BARGELLINI, Guido
Nacque a Roccastrada (Grosseto) il 28 dic. 1879 da Pilade, medico condotto, e da Emma Pepi. Conseguì il diploma in farmacia presso l'università di Siena (1900) e la laurea in chimica a Roma (1902). Dopo essere stato assistente nel laboratorio di chimica generale dell'università di Siena (1902-1904), lavorò a Berlino, nell'istituto di E. Fischer, il grande chimico organico in quel tempo dedito a geniali ricerche sugli zuccheri e le proteine.
Chiamato all'istituto chimico dell'università di Roma, fu assistente di S. Cannizzaro, che lo indirizzò allo studio delle sostanze organiche vegetali, ed in particolare della santonina, un antielmintico contenuto in varie specie di Artemisia, che per oltre 50 anni fu oggetto di intensi studi da parte di vari gruppi di chimici. Succeduto al Cannizzaro E. Paternò (1910), il B. lasciò gli studi sulla santonina (la cui struttura fu completamente chiarita solo nel 1930 dall'inglese G. R. Clemo) e, sotto l'impulso del nuovo maestro, condusse ricerche sulle sostanze dei licheni e sui coloranti gialli dei fiori: calconi, flavoni e fiavonoli, cui si era già dedicato precedentemente. È di questo periodo la scoperta della costituzione della scutellareina (1914) e della baicaleina (1919), coloranti gialli delle piante. Nello studio della scutellareina, e poi di altri composti similari, il B. mise a profitto una reazione cromatica data dai poliossi-flavoni con amalgama di sodio, che vari autori riportano come reazione di Bargellini. Preparò per sintesi decine di nuovi calconi, flavoni e flavonoli, alcuni dei quali furono successivamente trovati in natura da altri ricercatori. Tra i primi impiegò l'idrogenazione catalitica per lo studio delle sostanze naturali organiche ed in particolare per le ricerche sulla santonina e sui calconi. In questo periodo egli studiò anche la struttura degli acidi trimetossi-ftalici. Tale studio ebbe notevoli conseguenze, in quanto l'esatta conoscenza di queste sostanze permise l'attribuzione della formula di alcaloidi quali la columbamina e la colchicina. Approfondì lo studio della chimica dell'ossidrochinone e dei tetraossibenzeni, tra l'altro proponendo un nuovo metodo, l'impiego del persolfato di potassio, per introdurre un ossidrile in un anello aromatico dove è già presente un gruppo fenolico. Questo metodo, che è una generafizzazione della reazione di K. Elbs, trovò larga applicazione in chimica organica.
Durante la prima guerra mondiale il B., richiamato, si dedicò allo studio della lotta contro gli aggressivi chimici e a quello degli esplosivi. Nel 1920 fu nominato professore straordinario di chimica farmaceutica all'università di Sassari. Nel 1921 passò alla stessa cattedra nell'università di Siena, dove succedette a M. Betti. Le ricerche sui derivati dei cumene, quivi condotte, costituiscono un esempio di metodologia nella chimica organica e permisero di portare nuova luce sullo studio dei derivati di questo gruppo di sostanze, in particolare dei chinoni.
Nel 1924 subentrò a E. Paternò nella cattedra di chimica organica a Roma. A varie riprese tenne anche gli insegnamenti di chitnica organica industriale e. chimica di guerra. Le sue lezioni di chimica organica furono raccolte in un libro che, nelle varie edizioni e riduzioni, ebbe vastissima diffusione e fu un chiarissimo testo per generazioni di chimici, farmacisti, biologi, naturalìsti, medici ed ingegneri.
L'intensa attività didattica e i numerosi incarichi affidatigli non impedirono al B. di proseguire la ricerca scientifica.
Particolare interesse presentano le sue ricerche sulle fenil-cumarine. Egli fin dal 1911 aveva previsto che le fenil-cumarine che, come i calconi ed i fiavoni, contengono un sistema di 15 atomi di carbonio, dovessero trovarsi in natura. Per avvalorare questa ipotesi sintetizzò numerose fenil-cumarine, nell'intento di confrontarle con sostanze naturali di struttura ancora indeterminata. A tale scopo propose una nuova sintesi delle fenil-cumarine, da orto-ossi-arilchetoni e fenilacetato di sodio (reazione di Bargellini). L'ipotesi del B. fu confermata solo nel 1957 con la scoperta della dalbergina, una diossi-fenilcumarina presente nella pianta indiana Dalbergia sissoi. Questa sostanza era stata sintetizzata dal B. quarantasei anni prima.
Più volte egli si occupò di prodotti di interesse farmaceutico e biologico. Ricordiamo ad esempio alcuni acidi lichenici e i derivati del mercaptobenzotiazolo, dotati di interessanti proprietà antibatteriche.
Nel 1950 il B., per raggiunti limiti di età, lasciò la cattedra, in cui gli succedette L. Panizzi. Ma, instancabile, continuò le sue ricerche presso l'istituto chimico dell'università di Roma e presso l'Istituto superiore di sanità. Morì a Roma il 23 sett. 1963.
Nell'evoluzione della chimica organica in Italia il B. rappresenta il periodo di transizione tra l'era classica, impersonata da R. Piria, S. Cannizzaro ed E. Patemò, e le tendenze più moderne della chimica organica, secondo cui, basandosi sulle proprietà chimico-fisiche, si tenta di penetrare nell'intúno dei meccanismi di reazione. Basti pensare che egli, accanto ai lavori classici sopra descritti, si occupò dell'influenza dei gruppi sostituenti sull'orientamento di nuovi gruppi negli anelli aromatici e, appena laureato, eseguì, con L. Francesconi, interessanti ricerche sulle relazioni tra fluorescenza e costituzione chimica. Precorrendo inoltre i tempi, si occupò dell'impiego degli enzimi come reattivi chimici.
Soprattutto, però, gli si deve ascrivere il merito di avere formato molti chimici organicí italiani, ai quali non solo offrì vasti argomenti di lavoro, ma dette anche una preparazione che, pur essendo di tipo eminentemente classico, era aperta alle nuove vedute ed alle tecniche più recenti.
Il B. pubblicò (soprattutto sui Rendíconti dell'Accademia dei Lincei e sulla Gazzetta chimica italiana) un centinaio di lavori. Suoi sono inoltre vari volumi didattici: Lezioni di chimica organica, Roma 1933; Elementi di chimica organica per studenti del biennio di Ingegneria, Roma 1935; Esercizi numerici di chimica organica, Roma 1936; Breve corso di chimica organica per studenti di medicina, Roma 1937. A questi vanno aggiunti un Corso di chimica di guerra (dispense, Roma 1936) e un corso di Analisi organica (dispense, Roma 1945).
Collaborò al II volume (chimica organica) del Trattato di chimica generale ed applicata all'industria di E. Molinari (Milano 1927).
Una raccolta completa delle pubblicazioni è presso l'Istituto superiore di sanità (Roma).
Bibl.: G. B. Marini-Bettòlo, Necrologio, in La Chimica e l'Industria, XLV (1963), p. 1558.