CANTINI, Guido
Nato a Livorno da Ferdinando e da Ida Parrini il 9 apr. 1889, dopo il giovanile atto unico La carezza del gatto (rappresentato nel 1906) si dedicò alla produzione poetica e nel 1913, a Bologna, pubblicò Inno alla bellezza vergine - Sonetti e poemi in 2 libri.
Il primo libro, dopo due liriche introduttive, è diviso in tre gruppi di componimenti, La verginità della Terra (6 liriche), La verginità del Mare (2 liriche) e La verginità del Cielo (5 liriche).
Il secondo, con i Sonetti e poemi, è tra le cose migliori dello scrittore; visioni di paesaggi montani o marini e ritratti di animali fanno corona a Il poema d'Ermafrodito, in 24 strofe di 9 versi ciascuna e un verso gnomico di commiato, che, nel racconto del mito, riunisce i motivi principali della fragile poetica cantiniana, percorsa di accenti crepuscolari, né esente da ridondanze di ascendenza dannunziana.Nel 1917, sottotenente di fanteria, pubblicò In vendetta, un carme dedicato ai soldati della sua compagnia e composto sul fronte del Trentino due anni prima. Dalla grande guerra tornò mutilato e decorato; stabilitosi a Milano, entrò nel giornalismo, quindi si trasferì a Roma dove nel 1920 lavorava presso l'Unione cinematografica italiana come soggettista, insieme con A. De Stefani, del film La trentesima perla di U. Mozzato. Scritturato dalla Tespi Film, scrisse il soggetto, insieme con M. Salvini, de Il centauro di M. Corsi, e sceneggiò, pure con M. Salvini, La scala di seta di A. Frateili (dalla commedia omonima di L. Chiarelli) e nel 1921 Cesare Birotteau di A. Frateili (dal romanzo di H. de Balzac).
L'8 giugno 1921 al teatro Carignano di Torino al C. arrise il primo successo teatrale: la compagnia Comoedia diretta da A. Falconi gli rappresentò la commedia Loro quattro, in tre atti. Il 4 giugno 1924, al teatro dei Filodrammatici di Milano, fu la volta de La casa di prima, in quattro atti, rappresentata dalla compagnia di D. Niccodemi (ed. in Comoedia, 1924, n. 2). Calorosamente applaudita dopo ogni atto, la commedia ebbe in G. Rissone come Ninna e V. Vergani come Memé ottime protagoniste. Dal febbraio 1926 al febbraio 1928 il C. diresse a Milano il periodico teatrale Comoedia, che dal 1924 ospitava, e ospiterà fino al 1932, i testi di diverse sue commedie (aveva già al suo attivo la collaborazione al quotidiano Il Secolo come critico drammatico). Il 22 genn. 1929 la compagnia comica D. Galli presentò al teatro Alfieri di Torino un vaudeville o commedia buffa in tre atti con musiche di A. Cuscinà, Locanda alla luna (edita in Comoedia, 1929, n. 6), con accoglienze cordiali. La fama del C. ormai era attestata da un pubblico di estimatori e dalle maggiori compagnie del momento che ne ricercavano le commedie. Il 21 genn. 1930 la compagnia Falconi gli rappresentò, al teatro dei Filodrammatici di Milano, È tornato Carnevale, in tre atti (edito in Teatro per tutti, 1930, n. 3).
Con La signora Paradiso, in un prologo e tre atti, rappresentata al teatro Argentina di Roma il 2 genn. 1931 dalla compagnia Lupi-Borboni-Pescatori (e pubblicata in Teatro per tutti, 1931, nn. 1-2), fu offerta al pubblico la prima commedia scaltramente congegnata, abile fino alla forzatura, ma con uno sviluppo di eventi e accenti di umanità che ne tengono desto l'interesse dal principio alla fine. Il tipo dell'ebreo Matteo Iran, amante e custode geloso di una fanciulla raccolta nella miseria e nella colpa, uno "Shylock in diciottesimo divorato dalla sua cieca passione senile", è descritto con acutezza. Nel 1931 il C. pubblicò a Milano Il primo fallo d'Angelica, una raccolta di 15 racconti, tra i quali si distinguono quello introduttivo, Il signor Ferdinando, commossa rievocazione della figura del padre, e quello che dà il titolo al volume, in cui è narrato il caso di Angelica, signora ancor giovane e bella, che ritiene di aver commesso il primo fallo della sua vita per essersi recata ad un veglione mascherato e aver quasi consentito all'appuntamento con un corteggiatore occasionale. Sempre nel 1931 affidò alla compagnia dell'EIAR il radiodramma in un atto Il fidanzamento di Celeste, seguito, nel 1932, da Il divin Ramon, pure in un atto.
Nel 1934 sceneggiò il film La signoraParadiso per la regia di E. Guazzoni. Da allora intensificò l'attività di sceneggiatore anche di film ricavati dalle proprie commedie: È tornatoCarnevale, di R. Matarazzo (1937), L'uomo del romanzo, di M. Bonnard, in collaborazione col regista e con J. Comin (1941), Turbamento, di G. Brignone (1942), con prevalenza, nell'ultimo periodo, di pellicole musicali (Manon Lescaut e Melodie eterne di C. Gallone, 1940). Fu una produzione che non sembrò curare particolarmente, pago di ottenere il successo pieno presso il grande pubblico (il Brignone diresse nel 1941, su sceneggiatura del C., Mamma, che incontrò, per effetto della canzone omonima interpretata da B. Gigli, un favore ancora più ampio dei film precedenti). I girasoli, in tre atti, rappresentati al teatro Quirino di Roma il 20 genn. 1936 dalla compagnia Ricci-Adani (e pubblicati in Scenario, 1936, n. 3), furono il grande successo dell'anno, ed E. Contini li recensì come un'opera meditata, in cui l'autore era riuscito a dare la piena misura delle proprie possibilità. Un'affermazione memorabile conseguì, il 19 febbr. 1938, al teatro del Corso di Bologna, la commedia Questo non è l'amore, in tre atti, rappresentata dalla Ricci-Adani e pubblicata in Il dramma, 15 giugno 1938.
Non robusta sul piano drammatico, essa s'impose per la sua toccante umanità. Come ne I girasoli, il protagonista è un romanziere, Andrea, che, ossessionato dalla gelosia nei confronti della moglie Barbara, infrange amicizie e sconvolge pudori: quando scopre che è stato irretito da una volgare calunnia della sua segretaria, Barbara non l'ama più, perché l'indagine del marito le ha rivelato un uomo meschino. Limpido e rettilineo, il lavoro, pur non rinunciando all'eleganza formale, punta diritto al dolente finale, di cui certe notazioni possono far pensare al Pirandello della prima maniera.
La stessa compagnia rappresentò al teatro Olimpia di Milano, il 7 febbr. 1939, Ho sognato il paradiso, in tre atti e quattro quadri (in Scenario, 1939, n. 5; in volume, Milano 1951). L'8 febbr. 1941 fu la volta di una nuova, semplice vicenda, imperniata ancora su una passione senile, Turbamento, in tre atti, rappresentata dalla compagnia del teatro Eliseo di Roma (in Scenario, 1941, n. 5, e in volume, Milano 1951). Gli addii, in tre atti, rappresentati al teatro del Corso di Bologna il 16 nov. 1942 dalla compagnia E. Merlini (Scenario, 1943, n. 1), sono la storia di una giovane vedova, Daria, e di un suo impossibile amore. L'ultimo dramma del C., Aurora, in tre atti, rappresentato dalla compagnia E. Merlini il 3 febbr. 1943, non ebbe successo.
La guerra imperversante sul suolo italiano e le precarie condizioni di salute lo distrassero da ogni attività (l'ultima sua fatica cinematografica, la sceneggiatura del film musicale Maria Malibran di G. Brignone, è dei primi del 1943). Dopo la liberazione della capitale da parte delle truppe alleate ebbe rappresentata, unica opera italiana della stagione 1944-45, Ho sognato il paradiso, al teatro Quirino, con grande concorso di pubblico (6-12 nov. 1944, compagnia Miranda-De Sica). Morì a Roma, la sera del 1º genn. 1945.
I giudizi di R. Simoni e di S. D'Amico sull'opera del C. furono abbastanza benevoli. Critico sostanzialmente severo fu B. Curato per il quale le situazioni delle commedie del C., presentatosi al pubblico con la velleità di tradurre in esse il proprio sottofondo lirico, rivelano alla lunga una fastidiosa meccanicità, sì da rassomigliare, talvolta, agli interessi in voga nel teatro di genere poliziesco. Un sentimentalismo volta a volta sorridente o patetico sull'esempio di C. Vildrac e una sottile sensualità alla P. Géraldy furono le note costanti della sua produzione teatrale; si espresse con un linguaggio raffinato sorretto da abili giri di frase che tendevano ad attenuare il pathos dei personaggi delle sue fiabe e intessé sceneggiature precise che non rifuggivano dai capovolgimenti d'azione. Per giustificarne la "teatralità" occorre riportarsi al dramma borghese da cui mutuò le situazioni di base, che seppe variare grazie a una fertile fantasia, e al teatro intimista che ebbe in lui, fin quasi alla fine della seconda guerra mondiale, uno degli ultimi epigoni italiani, accanto a G. Zorzi.
Oltre le opere già citate: Amore ovvero Il gioco dei pericoli, in Comoedia, 1926, n. 12; La duchessa di Berry ovvero La romantica avventura,ibid., 1930, n. 8; Dolly,timida girl,ibid., 1931, n. 6; Mad,ibid., 1931, n. 11; Giramondo,ibid., 1932, n. 10; L'esclusa, in Teatro per tutti, 1932, n. 7; Daniele tra i leoni, in Scenario, 1936, n. 11; Passeggiata col diavolo,ibid., 1937, n. 12; Niente di male,ibid., 1938, n. 12; L'uomo del romanzo,ibid., 1940, n. 2; I girasoli,Daniele tra i leoni,Passeggiata col diavolo,Niente di male (I-II), Milano 1946.
Fonti e Bibl.: La Stampa, 9-10 giugno 1921, 23 genn. 1929; Avanti!, 5 giugno 1924; Corr. della Sera, 22 genn. 1930, 8 febbr. 1939; Il Messaggero, 3 genn. 1931, 21 genn. 1936, 9 febbr. 1941, 4 febbr. 1943; Il Resto del Carlino, 17 nov. 1942; Corriere di Roma, 7 e 12 nov. 1944, 2 genn. 1945 (necrol.); L'Unità (Roma), 2 genn. 1945 (necrol.); Il dramma (Torino), 1º genn-15 febbr. 1945 (necrol.); S. D'Amico, Il teatro italiano, Milano 1937, pp. 192, 320 s.; B. Curato, Sessant'anni di teatro in Italia da Giovanni Verga a Ugo Betti, Milano 1947, pp. 284-289; Enc. d. Spett., II, coll. 1666 s.; Filmlex. degli autori e delle opere, I, Roma 1958, col. 1061; Diz. univ. della letter. contemporanea, I, Milano 1959, p. 665.