CORVI, Guglielmo (Guillelmus Brixiensis, de Brixia, de Caneto, de Corvis)
Nacque verso il 1250a Canneto sull'Oglio (Mantova) da Iacopo, nobile bresciano; ebbe almeno una sorella, Alda, sposa di Guidone de' Buonamici, nobile ferrarese. Avviato dal padre alla carriera ecclesiastica, studiò filosofia e diritto a Brescia, sotto la guida dell'erudito giudice Albertano da Brescia. Conclusi gli studi, nel 1274 ebbe un primo incarico come insegnante di logica e filosofia all'università di Padova, come collega e poi successore del maestro Tredecinus; vi ebbe come allievo, tra gli altri, l'abate Engelberto di Edmont.
Vi rimase cinque anni, ma dovette trovarsi in disaccordo con le teorie filosofiche e astrologiche colà dominanti, se preferì abbandonare l'insegnamento per dedicarsi a studi scientifici. In effetti pare che manifestasse un certo fastidio per le dispute sugli universali e per la logica scolastico-deduttiva, utilizzando piuttosto una logica induttiva, dal particolare all'universale e dagli effetti alle cause. Si trasferì perciò a Bologna, dove seguì le lezioni ippocratiche di Taddeo Alderotti e quelle del Salicetti, laureandosi in medicina e fisica nel 1286 (si firmava infatti "magister in fixica").Poco sappiamo di questo periodo bolognese, se non che partecipò alla vita culturale della città acquistandosi il soprannome di "aggregatore", soprannome che provocò qualche equivoco tra i biografi, che talvolta confusero il C. con un omonimo che insegnò a Bologna dal 1386 al 1390, o con un certo Guillaume de Bresse o de Brezis, medico francese dei Trecento, reggente alla facoltà medica di Montpellier.
Nel 1298 (ma la data è controversa) fu nominato archiatra pontificio da Bonifacio VIII, che lo fece contemporaneamente canonico di Parigi e lo dotò di alcuni feudi nel Ferrarese. A Roma continuò l'esercizio professionale anche per i privati, interessandosi tuttavia di studi vari, dalla storia antica alla botanica, per la quale cercò di semplificare la terminologia, insieme al medico romano Simeone De Cordo. Intorno al 1305 raggiunse il nuovo papa Clemente V ad Avignone, dove ricoprì la cattedra di medicina, di recente istituzione, proseguendo un suo autonomo distacco dall'autorità degli antichi.
Tale libertà di insegnamento suscitò qualche contrasto all'interno della Curia pontificia, tuttavia non tale da privarlo dell'appoggio del papa, che anzi gli attribuì vari redditizi canonicati, come quelli di Lincolti (senza l'obbligo della residenza), di Costanza, di Baupte e di Bologna: nel 1313 una bolla di Clemente V lo nominò arcidiacono di Bologna al posto di Guido de Baysio per i suoi meriti scientifici e per la "litterarum scientia", senza che tale carica fosse stata da lui richiesta. In seguito anche Giovanni XXII lo nominò cappellano alla corte di Roma, sempre con dispensa dalla residenza. Rimase infatti ad Avignone, anzi pare che fosse solito ritirarsi in tranquilla meditazione sulle rive del Sorga, nei luoghi che saranno di lì a poco cantati dal Petrarca. Certo tale ricerca di quiete e di isolamento nasceva anche dalla volontà di tenersi lontano dalle polemiche e dalle fazioni; e questo può spiegare perché, per proseguire i suoi studi, preferì stabilirsi a Parigi, non sappiamo esattamente in quale anno.
A Parigi il C. trascorse l'ultimo periodo della sua vita; vi incontrò tra gli altri il medico Lanfranco da Milano, già conosciuto a Bologna, e gli venne in aiuto (come a molti altri italiani) sia economicamente sia da un punto di vista scientifico. Il C. morì a Parigi verso il 1326, e vi fu sepolto.
Il C. lasciò per testamento una cospicua eredità vincolata al progetto di istituire un collegio a Bologna che ospitasse studenti poveri di Brescia, in un edificio da lui stesso acquistato precedentemente. Tale collegio, col nome di Istituto bresciano, fu effettivamente operante (il C. aveva fornito anche i fondi per gestirlo e per dotarlo di insegnanti) per più di centoventi anni, diventando una delle più importanti istituzioni del genere a Bologna, finché l'eredità non fu dispersa per colpa di un avido abate.
Il C. fu autore di diversi scritti, fra i quali emerge un trattato di medicina generale, Excellentissimi medici Gulielmi Brixiensis Aggregatoris dictorum illustrium medicorum ad unamquanque aegritudinem a capite ad pedes practica, Venetiis 1508, di pp. 144, che descrive in centoventinove brevi capitoli altrettanti morbi attraverso una precisa classificazione e diligenti confronti fra di essi (cause, sintomi, località dove appaiono più frequentemente, persone più soggette ecc.); per ciascuno indica i rimedi e i farmaci più opportuni o le diete necessarie. Uniti alla Practica (da ciò derivò per qualcuno il soprannome di Aggregatore) sono due brevi trattati, De consilio observando tempore pestilentiae ac etiam de cura pestis tractatus perspicuus, e De febribus tractatus optimus, in cui il C. esamina gli effetti e le cure della peste, e sei tipi di febbre. Vanno ricordati infine: Thadaei Florentini et Guilielmi a Brixia Consilia, Coloniae 1603, un volume di consigli medici corretto dal medico bergamasco G. Grataroli (ne esiste un manoscritto alla Biblioteca Malatestiana di Cesena: cfr. Mucciolo, p.91); Tractatus de memoria artificiali, conservato alla Biblioteca Queriniana di Brescia, sui metodi per conservare e rafforzare la memoria; il codice Quaestiones quartae seu primi libri Avicennae recollectae sub Guilielmo a Brixia, presso la Ambrosiana di Milano (C. 115); frammenti di consigli medici in una miscellanea della Bibl. nazionale di Napoli (VIII. D. 35), e varie altre opere rimaste manoscritte o disperse.
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