FILIPPESCHI, Guidarello
Figlio di Alessandro di Giovanni, nacque probabilmente in Orvieto intorno alla metà del sec. XIII, dalla più importante famiglia di fede ghibellina presente all'interno delle mura cittadine.
Nel corso della prima metà del secolo la città di Orvieto, costituita in comune podestarile, al quale si era affiancato, a partire dal 1251, il Consiglio del popolo, si era abilmente mantenuta in equilibrio fra rivendicazioni papali ed imperiali, e le componenti guelfe e ghibelline si erano avvicendate, in modo relativamente pacifico, alla gestione del potere cittadino. La battaglia di Benevento (1266) ed il definitivo trionfo della compagine guelfa avevano però favorito un clima di tensione in città. Nel 1268-69 molti esponenti della fazione ghibellina furono indagati dal tribunale dell'Inquisizione per sospetta eresia, e solo la famiglia Filippeschi, benché fosse la più in vista fra le casate ghibelline, non venne toccata da questi processi.
Il F. compare la prinia volta sulla scena pubblica orvietana nel 1272, quando venne accusato, insieme con altri suoi familiari, dell'uccisione di Pandolfo "Berardini" - di una famiglia alleata dei Monaldeschi, esponenti della fazione guelfa -, a sua volta responsabile dell'omicidio di un Filippeschi, Raniero di Bartolomeo. Questo avvenimento scatenò fra i Filippeschi ed i Monaldeschi una lotta violenta. Il Comune di Orvieto reagì, imponendo l'esilio ai membri delle opposte fazioni: venticinque Monaldeschi furono quindi inviati a Grosseto ed altrettanti Filippeschi a Gubbio. La situazione sfuggì poco tempo dopo al controllo del governo comunale e passò direttamente ai Monaldeschi che sfruttarono la situazione per infliggere un duro colpo alla famiglia rivale. Sedici membri della famiglia Filippeschi vennero ritenuti gli esecutori materiali dell'omicidio e furono condannati ad una multa di 7.000 lire, al bando, alla perdita dei loro diritti ed alla demolizione delle case. Al F., considerato il maggiore responsabile, insieme con Petruccio di Raniero Paci, della spedizione punitiva, fu ordinato di andare a Gerusalemme, da dove avrebbe dovuto inviare al Comune di Orvieto la documentazione comprovante l'avvenuto pellegrinaggio. Terminato il viaggio, la cui durata era calcolata in un anno e mezzo circa, il F. avrebbe dovuto passare un periodo di esilio di cinque anni in una località sita oltre la città di Roma, o ad altrettanta distanza da Orvieto.
Non sappiamo se le sentenze furono effittivamente eseguite; una riduzione delle pene inflitte a tutti i condannati, esclusi il F. e Petruccio, fu emessa il 29 dic. 1273, ma già un mese prima, il 20 novembre, i Filippeschi avevano ufficialmente accettato l'atto di pace proposto dal Comune di Orvieto. Quest'ultimo infatti, ed in particolare il Consiglio del popolo, vedeva con una certa apprensione l'egemonia raggiunta dalla famiglia Monaldeschi, nel corso degli ultimi mesi, all'interno della vita cittadina, e si era quindi impegnato per arrivare alla pacificazione delle due fazioni. Gli stessi Filippeschi prima di sottoscrivere il patto dovettero ricevere reali assicurazioni per una compensazione delle loro pene e, benché il F. non figuri fra i beneficiari delle riduzioni accordate, nel dicembre 1276 era di nuovo in Orvieto. La sua presenza è confermata dalla sentenza, emessa il primo febbraio 1277, che lo condannava per aver espugnato con i suoi armati, nel trascorso dicembre, il castello di Cetona contro il volere del Comune. Nel dicembre del 1277 egli venne nuovamente accusato, questa volta insieme con i fratelli Neri e Petruccio, per lo stesso reato.
Con il trascorrere degli anni il F. dovette assumere un ruolo rappresentativo nell'ambito della sua famiglia, non solo all'interno delle mura cittadine, ma anche nel composito mondo ghibellino italiano. Nel 1288 venne condannato, ancora una volta, perché sorpreso in città con un coltello "malitiosum et vegetum". La sua fedeltà allo schieramento ghibellino lo portò, un anno dopo, a partecipare alla battaglia di Campaldino, combattuta l'11 giugno 1289 fra i ghibellini di Arezzo schieratisi contro i guelfi fiorentini, ed è ricordato da Giovanni Villani come il capitano "che portava l'insegna imperiale". Morì nel corso della battaglia, insieme con un altro Filippeschi, Giacomo di Castaldo.
Nel 1304, nel corso dei lavori di restauro e ampliamento del mercato dei buoi, il Comune di Orvieto decise di demolire la casa del F., posta nei pressi della chiesa di S. Nicola.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Terni, Sezione di Orvieto, Instrumentari, n. 871, cc. 125r-127v; Giudiziario, B.1.f. 3, c. 2rv; B.1. f. 4., c. 3v; B.1. f. 6, cc. 1r., 37v-38r; Reg. I, c. 380r; Riformagioni, vol. 73, c. 192v; Varietà, n. 19: F. Marabottini, Notizie di casa Marabottini (ms. del XVI sec.), f. 8; Annales Urbevetani, a cura di L. Fumi, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XV, 5, 1, pp. 147, 158, 162, 186; Cronaca di Luca di Domenico Manenti, a cura di L. Fumi, ibid., p. 313; Codice diplom. della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, ad Ind.; L. Fumi-A. Cerlini, Una continuazione orvietana della cronaca di Martin Polono, in Arch. Muratoriano, XIV (1914), pp. 131 s.; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma 1990, p. 602; C. Manente, Historie, I-II, Vinegia 1561, p. 154; M. Monaldeschi, Commentari historici, Venetia 1584, c. 58v; G. Rondoni, Orvieto nel Medioevo, in Arch. stor. ital., XVIII (1886), pp. 258-282; XIX (1887), pp. 383-402; L. Fumi, Orvieto. Note storiche e biografiche, Orvieto 1891, p. 91; E. Carpentier, Orvieto à la fin du XIII, siècle. Ville et campagne dans le cadastre de 1292, Paris 1986, p. 267; M. Giuliani, Inomi degli eroi, in A. Andanti-M. Giuliani-G. Doni, Il sabato di San Barnaba, Milano 1989, pp. 47, 50; L. Riccetti, La città costruita. Lavori pubblici e immagine in Orvieto medievale, Firenze 1992, p. 124 n. 163.