CACCIACONTI, Guido
Nacque da Cacciaconte, probabilmente agli inizi della seconda metà del XII sec. Tra il 1168 e il 1175, infatti, doveva essere ancora in giovane età, poiché il suo nome non compare nei due importanti atti che sono di questi anni e che vedono come protagonisti i membri più autorevoli della famiglia - tra i quali, forse, anche suo padre - in atteggiamento di sottomissione al Comune di Siena. Il C., invece, è per la prima volta menzionato in un diploma dato da Carpineto il 5 marzo 1185, con cui Federico I prende sotto la sua protezione i beni dei Cacciaconti, concedendo loro i diritti sui castelli di Foiano e Modana, e, quindi, nell'atto di conferma sottoscritto in Palermo da Enrico VI il 25 novembre 1194. Il C. emerge, quindi, sulla scena politica negli anni in cui la casa sveva riprende un effimero sopravvento sulle città toscane controllando anche i feudatari dei contadi circostanti. Successivamente, allorché alla morte dell'imperatore Enrico VI, nel 1197, le città della Tuscia si unirono in una lega contro i feudatari dei loro contadi ed anche Siena si affrettò ad esigere un nuovo atto di omaggio da parte dei Cacciaconti il 18 febbr. 1198, il C. insieme con i capi della famiglia dovette venire in Siena per proclamare la propria sudditanza, non solo formale, agli interessi di questa città. In particolare, dovette personalmente impegnarsi ad abitare ogni anno dentro le mura di Siena per due mesi consecutivi, sia in pace sia in guerra. Unitamente agli altri si obbligò a restituire quanto sottratto agli altri feudatari del contado senese e ad offrire un censo annuale al Comune per la festa della Vergine Assunta.
Nel corso della guerra successivamente combattuta tra Siena e Montepulciano il C. - che nel frattempo doveva avere assunto la guida della famiglia insieme con Rinaldo di Ildibrandino - si trovò schierato a fianco della potente "protettrice", che si impegnò a non fare pace con i Montepulcianesi sino a quando questi non avessero reso ai Cacciaconti gli uomini delle loro terre e specialmente dei feudo di Collefrancoli. D'altra parte in quello stesso giorno - 1º ott. 1202 - il C. dovette giurare solennemente che neppure da parte sua vi sarebbero stati tentativi di comporre la vertenza, ma solo il corrispettivo impegno a proseguire la guerra a fianco dei Senesi. Il 5 apr.1205 la controversia non si era ancora risolta: infatti, il C. e altri della famiglia furono invitati quali testimoni al giuramento prestato da alcuni abitanti della località di San Quirico di Nusenna, di fronte al vescovo di Volterra, priore della lega tuscia, al fine di accertare se Montepulciano fosse sempre appartenuta al contado di Siena. Dalla deposizione di uno dei testimoni risulta appunto che i Cacciaconti presenziavano alla cerimonia in qualità di "vessilliferi" del comitato o contado senese. In un momento di grande debolezza del potere imperiale, il C. e i familiari non avevano dunque potuto evitare di contrarre legami sempre più stretti con la politica della città più vicina ai loro domini. Tuttavia, non appena l'autorità dell'Impero tornò a farsi sentire nelle vicende della penisola, il C. riprese prontamente la propria libertà d'azione. Quando nell'ottobre 1209, appena incoronato imperatore, Ottone IV di Brunswick intervenne con decisione negli affari delle città toscane per ristabilire il proprio controllo su di esse, trovò in molti feudatari della regione e, tra gli altri, nei Cacciaconti un sicuro appoggio alla propria opera. Il C., infatti, gli fu accanto specialmente nei mesi seguenti. Due importanti concessioni effettuate da Ottone nella tarda estate e nell'autunno del 1210 hanno, tra i testimoni, il Cacciaconti.
Scoppiata la guerra tra l'imperatore e il papa Innocenzo III, proclamatosi difensore degli interessi dell'altro giovane pretendente al trono, Federico di Svevia, il C. provvide subito a inviare in Puglia, nel teatro delle ostilità, alcuni contingenti di truppe in aiuto di Ottone. Ma questi dovette interrompere le operazioni nell'autunno del 1211, per dedicare le sue attenzioni alla Germania da dove giungevano allarmanti notizie di pericolose trame orditegli contro dallo stesso pontefice. Nel drammatico frangente il C. è ancora a fianco dell'imperatore, testimone ai numerosi atti compiuti da questi presso Montefiascone - sottratta l'anno precedente al dominio papale - e diretti tutti ad accrescere i privilegi a favore dei feudatari e delle città fedeli della Toscana e dell'Umbria. Nel dicembre Ottone sosta nella Tuscia centro-settentrionale ed a Prato, il 28 del mese, riunisce i signori che reggono i comitati circostanti. Il C. è tra costoro, insieme con il conte Guido Guerra e altri potenti. Certamente l'imperatore richiese loro il giuramento di fedeltà. In quel medesimo giorno il C. ricevette in feudo la rocca di Trequanda per i servigi prestati nel corso della campagna di Puglia e per il costante appoggio dato alla politica imperiale.
Dopo avere superato con abili mosse la grave minaccia suscitatagli contro da Ottone, il pontefice non esitò a provocare la definitiva rovina dell'avversario, lanciandogli la scomunica. Il gesto provocò lo sfaldamento del partito imperiale e permise ad alcune città - come Siena - di assumere nuovamente il controllo dei vicini feudatari. Il C. e la sua consorteria furono costretti a sottomettersi di nuovo al Comune senese: il 19 ag. 1213 si impegnavano infatti a versare, come per il passato, ogni 1º di agosto il censo consueto e ad obbedire agli ordini delle autorità comunali. Riuscirono tuttavia a far inserire nel trattato la clausola secondo la quale non avrebbero dovuto prestare aiuto alla città né in caso di guerra contro l'imperatore né contro Federico di Svevia. Successivamente, nell'ottobre dello stesso anno, giurarono fedeltà a Siena anche gli uomini delle terre e castelli appartenenti al Cacciaconti. Dopo questo episodio, che segna l'inizio di un nuovo periodo di assoggettamento alla politica egemonica dei Senesi, i documenti tacciono a lungo sul C.: non si è, pertanto, in grado di ricostruire le vicende della sua vita e soprattutto l'indirizzo della sua politica.
Per quanto riguarda i rapporti che lo legavano agli abitanti dei suoi feudi, ci è pervenuta una testimonianza del 1º ag. 1218, dalla quale apprendiamo che gli uomini della località di Montisi, per affrancarsi dai dazi loro imposti, giurarono tanto a lui quanto ai suoi figli Cacciaconte, Rinaldo e Ildibrandino, di pagare loro in perpetuo certe quantità di grano.
Sino al 1220 l'atteggiamento politico del C. non dà altri segni di irrequietezza. In questo anno si concluse, appunto, la crisi del potere imperiale nella penisola, con la salita al trono di Federico di Svevia. Il 22 novembre, giorno dell'incoronazione imperiale di quest'ultimo, sul Monte Mario presso Roma disposero i loro attendamenti i feudatari fedeli alla causa imperiale, intervenuti alla solenne cerimonia. Anche il C. dovette essere presente e, infatti, fu immediatamente beneficiato con la riconferma della concessione della rocca di Trequanda, effettuata già da Ottone IV a Prato, il 28 dic. 1211.
È curioso osservare come la formula della concessione sia restata invariata, riproducendo la stessa motivazione che nove anni prima aveva definito l'atto come gesto di ricompensa per i servigi resi dal C. nella guerra di Puglia, proprio contro Federico. Questo non è l'unico significativo episodio della riconciliazione tra gli interessi della casa comitale dei Cacciaconti e quelli che costituivano l'espressione della politica egemonica intrapresa dall'imperatore nelle regioni meridionali del suo dominio e quindi anche sulle città ed i contadi della Tuscia. Infatti, il 28 dic. 1222 Federico conferma al C. e ad altri della sua famiglia i possessi di Modana e Foiano. Tuttavia, ciò nonostante, il C. non riuscì a sottrarre i propri domini al controllo ed alle imposizioni delle autorità senesi. Nel 1223 egli, insieme con Rinaldo d'Ildibrandino, fu severamente multato per avere contravvenuto agli ordini del podestà di Siena, Bonifacio Guicciardi, che aveva ingiunto ai signori del contado di non permettere che il grano raccolto nei loro feudi venisse esportato oltre i confini e specialmente a Firenze. Risulta, infatti, che in taluni possessi appartenenti al C. la disposizione fu violata. Né in questa occasione ebbe modo di esplicarsi la protezione dell'imperatore. Il C. aveva, intanto, ottenuto il comando del partito filoimperiale a Siena, ma sarebbero trascorsi ancora diciassette anni prima che uno dei figli del C., Ildibrandino, potesse instaurare nella città il governo del partito ghibellino.
L'ultima notizia, che abbiamo del C. risale al 1226. In questo anno egli fece testamento, dividendo tra i figli l'ampia distesa dei suoi feudi, tra i fiumi Ombrone e Chiana. Dei feudi principali, quelli di Scrofiano e Sinalunga furono attribuiti a Rinaldo, Trequanda passò ad Ildibrandino, a Cacciaconte andarono Fabrica e Bibbiano.
Dei rimanenti alcuni restarono probabilmente indivisi, come le località di Montisi e Montorio, che Cacciaconte ed Ildibrandino si divisero in parti uguali il 4 febbr. 1233. In questo anno evidentemente il C. era già morto.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Diplomatico, 1202 ott. 1; 1205 apr. 5; 1210 ag. 27; 1213 giugno 17; 1213 ag. 19; 1218 ag. 1; 1219 febbr. 10; 1223 ott. 14; 1232 febbr. 4; Ibid., ms. A. 11: A. Sestigiani, Famiglie nobili senesi, c. 154t; Siena, Bibl. com. degli Intronati, ms. C.V. 22: U. Benvoglienti, Miscellanee, XXI, c. 96; Ibid., ms. A. V. 23: C. Cittadini, Abbozzi e frammenti di alberi di famiglie nobili, cc. 98, 104, 134, 135; ms. A. V. 16, c. 119; O. Malavolti, Historia de' fatti e guerre…, Venezia 1599, I, p. 39; G. Tommasi, Dell'historie di Siena, Venezia 1625, I, pp. 3, 173; L. A. Muratori, Antiq. Ital. Medii Aevi, IV, Mediolani 1741, coll. 576, 583; E. Repetti, App.al diz. geogr., fisico,Storico della Toscana, Firenze 1845, p. 67; K. F. Stumpf-Brentano, Acta Imperii inde ab Heinrico I ad Heinricum VI. Usque adhuc inedita, Innsbruck 1865-1881 [rist. anast. 1964], nn. 164, 195; J. Ficker, Urkunden zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, Innsbruck 1874, n. 252; L. Banchi, Ilmemoriale delle offese fatto al Comune e ai cittadini di Siena..., in Arch. stor. ital., s. 3, XXII (1875), pp. 208-210; J. F. Böhmer-J. Ficker, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1892-1894, nn. 435, 441, 448-452, 456, 457, 1222, 12295; F. Schneider, Regestum senense, Romae 1911, nn. 312, 389, 407-408, 504; Il Caleffo Vecchio del Comune di Siena, a, cura di G.Cecchini, Siena 1931, I, pp. 17, 45, 86, 78-79, 188; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1956, II, pp. 35, 108-109; J. F. Böhmer, Acta Imperii selecta, Darmstadt 1967, n. 1085.