PORCO, Guglielmo
PORCO, Guglielmo. – Membro di un’importante famiglia consolare genovese, nacque probabilmente verso la metà del XII secolo. Non si ha alcuna informazione sui genitori.
Nulla è noto della sua formazione, la quale dovette contemplare, com’era in uso nella società genovese del tempo, un periodo di praticantato nella mercatura. Troviamo, infatti, la sua famiglia impegnata in traffici commerciali, principalmente nel Regno di Sicilia, oltre che ben inserita nei secoli successivi nel patriziato cittadino messinese.
La figura di Guglielmo è legata alla carica di ammiraglio del Regno siciliano, appannaggio sino al 1201 del genovese Guglielmo Grasso, sovente confuso con Porco sulla scia degli studi di Karl Hopf, in seguito confutati da Cornelio Desimoni. Non è certo, a ogni modo, quando egli abbia assunto l’incarico, succedendo probabilmente al normanno Guglielmo de Malconvenant, in carica sino al 1203. Allo stesso modo, non è noto il suo grado di coinvolgimento nell’attacco portato a Siracusa nel 1204 dal corsaro genovese Alamanno da Costa, coadiuvato da Enrico «de Castro», conte di Malta, volto, secondo l’annalista Ogerio Pane, a estrometterne i pisani. Se già in carica come ammiraglio, egli fornì probabilmente il proprio appoggio, favorendo il disegno di un dominio marittimo genovese tra Siracusa, Malta, Creta e l’Oltremare. Senza dubbio partecipò alla difesa degli interessi genovesi nel Regno, rendendosi protagonista, nel 1205, assieme al figlio di Alamanno, della cattura di un’imbarcazione pisana diretta a Palermo, la quale fruttò oltre settanta prigionieri. Nel dicembre dello stesso anno fu coinvolto, inoltre, dal conte di Malta nella difesa di Siracusa, assediata dai Pisani, muovendo loro contro con una flotta di sedici imbarcazioni.
Negli anni successivi Guglielmo Porco si rese protagonista di alcune azioni corsare. Secondo Ogerio Pane (1890-1929), nel 1207 una squadra di sei o sette galee genovesi sorprese nel porto di Modone, nel Peloponneso, un’imbarcazione veneziana che trasportava «magnam peccunie quantitatem, et multas reliquias sanctorum et cruces dominicas» (II, p. 93), dono dell’imperatore latino di Costantinopoli Baldovino di Fiandra a papa Innocenzo III. Una lettera papale, indirizzata il 4 novembre 1204 al podestà e al popolo genovese, cita come responsabili Enrico Bellamuto e Guglielmo «Portus», senza dubbio da identificare con il nostro, come già segnalato da Desimoni. Nel 1211 egli catturò, inoltre, nei pressi di Capo Palos, in collaborazione con il conte di Siracusa, la nave marsigliese Barra e la nave Gustavino, entrambe provenienti da Ceuta, conducendole in Sicilia. L’episodio si colloca tra le ultime battute del conflitto scoppiato tra Genova e Marsiglia, risolto di lì a poco con la stipula di un trattato di pace.
A questo periodo risale la prima attestazione nota del nostro come «amiratus regni Scicilie», presente in un testamento rogato dal notaio Raimondo Medico il 9 settembre 1210. L’ammiraglio risulta debitore nei confronti di un certo Guglielmo Porcello per 1620 iperperi d’oro. Si riferisce a lui, pertanto, l’atto rogato dal notaio Pietro Ruffo il 7 aprile 1212, nel quale il console Nicolò Doria dichiara d’aver ricevuto da Pagano «Balduini de Luca», a nome dell’ammiraglio del Regno siciliano, cinquanta lire genovesi. Tali attestazioni mostrano le strette relazioni mantenute da Guglielmo Porco con l’aristocrazia consolare della madrepatria, le quali avranno come effetto una rinnovata presenza commerciale genovese in Sicilia. È probabile, inoltre, che i prestiti contratti dall’ammiraglio servissero per finanziare alcune azioni a sostegno dei corsari genovesi, impegnati nell’effimera conquista dell’isola di Creta.
Scarse sono, invece, le notizie relative alle mansioni svolte da Guglielmo Porco per il Regno di Sicilia: nel luglio del 1214 è citato come «Dei et regis gratia regii victoriosi stolli ammiratus et domini regis familiaris» in un atto di cancelleria (Regesta Imperii, n. 12465); nel luglio del 1216 prese parte al trasporto di Costanza, moglie di Federico II, e del figlio Enrico, da Messina (o Palermo) a Sant’Eufemia, in Calabria: di qui, mentre la regina consorte proseguiva via terra, il piccolo Enrico guadagnava Genova (o Pisa), forse a bordo delle galee dell’ammiraglio, ricongiungendosi con la madre nei pressi di Reggio Emilia, come mostra un atto rogato il 9 ottobre di quell’anno che lo cita come «amiratus Mesine»; nel dicembre successivo, egli raggiunse, inoltre, l’accampamento regio a Norimberga, come mostra un diploma di Federico II indirizzato all’Ordine teutonico che lo annovera tra i testimoni.
Guglielmo Porco mantenne l’incarico di ammiraglio di Sicilia sino al 1221, quando fu destituito da Federico II in favore di Enrico di Malta. Nell’operazione ebbe un ruolo, più che la volontà di limitare la preponderanza genovese nel regno, il desiderio di procedere alla costruzione di una flotta per appoggiare i crociati impegnati in Egitto. La scelta di porre un altro genovese, Enrico «de Castro», a capo delle operazioni parrebbe dettata, oltre che da ragioni di fedeltà personale, dall’opportunità di riunificare il titolo di ammiraglio di Sicilia con quello di conte di Malta, detenuto tradizionalmente dai predecessori di Guglielmo Porco. Secondo Corrado Pallenberg la destituzione di Porco fu dovuta, altresì, alla sua vicinanza con il sultano al-Malik al-Ādil; ciò sulla base del Ta᾽rīḫ al-Mansūrī del siriano Ibn Naẓīf al-Ḥamawī, che cita la presenza alla corte sultaniale, tra il 1210-11 e il 1214-15, di un certo Guglielmo «il genovese». Se identificabile con il nostro, Guglielmo poté svolgere tutt’al più una prolungata missione diplomatica per conto di Federico II, ma la questione è da ritenersi del tutto ipotetica.
Allo stesso modo, suscita qualche perplessità l’identificazione di Guglielmo Porco con l’omonimo personaggio coinvolto assieme a Ugo Fer, vicario di Marsiglia, nella crociata dei pueri del 1212. Secondo Alberico delle Tre Fontane, i due, mercanti e armatori di Marsiglia, avrebbero imbarcato i ‘pueri’ a bordo di sette navi, promettendo loro di tradurli in Terra Santa, in realtà vendendoli come schiavi ad Alessandria d’Egitto. Per espiare la propria colpa, Guglielmo e Ugo si sarebbero uniti alla rivolta dei musulmani di Sicilia, capeggiata da Ibn ῾Abbād, finendo impiccati per ordine di Federico II. Con tutta probabilità il racconto intreccia sia elementi fittizi sia notazioni reali, purtroppo non verificabili allo stato attuale delle ricerche.
La data di morte di Guglielmo non è nota. Se identificabile con l’omonimo marito di Simona, nipote dell’annalista Ogerio Pane, era ancora in vita il 22 dicembre 1226, quando presenziò a un atto del notaio Salmono riguardante la divisione dei beni della madre di Simona. L’eventuale parentela potrebbe spiegare l’attenzione prestata dall’annalista alle sue gesta.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Notai Antichi, 5, cc. 1r-v, 26r-v, 41r-v (cartolare attribuito a Lanfranco, Raimondo Medico e altri, atti di Raimondo Medico); ibid., 7, c. 35v (cartolare attribuito a Pietro Ruffo e altri, atti di Pietro Ruffo); Historia diplomatica Friderica Secundi, a cura di J.L.A. Huillard-Bréholles, I, 2, Parisiis 1852, pp. 485, 489; Albrici monachi Trium Fontium, Chronicon, a cura di P. Scheffer-Boichorst, in MGH, Scriptorum, XXIII, Hanno-ver 1874, pp. 893 s.; P. Riant, Exuviae sacrae constantinopolitanae, II, Genevae 1877, pp. 56 s.; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, a cura di J. Ficker - E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901, V, 1, 2, nn. 3846, 12465; M. Amari, Estratti del Tarih Mansuri, in Archivio storico siciliano, IX (1884), p. 108; Ogerii Panis, Annales ann. MCLXXXXVII-MCCXIX, in Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori, a cura di L.T. Belgrano - C. Imperiale di Sant’Angelo, II, Genova-Roma 1890-1929, pp. 90 s., 93, 96 s., 118 s., 171-173; A. Ferretto, Liber magistri Salmonis, Sacri Palatii notarii (1222-12226), in Atti della Società ligure di storia patria, XXXVI (1906), doc. MDCXXIII, pp. 586 s.; Codice diplomatico Brindisino, a cura di G.M. Monti, I, Trani 1940, pp. 55 s.
K. Hopf, Griechenland im Mittelalter, Leipzig 1867, pp. 180-182; M. Amari, Storia dei musulmani in Sicilia, III, Palermo 1872, pp. 600 s., 606 s.; C. Desimoni, Quartieri dei Genovesi a Costantinopoli nel secolo XII, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, I (1874), p. 165; Id., I Genovesi e i loro quartieri in Costantinopoli nel secolo XIII, ibid., III (1876), pp. 223-227; L.-R. Ménager, Amiratus-᾿Αμηρᾶς. L’Émirat et les origines de l’Amirauté (XIIe-XIIIe siècles), Paris 1960, pp. 112 s.; M. Balard, Les Génois en Romanie entre 1204 et 1261. Recherches dans les minutiers notariaux génois, in Mélanges de l’École française de Rome, LXXVIII (1966), pp. 474 s.; C. Pallenberg, La crociata dei bambini, Milano 1983, pp. 133-136, 139 s., 157, 160 s., 166-168; M. Macconi, Il Grifo e l’Aquila. Genova e il regno di Sicilia, 1150-1250, Genova 2002, pp. 49 s., 55, 73, 77 s., 82, 100 s.; D. Santoro, Messina l’indomita. Strategie familiari del patriziato urbano tra XIV e XV secolo, Caltanissetta-Roma 2003, pp. 176-178; W. Stürner, Friedrich II, I-II, Darmstadt 2003 (trad. it. Federico II e l’apogeo dell’impero, Roma 2009, pp. 283, 387).