BIANDRATE, Guido di
Figlio di Guido, compare sulla scena politica al momento in cui Federico Barbarossa decide di eleggerlo arcivescovo di Ravenna, quale successore di Anselmo di Havelberg, morto il 12 ag. 1158; ulteriore prova della fiducia che egli riponeva nei conti di Biandrate, ma anche abile atto politico per legare sempre, più a sé il potente feudatario piemontese. L'elezione, tuttavia, avvenuta probabilmente poco dopo la dieta di Roncaglia del novembre 1158, in un momento di crescente ostilità tra imperatore e papa, non poteva non suscitare forti reazioni da parte di Adriano IV.
I Gesta Friderici di Rahewino, fonte principale per l'episodio (riporta anche le lettere scritte in quell'occasione dal papa e dall'imperatore), oltre a fornire notizie sul B. prima dell'elezione ad arcivescovo, consentono di collocare questa nel gioco politico del momento: Federico aveva inviato a Roma - non si precisa quando, ma probabilmente subito dopo l'avvenuta elezione del B. - un legato nella persona di Uguccione vescovo di Vercelli, per ottenere dal pontefice la conferma e la consacrazione del B. ad arcivescovo. Ottenuto un netto rifiuto, sempre più indignato per la reazione del papa contro i diritti imperiali riaffermati a Roncaglia, inviò un nuovo legato, Ermanno di Verden. La lettera inviata da Federico al pontefice ricordava abilmente che egli aveva scelto il B. per fare cosa gradita al pontefice, memore del fatto che proprio "vos in clericum Romanae ecclesiae, et filium nostra petitione assumpsisse" (p. 258); l'elezione del B., inoltre, era stata approvata da tutta la Chiesa di Ravenna alla presenza del legato imperiale Ermanno di Verden e di quello papale, Giacinto, cardinale di S. Maria in Cosmedin. Rispondeva allora il pontefice, con altrettanta abilità e ancor maggiore ironia, che proprio le straordinarie qualità del B. - la nobiltà di nascita, l'intelligenza, la cultura - lo rendevano indispensabile alla Chiesa romana: egli non poteva quindi aderire alla sua richiesta, privandosi di un "tam preciosum pignus" (p. 260), e invece pensava "ipsum... in Romana aecclesia... ordinare, ut vel in ea... quandoque ad sublimiora conscendat vel exinde ad alterius aecclesiasticae fastigium dignitatis ipsum contingat pervenire" (ibid.).
Anche la morte di Adriano IV e l'elezione di Alessandro III non portò a una soluzione della questione, sì che il B. continuò sempre nei documenti a comparire come "archiepiscopus electus". Il 16apr. 1160egli chiedeva e otteneva da Federico Barbarossa l'investitura dell'arcivescovato ravennate e la conferma di tutti i privilegi e di tutti i beni ad esso spettanti (Ughelli-Coleti, II, coll. 371 s.). Non molto è noto della sua successiva attività politica, e rimase sicuramente figura di secondo piano, che solo la posizione del padre aveva portato a ricoprire una carica tanto importante.
Singolare a questo proposito la testimonianza di Giovanni di Salisbury che, scrivendo a Randolfo de Serris circa il concilio di Pavia del febbraio 1160, citava come i due esempi più vergognosi di quella farsa ("scenae theatralis... species... potius quam reverendi imago concilii") la presenza del cancelliere Rainaldo, che "se Coloniensem gessit archiepiscopum", e quella di Guido conte di Biandrate, che "Ravennatis archiepiscopi supplevit vicem", dal momento che l'elezione del figlio era stata cassata, pur essendo lui stesso "bonus iuvenis" (lettera 124, del giugno-luglio 1160, p. 212).
Secondo Rahewino e Ottone Morena, il B. era presente al concilio di Pavia e ne confermò le decisioni; con il padre si trovava al campo imperiale di Landriano, testimone il 1ºsett. 1161 a un diploma in favore del vescovo di Belluno (Stumpf-Brentano, II, n. 3916; edito in Cappelletti, X, pp. 122-124); partecipò poi al concilio tenuto a Lodi dal 17 al 22 giugno 1162 che, oltre a confermare le decisioni di quello di Pavia, comminò la scomunica all'arcivescovo di Milano, ai vescovi di Piacenza e Brescia e ai consoli di numerose città. Seguiva poi l'imperatore verso la Romagna: il 26 di quel mese era presente all'accordo fatto dal Barbarossa con il Comune di Ravenna, che doveva accettare le durissime condizioni imperiali, ben poco mitigate, a quanto appare dal documento, dall'intervento dell'arcivescovo. Non si sa se abbia seguito l'imperatore nel suo viaggio in Italia e poi oltralpe: certamente si trovava alla assemblea di Dôle, cui erano stati invitati, oltre a Vittore IV e a numerosi signori laici, circa cinquanta vescovi (Stumpf-Brentano, II, n. 3967). Le notizie su di lui per gli anni successivi sono scarse, ma certamente la sua posizione politica continuò a essere determinata da quella del padre, ed egli si mantenne fedele all'imperatore anche quando la situazione in Italia si era fatta grave. Vincenzo da Praga ricorda che nel marzo 1167 il B. era a Imola presso l'imperatore e veniva consacrato diacono insieme con Eberardo di Regensburg. Della sua attività episcopale rimangono ben poche tracce, e di scarso rilievo (cfr. i documenti del Regesto che vanno dal 4 aprile dell'anno 1160 al 19 maggio del 1166).
Secondo la tradizione locale, morì nel 1169 (Raggi, p. 476). La sua morte, avvenuta al momento del declino delle fortune imperiali, portò al distacco della sede ravennate dal Barbarossa, con l'elezione di Gerardo da parte di Alessandro III.
Fonti e Bibl.: Annales Sancti Petri Erphesfurtenses antiqui, a cura di O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. germ. in usum schol., XLII, Hannoverae et Lipsiae 1899, p. 20; Vincentii Pragensis Annales, a cura di W. Wattenbach,ibid., Scriptor., XVII, Hannoverae 1861, p. 683; K. F. Stumpf-Brentano,Die Reichskanzler vornehmlich des X., XI. und XII. Jahrhunderts, II,Verzeichnis der Kaiserurkunden, Innsbruck 1865-1883, n. 3896; Const. et acta publica imp. et reg., I, a cura di L. Weiland, in Mon. Germ. Hist., Legum Sectio IV, Hannoverae 1893, pp. 269, 270, 300, 301; Regesto della Chiesa di Ravenna. Le carte dell'Archivio Estense, a cura di V. Federici e G. Buzzi, I, Roma 1911, nn. 37, 40-48; Ottonis et Rahewini Gesta Friderici I. Imper., in Mon. Germ. Hist., Script. rer. germ. in usum schol., XLVI, a cura di G. Waitz-B. de Simson, Hannoverae et Lipsiae 1912,ad Indicem; Ottonis Morenae et contin. Historia Frederici I., ibid., Script. rer. germ., VII, a c. di F. Güterbock, Berlin 1930, p. 138; The letters of John of Salisbury, I, a cura di W. J. Millor e H. E. Butler, London 1955, p. 212; G. Fabri,Le sagre memorie di Ravenna antica, Venetia 1664, II. pp. 491 s.; F. Ughelli-N. Coleti,Italia sacra, II, Venetiis 1717, coll. 371 s.; G. A. Amadesi,In Antistitum Ravennatum Chronotaxim... disquisitiones perpetuae..., III, Faventiae 1783, pp. 18 s.; G. Cappelletti,Le Chiese d'Italia, II, Venezia 1844, pp. 124 s.; X, ibid. 1854, p. 124; W. von Giesebrecht,Geschichte der deutschen Kaiserzeit, V. Leipzig 1880,ad Indicem; D. Brader,Bonifaz von Monferrat bis zum Antritt der Kreuzfahrt (1202), Berlin 1907, p. 202; A. Raggi, I conti di Biandrate, in Arch. della Soc. vercellese di storia e d'arte, IX (1917), pp. 475 s., 481; L. Barni,La lotta contro il Barbarossa, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, p. 44; P. B. Gams,Series archiepiscoporum…, p. 718.