CENTUERI (Centuaria, Centuari), Guglielmo
Nacque a Cremona intorno al 1340. Molto probabilmente compì i primi studi nel convento francescano della sua città. Era già entrato nell'Ordine dei frati minori il 1º giugno 1365, quando partecipò al capitolo generale di Firenze, dove era baccelliere in teologia. Poco tempo dopo si trasferì a Bologna, dove lo troviamo ricordato con lo stesso titolo nel 1368. Il capitolo generale tenutosi a Napoli nel 1370 lo inviò a perfezionarsi negli studi presso l'università di Parigi. I termini cronologici del suo soggiorno parigino non possono venire fissati con precisione, perché la sua attività di studente nella capitale francese si intrecciò con quella di responsabile della provincia francescana bolognese. Un'indicazione certa viene tuttavia fornita da una bolla del 7 marzo 1373: in essa Gregorio XI incaricava Giovanni de Calore, cancelliere dell'università di Parigi, di accelerare la procedura per il conferimento della laurea magistrale al C., "...qui olim per Ordinem suum ad baccalariatum Parisiensem promotus, librum Sententiarium in illo Studio legit...". La promozione del C. a provinciale bolognese fu comunque anteriore al maggio 1372, quando appunto in quella veste convocò il capitolo provinciale a Ferrara. Sempre come provinciale presiedette in seguito i capitoli di Ravenna (ott. 1373), Rimini (maggio 1374) e Lugo (maggio 1375). I documenti consentono di fissare con precisione altri episodi dell'attività del C. in Emilia-Romagna. Il 12 dic. 1372 riuscì ad ottenere da Gregorio XI il permesso di trasferire dentro le mura di Bertinoro il locale convento dei francescani e di costruirne un altro a Cesenatico. Il 21 marzo 1374 risolse una lite patrimoniale tra francescani e clarisse bognesi. Il 23 apr. 1375 dispose dell'eredità di una Bea di un fu Francesco. Il 21 ag. 1377 Gregorio XI lo incaricò, insieme con i provinciali di altri tre Ordini, di assolvere i Bolognesi dalle censure religiose loro inflitte a causa della ribellione contro l'autorità papale. Il centro della attività del C. fu naturalmente il convento francescano bolognese, cui rimase in seguito sempre legato, come dimostrano le offerte da lui fatte molto tempo dopo (nel febbraio 1396 e il 1º febbr. 1399). Una testimonianza della sua attività accademica a Bologna è costituita dalla sua partecipazione alla cerimonia di conferimento della laurea in teologia a Florio da San Florio (28 febbr. 1374). In data anteriore al 20 sett. 1377, a causa dell'opposizione di Francesco il Vecchio da Carrara alla permanenza di fra' Bartolomeo da Piove di Sacco nella carica di provinciale veneto, il C. scambiò il suo posto con quello del confratello. Ma alla guida della provincia veneta egli rimase pochissimo tempo: già il 24 marzo 1378 non rivestiva più quella carica, come si evince da una sua lettera a Lodovico Gonzaga in cui rende conto dei servizi prestati al signore di Mantova e si lamenta della propria situazione. Non molto dopo comunque dovette avvenire il trasferimento del C. a Pavia, trasferimento che segnò il rilancio di una carriera che sembrava essersi già conclusa. Nella nuova sede, infatti, si legò di stabile amicizia con Gian Galeazzo Visconti, che da allora lo protesse costantemente per oltre un ventennio e lo utilizzò come suo rappresentante in missioni diplomatiche e come suo consigliere per gli affari religiosi e culturali. Non è improbabile che, in forza di tale appoggio, come pure della laurea parigina, venisse affidato al C. un lettorato nello Studio pavese anche prima della istituzione della facoltà di teologia. Il suo nome ricorre infatti spesso nelle fonti a noi note - anche se non sempre è possibile stabilire a che titolo - tra quelli dei docenti dell'università di Pavia. La prima attestazione della sua presenza nella nuova sede si riferisce in ogni caso proprio ad un atto accademico: il 9 giugno 1381, come sostituto e rappresentante del vescovo Francesco Sottoriva, il frate cremonese, conferì la laurea in medicina al milanese Pietro Pasquali. La morte del vescovo di Piacenza Corrado Giorgi fornì al C. una occasione per progredire nella carriera ecclesiastica. Gian Galeazzo impose al capitolo piacentino l'elezione del C., ma Urbano VI il 4 nov. 1381 nominò in quella sede l'eremitano milanese Andrea Serazoni. Il Visconti, dopo aver ordinato al capitolo di rifiutarsi di accogliere il presule nominato dal papa, in capo a poco più di un anno riuscì ad ottenere dal pontefice il trasferimento del Serazoni a Brescia e la nomina del C. come vescovo di Piacenza (14 genn. 1383). Nonostante la sua nuova dignità il C. continuò a risiedere nel convento francescano di Pavia. Tra il settembre 1385 e il dicembre del 1386 svolse presso Urbano VI, temporaneamente residente a Genova, un'importante missione per conto del Visconti, che voleva conoscere l'opinione del papa sulla liceità dell'investimento di una grossa somma nei cosiddetti "prestiti veneziani". Il parere del pontefice fu negativo, come lo era stato quello del C. e di altri teologi in precedenza consultati, i quali consideravano l'operazione vera e propria usura.
Morto il 18 sett. 1386 il vescovo Sottoriva, il giorno stesso il capitolo della cattedrale di Pavia designò il C. a succedergli sulla cattedra episcopale. L'elezione, convalidata dal pontefice, venne perfezionata il 27 con l'obbligazione davanti alla Camera apostolica, compiuta a Genova dall'arcidiacono Lazzaro Guazzi in nome del neoeletto.
La dignità episcopale pavese comportava anche la carica di cancelliere dello Studio cittadino, e in questa veste il C. viene frequentemente citato nei documenti coevi, soprattutto in quelli attestanti il conseguimento o la concessione di gradi accademici, a partire dal 14 dic. 1386, quando conferì la laurea in diritto civile al bobbiese Giovanni Cicala. L'obbligatorietà del riferimento al vescovo-cancelliere fa anzi sì che sia possibile controllarne le assenze da Pavia. Siamo così informati che, ad esempio, il C., per quasi tutto il 1398, si trattenne nel Veneto (è localizzabile a Verona nel maggio e nel settembre) alla guida di una commissione incaricata dal Visconti di restituire ai legittimi proprietari i beni usurpati dagli Scaligeri a Verona e a Vicenza, città di cui Gian Galeazzo si era impadronito nell'ottobre 1387. Allo stesso modo veniamo a sapere che nel 1390 risiedette frequentemente a Milano dove, come risulta da un atto del 18 novembre di quell'anno, possedeva una casa presso porta Vercellina. Nella sua veste di vescovo e di teologo fu molto probabilmente il C. ad ottenere da Urbano VI l'istituzione di una facoltà di teologia nello Studio pavese: con la bolla del 16 nov. 1389 Bonifacio IX affidò al C., all'arcivescovo di Milano e all'abate di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia il compito di procedere alla concessione dei privilegi stabiliti per i religiosi studenti. Lo stesso C. promulgò gli statuti della facoltà il 24 apr. 1397, come aveva fatto il 25 nov. 1395 per quelli della facoltà giuridica. La sua attività di promotore dell'ateneo ticinese lo mise in contatto, formale o amichevole, con importanti esponenti dell'umanesimo contemporaneo. Fu proprio il C., ad es., a conferire il 13 luglio 1392 la laurea in grammatica e retorica a Gasparino Barzizza. Il suo nome figura poi tra quelli dei destinatari delle lettere di Giovanni Dondi dell'Orologio conservate nel codice Marciano lat. XIV 223 (4340) (la lettera recentemente edita dal Gilbert, pp. 330-338, dimostra che il C. aveva assunto una posizione "modernista" nella querelle tra i fautori degli antichi, come il Dondi, e quelli dei moderni).
Notevole fu l'attività che venne svolta dal C. come rappresentante del Visconti: delegato di Gian Galeazzo in cerimonie di battesimo il 24 giugno 1393 e 25 luglio 1395, fu testimone alle promesse nuziali scambiate in occasione dell'unione di Elisabetta di Bernabò Visconti con Ernesto di Baviera (30 dic. 1394); assisté quindi alla donazione di beni per una rendita di 2.500 fiorini d'oro annui compiuta da Gian Galeazzo in favore dell'erigenda certosa di Pavia (15 apr. 1396), e celebrò la messa nel corso delle cerimonie per la posa della prima pietra della stessa certosa (27 ag. 1396). Nominato al primo posto tra i personaggi incaricati della tutela dei figli nel testamento di Gian Galeazzo del 1397, fu delegato da Pietro Filargis (il futuro antipapa Alessandro V) a cresimare Gabriele, figlio naturale di Gian Galeazzo (6 sett. 1398), e benedisse le nozze tra Lucia di Bernabò Visconti e Federico, figlio di Baldassarre langravio di Turingia (28 giugno 1399). Per il silenzio delle fonti a noi note non siamo molto informati sul ministero pastorale svolto dal C. nel corso del suo episcopato pavese: si ricorda comunque la scomunica da lui inflitta nel 1390 ai monaci di S. Donato a Sesto Calende, colpevoli di non aver versato alla Camera episcopale quanto da loro dovuto. Intervenne anche nell'annosa controversia tra gli eremitani e i canonici regolari di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia, pronunziando il 16 ag. 1392 una sentenza completamente favorevole ai canonici.
Rimasto unico proprietario delle fortune della sua famiglia, adottò come erede il cremonese Lorenzo Montapreli nel corso di una cerimonia svoltasi nel castello di Pavia, alla presenza di Gian Galeazzo, il 30 nov. 1397. Morì a Pavia il 26 giugno 1402. Il luogo della sepoltura definitiva non è noto. I confratelli eressero un monumento in sua memoria in S. Francesco a Cremona.
Gli impegni politici e amministrativi non impedirono al C. di scrivere una nutrita serie di opere teologiche e giuridiche di un certo respiro. Il suo lavoro più noto è il trattato De iure monarchiae, composto probabilmente nel 1400 (è stato edito nel 1967 a Verona da C. Cenci). In esso, prendendo le mosse dalla creazione, l'autore tenta di dimostrare - in polemica evidente e aspra, anche se non esplicitamente dichiarata, con le teorie esposte nel De monarchia dantesco - il diritto del papa alla suprema autorità sia nel campo spirituale sia in quello temporale. Scopo delle tesi critiche contenute nel trattato, dove Dante viene definito un "garrulus" che "fatuizat", è senza dubbio quello di colpire ideologi e scrittori al C. più vicini nel tempo: uno di essi è certamente Bartolomeo da Saliceto, il giurista che nelle sue opere si era dimostrato strenuo fautore dell'indipendenza e della supremazia dell'autorità imperiale. Non è improbabile infine che tra gli obiettivi immediati del trattato, in cui comunque quello monarchico viene preferito nella sfera temporale a qualsiasi altro tipo di governo, figurasse anche quello di una coperta propaganda in favore di una monarchia unitaria italiana da realizzarsi nella persona di Gian Galeazzo. All'epoca resistevano infatti al dominio visconteo città come Firenze e Bologna, rette da regimi oligarchici repubblicani fieramente avversi alla politica viscontea quindi poco graditi al C. e al suo grande protettore.
Di un suo commento alle Sententiae di Pietro Lombardo possediamo poco più che la notizia. Dell'opera infatti il ms. Cordeliers 26, conservato a Friburgo, ci ha tramandato (ff. 143r-190r) una questione in tre articoli sulla terza distinzione, questione tratta dal commento al secondo libro composto a Bologna nel 1368; mentre dal commento al quarto libro (composto tra il 1385 e il 1395) ci sono rimaste due questioni copiate da s. Bernardino da Siena nell'attuale cod. 102 della Biblioteca universitaria di Budapest (ff. 14r-20v).
Nel codice 305 della Biblioteca Classense di Ravenna (ff. 62r-70v) è conservato un suo breve trattato sull'idoneità dei frati minori a fare da testimoni. L'opera è stata certamente scritta dopo il 28 apr. 1400, data di morte di Baldo degli Ubaldi, citato come defunto sullo spunto di una causa per eredità. Al C. sono attribuiti inni in onore di s. Siro e dei suoi successori sulla cattedra episcopale pavese; una costituzione sulla clausura delle monache; una regola per i canonici di Pavia (1387) e uno statuto sulle monache e l'abito clericale (1399). È certo che il C. è stato anche autore di due trattati non pervenutici, De vera amicitia e Super remotione schismatis, nel secondo dei quali sosteneva verosimilmente la tesi viscontea del diritto spettante all'imperatore di convocare un concilio per trovare una soluzione allo scisma d'Occidente.
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