GUGLIELMO I imperatore germanico e re di Prussia
Nato a Berlino il 22 marzo 1797, morto ivi il 9 marzo 1888. Figlio secondogenito del re Federico Guglielmo III di Prussia e della regina Luisa principessa di Meclemburgo-Strelitz, G. vide nella sua prima gioventù la Prussia precipitare repentinamente nella catastrofe di Jena che la ridusse per alcuni anni al grado di potenza di terz'ordine. Entrato adolescente nell'esercito, vi acquistò presto l'abito militare che fece di lui il modello dell'ufficiale prussiano. Egli assistette adolescente a quella segreta vigilia d'armi che fu per la Prussia il periodo della supremazia napoleonica. In quegli anni il pensiero della riscossa assai più che dal re Federico Guglielmo III era tenuto vivo dalla regina Luisa; il giovane G. concepì allora e conservò sempre per la madre quella cavalleresca ammirazione che i patrioti prussiani votarono a lei, morta nel 1810 senza aver veduto la rivincita auspicata. A questa G. partecipò nelle due campagne di Francia del 1814 e 1815, ricevendo il battesimo del fuoco al combattimento di Bar-sur-Aube. Caduto l'impero napoleonico G., secondogenito del sovrano regnante, fratello d'un principe ereditario che lo vinceva in vivacità d'ingegno e amenità di modi, non sembrava chiamato al trono, e la sua gioventù trascorse quindi nella rapida ascensione dei varî gradi dell'esercito e nelle cure della vita di guarnigione. Ciò gli valse popolarità nell'esercito anche quando per le successive vicende politiche egli fu impopolarissimo presso la nazione. Aveva concepito allora una viva inclinazione per la principessa Elisa Radziwill, sua cugina in secondo grado e si proponeva di sposarla. Ma prevalse in lui il pensiero delle difficoltà che ne potevano sorgere per un'eventuale successione e nel 1829 sposò la principessa Augusta di Sassonia-Weimar, dalla quale ebbe due figli, il principe Federico Guglielmo che fu poi l'imperatore Federico III, e la principessa Luisa.
Quando morì nel 1840 il re Federico Guglielmo III, il nuovo sovrano Federico Guglielmo IV era senza prole. Il principe G. divenne quindi erede presuntivo della corona e prese il titolo di principe di Prussia. Questa nuova situazione mise necessariamente G. in maggior contatto con la politica interna del paese, mentre stava maturando la crisi del 1848. Il concetto rigido che G. ebbe sempre dei diritti e dei doveri dei re lo fece piegare verso le dottrine ultraconservatrici; pur non opponendosi all'elargizione di franchigie costituzionali, la sua influenza tendeva a contenerle nei limiti più ristretti. Queste sue opinioni e le sue stesse simpatie per l'esercito lo resero in quell'epoca turbolenta, specialmente durante la rivolta berlinese del marzo 1848, oggetto dell'avversione popolare assai più che lo stesso monarca. G. dovette allora ritirarsi per qualche tempo in Inghilterra. Passata la tormenta, egli tornò a Berlino e fu anzi eletto deputato alla nuova assemblea nazionale, senza però prendere parte ai lavori. L'attività che egli spiegò nella repressione dei moti del 1849 nel Palatinato e nel Baden contribuì sempre più a farlo apparire un sostegno della reazione. Negli ultimi anni del regno di Federico Guglielmo IV si andarono però delineando nella fisionomia politica di G. altri tratti che a poco a poco fecero equilibrio nei giudizî del pubblico alle sue tendenze ultraconservatrici. G. infatti fu sempre immune da quel misticismo che fuorviò talvolta il suo predecessore, rendendolo troppo ossequiente al pietismo luterano dei partiti di destra; e pur essendo religiosissimo, non fu mai bigotto. Nel campo della politica estera egli risentì assai più del fratello l'umiliazione che l'abile politica del principe K. Ph. di Schwarzenberg aveva inflitto alla Prussia a Olmütz nel 1850, e non nascondeva il suo pensiero che la Prussia era forte abbastanza per fare una politica propria in Germania e all'estero, e per tenere nella Confederazione un posto non inferiore a quello dell'Austria. Egli divenne così una speranza del nascente nazionalismo prussiano, e il suo avvento alla reggenza nel 1858 e la sua assunzione al trono nel 1861 (2 gennaio) furono accolti con soddisfazione. Ma questo rifiorire di popolarità non fu di lunga durata. Lo stesso concetto che G. ebbe sempre dell'alta missione della Prussia in Germania, lo portò a chiedere al paese larghi sacrifizî per il riordinamento dell'esercito. Ciò mise subito il nuovo re in conflitto con la maggioranza della camera e con il partito liberale. Già nel luglio 1861, pochi mesi dopo la sua ascensione al trono, G. fu a Baden Baden oggetto d'un attentato per mano d'uno studente, Oskar Becker. Ritiratosi il ministero presieduto dal principe Carlo Antonio di Hohenzollern-Sigmaringen, il dissidio tra il sovrano e il parlamento assunse il carattere d'un vero conflitto costituzionale. G. trovò in quel grave momento l'appoggio e la collaborazione di Bismarck, ministro non meno impopolare di lui, ma che seppe fondare su quella doppia impopolarità le fortune maggiori della Prussia e della casa dei Hohenzollern.
G. nominò Bismarck presidente del Consiglio il 23 settembre 1862. Credeva così poco alla possibilità di governare con quel diplomatico, noto come reazionario, che gli presentò, appena arrivato, un atto di abdicazione. Ma G. lacerò quel foglio tosto che Bismarck lo ebbe assicurato che avrebbe lottato fino all'ultimo per sostenere le riforme militari, e che per tradurle in atto avrebbe ricorso anche a metodi dittatoriali. Da quel giorno si fecero infrangibili tra sovrano e ministro legami di reciproca fiducia.
I provvedimenti militari costarono quattro anni di conflitto fra i poteri dello stato e al monarca quanto restava ancora della sua scarsa popolarità. Ma era pronto ormai il grande strumento che doveva portare a compimento l'ardito programma di Bismarck. Il primo punto di quel programma era l'esclusione dell'Austria dalla politica federale degli stati tedeschi. Senza subire, come già Federico Guglielmo IV, il fascino della tradizione imperiale asburgica, G. non andava interamente immune da quel timor reverentialis onde Vienna era considerata allora da tutti i principi germanici. Non fu pertanto senza fatica che Bismarck ottenne dal re il rifiuto d'intervenire al congresso dei sovrani tedeschi bandito a Francoforte nel 1863 dall'imperatore Francesco Giuseppe, congresso nel quale la presenza del re di Prussia avrebbe consacrato ancora una volta la supremazia dell'Austria nella confederazione. E dopo la comune vittoria sulla Danimarca non poche resistenze ebbe a vincere Bismarck nel suo sovrano per poter seguire di fronte all'Austria la politica che condusse alla guerra del 1866 e all'esclusione dell'impero austriaco dalla confederazione germanica. La vittoria sull'Austria vinse per sempre ogni impopolarita del rei dimostrando quanto era. stata saggia la sua politica di riforme militari. La simpatia della pubblica opinione per il sovrano portò buoni frutti anche sulla sua politica interna, che piegò sempre più verso metodi concilianti, sicché la guerra contro la Francia trovò la nazione prussiana pronta ad affrontarla in perfetta unione spirituale con il suo re.
Malgrado l'età avanzata (73 anni) G. varcò ancora una volta nel 1870 alla testa dell'esercito il Reno già due volte da lui attraversato 55 anni prima. Egli tenne durante la guerra il comando nominale delle truppe, e ricevette personalmente dopo Sedan la spada dell'imperatore Napoleone III. L'apogeo del suo regno fu la sua proclamazione a imperatore avvenuta a Versailles (18 gennaio 1871). Anche quel giorno trovò G. in disaccordo con il suo grande ministro, in quanto questi intendeva che il re di Prussia assumesse, per non ledere le suscettibilità degli altri principi tedeschi, il titolo d'imperatore germanico mentre G. insisteva per assumere quello d'imperatore di Germania. Il dissenso durava ancora al momento in cui doveva compiersi la proclamazione, dimodoché il granduca di Baden, il quale doveva essere l'oratore dei principi convenuti, girò la difficoltà acclamando non l'imperatore di Germania né l'imperatore germanico, ma l'imperatore Guglielmo: Il vecchio sovrano assunse poi definitivamente il titolo imperiale nella forma consigliata dal suo ministro. Il ritorno di G. in patria fu una apoteosi. Negli ultimi anni del regno G. sostenne sempre della sua autorità e della sua ormai incontrastata popolarità, la politica interna del principe di Bismarck. Lo appoggiò senza riserve nel difficile periodo del Kulturkampf e in tutta la sua ardita politica sociale. Nel campo della politica estera sacrificò al suo cancelliere anche le simpatie per la Russia tradizionali nella sua casa, e consentì che alla lega dei tre imperatori si sostituisse la Triplice Alleanza. Già nel 1875 G. si era incontrato con re Vittorio Emanuele II a Milano e vi aveva trovato le più lusinghiere accoglienze. La potenza alla quale negli ultimi anni del regno di G. era salita la Germania, si manifestò nel congresso di Berlino, dove il cancelliere di ferro trionfò del suo collega e antagonista russo Gorčakov.
Malgrado gli splendori di questo tramonto e malgrado l'affetto onde il popolo tedesco circondava il suo sovrano, non mancarono attentarli alla vita di questo. Quello dell'operaio Hödel (11 maggio 1878) lasciò il sovrano incolume, ma un secondo, quello commesso pochi giorni dopo da Nobiling (2 giugno), ebbe conseguense più gravi. Il regicida era un laureato di due università, fratello di due ufficiali dell'esercito. L'imperatore fu seriamente colpito da due colpi di fucile caricato di grosso piombo da caccia, e i suoi giorni furono posti in pericolo. Ma il vecchio monarca, benché più che ottantenne, si ristabilì, e dopo alcuni mesi poté riprendere le redini dello stato che aveva dovuto cedere provvisoriamente al principe ereditario. Egli le tenne ancora per più di nove anni, dando prova fino all'ultimo di una mirabile attività. Morì a 91 anni, circondato dalla venerazione di tutto il grande impero fondatosi nel suo nome.
G. non ebbe in retaggio straordinarie doti intellettuali, bensì grandi qualità morali che fecero indubbiamente di lui, dopo Federico II, il maggiore dei Hohenzollern. Prima tra esse fu un'altissima idea dei doveri del principe, ai quali subordinò sempre ogni considerazione personale. Nato lontano dal trono ed educato esclusivamente da soldato, egli si astrinse, quando a 60 anni divenne reggente, a uno studio minuzioso delle discipline civili. Egli ebbe il gran merito di non sopraestimare sé stesso e di saper cedere non di rado contro la propria radicata convinzione, ma senza mai compromettere la sua dignità di principe, al genio di Bismarck. Le sue ultime parole furono per raccomandare al grande cancelliere di rimanere al governo anche sotto i suoi successori.
Bibl.: W. Oncken, Zeitalter Kaisers Wilhelm, voll. 2, Berlino 1890-92; H. v. Sybel, Die Begründung des deutschen Reiches, voll. 7, 3ª ed., Monaco 1913; E. Lavisse, Trois Empereurs d'Allemagne, Parigi 1888; O. v. Bismarck, Gedanken und Erinnerungen, voll. 3, Stoccarda 1888; E. v. Sachsen-Coburg, Aus meinem Leben und meiner Zeit, Voll. 3, Berlino 1887-89; L. Schneider, Aus dem Leben Kaisers W. I, voll. 3, Berlino 1888.