CORTESE, Guido
Nacque a Napoli il 3 ag. 1908, dall'ingegnere Paolo e da Silvia Manetta, e in quella città si laureò in giurisprudenza, nell'ottobre del 1930, compì il proprio tirocinio nei rinomati studi legali di M. Limoncelli e di A. Crispo, e si affermò come valente penalista. Ivi ebbe anche inizio la sua attività politica, all'indomani della caduta del fascismo, quando egli si unì al gruppo che si raccoglieva intorno a B. Croce, per cooperare alla riorganizzazione del partito liberale nel Mezzogiorno. Intanto rivelava un sicuro talento di giornalista nella collaborazione alla Libertà, settimanale pubblicato a Napoli, sotto gli auspici crociani, dall'11 marzo al 17 ag. 1944, del quale fu vicedirettore dal 4 giugno e direttore dal 3 agosto, allorché succedette ad A. Parente; in seguito collaborò con assiduità al quotidiano, napoletano Il Giornale (1944-1957), erede ideologico del periodico precedente.
Sulle orme di Croce, di cui conquistò la simpatia e la fiducia, intese l'"idea liberale" come ispiratrice di un partito centrista, disponibile per caute riforme sociali e svincolato dalle ipoteche dottrinarie della economia liberista, quantunque la foga del suo meridionalismo lo spingesse talvolta a recuperare vetusti strumenti polemici dall'arsenale del liberismo antigiolittiano, quale la diatriba contro l'avallo statale alla collusione tra padronato e operai del Nord, a danno della crescita del Sud (si veda, ad es., Il Sud, in Il Giornale, 5 luglio 1946). La lezione di Croce, inoltre, valse a corroborare l'attitudine personale del C. a una sobrietà di contegno inconsueta nel ceto politico napoletano di estrazione forense, e apprezzabile, innanzitutto, nella oratoria e nella scrittura giornalistica.
Il 2giugno 1946 venne eletto deputato alla Costituente, nella lista dell'Unione democratica nazionale, e in quella assemblea si segnalò per la competenza mostrata nei dibattiti sui rapporti economici (Atti della Assemblea costituente, Discussioni, seduta del 3 maggio 19473 pp. 3508-3514) e sulla magistratura (ibid., seduta del 12nov. 1947, pp. 1981-1986), ma anche per l'anticomunismo irriducibile, benché esente da toni smodati (ibid., seduta del 24 sett. 1946, pp. 718 ss.; seduta del 22 marzo 1947, pp. 2367 s.; seduta del 30 sett. 1947, pp. 661-668).
Caduto nelle elezioni del primo Parlamento repubblicano (3 apr. 1948), fu uno dei più energici tra i dirigenti del Partito liberale italiano nell'attaccare il segretario R. Lucifero per la involuzione reazionaria impressa al partito e culminata nell'alleanza elettorale con il Fronte dell'uomo qualunque, alla quale doveva imputarsi la secca perdita di suffragi liberali (Battaglia liberale, in IlGiornale, 4 maggio 1948). Continuò a battersi contro la destra capeggiata da Lucifero, fino alla sostituzione di questo con B. Villabruna nell'ufficio di segretario e al successo della corrente di centro nel quinto congresso nazionale del P.L.I. (Roma, 9-11 luglio 1949), di cui il C. fu poi chiamato a reggere la vicesegreteria, dal settembre 1951 al febbraio 1954. Tale incarico gli dette modo di impegnarsi a fondo per il ripristino della solidarietà, interrotta nel gennaio del 1950, tra il P.L.I. e la Democrazia cristiana, il Partito socialdemocratico e il Partito repubblicano italiano, non esitando, in vista di questo obiettivo, a sostenere il progetto di legge elettorale maggioritaria che avrebbe consentito ai quattro partiti suddetti di affrontare con liste apparentate le elezioni polifiche del 1953 (Alleanza di elettori, in Il Mondo, 9 ag. 1952).
Quando il P.L.I., dopo quattro anni di astinenza ministeriale, entrò nel governo presieduto da M. Scelba (10 febbr. 1954-6 luglio 1955), che si fondava sulla restaurazione della maggioranza parlamentare quadripartita, il C., eletto deputato per la seconda legislatura, nel giugno del 1953, dalla circoscrizione di Napoli - dove sarà rieletto nel 1958 e nel 1963 - fu nominato sottosegretario alle Finanze, con delega al demanio e ai monopoli. Nel governo successivo, diretto da A. Segni (6 luglio 1955-19 maggio 1957), fu ministro dell'Industria e Commercio, e si trovò, pertanto, a disporre di notevoli poteri d'intervento nella economia (anche perché il ministero delle Partecipazioni statali non venne istituito prima del dicembre 1956), in una fase delicata dello sviluppo nazionale, che esigeva, alla vigilia del cosidetto "miracolo", di non essere insidiato da eventuali strozzature energetiche.
Il provvedimento di più vasta portata che il C. varò in proposito fu la legge sulla ricerca e sulla coltivazione degli idrocarburi (11 genn. 1957, n. 6), la quale mise ordine in una materia ormai troppo complessa per essere disciplinata dalla vecchia legge mineraria del 1927.
Secondo reiterate dichiarazioni del ministro (si veda, per tutte, la prefazione del C. a G. Guglielmi-I. Visone, La disciplina legislativa sulla ricerca e sulla coltivazione degli idrocarburi, Milano 1957, pp. III s.), la nuova regolamentazione riconosceva il principio della concorrenza tra operatori privati ed Ente nazionale idrocarburi, a cui era confermato il diritto di esclusiva soltanto nella Valle Padana, ma, a ben guardare, essa sanciva "di fatto il monopolio dell'ente di stato in tutto il territorio nazionale, esclusa la Sicilia" (Galli, p. 128). Poco dopo, infatti, le società petrolifere straniere abbandonarono ogni attività nell'Italia continentale.
Quanto alla energia elettrica, il C. procedette sulla via della unificazione tariffaria, stimolò la costruzione di nuovi impianti idrici e tentò di rendere più efficaci i controlli pubblici. Senza esito rimase, invece, lo sforzo da lui prodotto per disciplinare il settore nucleare: il suo ampio e minuzioso disegno di legge, "uno dei più tribolati di qualunque nostra legislatura" (Silvestri, p. 130), subì contestazioni da parti diverse e ripetute modifiche, finché venne ritirato dal governo di A. Zoli.
L'attacco più violento venne dal settimanale Il Mondo, che lo accusò di debole ispirazione pubblicistica e di cedimenti a pretese confindustriali, nel corso di una campagna di stampa scatenata alla fine del 1956 e di un clamoroso convegno tenuto a Roma il 12 e il 13 genn. 1957 (i cui atti sono in Atomo ed elettricità, a cura di E. Scalfari, Bari 1957). Eppure il medesimo progetto veniva contemporaneamente criticato dal presidente della Confindustria, A. De Micheli, per le limitazioni imposte alla iniziativa privata, sicché il C. non poté sottrarsi a una netta, per quanto garbata, risposta polemica (Discorso pronunciato all'assemblea generale della Confindustria il 2 marzo 1957, riprodotto in Cortese, pp. 118 ss.).
Dall'incremento della disponibilità di energia, come dall'ingresso dell'Italia nel M.E.C., di cui fu fervido fautore, egli si attendeva un poderoso apporto alla soluzione del problema meridionale, che rimase al centro dei suoi interessi anche durante il periodo di opposizione iniziato per i liberali alla caduta del gabinetto Segni. Il risultato più lusinghiero da lui ottenuto in questi anni sembrò l'approvazione di un suo emendamento all'articolo 2 della legge di proroga della Cassa per il Mezzogiorno (29 luglio 1957, n. 634), il quale destinava al Sud il 40% degli investimenti complessivi effettuati dalle aziende di Stato; in seguito, però, dovette spesso deplorare la mancata applicazione di questa norma.
Anche per il C., come per molti esponenti del Centrosinistra e della Sinistra, si può osservare che il meridionalismo costituì la spinta decisiva al riconoscimento della necessità di una strategia di piano, e tale osservazione riceve ulteriore conferma dal suo contributo a quell'importante dibattito sulla programmazione che si svolse alla Camera dal 25 genn, all'8 febbr. 1961, prendendo l'avvio da temi meridionalistici (Atti parlamentari, Camera, Discussioni, legislatura III, seduta del 27 genn. 1961, pp. 18771-18777). Il consenso al principio della politica economica programmata, sia pure intesa alla maniera di W. Roepke come complesso di interventi conformi al mercato, risultava così insolito in un autorevole rappresentante del P.L.I da suscitare, ancora nel luglio del 1961, lo stupore di U. La Malfa e di L. Preti (Cortese Ardias, pp. 141-144).
Intanto egli seguiva con attenzione crescente le vicende politiche e amministrative di Napoli, nel cui Consiglio comunale sedeva, quasi senza interruzione, dal 1946, e dove la fine prossima della egemonia di A. Lauro sembrava offrire nuove possibilità di manovra ai liberali. Ma la "svolta a sinistra" deliberata dall'ottavo congresso democristiano, nel gennaio del 1962, escludeva ormai il P.L.I. dall'accesso al potere, nazionale e locale, e induceva anche il C., come gli altri dirigenti del suo partito, a ripiegare sulla linea della improbabile "alternativa liberale".
Il C. morì a Cortina d'Ampezzo (Belluno) il 3 sett. 1964.
Scritti e discorsi del C. sono raccolti in: A. Cortese Ardias, Un liberale moderno, G. C., Milano 1967; G. Cortese, Concretezza liberale per il Mezzogiorno, Firenze 1975. Per la sua collaborazione alla Libertà siveda il volume La Libertà, a cura di E. Camurani, Roma 1970.
Fonti e Bibl.: Atti della Assemblea costituente, Discussioni, ad Indicem; Atti parlam., Camera, Discuss., legisl. II, III, IV, ad Indices;B. Bucciarelli Ducci-A. Moro, Commem. del deputato G. C., ibid., legisl. IV, seduta dell'8 sett. 1964, pp. 959 s.; R. Franchini, G. C., in Riv. di studi crociani, I (1964), pp. 405 ss.; F. Compagna, Ricordo di G. C., in Nord e Sud, ott. 1964, pp. 39-43; E. Rossi, I nostri quattrini, Bari 1964, ad Indicem;A. Ciani, Il Partito liberale italiano da Croce a Malagodi, Napoli 1968, pp. 45, 61, 91 s., 94, 145, 186, 200; M. Silvestri, Il costo della menzogna. Italia nucleare 1945-1968, Torino 1968, pp. 130 ss., 135-141, 145, 149, 152, 225 s.; R. Franchini, G. C. e il Giornale (1944-1957), in Il dissenso liberale. Politica e cultura, Firenze 1975, pp. 217-228; G. Galli, La sfida perduta. Biografia Politica di E. Mattei, Milano 1976, pp. 125 s.