GUIDO da Bagnolo
Nacque tra il 1320 e il 1325 a Reggio Emilia dal notaio e "cives Reginus" Filippino Ferrari degli Scopoli, detto anche Filippino da Bagnolo, dal paese della pianura reggiana, Bagnolo in Piano, dal quale la sua famiglia traeva origine e dove aveva dei possedimenti. Non si conosce il nome della madre; comunque essa apparteneva alla nobile famiglia reggiana dei Della Gazata e aveva avuto - non si sa se prima o dopo il matrimonio con Filippino - un altro marito, Paolo de' Muti, dal quale nacquero un figlio maschio e quattro femmine: Venerio, Giovanna, Flandina, Francesca e Gabrina. Dalle nozze con Filippino era nata, oltre a G., anche Tommasina, che divenne poi monaca nel convento di S. Chiara di Reggio.
È probabile che G., dato il suo attaccamento a Bologna e alla sua Università dimostrato tangibilmente nel testamento del 1362, abbia fatto proprio in questa città gli studi di medicina, probabilmente nel periodo compreso tra il 1340 e il 1345.
Nel marzo del 1349 G. era a Reggio dove stendeva il suo primo testamento, con il quale lasciava erede di tutti i suoi beni la sorella Tommasina; successivamente è probabile che egli, per esercitare la professione di medico, si trasferisse a Venezia, dove nel 1353 risulta iscritto fra i "confratelli medici" della Confraternita di S. Maria della Carità. In quello stesso anno partì per Cipro, chiamato forse dal re Ugo IV di Lusignano; qui egli divenne ben presto medico di corte e uomo di fiducia del successore di Ugo IV, Pietro I. Il 10 maggio 1360 era di nuovo a Venezia dove il doge Giovanni Dolfin gli conferì, quale medico di Pietro I e per le sue benemerenze, la cittadinanza veneta. Nel 1362 era di nuovo a Cipro; a Nicosia il 12 ottobre, in procinto di ripartire alla volta di Venezia per accompagnare in missione diplomatica il re Pietro I, redasse il suo ultimo testamento conosciuto.
In esso G. innanzitutto rendeva libera e dotava Franceschina, la schiava che lo aveva fino ad allora servito; istituiva poi una ricchissima dote per la figlia che da Franceschina aveva avuto, Alisia, affidandola alla tutela dello zio Franceschino Della Gazata e di Tommasina sua sorella; lasciava quindi erede universale delle sue sostanze mobili (10.000 ducati depositati presso i Corner di Venezia) e immobili il fratello Venerio de' Muti, che però nel 1363 gli premorì lasciandolo a sua volta erede di tutti i suoi beni.
Nel dicembre del 1362 G. era a Venezia con Pietro I; da qui nel gennaio del 1363 partì per accompagnare il re in diverse corti e città d'Europa in un viaggio diplomatico indirizzato alla ricerca di aiuti militari e finanziari per la lotta contro il sultano d'Egitto. Dopo una sosta a Milano il 5 marzo 1363, troviamo G. a Genova testimone di un atto con il quale Pietro I confermava alla Repubblica alcuni privilegi commerciali già concessi nel 1232 dal suo antenato Enrico I. Il 29 marzo 1363 era ad Avignone, da dove iniziò con il re un lungo viaggio che lo portò in Germania e poi in Boemia. Il 5 agosto era a Bruges testimone dell'atto con cui Pietro I nominava suoi procuratori Federico e Fantino Corner al fine di reperire un mutuo di 20.000 ducati d'oro. Essendosi ammalato, G. dovette abbandonare la comitiva del re e ritornare in Italia. Il 26 sett. 1364 era a Reggio testimonio dell'investitura conferita da Pietro Della Gazata al padre Franceschino per alcuni beni feudali nel territorio di Gazata di Reggio. Il 28 genn. 1365 era a Genova, dove fu incaricato da Pietro I, allora a Venezia, di concordare, con l'aiuto del patriarca latino di Costantinopoli Pierre Thomas, un nuovo trattato con la Repubblica, nel quale fossero composte le discordie sorte nell'applicazione della riconferma dei privilegi commerciali fatta nel 1363. G. e il patriarca furono poi incaricati di cercare di ottenere dai Genovesi anche aiuti militari per una nuova crociata. Le trattative culminarono in un trattato complessivo con la Repubblica di Genova ratificato il 18 apr. 1365.
Il 23 aprile papa Urbano V autorizzò G. - che da questo atto si apprende essere in possesso almeno degli ordini minori - a permutare il canonicato di cui godeva nella cattedrale di Nicosia con un altro della chiesa di Metone. Nel maggio 1365 era di nuovo a Venezia presso il re di Cipro. Qui, tra il 1365 e il 1366, frequentò la casa del Petrarca con alcuni amici: i due nobili veneziani Zaccaria e Leonardo Dandolo, figlio del defunto doge Andrea Dandolo, e il ricco mercante di origine fiorentina Tommaso Talenti.
Li univa a G. un comune interesse per la filosofia di Aristotele e del suo commentatore, Averroè. Essi si riunirono talvolta presso il Petrarca esprimendogli la loro ammirazione, conversando con lui di filosofia, ma il platonico e agostiniano ospite non poteva fare a meno di esprimere una condanna per il loro rigido naturalismo scientifico e per un indirizzo di studi che trascurava quelle tematiche morali e religiose alle quali veniva da anni esortando il poeta, con la sua riscoperta dei classici e dei Padri della Chiesa. Questi rilievi non piacquero ai quattro amici che, partito il Petrarca da Venezia, pare lo abbiano definito negli ambienti veneziani "virum bonum, imo optimum […] eundem tamen illiteratum prorsus et ydiotam". Di tutta questa vicenda siamo informati dal Petrarca all'inizio del De sui ipsius et multorum ignorantia, che è la risposta, umanistica e religiosa, all'aristotelismo e averroismo del gruppo veneziano. Nel trattato del Petrarca, steso nel 1367 durante il viaggio verso Pavia, i quattro non vengono mai nominati, ma antiche postille marginali di manoscritti dell'invettiva ci hanno tramandato i loro nomi.
Nell'ottobre del 1365 Pietro I partì da Venezia per una spedizione militare contro l'Egitto che si concluse nel 1367 con la presa di Alessandria; G. rimase invece a Venezia, probabilmente anche quale agente diplomatico della monarchia cipriota.
Due episodi di questi anni dimostrano come i rapporti con il Petrarca fossero rimasti comunque cordiali: il 26 dic. 1366 G. ricevette una lettera da uno degli amici del poeta, il medico padovano Giovanni Dondi Dall'Orologio, che esprimeva il desiderio di conoscerlo; nella primavera del 1367, poi, G. ricevette con onore nella propria casa veneziana il Boccaccio, che subito informava il Petrarca della lieta accoglienza: "Vidi pretera clarum hominem illum magistrum Guidonem de Regio multis plenum effluentemque undique, et ab eo tui gratia honoratus sum et insignitus anulo". Come traspare da questa lettera, G. era in questi anni non solo un medico famoso, ma anche un uomo ricco: egli aveva infatti accumulato, forse con accorti traffici, un vasto patrimonio terriero e immobiliare composto di beni nel Reggiano, nel Trevigiano, a Parma, a Firenze, a Genova e a Cipro.
Il 19 maggio 1368 G. era a Roma testimone del messaggio con il quale il re di Cipro, allora di nuovo in Italia, rendeva nota alle potenze europee la pace conclusa con gli ambasciatori del sultano d'Egitto e denunziava il rifiuto del sultano stesso di ratificarla. Il giorno dopo fu testimone dell'autorizzazione con la quale Pietro I, per volere di papa Urbano V, incaricava gli inviati di Venezia e di Genova di recarsi a trattare la pace con il sovrano egiziano. Nel giugno del 1368 G. accompagnò il re nel suo viaggio da Roma verso Venezia, passando con lui da Pisa e da Firenze; quindi ospitò Pietro I nella sua villa di Pradencino nel Trevigiano; non seguì però il monarca quando, nel settembre di quello stesso anno, ripartì per Cipro.
G. morì a Venezia agli inizi del 1370 e fu sepolto nel primo chiostro del convento dei Frari di Venezia.
G., come appare anche dall'epitaffio metrico che, unico resto della sua tomba, ancora si conserva nella chiesa dei Frari ("gesta ducum referens et sic sermone disertus"), aveva scritto una cronaca dei suoi tempi. Questa venne poi in possesso del cugino di G., Pietro Della Gazata, il quale nella sua cronaca reggiana ne lamenta la perdita avvenuta durante il sacco di Reggio del 1371.
Con una clausola del citato testamento del 12 ott. 1362 G. aveva disposto che, se sua figlia Alisia fosse morta prima del matrimonio, con i suoi beni dotali si sarebbero dovute comprare terre, il cui provento si sarebbe dovuto distribuire a Bologna "inter pauperes scholares" (Livi, p. 53), e che i suoi libri "de medizina et artibus portentur Bononiam et dispensentur ibi pauperibus scholaribus pro anima mea" (ibid., p. 54). La figlia Alisia morì difatti poco dopo il padre e gli esecutori testamentari, su questo punto, si trovarono ad affrontare una lunga vertenza che culminò, il 9 luglio 1380, con una sentenza della curia vescovile di Bologna con la quale si dichiarò proprietario dei possedimenti comprati dagli esecutori testamentari di G. nel distretto bolognese il solo corpo degli scolari reggiani; riguardo ai libri del medico veniva poi deciso che essi fossero distribuiti fra questi stessi scolari. Con tali beni si costituì, pare, un Collegium Reginum, volto al mantenimento presso lo Studio bolognese di studenti poveri reggiani, che cominciò a funzionare nel 1405, dopo che all'eredità di G. si aggiunse quella del reggiano Gaspare Tacoli, disposta già con un testamento del 1384. Di questo Collegium Reginum, i cui beni furono dissipati da cattiva amministrazione, si perdono le tracce all'inizio del sec. XVIII.
Interessantissimo è il catalogo della biblioteca di G. contenuto nella citata sentenza definitiva del 1380: esso enumera circa sessanta volumi e conferma, contenendo solo opere di filosofia, medicina, magia e astrologia, l'immagine della formazione e della cultura di G. che lo scritto del Petrarca ci aveva suggerito.
Fonti e Bibl.: Chronicon Regiense: la cronaca di Pietro della Gazzata nella tradizione del codice Crispi, a cura di L. Artioli - C. Corradini - C. Santi, Reggio Emilia 2000, p. 206; N. Tacoli, Memorie storiche della città di Reggio di Lombardia, II, Parma 1748, pp. 251-253; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, p. 6; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 134-137; L. de Mas Latrie, Histoire de l'île de Chypre sous le Règne des princes de la maison de Lusignan, II, Paris 1852, pp. 272, 291, 302; Id., Nouvelles preuves pour l'histoire de l'île de Chypre, in Bibliothèque de l'École des chartes, XXXIV (1873), pp. 68-78; B. Cecchetti, Per la storia della medicina in Venezia. Spigolature d'archivio, Venezia 1886, pp. 11-34; G. Saccani, Nuovi documenti sul famoso G. da B., in Francesco Ravagli: miscellanea di erudizione e belle arti, I (1912), pp. 201-204; R. Livi, G. da B. medico del re di Cipro, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi, s. 5, XI (1918), pp. 45-91; G. Boccaccio, Opere latine minori, a cura di A.F. Massera, Bari 1928, p. 181; A. Cerlini, Le "Gesta Lombardiae" di Sagacino Levalossi e Pietro Della Gazzata, in Bull. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, LV (1941), pp. 83-101; P.O. Kristeller, Petrarch's "Averroists". A note on the history of aristotelianism in Venice, Padua and Bologna, in Bibliothèque d'humanisme et Renaissance, XIV (1952), pp. 59-65; Id., Il Petrarca, l'umanesimo e la scolastica a Venezia, in La civiltà veneziana del Trecento, Firenze 1956, pp. 147-178; C. Piana, Nuove ricerche su le Università di Bologna e di Parma, Quaracchi 1966, pp. 433-461; C. Marzi - D. Jotti, G. da B. medico umanista e diplomatico, in Riv. di storia della medicina, XVI (1972), pp. 68-95; F. Petrarca, De ignorantia. Della mia ignoranza e di quella di molti altri, a cura di E. Fenzi, Milano 1999.