Castello, Guido da
, Della consorteria dei Roberti di Reggio Emilia, nato tra il 1233 e il 1238, vivente ancora nel 1315, è noto per la duplice menzione che D. ne fa, a titolo di alto elogio, in Cv IV XVI 6 e in Pg XVI 125-126.
Nel trattato, contrapponendo energicamente la definizione di ‛ nobiltà ' come perfezione di propria natura in ciascuna cosa (§ 4: nobile da ‛ non vile ') all'opinione di alquanti folli che credono che per questo vocabulo ‛ nobile ' s' intenda ‛ essere da molti nominato e conosciuto ' (da ‛ nosco '), osserva che, se così fosse, il famigerato Asdente, lo calzolaio da Parma, sarebbe più nobile che alcuno suo cittadino; e Albuino de la Scala sarebbe più nobile che Guido da Castello di Reggio: che ciascuna di queste cose è falsissima. Nel Purgatorio, per bocca di Marco Lombardo, il gentiluomo reggiano è incluso, con Corrado da Palazzo di Brescia e Gherardo da Camino di Treviso, in una terna di vecchi superstiti dell'antica generazione che, In sul paese ch'Adice e Po riga (la Lombardia), soli danno testimonianza di cortesia e valore al presente secol selvaggio. Né altro vi si dice di lui oltre il nome, se non che è meglio conosciuto (o forse, con accentuazione delle sue qualità morali: che è più proprio chiamarlo) col soprannome foggiato alla francese di semplice Lombardo: " ‛ Simple '... au sens le plus favorable: loyal et modeste: le sens ‛ français ' du mot... en faisant remarquer la nuance ". (Pézard; ma già Pietro e altri antichi: " vulgari gallico... ratione suae purae nobilitatis, idest sine plica "). " Nuance " tanto più viva e qualificante nell'accostamento a ‛ Lombardo ', che in Francia significò estensivamente ‛ italiano ' (cfr. " rue des Lombards "), spesso nell'accezione poco benevola di ‛ avido ' e ‛ astuto '.
Intorno a questo Guido poco sappiamo; e quel poco è attestato in termini parzialmente contraddittori.
Un documento bolognese del 1284 lo elenca fra i 36 delegati dei ‛ grandi ' reggiani (guelfi ‛ Neri ', aristocratici conservatori) che, espulsi dai ‛ popolani ' (‛ Bianchi '), si erano ricoverati a Bologna. Un altro, reggiano, del luglio 1290 lo menziona tra i ‛ grandi ' che rientrano in città per iniziativa di pace promossa da Obizzo d'Este, dopo esserne stati cacciati l'anno prima dai ‛ popolani ' e dai ghibellini spalleggiati dagli Scaligeri e dai Bonaccolsi. Dopo il 1290 il suo nome, che non compare più tra i consiglieri del comune, riaffiora nell'Estimo del 1315 in un elenco di cittadini escludente ogni casato ghibellino. Lo si direbbe un guelfo dei ‛ superiores ' di Reggio, di alta e schiva nobiltà, quale lo ritrasse sul finire del secolo scorso l'erudito reggiano Malaguzzi-Valeri, in un profilo che rispetta la filigrana dei documenti e non urta le sparse notizie fornite dal cinquecentesco storico reggiano Guido Panciroli sul prevalente guelfismo dei Roberti, nei loro tre rami da Tripoli, da C. e da Forno (‛ principes Pontificiae factionis '). Ma fece e fa ostacolo alle affermazioni del Malaguzzi-Valeri un passo dello stesso Panciroli, dove eccezionalmente il nome di Guido da C. ricorre tra gli ospiti d'onore di Cangrande, dopo quello del cronista reggiano Sagacio Muti della Gazzata (" literarum elegantia, ut illa ferebant tempora, satis eruditus ") insieme con quello di Dante (Rerum hist. patriae suae libri IV 244). Il principe di Verona, vi si legge, " munificentia et animi magnitudine " sommo tra i principi del tempo, " cunctis felicioris ingenii viris, et omnibus domo profugis liberaliter hospitium praebuit. Inter alios, Sagatium Mutum Gazadium Regiensem... humaniter excepit, qui postea eius hospitalis disciplinae rationes... diligenter descripsit... Canis ipse mensam suam aliquibus interdum communicans Guidonem a Castello Regiensem, qui ob sinceritatem Simplex Longobardus vocabatur et Dantem Aligerium, hominis ea aetate clarissimi ingenio delectatus, saepius vocare consueverat ". Se ne desunse, e i moderni quasi tutti ripetono, che Guido fu ‛ esule ghibellino ' (Siebzehner-Vivanti: " ghibellino strenuo ") a Verona, dove il poeta poté conoscerlo: senza tenere conto dei dati offerti dal Malaguzzi-Valeri, né chiedersi se il passo citato, riferito ‛ ad annum ' 1318, implichi o no la simultanea presenza dei due in Verona (‛ consueverat ' allude a generica, imprecisata consuetudine anteriore) e se l'elogio introduttivo della liberalità di Cangrande verso ‛ tutti senza distinzione ' (" cunctis ") i valenti uomini " felicioris ingenii " (più estensivo di " omnibus " preposto a " domo profugis ") non autorizzi un criterio di lettura meno rigido, in considerazione del fatto che ciascuno dei tre ospiti menzionati risulta accolto onorevolmente per particolari pregi personali: Guido e D., come Sagacio. Non poté Guido trovarsi in relazione ed essere ospite dello Scaligero, anche se guelfo, in grazia appunto della sua ‛ sinceritas ', di quella superiore schiettezza e dignità di uomo e di cittadino che spira, venata di mestizia, dai versi danteschi?
Riteniamo tuttavia la qualificazione politica di Guido un quesito aperto, dato l'imperfettissimo stato degli studi sia sul Chronicon Regiense dei Gazzata, da cui il Panciroli attinse non sappiamo in che misura, sia sull'autorità di questo storico già variamente discussa nel corso del Settecento e dell'Ottocento. È vero, peraltro, che l'elogio dantesco dei tre vecchi - due dei quali sicuramente guelfi - affidato al ghibellino Marco Lombardo mira, al di là del colore politico, alla tempra morale e civile del personaggio, alla gentilezza di un costume ormai spento e degno di rimpianto. In tal senso i chiosatori antichi qualche tenue indicazione ci trasmisero.
Dice di Guido il Lana: " Padre e conservadore de ogni nobelità ". Più preciso, l'Ottimo elogia la sua singolare munificenza verso quanti valenti uomini passavano da Reggio " per lo cammino francesco " (cioè per il ramo della via di Francia che proseguiva per Bologna e Pistoia: l'altro, meno frequentato, toccava Fornovo e Pontremoli): " molti ne rimise in cavalli ed armi, che di Francia erano passati di qua onorevolmente, e consumate loro facultadi tornavano meno ad arnesi ch'a loro non si convenìa; a molti diede, sanza speranza di merito, cavalli, arme, danari... Per Francia di suo valore e cortesia fu tanta fama che per eccellenza li valenti uomini il chiamavano il ‛ semplice Lombardo ' ". Ed ecco la chiosa di Benvenuto: " zelator erat reipublicae, et protector patriae, licet tunc alii essent potentiores in terra illa. Fuit liberalis: cuius liberalitatem Poeta noster expertus est semel, receptus et honoratus ab eo in domo sua ": l'allusione del Convivio nascerebbe dunque da un'esperienza diretta, che lasciò il segno nella memoria. Meno plausibile, ma forse non del tutto gratuita, un'altra notizia di Benvenuto: " Fuit etiam Guido pulcer inventor in rytmo vulgari, ut pulcre apparet in quibusdam dictis eius ", che, apparendo in contrasto con un passo del De vulg. Eloq. (I XV 4 Regianorum nullum invenimus poetasse), fece supporre ad A. Zenatti che l'Imolese confondesse Guido da C. con Guido da Polenta (due volte capitano del popolo a Reggio, nel 1307 e nel 1314). Se ne può forse inferire un clima di ospitalità cortese non alieno dal gusto della poesia.
Bibl. - Sagacius Et Petrus De Gazata, Chronicon Regiense, in Rer. Ital. Script. XVIII (1731) 5 e Praef. 2; Tiraboschi, Biblioteca Modenese, Modena 1782, II 387, III 90-91; G. Panciroli, Rerum Hist. Patriae suae libri octo, Reggio Emilia 1847, IV 244; P. Viani, Storia della città di Reggio tradotta, ibid. 1846, 291; G. Turri, Delle Cronache dei Gazzata e degli scrittori di esse, ibid. 1865; G. Ferrari, Guido da C. e il XVI canto del ‛ Purgatorio ', ibid. 1873; I. Malaguzzi, Guido da C. e D.A., ibid. 1878; Id., Frammenti storici I (Un nuovo documento su Guido da C.), ibid. 1887; C. Cipolla, Studi su Ferreto, in " Giorn. stor. " VI (1885) 80 ss.; Toynbee, Dictionary; M. Barbi, in " Bull. " VI (1899) 208; A. Zenatti, Il canto XVI del Purgatorio, Firenze 1902; V. Fiorini, Dei lavori preparatori alla nuova edizione dei Rer. Ital. Scrupt., Città di Castello 1903; P. Mazzamuto, Il canto XVI del Purgatorio, Firenze 1961.