Carpegna (Carpigna), Guido di
È ricordato, col ravennate Pier Traversaro, al v. 98 di Pg XIV, a rincalzo del v. 97 pure contesto di nomi in pregnante interrogazione retorica (Ov'è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi ?), e prima dell'esclamazione centrale e più violenta del canto (Oh Romagnuoli tornati in bastardi!, v. 99), che induce a leggere codesti nomi non tanto come termini di una nostalgica " ballade des seigneurs du temps jadis " quanto " come contestazione insistentemente ripetuta, con sempre più netta e decisa inclinazione apocalittica, dello stato attuale di rovina, di caduta, di negazione " (Bàrberi Squarotti).
Figlio di Ranieri dei conti di C. nel Montefeltro - illustre famiglia, che vantava a capostipite un compagno di Odoacre e che, parteggiando nel secolo X per Ottone imperatore, ne avrebbe ricevuto come compenso larga investitura di nuove terre e paesi -, era certo maggiore di età nel 1232, quando intervenne insieme col fratello Rinieri all'atto con cui il padre sottometteva le proprie terre (dalle falde del Carpegna ai confini di Arezzo) al comune di Rimini, e ne giurava la cittadinanza. Nel 1249 I C. passarono sotto la protezione della Chiesa " per aiuti dati o servizi resi ai legati pontifici che contendevano la Romagna agli ultimi sforzi della politica unitaria di Federico II " (Casini); e ciò spiega la diversa designazione politica di Guido: dato dal Tommaseo per ghibellino e dal Siebzehner-Vivanti, più propriamente, per guelfo. Nel 1251 Guido presenzia come podestà del castello di San Pietro in Vincoli (di Ravenna, secondo il Casini; ma v. G. Rossi, Historiarum Ravennatum libri decem, VI 427) al consiglio ivi tenuto dall'arcivescovo Filippo per ammonire i partigiani ravennati di Corrado di Svevia a fare atto di ubbidienza alla Santa Sede; nel 1252 è a Perugia, per trattative di accordo tra i ghibellini e i guelfi del Montefeltro, che s'eran rimessi all'arbitrato del presule ravennate; nel 1256 stringe un patto di vera e propria alleanza col comune di città di Castello contro gli uomini della Marca Tribaria; nel 1270 gli è commesso dall'arcivescovo di Ravenna di prendere in consegna il castello di San Marino; risulta già morto in un atto del 1289 (non 1283, come lesse il Torraca).
I commentatori antichi ignorano questi dati e si limitano a brevi variazioni sul tema del ‛ valore ' e della ‛ cortesia ' intesi, per lo più, a inserire il montefeltrano nel ‛ ciclo cavalleresco ' bertinorese cui appartengono, più o meno direttamente, il buon Lizio di Valbona (cfr. Dec. V 4), il Mainardi, Guido del Duca: non senza, anche per il conte di C., un certo margine di plausibilità, ove si pensi che la contea di Bertinoro " costituiva il nucleo principale dei possedimenti del pastore ravennate in quelle terre " (Vasina).
" Omnes sibi pares ", scrive Benvenuto, " liberalitate superavit: de quo audio quod, cum fecisset solemne convivium in Bretenorio, deficiente pecunia, fecit vendi dimidium carae cultrae, quam habebat; de qua re increpatus a familiari curialitatem suam condivit curiali scommate, dicens: quod in aestate prae calore tenebat pedes extra, et in hyeme vero prae frigore tenebat crura contracta ". L'Ottimo punta anch'egli su Bertinoro (" il più del tempo stette in Brettinoro, e con larghezza vinse gli altri "), insistendo particolarmente sul tema della leggiadria amorosa: " amò per amore, e leggiadramente vivette ", e più oltre: " però che amavano per amore, e donavano per cortesia ", in cui pare riecheggino i vv. 48-54 di Poscia ch'Amor (Rime LXXXIII).
Bibl. - F. Torraca, Le rimembranze di Guido del Duca, in " Nuova Antol. " 1 sett. 1893 (rist. in Studi Danteschi, Napoli 1912, 137-171); T. Casini, D. e la Romagna, in " Giorn. d. " II (1894) 309 ss.; ID., Il canto XIV del Purgatorio, Firenze 1902; P. Franciosi, Carpegna, in Enc. Ital, IX 134-135; C. Ricci, D. e la Romagna, in Cogliendo biada o loglio, Firenze 1924, 131; G. Bàrberi Squarotti, Il canto XIV del Purgatorio, in Letture Classensi, Ravenna 1966, 23-62.