CAROCCI, Guido
Nacque a Firenze il 16 settembre del 1851 da Giorgio e da Teresa Petrai. Suo padre, fervente patriota, aveva combattuto valorosamente in Lombardia subendo poi la prigionia e l'esilio. A sedici anni il C. abbandonò la scuola per frequentare gli studi prima di G. Moricci, poi di N. Sanesi. Ma la sua fu formazione di autodidatta e si fondò soprattutto sulla esperienza diretta, acquisita frequentando assiduamente musei, biblioteche e archivi e copiando i dipinti dei grandi pittori. Ancora giovanissimo egli si dedicò al giornalismo, occupandosi in particolare della cronaca cittadina e denunciando attraverso la stampa quotidiana (Gazzetta d'Italia,Gazzetta del Popolo,Fieramosca, Nazione)lecondizioni della propria città. Questa sua attività, anche se non durò e lungo, stimolò sin dall'inizio nel C. un vivo interesse per i problemi sociali e culturali, e sviluppò in lui quelle doti di studioso e attento ricercatore che gli frutteranno una vasta e profonda erudizione. Strinse rapporti di amicizia con altri scrittori fiorentini e, per meglio diffondere le proprie idee e il frutto dei suoi studi, fondò il 15 giugno 1882 una nuova rivista, Arte e storia, di cui mantenne la direzione per tutta la vita.
Gli scopi della pubblicazione (dapprima settimanale, poi mensile), cui si dedicò anche con continui articoli e utili contributi documentari, sono dichiarati nella dedica ai lettori nel primo numero: "patrocinare gli interessi dell'arte (non soltanto quella figurativa), tener vivo l'amore per gli studi storici". La rivista, cui collaborarono artisti ed eruditi di tutta Italia, voleva essere un organo di libera informazione, aperto agli stessi artisti, agli amatori d'arte, agli studiosi, fuori da indirizzi precostituiti e da scuole, con lo scopo di promuovere libere discussioni e propugnare lo sviluppo delle arti. Tale programma, nell'idea del C., doveva realizzarsi attraverso la ricerca di un più stretto legame del fatto artistico con la storia, che, oltre a rivelarci l'arte "più splendida", doveva rispondere al fine morale e didascalico di ammaestramento e studio per il presente e anche come stimolo all'amore di patria.
Nella prefazione del libro su Donatello (1887), nella lettera a Luigi Minuti, direttore di Fratellanza artigiana, nel commiato in occasione dell'interruzione, nel 1915, della pubblicazione dell'Illustratorefiorentino (calendariostorico da lui ripreso nel 1880) il C. afferma espressamente il carattere educativo degli studi di storia e arte, che devono esser resi accessibili a tutti per servire alla acculturazione delle masse.
Tutta la sua opera di cultore di studi storico-artistici trovò pratica applicazione nell'attività pubblica da lui svolta dapprima come ispettore per le Antichità e Belle Arti della Toscana, poi come ispettore regionale dei monumenti e negli ultimi dieci anni come direttore del Museo di S. Marco e dei Cenacoli. Il C. fece anche parte di numerose commissioni di studio e di propaganda (la Commissione archeologica di Fiesole, la Commissione comunale fiorentina di antichità), fu membro di varie accademie tra cui la Società Colombaria e la Società storica della Valdelsa; sostenne anche accese battaglie denunciando e prevenendo danni e minacce ai beni artistici e storici, come in occasione del coronamento della facciata di S. Maria del Fiore e del risanamento del centro storico. Non essendo riuscito ad evitare le demolizioni, pubblicò a Firenze nel 1898 le conferenze sull'argomento in un volume dal titolo Firenze scomparsa e allestì nel chiostro del convento di S. Marco e nelle sale e nei corridoi annessi il Museo di Firenze antica, raccogliendo i resti scampati alla distruzione del quartiere del Vecchio Mercato, come frammenti architettonici e scultorei di case, palazzi, chiese e logge, affreschi, campane e stemmi. Profondo studioso di topografia fiorentina, contribuì alla compilazione dello Stradario del Comune, dando il parere sul valore delle piante stradali del 1582-86 conservate nell'Archivio dei capitani di Parte. Come funzionario si occupò della conservazione e dell'incremento del patrimonio artistico, percorrendo tutte le province toscane, compilando classificazioni, stendendo schede e prendendo appunti con criteri non più meramente inventariali, ma scientifici, e questo ancor prima che uscissero norme amministrative ufficiali in proposito (Paolucci).
Le sue schede (60.000), primo nucleo su cui poi si è sviluppato il catalogo delle opere d'arte della Toscana, compilate in condizioni estremamente disagiate, rispondono a criteri ancora validi per la proprietà e l'accuratezza della descrizione, "la perizia dell'analisi, la sicurezza del giudizio storico e qualitativo" (ibid.). Il C. non si limitava a prendere in considerazione i soli "capolavori" ma allargava le sue indagini fino alle cosiddette arti minori, pur non arrivando naturalmente ad una schedatura capillare quale oggi concepita.
Sotto la sua direzione il Museo di S. Marco, dapprima costituito solo dagli affreschi dell'antico convento domenicano, acquistò nuova vita col restauro di ambienti squallidi e abbandonati, adattati ad accogliere dipinti già nei depositi e oggetti d'arte sacra, e arricchito di importanti nuovi acquisizioni (G. Carocci, Il Museo di S. Marco di Firenze ed alcuni suoi nuovi acquisti, in Bollettino d'arte,V [1911], pp. 379-87).
La storia, la topografia e le opere d'arte dei comuni toscani vennero anche illustrate dal C. in una "prosa facile piana e garbata", in innumerevoli libri ed opuscoli nelle cui introduzioni con modestia chiariva sempre i limiti e le finalità. Esperto in araldica e genealogia, lasciò uno schedario di stemmi delle famiglie fiorentine e ne scrisse più volte (Elenco bibliografico delle opere di G. C., in Arte e storia, XXV[1916], pp. 310 ss.). Nel suo volume più importante, I dintorni di Firenze (pubbl. a Firenze nel 1875), il C. chiarisce che si tratta di un "lavoro di indole prettamente storica ed artistica", di una "semplice e modesta guida ispirata ad un concetto utile e pratico", fatta però quasi tutta di materiale originale, frutto di studi e ricerche, di analisi del territorio e di notizie sempre attentamente controllate.
Il C. morì a Firenze il 20 sett. 1916, e fu sepolto con solenni onoranze funebri nel camposanto della Misericordia a Soffiano. Una lapide in pietra serena su disegno di D. Trentacoste con effigie in bronzo modellata da V. Gemignani ed epigrafe dettata da E. Pistelli fu posta alla sua memoria nel Museo di S. Marco il 17 giugno 1917.
Fonti e Bibl.: Necrologi di C. Papini (pp. 289-307), A. Melani (p. 319), L. Vicini (p. 381) ed elenco bibliografico delle opere (pp. 310 ss.) nel fasc. di ottobre di Arte e storia, XXV(1916), tutto dedicato al C.: qui ancora i contributi del Papini nelle "onoranze alla memoria" (p. 87) e di A. Boschini sulla "inaugurazione della lapide nel Museo di S. Marco" (pp. 153-162). Sempre in Arte e storia, il contributo del Papini sullo Schedario di G. C., XXXVII(1918), p. 201. Si veda infine A. Paolucci, Ilcatal. dei beni culturali di pertinenza eccles. nelle prov. di Firenze e Pistoia, in Boll. d'arte, s. 5, II-III (1963), pp. 186 s.