MAGGI, Guglielmo
Figlio di Corrado, uno dei cinque figli maschi (con il vescovo Berardo, il canonico Alberto, Federico e Maffeo) di Emanuele, fondatore della potenza della grande casata bresciana dei Maggi, il M. appartenne alla generazione successiva a quella dei massimi esponenti della famiglia. Non è nota la sua data di nascita, comunque non anteriore alla seconda metà degli anni Sessanta del XIII secolo, visto che nel 1257 - stando al testamento di Emanuele - il padre era certamente ancora giovane. Neppure sono note le tappe della sua carriera politica.
Nel 1294 il M. assunse la carica di capitano del Popolo di Firenze e durante il suo reggimento si trovò implicato, tra la fine del 1294 e gli inizi del 1295, in una delicatissima vicenda politica.
In una situazione già tesa per le voci di una congiura ordita dai magnati contro Giano Della Bella, il capo delle istituzioni del popolo ispiratore degli ordinamenti di Giustizia da poco emanati, e per il clima di sospetto causato dalle modifiche che taluni intendevano apportarvi, assunse un forte rilievo politico un processo per omicidio contro Corso Donati. L'assoluzione di Donati da parte del podestà Giovanni di Lucino (che lo condannò solo al pagamento di 2000 lire) provocò il malcontento e l'agitazione del popolo, con il saccheggio del palazzo del Comune, e obbligò il podestà alle dimissioni, cosa che lasciò la città in una situazione di incertezza.
Il M. fu indotto allora dalla pressione dei grandi e dei popolani grassi (con i quali, secondo Salvemini, era colluso) ad assumere interinalmente anche la carica di podestà (4 febbr. 1295). Fu dunque sotto il reggimento del M. che il nuovo priorato, eletto il 15 febbraio, processò rapidamente Giano Della Bella per i disordini del mese precedente e lo condannò all'esilio (18 febbraio). E con ogni probabilità va fatto risalire al M. il suggerimento di affidare il podestariato all'influente Maffeo Maggi, suo zio e personalità assai più nota per esperienza e prestigio, designato il 6 marzo.
Non è dimostrabile, e forse è frutto di eccessiva drammatizzazione, l'opinione di Davidsohn, secondo il quale la malattia e la successiva morte del M., poco dopo occorsa, furono una conseguenza delle "paurose emozioni sofferte". Sta di fatto che poche settimane dopo, probabilmente entro la fine di aprile 1295, il M. morì in Firenze, e fu sepolto a S. Croce.
Esibendo la propria posizione di "defensor et capitaneus Florentie", egli aveva infatti dettato il suo testamento il 12 aprile (Davidsohn, p. 728). Si tratta di un documento di notevole interesse anche per le deduzioni che consente in ordine ai rapporti interni alla grande consorteria bresciana. Il M. legò infatti a Federico, Maffeo e Corrado del fu Emanuele Maggi e a Bertolino di Berardo le case "in contrata de Arcu civitatis Brixie" e tutto quello che aveva in comune con loro, in modo che ognuno ne avesse un quarto; ma soprattutto lasciò eredi universali Maffeo e il vescovo Berardo, vale a dire i due indiscussi leader politici della casata, a prova di una coesione che fu certamente fra le motivazioni più importanti delle sue fortune politiche. Il M. inoltre vincolò gli eredi a far costruire nella chiesa di S. Giovanni de Foris (o dove avesse preferito il vescovo Berardo) un altare in suffragio della sua anima.
Fonti e Bibl.: D. Compagni, Cronica, a cura di I. Del Lungo, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., IX, 2, p. 48; Cronica di Paolino Pieri fiorentino, a cura di A.F. Adami, Roma 1755, p. 59; Le consulte della Repubblica fiorentina, a cura di A. Gherardi, Firenze 1898, II, p. 497; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Firenze 1899, p. 222; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1957, III, pp. 726, 728, 730; P. Guerrini, Appunti e documenti inediti intorno alla famiglia dei Maggi di Brescia [1931], in Id., Pagine sparse, III, Brescia 1984, p. 256; G. Archetti, Berardo Maggi vescovo e signore di Brescia, Brescia 1994, pp. 43, 56, 58, 139, 185; S. Bortolami, Politica e cultura nell'import-export del personale itinerante di governo dell'Italia medioevale: il caso di Padova comunale, in I podestà dell'Italia comunale, a cura di J.-C. Maire Vigueur, I, Roma 2000, p. 234; A. Zorzi, I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313), ibid., pp. 466, 568, 584, 586.