PUSTERLA, Guglielmo della
PUSTERLA, Guglielmo della. – Vissuto tra il XII e il XIII secolo, non se ne conosce la data di nascita, né precisamente quella della morte; il primo elemento cronologico certo (1193) è offerto dalla carica istituzionale ricoperta, ovvero quella di podestà di Treviso.
Appartenne a una famiglia dell’antica aristocrazia milanese, le cui prime menzioni risalgono all’ultimo trentennio dell’XI secolo, quando vari personaggi detti de Pusterla compaiono in atti diversi quali testimoni, sottoscrittori o proprietari di beni fondiari in varie località del contado intorno a Milano. Esponenti di questo gruppo parentale ebbero cariche nell’organismo comunale fin dalla sua prima fase in rappresentanza del ceto capitaneale; dal 1126 al 1135 Anselmo della Pusterla fu a capo della Chiesa ambrosiana e nei decenni seguenti si infittiscono le presenze nella documentazione di membri della famiglia, fino appunto agli ultimi anni del XII secolo, quando si impose come personaggio più illustre della parentela, Guglielmo.
Con la citata podesteria trevigiana si apriva per lui un trentennio di impegni sia in cariche interne all’amministrazione civile milanese e in ambascerie per conto del Comune, sia in incarichi podestarili in varie città dell’Italia settentrionale, evidentemente per la stima riservatagli sulla base di una già consolidata autorevolezza.
La scelta di affidare a Guglielmo la guida del Comune di Treviso trovava spiegazione nel quadro politico generale: in una fase di particolare tensione tra il movimento comunale e l’imperatore Enrico VI (due anni più tardi sarebbe stata rinnovata per la seconda volta dopo la pace di Costanza la Lega lombarda) si ritenne opportuno dare vita a uno stretto legame con la città egemone nell’area padana; in tal senso va sottolineato che Guglielmo tornò altre due volte (1199-1200 e 1218) a Treviso in veste di podestà.
Inoltre si può osservare che il suo mandato podestarile segnò una tappa rilevante nella vicenda sociopolitica della città veneta, in primo luogo per l’approvazione di uno statuto che permetteva, agli stimatori comunali, di vendere beni già concessi in feudo senza il consenso del dominus, risarcito con il pagamento di un sesto del prezzo dei beni in questione, in secondo luogo con la stabilizzazione della guida del governo affidata a un podestà forestiero.
Seguendo la cronologia vediamo Guglielmo podestà ad Asti nel 1195, mentre l’anno successivo, membro di un Collegio consolare di ben dieci persone, partecipò all’atto conclusivo del trattato di pace tra Milano e Como. Nel 1197, in carica come podestà di Alessandria, strinse un patto di alleanza con Asti con l’obiettivo primario di proteggere il territorio milanese dalle intenzioni minacciose del marchese del Monferrato; inoltre assicurò un presidio di cinquecento militi a difesa di Vercelli. Dopo il ritorno a Treviso (1199-1200), nel 1201 assunse la carica podestarile a Piacenza; nel 1203 venne invece chiamato per la prima volta a Bologna. Gli anni successivi dovettero impegnarlo totalmente sulla scena milanese con la podesteria, unitamente a Oldebrando de’ Canavesi, nel 1204 e, in seguito, senza responsabilità di cariche pubbliche. Di nuovo itinerante dal 1210 come podestà di Asti, nel 1211 guidò il Comune di Bologna, mentre negli anni immediatamente seguenti fu attivo nella Milano dilaniata dalle discordie cittadine tra capitanei e valvassori da una parte e Motta e Credenza di Sant’Ambrogio dall’altra: per sedare l’accesissimo scontro il podestà Uberto da Vialta emanò, nel dicembre del 1214, ordinamenti accompagnati dal banno di 500 lire (poi cassato) contro vari personaggi tra cui Guglielmo e Guidone della Pusterla. Nel 1216 gli venne offerto per la prima volta l’incarico di podestà di Bergamo, città tradizionalmente nemica di Milano e della sua fedele alleata Brescia; tra il 1218 e il 1219 fu per la terza volta impegnato quale podestà di Treviso, nel 1220 tornò a Bologna, di nuovo ad Alessandria nel 1221 e forse poi a Vercelli. Con la seconda podesteria bergamasca del 1224 pare concludersi l’intensa attività politica itinerante di Guglielmo.
Non stupisce dunque quanto afferma Giorgio Giulini, sulla base di alcune cronache: Guglielmo era uomo di straordinaria esperienza, tanto che, pur non avendo avuto una specifica istruzione, superava in dottrina gli esperti di diritto. Nel De magnalibus Mediolani di Bonvesin da La Riva in un elenco di concittadini che avevano fatto grande Milano, di Guglielmo «cavaliere nobilissimo» si dice che «anche se privo di istruzione, superava spesso chiunque altro, colto o no, per saggezza naturale: raggiungeva il massimo della conoscenza che può avere un uomo che non ha studiato, e andava oltre [...]. Quando era podestà di Bologna, egli era chiamato per antonomasia ‘il saggio dei laici’ dai giurisperiti».
Pusterla godette della fiducia dell’imperatore Ottone IV di Brunswick, che gli avrebbe addirittura concesso in feudo la città di Asti; l’affermazione trova riscontro nel fatto che in seguito Federico II gli assegnò una rendita annua di 25 marche d’argento, ricavandola dai tributi che la città di Asti pagava al fisco regio. L’appoggio a Ottone IV fu ben vivo anche dopo la scomunica inflitta all’imperatore da papa Innocenzo III: nel 1211, durante il mandato podestarile a Bologna, unitamente ad Alberto da Mandello, che teneva la stessa carica a Imola, fece giurare agli abitanti del luogo di salvaguardare e proteggere il castello di Imola in onore di Dio e di Ottone imperatore dei Romani.
Se nella carriera politica di Guglielmo spicca il gran numero di mandati podestarili esperiti, non meno rilevante è da considerarsi la sua attività nell’ambito della politica di alleanze perseguita da Milano nei primi decenni del Duecento, che prolungava la centralità ambrosiana in area padana acquisita fin dal tempo della lotta contro Federico I, in base soprattutto alle consolidate capacità politico-militari.
Le relazioni che Milano aveva saputo costruire nell’ambito della Lega vennero mantenute anche dopo la pace di Costanza: alle città tradizionalmente alleate si aggiunsero varie città venete e piemontesi proprio attraverso l’invio di podestà, come nei casi di Treviso, Asti, Alessandria e Vercelli governate in più occasioni da Guglielmo. Dagli ultimi anni del XII secolo la politica milanese si era snodata secondo una linea volta a salvaguardare complessi territoriali minacciati dalle conflittualità intercittadine, con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio politico che si reggeva su accordi diplomatici.
Ne è un esempio l’alleanza del settembre del 1221 tra Milano e Vercelli voluta da Amizone Sacco e da Guglielmo, rispettivamente podestà delle due città. Essa prevedeva il reciproco riconoscimento, per sé e per i cittadini di cui erano rappresentanti, della qualifica di civis e di habitator. Il patto venne perfezionato dai due podestà, nel successivo mese di novembre, con l’aggiunta di clausole volte all’obbligo di acquistare una residenza del valore di 100 lire imperiali nella città alleata, con il pagamento annuale del fodro. All’inizio di dicembre Guglielmo incaricò due procuratori di acquistare una casa a Milano per conto del Comune di Vercelli, appunto per realizzare il reciproco cittadinatico. Sappiamo poi che, su richiesta di ambasciatori milanesi, nell’aprile del 1246 il Comune di Vercelli confermò i patti stretti con Milano al tempo di Guglielmo.
Dopo il 1224 non si ha notizia dell’esercizio di cariche pubbliche da parte di Guglielmo a Milano o in altre sedi, comunque è certo che fosse ancora vivo nel 1229, mentre risulta defunto nel 1234.
Di lui è noto un figlio, Bonifacio, che seguì le orme paterne. Fu uno dei membri del Consiglio che giurarono nel 1215 l’alleanza con Vercelli; ambasciatore di Milano, unitamente ad altri, nel 1229, quando venne riconfermata la Lega di Lombardia, Marca e Romagna; podestà di Bergamo nel 1226 e ancora nel 1236; testimone nel 1234 quando gli ambasciatori di re Enrico di Svevia strinsero un’alleanza con tutto lo schieramento che faceva capo a Milano. Probabilmente figlio di Bonifacio (visto che riprenderebbe il nome del nonno) è quel Guglielmo (II) che nell’estate del 1274 venne minacciato e di fatto cacciato da Bologna che reggeva in qualità di podestà unitamente a Imola. Il 1° luglio gli ambasciatori milanesi, con l’appoggio di quelli di Cremona, Piacenza, Parma, Reggio e Modena chiesero il risarcimento dei danni morali e materiali subiti da Guglielmo (II). Il Consiglio generale del Comune di Bologna gli promise di scortarlo fino a Reggio e di dargli il salario indebitamente trattenuto; infine, di perdonarlo sotto tutti gli aspetti se avesse lasciato il palazzo comunale. All’inizio di agosto, dopo la petizione presentata al podestà, a Napo e Francesco della Torre e al Consiglio del Comune di Milano, compilato un lungo inventario delle cose rubategli e considerati i danni e le persecuzioni subiti, venne concesso a Guglielmo (II) il diritto di rappresaglia contro il Comune di Bologna.
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