CORREGGIO (de Corigia, da Corezo), Guido da
Nacque nei primi anni del secolo XIV dal signore di Parma Giberto e dalla sua seconda moglie, proveniente dalla famiglia trevigiana dei Camino. Sposò Guidoccia della Palude.
Subito dopo la scomparsa del padre (1321) si impegnò coi fratelli Azzo e Simone nel difficile compito di rientrare in Parma, da dove i Correggio erano stati cacciati nel 1316. Finalmente nel settembre del 1322 i Rossi, per togliere un pericoloso alleato alla fazione di Gianquirico Sanvitale con cui erano in lotta, fecero togliere al Consiglio dei sapienti il bando che aveva colpito i Correggio. Il C. e i suoi fratelli, accolti con onore, si fermarono poco in Parma, e dopo l'uccisione di un loro amico e seguace preferirono tornare nella loro rocca di Castelnuovo, dove si sentivano più al sicuro dalle insidie dei Rossi.
Mentre il fratello maggiore Simone si era allontanato per combattere nell'esercito del legato Bertrando del Poggetto, il C. con 200 fanti e cento cavalieri preferì, nel luglio del 1324, accorrere in soccorso del cognato Cangrande della Scala in lotta contro i Padovani. Poteva in tal modo acquistarsi benemerenze ed aiuti per una eventuale cacciata dei Rossi da Parma, il cui territorio, specialmente al di là dell'Enza e nella pianura, era in gran parte sotto il diretto controllo dei Correggio. Ad ogni modo la pacificazione fra le due famiglie parmigiane fu inevitabile quando anche i Rossi si misero ad appoggiare la spedizione contro i Visconti di Bertrando del Poggetto. Quest'ultimo, infatti, la impose come condizione indispensabile al buon andamento della guerra: il C., lasciata Verona, poté così essere accolto ed ospitato, assieme col fratello Azzo, nel monastero di S. Giovanni in Parma. Pur avendo essi ottenuto maggiori garanzie per la loro sicurezza ed essendo podestà di Parma Giannaccio Salimbeni di Piacenza, un sincero amico della loro famiglia, la pace fra le due fazioni non durò a lungo. I Correggio preferirono impegnarsi a fondo contro i Mantovani per conto del legato, dal quale ottennero il possesso perpetuo del vasto territorio da loro conquistato tra la Tagliata (presso Guastalla) e il Po; in seguito vi rinunciarono spontaneamente per timore delle violente incursioni di Passerino Bonaccolsi che aveva assalito la stessa Guastalla e minacciava tutti i centri lungo la riva destra del Po.
Dopo di allora il C., anche per estendere e consolidare la propria rete di alleanze, diede nel 1328 la propria figlia Antonia in moglie a Feltrino, figlio di Luigi Gonzaga, appena divenuto signore di Mantova e suo sincero alleato fino al termine della sua vita.
Nel 1329 l'equilibrio faticosamente raggiunto dal legato papale tra le famiglie parmigiane si ruppe: i Correggio e il loro cognato Gianquirico Sanvitale - pure lui liberato dalla prigionia nel 1326 - tolsero ogni indugio e cominciarono a percorrere e a devastare il contado di Parma; ebbero l'appoggio dello stesso legato che, probabilmente, temeva un'alleanza a suo danno dei Rossi con Lodovico il Bavaro appena sceso in Italia. Bertrando del Poggetto, però, fece ben presto pace col Comune di Parma ed invitò Rolando Rossi a Bologna per gli accordi definitivi. Come si sa, fu un inganno e invece di trattare, lo fece prigioniero. Si sparse in Parma la voce che il legato avesse incarcerato anche il C. e il Sanvitale per indurli a fare la pace. Questi, in ogni caso, dovettero tornare liberi subito dopo; poche settimane più tardi li incontriamo, infatti, coi loro uomini e quelli del legato nel castello correggesco di Castelnuovo per guidare la guerra contro Marsilio Rossi; il quale, in assenza del fratello, aveva assunto il comando dei Parmigiani e si era alleato a Lodovico il Bavaro.
Le lotte e i saccheggi continuarono senza vinti né vincitori per diversi mesi, finché giunse Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, al quale nel marzo del 1331 si diede la città di Parma: un mese più tardi, come al solito, i Correggio rappacificati poterono entrare in città e il re in persona, il 9 apr. 1331, accolse solennemente il C., i suoi amici e i suoi uomini. Evidentemente la sorte di Parma più che dalla forza dei Rossi o dei Correggio dipendeva, di volta in volta, dagli appoggi che essi si sapevano assicurare. I Rossi con l'aiuto e la protezione di Giovanni di Boemia, passato il primo momento delle amnistie e delle pacificazioni forzate, ristabilirono il loro esclusivo dominio su Parma.
I Correggio, di nuovo in esilio, potevano contare sull'aiuto dei loro nipoti Alberto e Mastino della Scala, divenuti signori di Verona dopo la morte di Cangrande; inoltre il C. aveva allargato il cerchio delle proprie alleanze verso il Padovano dando la propria figlia Beatrice in moglie a Marsilio da Carrara nell'estate del 1334. Caduta finalmente Parma nelle mani di Alberto e Mastino della Scala, i Correggio poterono finalmente tornarvi senza più dover sottostare alle insincere pacificazioni coi Rossi imposte a suo tempo dal legato papale e da Giovanni re di Boemia. Il C. fece il suo ingresso in città l'11 luglio 1335 e dopo un po' di tempo andò ad abitare nella casa già del suo rivale Andreasio Rossi. Ben presto ricominciò a combattere al fianco dei suoi potenti protettori; l'anno seguente lo vediamo, infatti, entrare in Modena al fianco del marchese d'Este e raggiungere Bertrando del Poggetto a Bologna come ambasciatore degli Scaligeri.
Nel 1341 mentre il fratello Azzo ad Avignone e a Napoli, a Firenze e a Milano cercava aiuti ed alleanze per portare a termine la congiura contro gli Scaligeri, il C. rimase in Parma per controllare da vicino l'opera del podestà che comandava in città le milizie veronesi; quando Marsilio seppe del tradimento dei Correggio, il C. fu pronto ad approntare le difese e a consentire ad Azzo di giungere in tempo con i rinforzi milanesi.
I Correggio riuscirono in tal modo a cacciare i Della Scala, ma dovettero piegarsi al Visconti, al quale, in cambio del suo aiuto, avevano promesso di cedere di lì a quattro anni la signoria di Parma. Il C. da parte sua era probabilmente sincero, ma Azzo, dopo la morte di Simone (1344), pensò di tradire anche il Visconti, e vendette la città all'Estense per 60 o 70.000 fiorini d'oro che, invece di dividere coi fratelli, tenne tutti per sé. Il C. si schierò dalla parte dei Visconti coi quali era anche unito da legami familiari, e, assieme con i suoi due figli Giberto ed Azzo, occupò Correggio, Brescello e Guastalla, ormai deciso a lottare insieme coi Visconti contro gli Estensi e il fratello Azzo per il possesso di Parma.
Era ancora in corso questa guerra quando, nell'agosto del 1345, il C. morì nelle sue terre del Reggiano appena rioccupate. Un anno dopo il marchese d'Este, per non compromettere lo stesso possesso di Modena, fu costretto a cedere Parma ai Visconti per 60.000 fiorini d'oro. Dopo di allora i Correggio non poterono più riconquistare il dominio di Parma, passato nelle mani di signori forestieri e più potenti.
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