GUGLIELMO CAPPARONE
Si tratta probabilmente di un condottiero tedesco venuto in Italia al seguito dell'imperatore Enrico VI. Quando Marcovaldo di Annweiler, su ordine dell'imperatrice Costanza, nel 1197 lasciò la Sicilia, G., secondo quanto riferito dai Gesta Innocentii III, rimase sull'isola, probabilmente su incarico dello stesso Marcovaldo. Quando quest'ultimo tornò in Sicilia, nell'ottobre 1199, G. non svolse però alcun ruolo di particolare importanza.
Deceduto Marcovaldo nel 1202, G. si precipitò a Palermo per mettere le mani sul palazzo reale e sul giovane Federico II. Ciò dovette al più tardi avvenire prima del dicembre 1202. La posizione acquisita da G. fu approvata da re Filippo di Svevia entro il dicembre 1203. Intitolandosi G. "regis custos et magister capitaneus Sicilie", gli storici moderni si sono chiesti se le sue pretese fossero estese soltanto sull'isola o su tutto il Regno di Sicilia. A favore di quest'ultima possibilità sembra parlare il fatto che G., a partire dal dicembre 1202, fece emanare in nome del re dei diplomi che riguardavano anche la Terraferma.
In seguito G. cercò di arrivare a un accordo con papa Innocenzo III, il quale autorizzò il 4 ottobre 1204 il legato pontificio in Sicilia, cardinale Gerardo di S. Adriano, a trattare la pace. Secondo i Gesta Innocentii III, il papa avrebbe tolto a G. la scomunica, mentre questi avrebbe giurato di rispettare la tutela del papa per Federico II. In seguito il cardinale entrò solennemente a Palermo assumendo il governo quale rappresentante del papa e riuscì anche a fare visita al giovane svevo, un incontro di cui, secondo quanto riferito dai Gesta, Federico II sarebbe stato molto soddisfatto. L'intesa tra il papa e G. durò però poco, perché questi si rifiutò di risarcire le chiese della Sicilia. Inoltre la collaborazione tra G. e il cancelliere Gualtiero di Palearia si dimostrò impossibile. Perciò il cardinale si ritirò rassegnato a Messina.
Nel 1205 G. riuscì a resistere a un attacco della flotta genovese a Palermo, ma ormai la sua fortuna stava per tramontare. Nel novembre 1206 il conte Dipoldo di Acerra lo costrinse a consegnargli Palermo e il giovane re, passati poi entrambi nelle mani di Gualtiero di Palearia. Da allora G. rimase il capo del partito imperiale in Sicilia.
Nel periodo tra il 1202 e il 1206, in cui fu sotto la custodia di G., Federico II visse probabilmente nel palazzo reale. Non è attendibile la notizia del Breve Chronicon de rebus Siculis, opera redatta soltanto intorno al 1272 e in cui G. non viene menzionato, secondo la quale il giovane svevo avrebbe sofferto la fame, "ad tantam devenit inopiam quod vix haberet quid comederet" (Stürner, 1998, p. 106, n. 100), dando origine poi alla leggenda secondo la quale Federico II avrebbe vagato per le strade di Palermo, i cui abitanti a turno avrebbero invitato alla loro tavola il "bel fanciullo" dagli "occhi gai, raggianti". È invece probabile che il giovane re, sotto la custodia di G., abbia ricevuto nel palazzo dei suoi avi una buona educazione e un'istruzione adatta al suo rango. Parto della fantasia di autori moderni è invece la tesi secondo la quale il giovane re si sarebbe aggirato per i vicoli e i mercati di Palermo, che gli avrebbero offerto molteplici stimoli: guardandosi intorno e colloquiando con i cittadini, egli avrebbe arricchito il suo sapere, compiendo una sorta di autoformazione (ibid., p. 109).
Che Federico II sotto la custodia di G. non si trovasse male risulta indirettamente dalla lettera che il pontefice gli indirizzò, esprimendo la propria gioia per il fatto che crescesse costantemente sia in età sia in sapienza e capacità. Il papa era ben informato sulla situazione a Palermo da Tommaso da Gaeta, giustiziere di corte altamente stimato dalla Curia pontificia, che nell'autunno del 1204 si trovava a Roma come inviato di Guglielmo. Nel settembre 1206 Innocenzo III scrisse di nuovo direttamente a Federico II mostrandosi molto contento del fatto che, avvicinandosi all'età della pubertà, crescesse così bene e ‒ come scriveva il papa ‒, per le sue virtù e la sua sapienza apparisse davanti a Dio e agli uomini molto più maturo di quanto la sua età anagrafica lasciasse presagire.
G. morì probabilmente poco dopo il 1208.
Fonti e Bibl.: T.C. Van Cleve, The Emperor Frederick II of Hohenstaufen. Immutator Mundi, Oxford 1972, pp. 49, 50, 53, 54, 62; E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1976, p. 21 (ediz. orig. Kaiser Friedrich der Zweite, I-II, Berlin 1927-1931); R. Neumann, Parteibildungen im Königreich Sizilien während der Unmündigkeit Friedrichs II. (1198-1208), Frankfurt a.M. 1986, pp. 22 s., 32, 40-60, 64-66, 78, 84, 88 s., 92 s., 114, 125-127, 129, 132, 168, 172, 179, 197, 213, 221, 271 s., 285; W. Stürner, Federico II. Il potere regio in Sicilia e in Germania 1194-1220, Roma 1998, pp. 84, 102-104, 106, 108-111, 113-115, 120 (ediz. orig. Friedrich II., I, Die Königsherrschaft in Sizilien und Deutschland 1194-1220, Darmstadt 1992, pp. 82, 100 s., 103, 105-107, 110-112, 114 s.).