ASPERTINI, Guido
Figlio primogenito del pittore Giovanni Antonio, e fratello di Amico, nacque a Bologna verso il 1467; nel 1496 era già chiamato maestro ed assumeva opere di pittura. Si imiziò all'arte, come il fratello Amico, alla scuola del padre; il Vasari lo dice "creato" di Ercole De Roberti, ma è probabile che, tornato questi in patria, entrasse, come Amico, alla bottega dei Francia. Lo riprova il fatto che il Raibolim il 19 maggio 1496 stende addirittura di sua mano il contratto che impegna l'A. a dipingere due cofani per Lodovico da Sala (cfr. C. Ricci, 1915), documento firmato dai contraenti e dall'estensore: "Io Francesco dito El Francia revexe ò scrito de volontà de consentimento de la parte". Dal testo dei contratto risulta poi che i due cofani non dovevano essere "meno de figure e opere pertinente" di quelli della "donna de Iachomo de Grati", il che fa pensare che anche questi fossero stati eseguiti dall'Aspertini.
Già però nel 1491, probabilmente ancora rninorenne, l'A. aveva dipinto assieme al padre Giovanni Antonio, che data la sua minorità assumeva l'impegno e riceveva il pagamento ("suo nomine et vice tanquani pater et legitimus administrator et vice et nomine Guidonis eius filii"), un affresco con la Crocefissione nel portico del duomo di Bologna celebrato da tutti i contemporanei: dal Vasari che dice le figure "ragionevoli" a Pietro Lamo che la definisce t opera rara e bella", a Cherubino Ghirardacci. Purtroppo il portico fu demolito nel 1605 e dell'opera dell'A. rimarrebbero, secondo il Ricci, due testine d'angeli e la testa di Gesù tanto rovinate e rifatte che ben poco si può capire del suo stile. Rimaneva inoltre il disegno per la detta Crocefissione che era a Londra presso la raccolta Robinson: poi, con la vendita della raccolta, andò perduto (come altri disegni ricordati dal Vasari nel suo libro). La mancanza di opere certe fa sì che a questo misterioso Guido, famoso ai suoi tempi, sono attribuite, ma senza sicuro fondamento, cose di carattere molto diverso.
Il Ricci, ricordando che l'A. era "creato" di Ercole da Ferrara, gli attribuisce la Lucrezia della Galleria Estense di Modena derivata certamente da Ercole, soprattutto perché nel Viridario (Bologna 1513, p. clxxxvii) Gian Filoteo Achillini celebra una Lucrezia dell'A. che egli, con la sua arte, "morta, aviva"; altra attribuzione a lui, che però non lega con la precedente, è quella del ritratto creduto di un Marescotti nella collezione Crespi Morbio, a Milano, segnato a tergo col nome dell'A. ma con una data posteriore alla sua morte.
Ancora di diverso stile sono alcune tavolette con Fatti di s. Apollonia nel Museo di Pesaro, le quali in comune con i dip1mti già citati non hanno che ricordi di Ercole venati qui, come osserva il Longhi, dal gusto romagnolo.
Un'altra opera ricordata sempre con particolare lode dall'Achillini, oggi introvabile, è un ritratto di Galeazzo Bentivoglio. Il Burckhardt gli assegna anche l'Adorazione dei Magi nella Pinacoteca di Bologna che è invece di Amico.
La data di morte dell'A., che il Vasari dice avvenuta quando aveva trentacinque anni, e che è certo anteriore al 1507, quando il padre Giovanni Antonio faceva testamento e non lo nominava tra i figli viventi, si può portare, come ha osservato il Ricci, a prima del 1504 quando esce un libro di Diomede Guidalotti nel quale è uno scritto in morte di lui.
Fonti e Bibl.: D. Guidalotti, Tirocinio delle cose volgari, Bologna 1504, p. 55 (sonetto in morte di G. A.); Ch. Ghirardacci, Historia di Bologna, parte III, in Rer. Italic. Script.,2 ediz., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 263; P. Lamo, Graticola di Bologna (1560), Bologna 1844, p. 30; G. Vasari, Le Vite... con nuove annotaz. e commenti di G. Milanesi,III,Firenze 1879, pp. 147 s.; A. Masini, Bologna perlustrata,Bologna 1650, p. 166; C. C. Malvasia, Felsina pittrice,Bologna 1841, pp. 117 s.; J. Burckhardt, Il Cicerone,Firene 1952, p. 923; G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, IV, Bologna 1872, p. 163; O. Mazzoni Toschi, Racconti storici estratti dall'Archivio Criminale di Bologna, II,Bologna 1868, p. 117; F. Malaguzzi Valeri, La scuola del Francia, in Rass. d'arte, I(1901), pp. 137 s.; E. Iacobsen, I seguaci del Francia e del Costa in Bologna, in L'Arte, VIII (1905), p. 82; L. Frati, Un contratto autografo del Francia, in Nuova Antologia, CCXI (1907), pp. 122-124; Id., Varietà storico-artistiche,Città di Castello 1912, pp. 81-88; J. A.Crowe-G. B. Cavalcaselle, A history of Painting in North Italy,II,London 1912, p. 289; C. Ricci, Gli Aspertini, in L'Arte, XVIII (1915), pp. 83-86; C. Gamba, La Raccolta Crespi-Morbio, in Dedalo,IV (1923-24), p. 536; C. Ricci, Guida di Bologna, Bologna 1930, p. 158; F. Filippini, Pittori ferraresi del Rinascimento in Bologna, in Il Comune di Bologna,II (1933), n. 9, pp. 16-18; R. Longhi, Officina ferrarese, 1934. Seguita dagli Ampliamenti 1940 e dai Nuovi ampliamenti, 1940-55, Firenze 1956, pp. 55, 149; U. Thierne-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler,II, pp. 189 s.; Enciclopedia Italiana,IV, p.969.