SULLAM, Guido Costante
– Nacque a Venezia il 5 luglio 1873 da Benedetto e da Giovannina Levi, primogenito di quattro figli, l’ultimo dei quali fu Angelo (v. la voce in questo Dizionario).
Frequentò la facoltà di ingegneria civile di Padova, dove si laureò nel 1885. L’anno successivo, si arruolò volontario nel genio aerostieri, costituendo il primo nucleo del servizio fotografico dell’esercito. Poi, nel 1888, spinto da passione per il disegno architettonico, si iscrisse all’Accademia di belle arti di Venezia, conseguendovi il diploma nel 1902.
Dopo avere lavorato al consolidamento della basilica di S. Marco, fu nominato consulente della Società umanitaria di Milano, con il compito di indicare un modello di organizzazione per una nuova scuola d’arte applicata all’industria. Con questo mandato, viaggiò in Austria e Germania: a Vienna conobbe Josef Hoffmann, a Darmstadt entrò in contatto con la colonia di artisti guidata da Josef Olbrich. Di quell’incontro parlò con entusiasmo a distanza di anni; alla sua opera si ispirò la sua ricerca personale sui possibili nessi tra artigianato e architettura.
Nel 1904 iniziò, a Venezia, l’attività di libero professionista, impegnato su più fronti: da un lato la partecipazione a concorsi pubblici, dall’altro la progettazione per conto di committenti privati, come nel caso dell’albergo alpino a Pian delle Fugasse (presso Schio) e delle stazioni ferroviarie di Asiago e di Roana. Queste opere, in cui forme tipiche della tradizione alpina convivono con suggestioni della Secessione viennese, riscossero un certo successo, al punto di essere presentate all’Esposizione internazionale di Roma nel 1911. Del 1908 è l’opera forse più importante di questo periodo: il palazzo presso il bacino Orseolo, in cui Sullam si dimostra capace di compiere una difficile sintesi tra riferimenti classicheggianti e rimandi alla Secessione viennese. Decorazioni con fregi e festoni e colonnine ioniche sui pilastri centrali non impediscono di connotare in senso modernista questo coraggioso esperimento, fonte, non a caso, di aspre critiche.
Risale agli anni 1909-10 la piccola, ma preziosa, residenza per la famiglia Levi, posta in campo S. Maria Mater Domini (detta casa Hayez): vero e proprio ‘esercizio di stile’ nato da uno studio accurato delle forature. La facciata, volutamente asimmetrica, registra un felice dialogo con la tradizione veneto-bizantina e in generale con il genius loci veneziano. Sullam fu poi scelto dalla comunità ebraica sia per realizzazioni di nuovi edifici, sia per restauri e ammodernamenti di antiche dimore; tra i primi il cimitero al Lido, tra i secondi i palazzi Bismarck Sullam, in campo S. Maria Formosa, e Giustinian Lolin a S. Vidal (già attribuito a Baldassarre Longhena, oggi sede della Fondazione Levi). In queste circostanze, l’architetto mostrò la sua capacità di occuparsi sia delle questioni strutturali sia degli arredi e dell’apparato decorativo.
Sullam raggiunse la sua massima capacità espressiva soprattutto nei progetti per il Lido di Venezia, ove i vincoli con la tradizione si attenuano: in particolar modo nel cimitero israelitico, i molti riferimenti all’architettura viennese e tedesca sembrano fondersi in un’equilibrata sintesi espressiva. Sempre al Lido spiccano i due villini Mon Plaisir, ove egli si cimenta con i modelli dell’emergente art nouveau, reinterpretandola però in modo originale. Nel 1915, richiamato nell’esercito, si occupò della sistemazione del palazzo del comando del genio militare a Venezia (in campo S. Angelo) e dell’ospedale militare; tra il 1917 e il 1918 diresse i lavori per la difesa del fronte Nord-Est.
Nel 1919 ebbe inizio l’impegno nella didattica, che egli manterrà per tutto il corso della sua esistenza: prima negli istituti artistici professionali, dove si occupò di arti applicate, poi, dal 1922, tenne il corso di architettura e costruzione presso l’Istituto per le industrie artistiche di Monza, gestito dalla Società umanitaria di Milano. Dal 1923 al 1926, ne fu direttore riformandone i programmi, raccordando in un organico sistema l’ideazione artistica e la produzione tecnica: qui mise in pratica quel bagaglio di nozioni acquisite durante il viaggio del 1903.
Tornato a Venezia nel 1927, insegnò presso l’istituto d’arte; l’anno successivo ottenne vari incarichi presso la neocostituita Regia Scuola superiore di architettura, oggi Università IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia): decorazione interna e arredamento, oltre a elementi costruttivi. Vi promosse un profondo rinnovamento delle arti applicate, sensibile alla tradizione veneta, pur tuttavia aperto agli influssi del proprio tempo, come dimostrano gli arredi di gusto secessionista che egli realizzò in epoca prebellica e quelli di gusto neoclassico negli anni Venti.
Dopo il 1918, per la comunità ebraica, progettò i fabbricati d’ingresso del cimitero israelitico del Lido, lungo il lato su via Cipro, le tombe Sonnino e Sullam, oltre alla sistemazione del giardino di villa Lattes a Istrana (Treviso). Nel 1932 partecipò al concorso per il nuovo ponte all’Accademia; propose un arco parabolico ispirato a grande semplicità e scandito da una sequenza di ‘terrazze’ che permetteva ampie visioni panoramiche. Anche in questo caso, prestò molta attenzione all’apparato decorativo, ai possibili effetti policromi giocati sul contrasto tra marmi colorati e pietra d’Istria. Nel 1938, pur costretto dalle leggi razziali a sospendere l’insegnamento, Sullam non cessò l’attività professionale: riordinò il giardino di villa Frova a S. Andrea di Cavasagna (Treviso), realizzò poi l’oratorio di villa Ernesto a Casole di Siena e il sepolcro Cavazza a Minerbio. Negli anni più difficili della guerra, nascosto in una soffitta, si dedicò alla pittura in acquerello di tetti e scorci della sua città. Dopo il 1945, pur avendo superato i limiti di età, fu richiamato all’insegnamento di elementi costruttivi presso l’Istituto universitario di architettura; ne studiò l’inserimento nell’ex convento dei tolentini e si occupò della nuova stazione di S. Lucia.
Svolta in sinergia con l’insegnamento, la sua non intensissima attività professionale si collocò in una fase di forte transizione espressiva, inserendosi perfettamente all’interno delle correnti più innovative. Anche grazie ai contatti con la cultura mitteleuropea, Sullam comprese il valore fondativo delle arti applicate, da non considerarsi come ‘cugine povere’ dell’architettura, ma come motore di un rinnovamento non solo linguistico. Lungo questa linea, cercò di innestare gli stimoli provenienti da Vienna o da Darmstadt sul tronco di una tradizione locale mai ripudiata: attraverso l’impegno nel campo della didattica, si adoperò per un rilancio delle arti decorative e industriali da attuarsi anche attraverso una rilettura non superficiale delle tecniche tradizionali e di una loro rivisitazione in chiave moderna.
Morì a Venezia il 17 ottobre 1949.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca del Museo Correr, Fondo Guido Costante Sullam (nel dicembre 2018 provvisoriamente presso il padiglione Vega di Venezia-Marghera); Università IUAV, Archivio progetti, f. 69358, B. Zevi, Commemorazione di Guido Costante Sullam, 1950, dattiloscritto.
L’Umanitaria e la sua opera, Milano 1922; D. Torres, Secessione, Liberty e architetti italiani dell’epoca, in Rivista di ingegneria, 1956, n. 12, pp. 26-39; G. Romanelli, Architetti e architetture a Venezia tra Otto e Novecento, in Antichità viva, XI (1972), 5, pp. 35-38; Id., Progetti per la città veneta 1926-1981, Vicenza 1982, p. 26; Id., Venezia, in Archivi del Liberty italiano, a cura di R. Bossaglia, Milano 1987, pp. 227-245; Id., Alle origini di una scuola: appunti per quattro profili, in Progetti per la città veneta. 1926-1988, Vicenza 1988, pp. 11-42; R. Carullo, Arti applicate e formazione: il caso S., in AIS/Design. Storia e ricerche, 2013, n. 1, pp. 3-10; G. Zucconi, S. e Torres, esponenti di una pre-avanguardia veneziana?, in Sant’Elia e l’architettura del suo tempo. Atti del Convegno internazionale... 2016, a cura di E. Godoli, Firenze 2018, pp. 231-243.