ZUELLI, Guglielmo.
– Figlio del sellaio Giuseppe e della casalinga Giuseppa Caprari, nacque il 20 ottobre 1859 a Reggio nell’Emilia, in un abituro dove vivevano anche i nonni paterni, zii e cugini. Molti di costoro ingrossavano le file dei truffatori e ladruncoli: «plebaglia, alla quale la nota famiglia Zuelli ha somministrato un buon contingente [...] comprese le donne insigni borsaiuole» (Camurani, 1996, pp. 37, 268).
In una sola notte, il 24 ottobre 1862, perse entrambi i genitori: «spirava quasi improvvisamente Giuseppe [...] d’anni 32 circa. La moglie [...] presa da convulsioni mezz’ora dopo essa pure era cadavere» (pp. 166 s.). Nell’infanzia conobbe molti altri patimenti, tra cui la fame, il vagabondaggio e il carcere con la cieca e vecchia nonna paterna, perché improvvisando e cantando stornelli ambedue mendicavano nelle piazze della città. «Si cantava a due voci. Io facevo la prima, perché salivo facilmente negli acuti, la nonna col suo bel timbro oscuro da contralto, faceva la seconda. Era quello un mezzo per chiedere [elemosina]» (Reggio Emilia, Biblioteca municipale, G. Zuelli, Autobiografia, p. 4). Dopo un lustro di stenti il fanciullo mosse la pietà di uno zio, il quale gli ottenne, all’età di otto anni, l’ingresso nell’orfanotrofio comunale, che a quel tempo contava anche una piccola scuola di musica. Vi ricevette sia l’istruzione elementare, sia i rudimenti musicali, impartiti dal pianista e direttore d’orchestra Giuseppe Grisanti (nato a Reggio nel 1850).
Ormai quattordicenne, fu mandato a bottega da un carrozzaio, quindi da un mobiliere e perfino dal noto attrezzista e decoratore teatrale Prospero Cattellani (nato a Reggio nel 1814). «Era costui un gran burlone falstaffeggiante nella figura e nel carattere, e nella sua bottega si rideva e si cantava e si alternavano cori [e] “a soli” fra operai e operaie, tutti frequentatori innamoratissimi del teatro» (p. 23). In quell’affascinante ambiente di lavoro il ragazzo si avvicinò ancor di più alla musica, tanto che, approssimandosi ai diciott’anni e quindi alla conclusione dell’internato in orfanotrofio, si risolse ad approfondire gli studi, sebbene i superiori cercassero di indirizzarlo verso un’attività manuale.
Cedendo a tanta determinazione, alcuni benefattori ne favorirono il soggiorno a Bologna, dove si mise a studiare composizione al Liceo musicale: per un quadriennio nella classe di Alessandro Busi, poi in quella di Luigi Mancinelli nell’anno scolastico 1881-82, anno foriero di svolte risolutive. Si esibì infatti come direttore d’orchestra per l’esecuzione di Ivan, melodramma musicato da Achille Lucidi e allestito nel Carnevale 1882 per conto della Società felsinea di Bologna. In giugno conseguì il diploma di magistero in composizione col massimo dei voti e in un saggio degli allievi del Liceo presentò il suo poema sinfonico per coro e grand’orchestra Un saluto al mare, suddiviso in quattro parti (Tramonto, Barcarola, Festa delle sirene, Uragano), di cui la terza ‒ uno scherzo di vivida invenzione abilmente strumentato ‒ entrò nel catalogo dell’editore Ricordi, in una «riduzione facile per pianoforte solo fatta dall’autore». Da qualche mese aveva pure iniziato, con vantaggio del suo magro portafoglio, a insegnare varie discipline musicali nel neonato Istituto per i ciechi.
La fama gli arrise il 4 maggio 1884 con l’allestimento, al Manzoni di Milano, della sua Fata del Nord, melodramma in un atto (libretto del reggiano Naborre Campanini), vincitore ‒ alla pari con Anna e Gualberto di Luigi Mapelli ‒ della prima edizione del concorso Sonzogno, cui aveva partecipato anche Giacomo Puccini con l’opera-ballo Le Villi.
La tenue vicenda musicata da Zuelli ‒ una Fata, preceduta da Ondine danzanti sulle rive del Reno, respinge le profferte del crudele Genio della montagna e si rifugia tra le braccia di un nobiluomo che s’è invaghito di lei, ma muore di dolore perché questi la maledice credendola causa di morte del suo paggio ‒ si attagliava a un gusto corrente, peraltro condiviso dalle Villi, che richiamava antiche leggende germaniche, ricche di personaggi fiabeschi e suggestioni magiche.
Dopo il felice esordio del melodramma, accolto con favore di pubblico e critica, Franco Faccio ne diresse il preludio (abbinato alla Festa delle sirene) in un concerto nei padiglioni dell’Esposizione di Torino. Frattanto Ricordi si era prontamente assicurato i diritti sulla partitura e, con l’intento di aggregare l’autore alla propria impresa, lo aveva incaricato di comporre una nuova opera, Mokanna o Il profeta del Korasan: il testo di Ferdinando Fontana rimpiazzava un progettato libretto di Alberto Ghislanzoni ricavato dalla Tempesta di William Shakespeare. Tra l’altro, Zuelli aveva chiuso il 1884 pubblicando nel supplemento natalizio dell’Illustrazione italiana un curioso pezzo pianistico intitolato Per tutti i gusti, diviso in tre parti (Maniera antica, moderna, avveniristica) e marcato da un’antitetica successione di forme e stili. Fu inoltre scelto, tra venti aspiranti, a dirigere l’Istituto filarmonico e la Cappella della cattedrale di Adria, ma per non meglio specificate «ragioni particolari» dovette «rinunciare al lucroso ed onorifico mandato» (Gazzetta piemontese, 12 gennaio 1885, p. 3).
Nel 1885 raccolse calorosi applausi al Municipale di Reggio ‒ tra gennaio e febbraio la Fata del Nord ebbe nove recite, in un allestimento con attrezzeria di Cattellani ‒ e alla Scala di Milano, dove, il 9 e 10 maggio, Faccio diresse di nuovo la Festa delle sirene. Iniziò a farsi un nome anche come direttore d’orchestra, attività che svolse per diverse stagioni d’opera non solo in teatri di seconda schiera (Montagnana, Novellara, Este, Crevalcore, Russi), ma anche nei Comunali di Forlì, Modena, Rimini, al Brunetti di Bologna e al Goldoni di Venezia.
Rinunciò temporaneamente al podio nel secondo semestre del 1886 per ultimare la partitura di Mokanna, che ai primi di dicembre consegnò al committente (l’opera non fu però rappresentata, con grande cruccio dell’artista e nonostante una menzione d’onore al concorso Baruzzi di Bologna). Pochi giorni dopo si vide costretto a interrompere la docenza all’Istituto per i ciechi nell’impossibilità di conciliarla con nuove scritture teatrali.
A fronte di un’agenda ricca di ingaggi direttoriali (rilevante nel 1888 la nomina a maestro sostituto di Faccio e Giuseppe Martucci al Comunale e all’Esposizione internazionale di musica di Bologna), di articoli sui giornali e di conferenze sulla Filosofia della musica di Giuseppe Mazzini, non volle sminuire la vena creativa, che anzi sostanziò con nuove composizioni presentate in concerto o premiate in pubblici concorsi. Tra i riconoscimenti di quegli anni occorre segnalare il 1° premio (ex aequo con Marco Enrico Bossi) assegnatogli dal periodico Musica sacra per una fuga organistica su tema ideato da Arrigo Boito e ricavato dalle lettere musicali formanti il motto Fede a Bach, nonché la menzione onorevole conferita dall’Accademia dell’Istituto musicale di Firenze per un coro con fuga a cinque parti reali su testo tratto dalla Morte d’Abel di Pietro Metastasio.
L’itineranza si attenuò a partire dal settembre 1889 allorché, primeggiando su numerosi aspiranti, fu nominato direttore della Civica scuola musicale e della banda di Forlì, grazie al verdetto unanime di una commissione di professori del Conservatorio di musica di Napoli. Trasferitosi nella città romagnola, conobbe Virginia Manuzzi detta Gina, di famiglia benestante, che diciannovenne divenne sua sposa, a Forlì il 7 dicembre 1892, e lo rese padre di Elda, ivi nata il 29 febbraio 1894. Alla nascita della figlia, Zuelli si trovava a Palermo, dove da qualche mese aveva iniziato a insegnare la composizione al Conservatorio, diventandone altresì direttore all’inizio dell’anno scolastico seguente.
Nella nuova sede, minacciata di chiusura dopo un’ispezione ministeriale, egli operò con determinazione e lungimiranza, risollevandone le sorti. Rinnovò i programmi d’insegnamento e rinvigorì le compagini corali e orchestrali dell’istituto, dirigendole in vari cicli di concerti con pagine d’autore mai eseguite a Palermo, dal Palestrina a Lorenzo Perosi, da Johann Sebastian Bach a Richard Wagner a sé stesso. Memorabili, a giudizio della stampa, le prime esecuzioni del suo poema sinfonico
L’inno della notte (tratto dall’omonimo poema di Alphonse de Lamartine), ch’egli diresse tra aprile e maggio 1904 con un organico imponente (soprano e baritono solisti, orchestra di 70 elementi, tre cori di 150 voci che intonarono la fuga finale a 12 parti reali). Ma più di tutto, eleggendo l’attività didattica a cifra connotativa della propria vocazione professionale, plasmò un gran numero di devoti e brillanti allievi, tra loro Alfredo Cuscinà, Edoardo Dagnino, Stefano Donaudy, Gino Marinuzzi senior, Giuseppe e Giovanni Mulè, Francesco Paolo Neglia. In quegli anni di febbrile attività non trascurò gli affetti domestici (il 4 marzo 1899 era nato a Palermo il figlio Renato) e gli antichi legami amicali: prova ne siano le lettere di raccomandazione che inviò a Campanini in favore del conterraneo e coetaneo Vincenzo Gianferrari affinché questi fosse nominato direttore della Civica scuola musicale di Reggio (Reggio Emilia, Biblioteca Municipale, Mss. reggiani, Carteggio Zuelli-Campanini).
Dopo 17 anni di permanenza in Sicilia (ma con puntuali soggiorni estivi a Forlì, dove peraltro morì la moglie il 24 settembre 1910), nel gennaio 1912 Zuelli si spostò a Parma, alla direzione di quel Conservatorio (già declinata nel 1904) e alla presidenza della locale Società dei concerti, ivi reiterando, pur tra non poche difficoltà, la sua azione rinnovatrice. Alla nuova carica – gravata talvolta da docenze interinali di composizione, esercitazioni orchestrali, storia della musica e canto – aggiunse, dal 1920 al 1924, quella di presidente dell’Accademia filarmonica di Bologna, di cui era membro dal 1914.
Compiaciuto di aver trasmesso il culto della musica anche in seno alla famiglia – Elda al pianoforte e Renato al violoncello avevano iniziato nel 1912 una precoce attività concertistica tra Reggio e Parma –, fu colpito da sconsolata sofferenza nel perdere la figlia, deceduta a Parma il 28 novembre 1914 dopo breve malattia. Nel 1924, a dieci anni dal lutto, mostrava uno spirito ancora dolente con il negarsi alle esequie del musicista e amico Guglielmo Mattioli: «dopo la crudelissima perdita della mia adorata figliola, non mi è stato più possibile assistere a qualsiasi funerale senza la certezza di scoppiare in una compassionevole convulsione di lagrime, a dannosa tortura dell’animo mio» (Reggio Emilia, Archivio storico comunale, Atti di protocollo generale, titolo XIII, rubrica XII, b. 6, a. 1924, n. 7876).
Nel 1929, inaugurata la Scuola di liuteria del Conservatorio di Parma, la prima di tal genere in Italia, ottenne il collocamento a riposo per anzianità, cedendo il mandato di direttore a Luigi Ferrari Trecate. Da questi fu sollecitato ad accettare la direzione interinale del Civico liceo musicale di Alessandria, compito che, abbinato all’insegnamento del canto, espletò con dedizione fino al 1933.
Morì a Milano il 7 ottobre 1941. Sofferente e solo – Renato era defunto a Bologna il 15 novembre 1939 –, aveva trovato generosa accoglienza nell’abitazione milanese della soprano Magda Piccarolo, allieva prediletta del liceo alessandrino, da lui sostenuta nei primi passi della carriera (cfr. Milano, Archivio storico Ricordi, Lettere di G. Zuelli a R. Valcarenghi, anno 1932). Ebbe onorata sepoltura nell’arco dei Cittadini illustri del cimitero Monumentale di Reggio.
Zuelli appartenne alla generazione di Puccini, Pietro Mascagni e Alberto Franchetti, vera e propria cerniera fra Otto e Novecento. Dal canto suo propose, nella Fata del Nord, una poetica del semplice e del naturale per tentare una via d’uscita dalla crisi del melodramma italiano di stampo romantico. Grazie all’eredità di Wagner, ch’egli ammirava, e agli insegnamenti di Mancinelli, si era pure avviato a un convinto apprezzamento dei valori orchestrali, che però non seppe rinnovare di fronte all’affacciarsi delle nuove concezioni e dei nuovi fermenti del primo Novecento, ripiegando sulla rivalutazione della musica vocale secondo modelli e canoni della tradizione.
Oltre a varie composizioni musicali date alle stampe, pubblicò i seguenti scritti: Per la difesa e il progresso dei nostri Istituti di musica, Parma 1913; Nel primo anniversario dalla morte del maestro cavaliere Annibale Bertocchi, Bologna 1923.
Fonti e Bibl.: Reggio Emilia, Biblioteca municipale, Mss. regg., M.P. 65/2: G. Zuelli, Autobiografia; A. De Angelis, L’Italia musicale d’oggi. Dizionario dei musicisti, Roma 1928, pp. 522 s., appendince p. 128; F. De Maria, Il R. Conservatorio di musica di Palermo, Firenze 1941, pp. 37, 51 s.; G. Tebaldini, G. Z., in Rivista musicale italiana, XLVI (1942), pp. 102-104; Parma - Conservatorio di musica. Studi e ricerche, a cura di G. Piamonte - G.N. Vetro, Parma 1973, pp. 227, 239, 273; M. Conati, La musica a Reggio nel secondo Ottocento, in Teatro a Reggio Emilia, a cura di S. Romagnoli - E. Garbero, Firenze 1980, ad ind.; A. Camurani, Cronichetta giornaliera 1859-1870, Felina (Castelnovo ne’ Monti) 1996, pp. 37, 166 s., 268; A. Sessa, Il melodramma italiano, 1861-1900, Firenze 2003, pp. 503 s.; Id., Il melodramma italiano, 1901-1925, II, Firenze 2014, pp. 935 s.