GUGLIELMO II re di Sicilia
Succeduto tredicenne al padre Guglielmo I nel 1166, per cinque anni stette sotto la reggenza della madre, Margherita di Navarra; poi regnò da solo, vivendo il più sovente, salvo due o tre passaggi in terraferma, nei suoi palazzi palermitani, tra donne e schiavi, come un sovrano orientale, curante più dei piaceri che dello stato. Suoi principali, e tutt'altro che concordi, consiglieri furono l'arcivescovo di Palermo Gualtieri Ophamil e il vicecancelliere Matteo d'Aiello. Ma pare doversi attribuire a lui stesso l'abbandono della politica di raccoglimento inaugurata da suo padre, e il ritorno ai disegni di espansione in Oriente, già concepiti e perseguiti da Roberto Guiscardo e dai due Ruggieri. Ne fu distolto sulle prime dalla persistente minaccia del Barbarossa, di fronte alla quale egli rimase risolutamente attaccato all'alleanza con Alessandro III e coi comuni lombardi rappresentando così una parte notevole nei grandi affari che occuparono allora la diplomazia europea. E già a lui, ancora minorenne, Manuele Comneno aveva offerto una sua figliuola in isposa. Dopo lunghe trattative corse tra Costantinopoli e Palermo, andata a morite quell'offerta, parve bene accolta da G. la proposta d'un matrimonio con una figlia di Enrico II d'Inghilterra. Ma, rottosi nel 1171 Manuele con Venezia, rinnovò l'offerta e fu per la primavera del '72 decisa la venuta a Taranto della principessa greca; ma G. l'attese invano, perché le trattative di un riavvicinamento all'imperatore tedesco avevano mutato il pensiero del Comneno.
Poco dopo tanto Venezia quanto Genova conchiudevano con lui importanti trattati. Ed anche il Barbarossa, per separarlo da Alessandro III, gli si offrì alleato. G. rifiutò, e a Carsoli, il 10 marzo 1176, fu sconfitto dai Tedeschi, ma senza conseguenze: poiché la battaglia di Legnano mutò il corso degli avvenimenti e nel congresso di Venezia si stabiliva una tregua di 15 anni tra la Germania e la Sicilia, quando già G., consigliato dal papa, aveva tolto in moglie Giovanna, figlia di Enrico II d'Inghilterra (13 febbraio 1177).
Poté quindi con maggiore agio dare impulso alle imprese che gli stavano a cuore: contro il mondo musulmano e a difesa dei cristiani d'Oriente e contro Bisanzio col miraggio della corona imperiale. Già dal 1174 una sua flotta aveva tentato un assedio agl Alessandria, dovuto levare per l'appressarsi di Saladino; ma l'anno dopo Tunisi era stata occupata dai Siciliani. Verso il 1180 si stipulava una pace di dieci anni con l'almohāde Abū Ya‛qūb Yūsuf, e nei due inverni successivi si tentavano le Baleari.
Morto frattanto nel 1180 Manuele Comneno, tolto da Andronico il trono e la vita al giovinetto figliuolo che gli era succeduto, gli scompigli che ne derivarono porsero occasione a G. di spedire un esercito, che s'impadronì di Durazzo e di Tessalonica (1185). Ma, avanzatasi la flotta verso Costantinopoli, nell'attesa che sopraggiungesse l'esercito per assediarla, sbalzato da una rivolta Andronico, sostituitogli Isacco l'Angelo e da questo preparate meglio le difese, l'esercito siciliano fu disfatto sullo Strimone, la flotta dové ritirarsi e le conquiste fatte andarono perdute. L'onore del nome siciliano allora fu rialzato dall'ammiraglio Margaritone, il quale distrusse la maggior parte della flotta d'Isacco l'Angelo ond'erano sbarcate a Cipro le forze inviate contro Isacco Comneno, proclamato colà imperatore; e distrusse poco dopo un'altra flotta inviata da Isacco l'Angelo in soccorso di Saladino. Si narra che G., udendo presa da costui Gerusalemme, si cingesse di un cilicio e tenutosi segregato per quattro giorni, facesse voto di liberare la città santa. Certo è che egli fu dei primi sovrani a volere quella liberazione, che partecipò vivamente agli apparecchi della terza crociata, offrendo ai crociati il passaggio per i suoi dominî: e, quando Saladino si avanzò su Tripoli, la flotta di Margaritone l'obbligò a ritirarsi (primavera del 1188): ultimo raggio di gloria sul regno di Guglielmo II, che morì il 18 novembre 1189.
Privo di prole, G. aveva fatto giurare ai suoi vassalli che avrebbero riconosciuto per sua erede la zia Costanza, da lui concessa in moglie al primogenito del Barbarossa, seguendo il consiglio dell'Ophamil, contro l'avviso del D'Aiello e della maggioranza dei suoi compatrioti, avversi ad ogni influenza tedesca.
Bibl.: F. Chalandon, Hist. de la domin. norm., ecc., II, Parigi 1907.