arti di Anversa, fino al 1693. A partire da quest'anno non vi sono più notizie della presenza del B. nelle Fiandre: la ricostruzione della sua vita artistica pone come problema fondamentale quello del momento della sua venuta in Italia, che si può collocare verso la fine del sec. XVII; è probabile che sia giunto a Napoli, dove fu senz'altro attivo, anche se la prima traccia della sua attività in Italia ci porta a Cosenza. Nella chiesa dei padri riformati, infatti, verso il 1704, l'artista dipinse una serie di quadri a olio, collocati per lo più negli scomparti di pietra e di stucco che adornavano le pareti della navata centrale.
I dipinti sono stati distrutti da un incendio scoppiato nel settembre 1943, ma di essi si conserva la documentazione fotografica (Arch. Soprint. per la Calabria); inoltre, un quadro dello stesso periodo, la Madonna col Bambino e S. Antonio da Padova, è custodito attualmente nel Tesoro dell'Arcivescovado di Cosenza. Sulla base pertanto di quanto ci è pervenuto, è possibile formulare un giudizio sufficientemente preciso sulla formazione giovanile del B.: a una generica educazione fiamminga, rilevabile soprattutto da un gusto per i particolari osservati con arguzia e con amore realistico del dettaglio, si sovrappone la maniera solenne in voga nella pittura napoletana della fine del sec. XVII e dell'inizio del XVIII, oscillante tra il gaio e fastoso pittoricismo della tradizione giordanesca e il contrastato e drammatico luminismo della pittura del Solimena, verso cui, in queste opere, il B. sembra propendere.
L'unica opera sicura del B. a Napoli appartiene peraltro a un secondo soggiorno dell'artista: è la decorazione a fresco della crociera della chiesa di S. Caterina a Formello con Storie della vita di s. Domenico, databile intorno al 1708-09.
Chiamato a sostituire Giuseppe Simonelli, morto poco dopo aver ricevuto l'incarico di dipingere nella crociera, il B., in questi affreschi, come in quello molto rovinato della volta del coro, mostra di aver inteso e assorbito la novità e l'importanza dell'ultima attività di Luca Giordano, con riferimento soprattutto al grandioso affresco di S. Martino: la sua tavolozza si schiarisce, più intensi e luminosi diventano i rapporti cromatici e atmosferici, si ha un alleggerimento delle forme che, pur nella concretezza dei volumi, appaiono lievitare in una dimensione più aerea e leggera rispetto allo spazio meno contrastato in cui si pongono.
S'ignora quali altre opere il B. abbia eseguito a Napoli, ma sicuramente saranno state numerose, come dimostra la notorietà da lui acquistata e documentata da un enfatico madrigale che, dedicatogli da Giuseppe D'Alessandro e compreso nella sua Selva poetica, fu stampato a Napoli nel 1713 (p. 192). Vi si allude a un'attività di ritrattista che, però, è totalmente perduta o dispersa: ce ne è pervenuto un unico esempio nel ritratto di Raff. Riccobene (dipinto a mezza figura in basso a destra della tela Immacolata con angeli e santi sull'altare maggiore del duomo), il finanziatore della decorazione del duomo di Caltanissetta, compiuta dall'artista molto più tardi, intorno al 1719. L'anno dell'arrivo dell'artista in Sicilia fu con sicurezza il 1714, quando egli ricevette l'incarico di dipingere a fresco il soffitto della chiesa della Madonna della Volta a Palermo, distrutto durante l'ultima guerra mondiale, ma firmato e datato come risulta dalla documentazione fotografica (Arch. Soprint. Gall. Sicilia): "Gugl.mo, Borremans P. anno 1715". Inizia così una attività intensa di decoratore a fresco e di pittore di cavalletto che porterà il B. in molti luoghi della Sicilia, dove ha lasciato numerosissime opere, pur essendosene perdute molte altre, come è dimostrato da documenti e da antiche fonti.
A Palermo, nel 1717, ebbe l'incarico di decorare le volte, i sottarchi e le due prime cappelle della parte aggiunta durante il Seicento nella chiesa medievale di S. Maria dell'Ammiraglio, più comunemente nota col nome della Martorana: vi dipinse episodi della Vita di Cristo e di Maria e, negli archi, mezze figure di santi e sante. Nello stesso anno lo troviamo impegnato nella decorazione del soffitto della navata e del coro nella chiesa del monastero di S. Vincenzo Ferreri a Nicosia, con la Gloria del santo titolare ed Episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Tornato a Palermo, il B. lavorò nella cappella di S. Francesco di Paola della cattedrale e nella chiesa di S. Maria delle Grazie (opere entrambe perdute), per poi recarsi verso il 1719 a Caltanissetta, dove gli fu allogata la decorazione più vasta e complessa a cui abbia mai lavorato: gli affreschi della volta, delle vele, dei sottarchi e dei pilastri del duomo.
Parzialmente distrutti durante l'ultima guerra, alcuni furono rifatti con uno sconsiderato "restauro" sulla base delle fotografie esistenti, altri ridipinti, così che è impossibile oggi poter dare un preciso giudizio su di essi. L'unica indicazione che si possa fornire riguarda il tema iconografico che, articolandosi in ben centoquarantotto soggetti, compendiava, esaltandoli, i dogmi, le istituzioni e le verità di fede della religione cattolica. Nelle pitture dei sottarchi e dei pilastri, le uniche risparmiate dal rifacimento, ma in gran parte deperite o distrutte, è possibile accorgersi della presenza di aiuti e collaboratori. In buone condizioni di conservazione è la grande tela, anch'essa opera del B., posta sull'altar maggiore, che rappresenta l'Immacolata con angeli e santi, in cui una impostazione tipicamente napoletana si arricchisce di echi della pittura del Paladini.
Nel 1724 il B. fu chiamato per la prima volta ad Alcamo, dove dipinse per la chiesa dei SS. Cosma e Damiano due quadri ad olio su tela, un'Immacolata e una Madonna con angeli e santi, oggi molto rovinati. E ancora negli anni 1723-24 lo ritroviamo a Palermo, nella decorazione della volta e delle pareti del vestibolo sotto il coro della chiesa del monastero della Pietà, e, poco dopo, nella decorazione della cupola e dei peducci della chiesa di S. Giuseppe dei teatini, una delle realizzazioni piu insigni del barocco palermitano. È di questi anni una delle sue opere più riuscite, l'Estasi di s. Teresa, nella chiesa omonima. È questo il momento più alto per la pittura del B., come conferma un altro quadro su tela dipinto per l'oratorio del Rosario in S. Domenico, la Visitazione della Vergine, in cui i rinnovati contatti con Van Dyck, presente nello stesso oratorio con la sua Madonna del Rosario, consentono di attuare un perfetto equilibrio tra la solenne intensità dell'avvenimento e la cura attenta del particolare realistico, in un impeto trattenuto di colori e di luci radenti.
Verso il 1775 troviamo il B. impegnato nella decorazione a fresco della volta e delle pareti della chiesa dei Santi Quaranta Martiri dei Nobili Pisani, dove crea con profusione di ori e di stucchi una delle più ricche e fastose decorazioni barocche che sia dato di vedere in Sicilia; è questa l'unica opera firmata che contenga anche l'indicazione della sua patria d'origine: "Guglielmus Borremans Antuerpiensis Pinxit". Dipingerà anche per altre chiese di Palermo: i Crociferi e la chiesa dell'Olivella dei filippini. Nel 1730, era a Catania dove, chiamato dal nuovo vescovo della città Pietro Galletti dei marchesi di San Cataldo, che si proponeva di decorare le cappelle del duomo da poco ricostruito, firmò quattro tele: Martirio di s. Febronia, Gloria di s. Rosalia, S. Antonio da Padova, S. Antonio abate. Nuovamente a Palermo, dipinse nel 1733-34 alcune sale del palazzo arcivescovile, parzialmente conservate; era pure impegnato nella decorazione di alcuni palazzi aristocratici, culminante nel grande affresco sulla volta della galleria principale del palazzo già dei principi di Cattolica. Nel 1733 fu chiamato come esperto a dirimere la controversia sorta tra due pittori siciliani, Pietro Paolo Vasta e Venerando Costanzo, che si contendevano la decorazione a fresco dell'interno del duomo di Acireale: il B. indicò il primo. Una analoga controversia lo oppose direttamente ad Olivio, Sozzi per la decorazione del duomo di Alcamo; riuscì a spuntarla grazie alla preferenza accordatagli dai committenti: e tra il 1735 e il 1736 fu occupato nel suo ultimo vasto ciclo decorativo che, pur ricollegandosi agli affreschi di Caltanissetta, nella simbologia suggeritagli da un letterato del luogo, Vincenzo Iemma, e nella spartizione in grandi cornici dello spazio della volta, presenta però una stesura più pacata e un più equilibrato ritmo di movimenti e di scorci.
Nella ultima parte della sua vita è probabile che il B., ormai vecchio, rallentasse il ritmo frenetico della sua attività; sono poche le opere documentate in questo periodo. Morì certamente a Palermo il 17 apr. 1744 e fu sepolto nella chiesa del convento dei cappuccini.
Oltre alle citate, altre opere del B. sono conservate a Siracusa, Buccheri, Enna, Mazara del Vallo, Caccamo, S. Martino delle Scale (Palermo), per non ricordare che le sicure. Notevole è l'importanza della sua attività in Sicilia: arrivato in un momento di crisi nella tradizione artistica isolana, dove continuava stancamente la tradizione novelliana, contribuì a ricollegare l'attività degli artisti siciliani con quella dei più grandi pittori che agivano in quel momento nelle città di Napoli e di Roma. Fu suo allievo Gaspare Serenario e, indirettamente, fu da lui favorita l'apertura della tradizione artistica locale alle fonti dirette della pittura settecentesca meridionale, contatto che darà nei decenni successivi risultati originali e tutt'altro che trascurabili.
Suoi continuatori diretti furono il figlio Luigi, molto probabilmente tra gli aiuti del padre nei vasti cicli decorativi, la cui attività ci è nota sicuramente per gli affreschi firmati e datati 1747 che si trovano a Caltanissetta in una casa ex patrizia, ora sede di una banca, e per la decorazione della cappella di S. Anna nella chiesa di S. Agata dei gesuiti pure a Caltanissetta. Più oscura l'attività del nipote Guglielmo il Giovane, cui il Di Marzo (1912, p. 60) attribuisce, facendo un ragionamento per estensione, le tele del duomo di Enna, che sono in gran parte da considerare opera di Guglielmo il vecchio.
Fonti eBibl.: Una bibliografia completa è contenuta nello studio critico del Di Marzo (1912), a cui si rimanda soprattutto per l'indicazione dei manoscritti del Mongitore, principale fonte documentaria per la conoscenza dell'attività siciliana del pittore fiammingo. Sono qui indicate le opere essenziali: Fedele da S. Biagio, Dialoghi familiari sopra la pittura, Palermo 1788, pp. 240-244; F. Pulci, Lavori sulla storia eccles. di Caltanissetta e sua diocesi, I, Caltanissetta 1881, pp. 110 ss.; G. Ceci, La chiesa e il convento di S. Caterina a Formello, in Napoli nobilissima, X (1901), p. 180; F. Pulci, Caltanissetta e la Vergine, Caltanissetta 1904, pp. 101 ss.; M. Natale, Gli affreschi di G. B. nel duomo di Caltanissetta, Caltanissetta 1909; G. Di Marzo, G. B. di Anversa pitt. fiamm. in Sicilia nel sec. XVIII, Palermo 1912; Id., Altre notizie del pittore G. B., in Arch., stor. sic., XXXIX (1915), pp. 443-445; A. Frangipane, G. B. e la chiesa dei Riformati di Cosenza, in Brutium, III (1924), n. 3; F. Meli, Degli architetti del Senato di Palermo, in Arch. stor. per la Sicilia, IV-V (1938-39), p. 390; N. Marsalone, Il cav. Gaspare Serenario pitt. palermitano del '700, Palermo 1942, pp. 39, 98 ss.; M. Guiotto, I monumenti della Sicilia occ. danneggiati dalla guerra, Palermo 1946, ad Ind.; V. Regina, La Chiesa Madre di Alcamo. Notizie storiche ed artistiche, Alcamo 1956, passim; E. Sinicropi, Enna nella storia nell'arte nella vita, Palermo 1958, pp. 124-125; F. Rotolo, Maria e la Chiesa nelle arti figurative siciliane, in Maria et Ecclesia. Acta congressus mariologici-mariani in civitate Lourdes a. 1958 celebrati, XV, Romae 1960, pp. 105-112; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 375.