GUIDACCIO (Antonio) da Imola
Non si conosce la data di nascita di questo pittore, originario di Imola, figlio di un Giovanni Checchi.
La data di nascita, benché non documentata, potrebbe collocarsi tra il 1425 e il 1430, se si identifica G. con il "Maestro Antonio da Imola" attestato a Ferrara per eseguire un ritratto di Leonello d'Este da un documento della Camera ducale estense del 13 giugno 1447 (Franceschini).
La prima menzione di G. nei documenti imolesi è del 4 dic. 1463; è ricordato, quindi, con la qualifica di pittore in atti del 1465 e del 1468, nei quali è indicato esplicitamente come "Antonius Pictor alias Guidaccius filius Johannis Checchi de Imola" (Buscaroli).
La prima opera attribuita a G. è un polittico con la Madonna, il Bambino e i ss. Pietro, Paolo, Giacomo e Francesco nella chiesa della Ss. Trinità di Forlì, di cui oggi resta solo il pannello con S. Francesco (scomparso da tempo quello con S. Pietro, gli altri scomparti sono stati rubati nel 1969 e sono ora noti solo dalle foto).
Il dipinto dovrebbe datarsi agli anni Sessanta, sia per la forma ancora tradizionale, con pannelli cuspidati a fondo oro, sia per il tipo di cultura timidamente protorinascimentale, in bilico tra il retaggio tardogotico della tradizione imolese e il nuovo lessico spaziale e plastico diffuso a Bologna con le immissioni padovane di Marco Zoppo e Giovanni Francesco da Rimini, quasi in parallelo con il linguaggio dei bolognesi Tommaso Garelli e Cristoforo di Benedetto.
Un altro interessante documento dell'attività di G. nel Forlivese è dato dalla notizia relativa a una sua opera a Cesena, descritta dal domenicano Serafino Razzi nel suo diario di viaggio del 1572 (Di Agresti). Nella chiesa cesenate di S. Domenico egli ricorda una "Santa Caterina da Siena con le stigmate d'oro, opera di Guidaccio da Imola, dipinta l'anno 1465", dove la sicura citazione del nome e dell'anno fa presumere una firma e una data presenti nel quadro perduto da tempo. La notizia attesta che in questi anni G. aveva un'attività non sporadica anche fuori di Imola e doveva pertanto godere di una certa fama.
Artista già maturo G. si palesa nella pala del 1470 con l'Incoronazione della Vergine e santi, realizzata per la chiesa di S. Agostino a Forlì (oggi Greenville, SC, Bob Jones University Collection), che l'artista firma con orgogliosa consapevolezza: "Hoc opus fecit Antonius / alias Ghuidacius Imolensis / Anno Domini 1470, die IX mensis / octobris: Deo Gratias".
Rispetto al polittico per la Ss. Trinità, l'opera evidenzia una più consapevole adesione alle novità rinascimentali e una cultura più complessa, aperta a varie sollecitazioni e a scelte iconografiche originali, come rilevato da Zeri, per esempio, nel particolare dell'angelo con la barba. Traspare una chiara influenza ferrarese, specialmente cossesca, nella stilizzazione volumetrica dei volti e nella resa luministica in senso pierfrancescano; al tempo stesso emergono anche stringenti rapporti con la pittura padovana di metà Quattrocento, influenzata dai Vivarini, da Filippo Lippi, autore nel 1434 di una Incoronazione della Vergine (perduta) nella basilica del Santo, e dal primo Andrea Mantegna della cappella Ovetari agli Eremitani. Possibile referente per G. delle nuove idee rinascimentali, oltre che tramite per la loro diffusione in Romagna (Tambini; De Marchi), fu poi, con ogni probabilità, il forlivese Ansuino, presente a Padova alla metà del secolo. L'influsso padovano si misura in certe asprezze lineari, nelle forzature antinaturalistiche, nella plasticità dei panneggi, mentre la tipologia della composizione rimanda all'Incoronazione della Vergine eseguita da Lippi per la chiesa fiorentina di S. Ambrogio (1442-47), ora agli Uffizi. La comune dipendenza da modelli lippeschi spiega, ad avviso di chi scrive, anche la corrispondenza, avvertita da Marco Collareta (comunicazione orale), tra la pala di G. e un niello di Maso Finiguerra del 1452-55 raffigurante lo stesso soggetto (Firenze, Museo del Bargello). L'iconografia del niello è poi ripresa da Francesco di Giorgio Martini nella Incoronazione della Vergine del 1472 (Siena, Pinacoteca nazionale); e ciò dà ragione della consonanza con opere senesi che Giordani (1826) avvertiva nella pala di Guidaccio.
Era attivo G. a Imola nel 1472, data dell'affresco con la Madonna pacificatrice nella chiesa dell'Osservanza, riferibile al G. su base stilistica. La data è attestata da una scritta, oggi in parte deperita, che ricorda anche il committente, Montecchio da Porzeno, capo delle milizie milanesi giunte in soccorso del signore di Imola, Taddeo Manfredi, che era stato spodestato dal figlio.
Pur nella dimensione di semplice affresco votivo, si apprezza la forza ritrattistica di G. che ha alle spalle sia la tradizione espressionistica imolese sia il realismo icastico della scuola ferrarese quale si palesa nei personaggi di Francesco Del Cossa a palazzo Schifanoia.
Atti imolesi del 1475 (Ferri), del 1477 e del 1478 (Buscaroli) garantiscono la continuità della presenza del pittore in patria, pur senza darci notizie della sua attività, che ha un riscontro fuori Imola, a Lugo, città che faceva parte della diocesi imolese. Qui per l'antica chiesa di S. Ilaro dei carmelitani a Stiliano (oggi Lugo, chiesa del Carmine), G. eseguì nel 1481 una tavola con la Madonna col Bambino, che era firmata e datata, come attesta una scritta settecentesca sul retro "Antonio Guiducci pittore 1481 a dì V Ap(ri)le", evidente trascrizione della firma "Antonius alias Guidaccius", oggi leggibile solo in minima parte nell'angolo sinistro inferiore del dipinto.
L'opera, nonostante la persistenza del fondo oro, conferma l'aggiornamento di G. in direzione del Del Cossa (nella tipologia del Bambino nudo e nei profili degli angeli sotto i dischi in scorcio delle aureole) e della pittura padovana (nella solida volumetria della Vergine e nella impostazione spaziale).
Altri numerosi atti (Buscaroli) ricordano G. a Imola dal 1483 fino al 1508: sono testimonianze di arbitrati, pagamenti, mutui, dai quali si evince il prestigio di cui godeva e che ci danno alcune importanti notizie sul suo ruolo sociale e politico. Nel 1498 figura tra gli Anziani di Imola; nel 1500 presenzia al capitolo della Società di S. Maria nella chiesa dei frati carmelitani; nel 1508 "Guidaccius de pictoribus" compare tra i consiglieri del cardinale Francesco Alidosi. Una importante notizia sulla sua attività artistica è data da un atto del 1494 in cui G. entra in società con un altro pittore imolese, Giampietro Dalpero, per lavorare "in arte pignatorum et vedrami", cioè in ceramica e vetro.
Si potrebbe ipotizzare una partecipazione di G. alla realizzazione di due vetrate con l'Annunciazione nel santuario del Piratello presso Imola, se non fosse per la loro puntualissima fedeltà al Del Cossa fino a ripeterne stilemi minori; sembra perciò più probabile pensare a opere uscite dalla bottega dei fratelli Cabrini che a Bologna eseguirono più volte vetrate su cartoni di questo. Inoltre tale ritorno al Del Cossa in una data che si colloca dopo il 1489, anno di inizio della costruzione del santuario, non trova riscontro nella tarda maniera di G. come essa ci appare nella tela con la Madonna e il Bambino in trono fra s. Lucia, s. Francesco e due offerenti (Imola, Museo diocesano, proveniente dalla distrutta chiesa Nuova della Confraternita del Ss. Sacramento), già partecipe di quella più tenera espressività che contraddistingue l'ambiente bolognese di fine secolo a seguito della svolta classicistica operata da Lorenzo Costa.
Nel 1508 G. fece testamento. Morì a Imola nel febbraio 1510 (Tambini).
Tra le altre opere attribuite a G., ricordiamo due sportelli con Angeli (Imola, Museo diocesano) e la Madonna col Bambino (ibid., già nella chiesa di Monte del Re), che ha evidenti analogie con il linguaggio di G. nella matrice padovana dello schema compositivo. Gli è stato inoltre riferito (Tumidei) un affresco frammentario con l'Annunciazione e due angeli (Imola, Pinacoteca) che, per la componente ancora tardogotica, pare più legato alla corrente bolognese e soprattutto a Cristoforo di Benedetto cui spetta, secondo chi scrive, una simile Annunciazione affrescata a Montovolo (Grizzana, in provincia di Bologna).
Fonti e Bibl.: S. Razzi, Diario di viaggio di un ricercatore (1572), a cura di G. Di Agresti, in Memorie domenicane, II (1971), p. 77; Imola, Biblioteca comunale, Mss. imol., 72: A. Ferri, Memorie storiche di Imola (sec. XVII), I, c. 764; II, c. 677; ibid., 43: G.N. Villa, Pitture della città d'Imola ossia un guazzabuglio composto di varie cose pittoriche architettoniche anche estranee (1794), p. 1353 (riprodotto in CD-ROM a cura di C. Pedrini, Imola 2001); Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Mss., B 1809: G. Giordani, Memorie mss. intorno alla vita e alle opere de' pittori scultori architetti etc. d'Imola raccolte… sotto l'anno 1826, pp. 119 s.; F.G. Bonoli, Storia di Lugo ed annessi. Libri tre, II, Faenza 1732, pp. 288 s.; G. Ribuffi, Guida di Ravenna con compendio storico della città, Ravenna 1835, p. 87; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A new history of painting in Italy, II, London 1864, p. 557 n. 2; I. Fanti, Sguardo retrospettivo all'arte in Imola, Imola 1883, pp. 9 s.; G. Gambetti, Guida pittorica d'Imola dell'ab. Giovanni Villa (1794) con note ed aggiunte, V, Bologna 1925, pp. 205 s.; R. Buscaroli, Un tema imolese ferrarese. G. da I., in Melozzo e il melozzismo, Bologna 1955, pp. 58-66; C. Volpe, Tre vetrate ferraresi e il Rinascimento a Bologna, in Arte antica e moderna, I (1958), pp. 35 s. n. 12; A. Sabatini, S. Ilaro abate di Galeata, patrono di Lugo, Bagnacavallo 1961, pp. 21 s.; The Bob Jones University, Collection of religious paintings, I, Italian and French paintings, a cura di A. Scharf, Greenville, SC, 1962, pp. 38 s.; A. Meluzzi, Il palazzo vescovile di Imola e le sue raccolte artistiche, Imola 1962, pp. 42 s.; Enc. Bernardiniana. Iconografia, a cura di M.A. Pavone - V. Pacelli, L'Aquila 1980, p. 59; The Bob Jones University, Collection of religious art, Italian paintings, a cura di D.S. Pepper, Greenville, SC, 1984, pp. 10, 144, 317; M. Lucco, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Milano 1987, p. 653; A. Tambini, G. da I. e le influenze padovane nella pittura emiliano-romagnola del Quattrocento, in Paragone, XXXVIII (1987), 451, pp. 48-67; La Pinacoteca di Imola, a cura di C. Pedrini, Imola 1989, p. 57; S. Tumidei, La pittura nei secoli XV e XVI, in Storia di Forlì, III, L'età moderna, a cura di G. Casanova - G. Tocci, Bologna 1991, pp. 235 s.; A. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale. Testimonianze archivistiche, I, Dal 1341 al 1471, Ferrara 1993, p. 281; G. Viroli, Chiese di Forlì, Bologna 1994, pp. 87-90; F. Zeri, L'angelo con la barba, l'Annunciazione del transito della Vergine (e un errore di Giovanni Andrea Giglio), in Hommage à Michel Laclotte, Milano-Paris 1994, pp. 305-310; G. Viroli, Pittura dal Duecento al Quattrocento a Forlì, Bologna 1998, pp. 41 s., 127; A. De Marchi, Problemi aperti su Squarcione pittore e sui romagnoli a Padova, in Francesco Squarcione "Pictorum Gymnasiarcha Singularis". Atti delle Giornate di studio… 1998, a cura di A. De Nicolò Salmazo, Padova 1999, pp. 123 n. 33, 128 n. 55; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, I, p. 596; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, I, pp. 191-193.