DELLA SCALA, Guido
Appartenente alla celebre famiglia veronese, figlio di Iacopino, e dunque fratello di Leonardino detto Mastino, di Alberto e di Federico detto Bocca, il D. è documentato per la prima volta il 21 sett. 1248, quando compare nel capitolo della chiesa veronese di S. Tomio, con altri "fratres". La chiesa si trovava nel pieno centro urbano, vicinissimo alle case scaligere site nella contigua "hora" di S. Maria Antica e a quelle di altre illustri famiglie veronesi, come quella dei Crescenzi (un Azzone Crescenzi compare ripetutamente tra i "fratres"). Sin dagli inizi la carriera del D. appare dunque legata ad istituzioni urbane - ecclesiastiche nel suo caso specifico -, come del resto più in generale legate ad istituzioni urbane appaiono le fortune politiche della sua famiglia, del tutto priva di basi di potere giurisdizionali nel contado, ma saldamente inserita nella "aristocrazia degli uffici" di età comunale ed ezzeliniana (famiglia "di antica tradizione urbana", la definisce il Castagnetti). E fu, quella del D., una carriera che scandì fedelmente i suoi ritmi su quella di Mastino, forse il più anziano dei quattro figli di Iacopino. Non fu certo casuale infatti che il D. venisse designato arciprete della Congregazione del clero intrinseco - l'associazione, non priva certo di influenza e prestigio, che riuniva il clero delle chiese urbane - proprio a partire dal marzo del 1262, lo stesso anno in cui Mastino divenne capitano del Popolo e di fatto leader incontrastato della pars al potere inVerona. Il D. ricoprì tale carica verosimilmente sino alla morte: la sua attività in questa veste è documentata per il 1266, per il 1267, per il 1270 e per il 1272. L'ultima volta in cui viene ricordato come arciprete del clero intrinseco è il 28 luglio 1273. In tale veste il D. dispiegò un'oculata attività amministrativa, provvedendo al riassetto del patrimonio fondiario della Congregazione e stipulando in più casi contratti di miglioria.
Negli anni successivi l'attività del D. fu condizionata dalle lotte di fazione presto riprese, e dalle ripercussioni che esse ebbero sulla Chiesa veronese. In data imprecisata, ma anteriormente al 1264, nella sua qualità di arciprete del clero intrinseco fu scomunicato insieme con il vicario episcopale Dellacora e con alcuni altri canonici per non aver reso di pubblica ragione la scomunica che era stata irrogata contro Verona dal delegato papale, il priore di S. Giacomo di Pontecorvo di Padova, su richiesta di Adelardino Frescanovella, già arciprete del capitolo della cattedrale e fuoruscito a Padova. All'epoca tuttavia i rapporti fra Verona e la Curia romana non erano ancora definitivamente compromessi (come accadrà dopo l'adesione agli ultimi Svevi); e il 22 giugno 1264 Urbano IV conferì a "Guido natus q. Iacobini de Lonardino, clericus ecclesie S. Thomae veronensis" un canonicato nel capitolo della cattedrale di Verona, un ente che conservava prestigio ed importanza economica - non più politica - assai notevoli. A partire dal luglio 1265 egli "prese parte attiva alle decisioni del Capitolo" (Hagemann), intervenendo assiduamente alle riunioni di quest'ultimo. È opportuno ricordare che, all'epoca, i canonici veronesi non soltanto erano tutti residenti, ma anche non di rado appartenevano a famiglie cittadine di grande prestigio, estranee se non ostili al nuovo regime di Mastino e delle arti. A questa prassi di presenza attiva il D. non venne meno neppure quando fu eletto vescovo di Verona, come dimostrano gli accurati spogli compiuti dallo Hagemann: a questa scelta non dovette rimanere estranea - si può ragionevolmente ipotizzare - una qualche volontà di esercitare una sorta di controllo "politico" su quell'istituzione. Non va taciuta la circostanza che, mentre quando era arciprete del clero intrinseco il D. risiedeva "in guayta S. Marie Antique" - e dunque verosimilmente abitava ancora nelle case avite -, negli anni successivi risiedette stabilmente nelle case del capitolo.
La tappa successiva della carriera ecclesiastica del D. fu l'elezione a vescovo di Verona, la cui cronologia e le cui modalità non sono peraltro ben note. Sin dal settembre 1264 Urbano IV si era riservato la designazione del vescovo di Verona, nel caso in cui l'eletto Manfredo Roberti, allora incarcerato da Manfredi, fosse morto in prigione. Si era avuta quindi la scomunica lanciata contro Verona, perche quest'ultima aveva appoggiato ed ospitato Corradino di Svevia (novembre 1267). È certo comunque che il D., eletto probabilmente con l'appoggio del capitolo, viene indicato per la prima volta come "canonicus et electus" l'11 genn. 1269, appena un mese dopo la morte del suo predecessore (il ricordato Manfredo Roberti, appunto, che non aveva mai fatto ingresso in Verona). I documenti noti attestano che il D. ebbe, come vescovo di Verona, anche un antagonista guelfo, Adelardino, che risulta attivo a Mantova nel gennaio del 1270 e a Padova nell'ottobre del 1272. Il D. non fu mai consacrato; ma che abbia effettivamente governato la Chiesa di Verona è provato, fra l'altro, da un paio di statuti inseriti nella compilazione del 1276, che lo mostrano in qualità di presule eletto operare - come era facile aspettarsi - in stretta collaborazione con il Consiglio degli anziani e gastaldioni, e in generale con le istituzioni cittadine.
Il primo provvedimento stabiliva che, seguendo la "voluntas" e il consiglio del D. e dei chierici "quos idem dominus electus secum habere voluerit cum potestate", il podestà di Verona scegliesse entro quindici giorni "unum bonum doctorem sive magistrum in iure canonico" che, pagato dal clero cittadino, leggesse le decretali in Verona. Nel secondo statuto, più o meno coevo, si affidava al D., al canonico Marcio Marzi e ad un imprecisato "vicarius clericatus Verone et Veronensis diocesis", nonché agli Anziani e gastaldioni del Comune, la tutela dell'ospedale di S. Giacomo e Lazzaro alla Tomba, divenuto nel corso del Duecento il principale ente assistenziale cittadino e soggetto al diretto controllo dell'autorità politica.
Secondo una notizia del cronista veronese Ubertino de Romana, confermata del resto dalla documentazione attualmente conservata presso l'Archivio capitolare, il D. morì nel novembre o nel dicembre del 1273.
Il significato storico della figura del D. consiste - in un periodo di estrema importanza per il consolidamento della leadership scaligera in Verona - nel fatto che egli fu lo strumento e il tramite grazie al quale Mastino e la pars di cui quest'ultimo era il maggior esponente poterono esercitare sulla Chiesa locale un precoce controllo, che sarebbe stato da allora in poi, sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista economico, fondamentale per le sorti della dinastia e della signoria scaligera.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Verona, Parrocchie, S. Mariadella Scala, perg. 15-17 e ss.; Ibid., S. Antonio dal Corso, perg. 65; Ibid., Congregazione del clero intrinseco, perg. 25 e reg. 13, cc. 17r, 19r, 20v, 40v, 47r, 48v, 53r, 54v, 60v, 133r, 134v; Verona, Bibl. capitolare, ms. DCCLXXVI: C. Libardi, Vitaepiscoporum et cronica canonicorum..., c. 114v; Ibid., ms. DXXXII: I. Muselli, Acta Ecclesie Veronensis..., ad annos 1268-73; Ibid., Biblioteca civica, ms. 876: A. Torresani, Scalanorum principumgeneris tabella..., c. 17r; Statuti rurali veronesi, a cura di C. Cipolla, Venezia 1890, p. 58; Antiche cronache veronesi, a cura di C. Cipolla, Venezia 1890, pp. 413, 416; Les registres d'UrbainIV (1261-64), a cura di J. Guiraud, Paris 1900 p. 286; Gli statutiveronesi del 1276 con le correzioni e le aggiunte sino al 1323, a cura di G. Sandri, I, Venezia 1940, pp. 124, 199; O. Panvinio, Antiquitates Veronenses, Veronae 1653, p. 172; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra..., V, Venetiis 1720, col. 843; G. B. Biancolini, Notizie stor. delle chiese di Verona, IV, Verona 1752, p. 579; Id., Serie cronol. dei vescovi e governatori di Verona, Verona 1760, pp. 11 s.; G. B. Verci, Storia della marca trevigianae veronese, VII, Venezia 1787, pp. 12-14; A. M. Allen, A historyof Verona, London 1910, pp. 102 s., 112; G. B. Pighi, Cenni storici sulla Chiesa veronese, in Boll. eccles. diocesano (Verona), VII (1920), pp. 185-86; W. Hagemann, Docum. sconosciutidell'Archivio capitolare di Verona per la storia degli Scaligeri (1259-1304), in Scritti in onore di mons. G. Turrini, Verona 1973, pp. 339, 345, 347 ss., 356; G. Sancassani, Notizie geneal. degli Scaligeri di Verona: le origini (1147-1277), in Verona e il suoterritorio, III, 1, Verona 1975, pp. 322, 324 ss., 328; G. M. Varanini, La Valpolicella dal Duecento al Quattrocento, Verona 1985, pp. 136, 140, 171, 270; Gli Scaligeri. 1277-1387, a cura di G. M. Varanini, Verona 1988, ad Ind.; G. M. Varanini, Torri ecasetorri a Verona in età comunale. Assetto urbano e classedirigente, in Paesaggi urbani dell'Italia padana..., Bologna 1988, p. 226; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Scaligeri di Verona; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi, I,Monasterii 1913, p. 554.