PUSTERLA, Guglielmo
PUSTERLA, Guglielmo – Figlio di Antoniolo e fratello di Giovanni e Tommaso, nacque a Milano con ogni probabilità tra il 1379 e il 1380.
Con i parenti divideva le residenze di Milano (in parrocchia di S. Vito, nei pressi del Pasquirolo di Porta Orientale) e Tradate (nel castello dell’agnazione). Importante è sottolineare l’eccentricità della residenza urbana di questo ramo rispetto al resto della parentela Pusterla, la quale invece occupava capillarmente il quartiere di Porta Ticinese (Litta, 1837, tav. IV; Betto, 1988, p. 262).
Le fonti e la storiografia concordano nell’affermare che Guglielmo raggiunse l’episcopato in età ancora molto giovane, intorno ai diciannove anni: non a caso la sua nomina a vescovo di Brescia, notificata alla Chiesa locale l’8 gennaio 1399, fu accompagnata da una lettera di papa Bonifacio IX con la quale il pontefice lo dispensò dall’assenza dell’età canonica e dalla mancanza degli ordini minori (Le pergamene dell’Archivio Capitolare. Catalogazione e regesti, a cura di M. Franchi, 2002, nn. 83 s.). Guglielmo prese effettivo possesso della diocesi nella primavera seguente (Brescia, Archivio Storico della Diocesi, Mensa, 69, f. 99r; Sina, 1912, p. 71).
Sulla falsariga di quanto accaduto negli anni dei suoi due immediati predecessori (Tommaso Visconti e Tommaso Pusterla), l’episcopato di Guglielmo fu contrassegnato dalla consistente immissione di personale milanese nell’organigramma della curia vescovile. Anche nel suo seguito, del resto, elevato era il numero di familiares originari della città ambrosiana e, in particolare, di membri della ramificata parentela Pusterla (Atti dei notai, 139, ff. 3v, 5r, 10r).
Come il fratello, anche Guglielmo intese governare la diocesi da Milano, facendo leva su una rete vicariale fitta e in parziale continuità con il predecessore, e seguitando a usufruire dei servizi del notaio Giovanni di Giacomolo Ciocca (il quale peraltro aveva dimora nei pressi del Pasquirolo di Porta Orientale, anche se forse in una parrocchia diversa rispetto a quella del presule) per gli affari relativi all’amministrazione della curia bresciana (Archivio di Stato di Milano, Atti dei notai, 139, f. 3r). Simile continuità rispetto agli orientamenti di Tommaso caratterizzò anche l’agenda di governo del vescovo: nel maggio del 1399 il vicario vescovile Antonio Pusterla, che era già stato al servizio del presule precedente, fece ritorno in Valcamonica per continuare le operazioni di rinnovo delle investiture feudali interrottesi alla morte di questi (Brescia, Archivio storico della Diocesi, Mensa, 69, ff. 99r-134v).
La morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402 e la conseguente crisi politica del Ducato segnarono profondamente l’episcopato di Guglielmo: le lotte di fazione, alimentate dalla forte opposizione condotta dalla parte guelfa, complicarono notevolmente l’amministrazione della diocesi.
Ciò è testimoniato da una missiva inviata dal presule in diocesi nel corso del 1404, laddove si faceva esplicito riferimento alle distruzioni e alle «partialitates que hucusque regnant in civitate et districtu» (Archivio di Stato di Milano, Atti dei notai, 139, f. 5v). In un simile contesto, si verificarono significative sovrapposizioni tra il potere vescovile e quello della reggenza viscontea.
Nel luglio del 1404 Guglielmo dichiarò i vassalli vescovili Gerardo Ronchi di Breno e Bogliaco da Braone (tra i principali esponenti del guelfismo camuno) decaduti dai diritti decimali che detenevano per conto del presule nella vallata alpina (Archivio di Stato di Milano, Atti dei notai, 139, ff. 5r, 8v). Ciò veniva fatto, come esplicitato nel testo della lettera, in quanto i due si erano ribellati al duca e alla duchessa, macchiandosi pertanto del crimine di lesa maestà (da Valcamonica, 1698, pp. 417 s.; Sina, 1912, p. 73; Gamberini, 2005, p. 110).
A partire dal 1404 le notizie sul conto di Guglielmo si rarefanno: è quasi certo che il presule continuò a tenersi lontano dalla diocesi, con ogni probabilità anche a causa della menzionata instabilità politica e delle guerre, che si intensificarono proprio attorno al 1405. Continuò a governare la sede bresciana attraverso i propri vicari (particolare rilievo acquistò, tra gli altri, il milanese Tommaso da Sessa, priore del monastero cluniacense di Verziano) e a percepirne parte dei frutti, come testimonia un registro di entrate redatto tra il novembre del 1408 e l’ottobre del 1409 (Brescia, Archivio storico della Diocesi, Mensa, 73, ff. 1r-15v).
In qualità di vicario, sindico e procuratore del vescovo, le attestazioni di Tommaso da Sessa si arrestano al dicembre del 1409 (Brescia, Archivio storico della Diocesi, Mensa, 33, perg. 2).
Queste scarne testimonianze documentarie rappresentano gli unici dati sicuri in un panorama per il resto decisamente controverso. Secondo Konrad Eubel, nel 1408 Guglielmo fu scelto da papa Gregorio XII per succedere nella cattedra comasca al defunto vescovo Luchino Borsano (Guglielmo, 1913, p. 147; Tatti, 1734, p. 195).
Il pontefice mirava probabilmente a insediare a Brescia un proprio nipote, il domenicano Antonio Correr. Di certo, Correr non prese mai possesso della diocesi bresciana e già nel 1409 fu traslato a Ceneda, carica successivamente confermatagli anche da Giovanni XXIII nel 1410 (Litta, 1812, pp. 12 s.).
Le cose non andarono meglio per Guglielmo a Como, laddove Franchino Rusca, che aveva assunto il controllo della città, era nel frattempo stato in grado di coordinare il capitolo di cattedrale per ottenere l’elezione di un presule a lui vicino, Antonio Turconi. Rusca riuscì a impedire a Guglielmo l’accesso in città e finalmente nel 1409 ottenne dal Concilio di Pisa e da papa Alessandro V la conferma di Turconi (Troccoli Chini - Lienhard, 1989, p. 166). Guglielmo non dovette mai prendere effettivo possesso della diocesi comasca, tanto che di lui non si tiene conto in buona parte delle cronotassi episcopali riguardanti la città lariana (Ughelli, 1720, col. 310; Gini, 1986, pp. 301-304).
È probabile che, in una situazione di tale incertezza, Guglielmo continuasse a percepire i frutti della diocesi bresciana, almeno fino alla fine del 1409.
Un anno e mezzo dopo, invece, la situazione era ormai mutata e la curia si trovava in palese stato di sedevacanza: nel maggio del 1411 un’investitura livellaria di terre vescovili situate a Bagnolo fu effettuata dall’«episcopalis curie brixiensis vicarius» Nicola de Malazapa da Osimo, mentre l’anno seguente era l’arcidiacono di cattedrale Barnaba de Gonessa a rivestire il ruolo di «curie brixiensis vicarius» (Brescia, Archivio storico della Diocesi, Mensa, 33, perg. 4, 5, 7). Si trattava, certamente per il primo dei due, di uomini vicini al nuovo signore di Brescia, il condottiero Pandolfo Malatesta, che si era impadronito della città sin dal 1404 e che, dal 1413, riuscì a controllare più da vicino la cattedra bresciana, attraverso la nomina di un amministratore, il nipote omonimo Pandolfo Malatesta, arcidiacono di Bologna.
Lontano dalla diocesi, Guglielmo Pusterla morì con ogni probabilità nel corso del 1416 (Eubel, 1913, p. 147; Tatti, 1734, p. 211).
La travagliata vicenda personale di Guglielmo consente di valutare quanto la crisi politica del 1402 influì negativamente sulla capacità di controllo della provvista beneficiaria e delle cariche ecclesiastiche da parte del dominio visconteo. D’altra parte, in quel (pur difficile) governo ‘da lontano’ della diocesi bresciana è possibile leggere gli esiti del più generale fenomeno di consolidamento delle strutture burocratiche e di governo che aveva investito le curie vescovili dell’epoca.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Atti dei notai, b. 139; Brescia, Archivio storico della Diocesi, Mensa, bb. 33, 69, 73; Le pergamene dell’Archivio Capitolare. Catalogazione e regesti, a cura di M. Franchi, Travagliato 2002, p. 60.
G. da Valcamonica, Curiosi trattenimenti continenti raguagli sacri, e profani de’ popoli camuni, Venezia 1698 (rist. anast. Bologna 1965), pp. 417 s.; F. Ughelli, Italia sacra sive de episcopis Italiae, et insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis, V, Venetia 1720 (rist. anast. Bologna 1972), col. 310; L. Tatti, Degli Annali sacri della città di Como, Deca Terza, (Libro I), Milano 1734, pp. 195, 211; P. Litta, Cenni intorno ad alcuni distinti uomini della veneta patrizia famiglia Corraria, Venezia 1812, pp. 12 s.; Id., Le famiglie celebri italiane, Milano 1837, Della Pusterla; A. Sina, Guglielmo Pusterla e Pandolfo Malatesta nella sede vescovile di Brescia, in Brixia sacra, s. 1, III (1912), 2, pp. 70-77; K. Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevii, Monasterii 1913 (rist. anast. Padova 1930), p. 147; P. Gini, La chiesa comasca nel periodo rinascimentale, in Diocesi di Como, a cura di A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro, Brescia 1986, pp. 87-99; B. Betto, Il testamento del 1407 di Balzarino da Pusterla, milanese illustre e benefattore, in Archivio storico lombardo, CXIV (1988), pp. 261-300 (in partic. p. 262); M. Troccoli Chini - H. Lienhard, La diocesi di Como (fino al 1884), in La diocesi di Como; l’arcidiocesi di Gorizia; l’amministrazione apostolica ticinese, poi diocesi di Lugano; l’arcidiocesi di Milano, a cura di P. Braun - H.-J. Gilomen, Basilea-Francoforte sul Meno 1989, p. 166; G. Andenna, L’episcopato di Brescia dagli ultimi anni del XII secolo sino alla conquista veneta, in A servizio del Vangelo. Il cammino storico dell’evangelizzazione a Brescia, I, L’età antica e medievale, a cura di G. Andenna, Brescia 2005, pp. 97-210 (in partic. pp. 205 s.); A. Gamberini, Il principe e i vescovi. Un aspetto della politica ecclesiastica di Gian Galeazzo Visconti, in Id., Lo Stato Visconteo. Linguaggi politici e dinamiche costituzionali, Milano 2005, pp. 69-136 (in partic. p. 110).