Pepe, Guglielmo
Generale e patriota (Squillace 1783-Torino 1855), fratello di Florestano; combatté (1799) a Portici e a Napoli contro le soldatesche del generale Ruffo; esule in Francia, si arruolò nella legione italiana e combatté a Marengo; recatosi (1803) a Napoli a congiurare contro i Borboni, fu imprigionato e liberato solo tre anni dopo da Giuseppe Bonaparte. Con l’avvento di Murat, P. fu inviato (1811) a combattere in Spagna e fece la campagna d’Italia (1815), segnalandosi sull’Enza e alla Secchia. Tornati i Borboni a Napoli, ottenne (1818) il comando di una divisione; scoppiati i moti carbonari del 1820, P., incaricato di sedarli, entrò invece trionfalmente in Napoli alla testa degli insorti e fu creato comandante supremo dell’esercito; sopraggiunta l’invasione austriaca, fu vinto a Rieti (1821) e costretto all’esilio in Inghilterra e in Francia. Amico di Foscolo, pubblicò (1822) a Londra una narrazione degli avvenimenti napoletani del 1820-21; a Parigi si dedicò a studi di storia e di politica (Memoria sui mezzi che menano all’italiana indipendenza, 1833; L’Italia militare, 1836; L’Italia politica, 1839; Memoria intorno alla sua vita e ai recenti casi d’Italia, 1846). Amnistiato (1848), ebbe da Ferdinando II il comando dell’esercito spedito nel Veneto contro gli austriaci; richiamato dopo i tragici fatti di Napoli del 15 maggio, rifiutò di ubbidire e seguito da 2000 uomini raggiunse Venezia, dove il governo di quella Repubblica lo nominò generale in capo dell’esercito. Caduta la città (1849), P. andò esule a Corfù, Malta, Genova, Parigi; qui scrisse le sue memorie sui Casi d’Italia negli anni 1847, ’48, ’49 (1850). Dopo il colpo di Stato del 2 dic. 1851 si recò a Torino, dove trascorse gli ultimi anni.