FERRARI, Guido
Nacque a Novara il 6 febbr. 1717 da Oliviero, di famiglia di antiche tradizioni. Originaria del Veneto, essa compare sin dal 1219nei registri ufficiali della città di Novara tra quelle che per censo formavano la Credenza novarese. Suo padre, Oliviero, ricoprì importanti incarichi sia fino al 1734, quando la città era ancora soggetta all'imperatore Carlo VI sia poi, durante il regno di Carlo Emanuele III di Savoia.
Il F. trascorse la sua infanzia nella città natale, dove ricevette dai gesuiti i primi rudimenti di grammatica. All'età di dodici anni venne mandato a studiare nel collegio dei gesuiti di Savona e, il 20 giugno 1733, entrò nel noviziato della Compagnia a Genova. Dopo due anni, il 15 ag. 1735, prese i quattro voti solenni e proseguì gli studi a Milano. Non aveva ancora completato il suo curriculum di studi quando fu mandato a Como a insegnare umane lettere. Fu allora che probabilmente conobbe il De rerum natura di Lucrezio e iniziò a interessarsi alla poesia, componendo versi su vari argomenti. Rimase a Como per circa un anno, quindi, sempre in veste di insegnante nei collegi del suo Ordine, fu trasferito a Pavia, poi a Milano e infine di nuovo a Pavia.
In seguito il F. fu inviato a Torino, dove avrebbe dovuto compiere gli studi teologici, ma dopo soli tre mesi venne richiámato a Milano e assegnato al collegio dei nobili, in qualità di prefetto degli studi. Qui portò a compimento nel 1747 il commentario De rebus gestis Eugenii principis a Sabaudia bello Pannonico libriIII (Romae 1747), con prefazione di G. C. Cordara.
Con questa opera egli rivelò l'eleganza del suo latino, non immune comunque da impurità, e la padronanza della lingua, che seppe adattare alla scrittura dei generi letterari più diversi. Il commentario ebbe numerose edizioni, stampate in diversi paesi (Haag 1749, con prefazione di Cornelio Valerio Vonk; Friburgi Brisgoviorum 1751; Augsburg 1757; Ofen 1765). Nel 1753 a Milano fu inoltre realizzato un volgarizzamento ad opera del gesuita Pietro Savi, dal titolo Fatti d'armi di Eugenio in Ungheria, con prefazione di G. B. Noghera.
Il periodo milanese del F. fu il più fecondo dal punto di vista letterario, soprattutto da quando divenne professore di retorica presso l'università di Brera. Subordinata al suo ufficio fu la scrittura di una serie di orazioni accademiche. La prima, dettata dalla persuasione della stretta attinenza tra eloquenza e politica, fu recitata nel gennaio del 1750 e pubblicata nello stesso anno a Nimega a cura di C. V. Vonk (De politica arte oratio), il quale fece precedere l'edizione da una lettera indirizzata al Ferrari. Dello stesso anno è la stampa a Milano, in un elegante latino, di un'Epistola deinstitutione adolescentiae, dedicataal giovane marchese Domenico Serra, suo allievo. Nel gennaio del 1751 venne pronunciata l'orazione De optimo statu civitatis, edita lo stesso anno a Nimega. Del gennaio 1753 è invece il discorso De optimo patrefamilias (pubblicato nel medesimo anno a Milano), nel quale il F. analizza i doveri del padre nei riguardi dei propri figli esponendo i punti salienti di un vasto programma educativo. Nel 1755, persuaso che al buono stato politico giovi favorire gli studi e in particolare quelli di giurisprudenza, pronunciò e pubblicò a Milano un'orazione De iurisprudentia.
Le ultime due orazioni - Dehistoria e De victoria Bohemica, dettata in soli due giorni subito dopo l'annuncio della vittoria - risalgono rispettivamente al 1756 e al 1757. Del F. rimangono anche due arringhe (la Causa Eugeniana iudicialis bellica del 1754 e la S. Ermenegildi causa iudicialis del 1755), giudicate però le sue opere meno riuscite. Congiunta alla sua attività accademica fu anche la scrittura di memorie necrologiche e discorsi di Gratulationes composti per solenni occasioni. Alla produzione accademica il F. affiancò la scrittura di opere letterarie. là del 1752 la pubblicazione a Milano dei commentario De rebus gestis Eugenii principis a Sabaudia bello Italico libri IV (anche questo ebbe numerose edizioni; Pietro Savi nel 1754 ne realizzò il volgarizzamento con il titolo Fatti d'armi di Eugenio in Italia).
Il lungo periodo trascorso presso l'università di Brera fu importante per il F. anche per i rapporti di fraterna amicizia che strinse con alcuni colleghi e confratelli, in particolare con Alfonso Casati, Filippo Bovio e Giovanni Antonio Lecchi. Di questi colleghi il F. scrisse le biografie, alle quali si aggiunge quella di Tommaso Ceva. Profondi e duraturi furono anche i rapporti di amicizia che stabilì con alcuni allievi, in particolare con Pietro Antonio Crevenna, letterato noto per la sua ricchissima biblioteca.
Esonerato dopo undici anni dall'incarico universitario per motivi di salute, il F. rimase comunque a Brera. Il suo interesse si volse principalmente alla composizione di epigrafi latine, ad imitazione di quelle antiche. Ne compose oltre 1570, e 945 di queste sono state raccolte nel secondo dei sei volumi che riuniscono l'Opera del Ferrari.
Pregevoli risultano le epigrafi storiche, che rivelano una attenta ricerca sulle antichità italiche, benché compiuta senza il sussidio della lingua greca e di quelle orientali. Una raccolta di Inscriptiones èdedicata alla celebrazione della storia più antica dell'Insubria, come anche diciassette Dissertationes pertinentes ad Insubriae antiquitates e ventidue Lettere lombarde. Gli scritti dedicati all'Insubria, dai quali emerge una vastissima crudizione, furono pubblicati tutti nel 1765 a Milano. Il F. stesso tradusse in italiano le iscrizioni, in un'edizione ampliata (complessivamente ricca di 635 epigrafi): Guidonis Ferrarii e Societate Iesu Inscriptionum editio Italica auctior ducentis (Mediolani 1772).
In questi anni il F. concluse la serie dei commentari su Eugenio di Savoia con la pubblicazione del De rebus gestis Eugenii principis, bello Germanico liber unus, bello Belgico libri IV.
L'opera, pubblicata a Zutphen nel 1773, ulteriore conferma dell'eleganza della prosa latina del F., gli permise di essere annoverato, insieme con Girolamo Lagomarsini e Giulio Cesare Cordara, tra i maggiori prosatori latini del XVIII secolo. Dello stesso anno èanche l'edizione di un'altra serie di 215 iscrizioni latine, composte a celebrazione degli avvenimenti guerreschi del regno di Maria Teresa fino all'anno 1743. L'opera fu stampata a Vienna, appunto nel 1773, con il titolo Res bello gestae auspiciis Mariae Theresiae Augustae ab eius regni initio ad annum MDCCXLIII. Inscriptionibus explicatae ... Tre anni dopo celebrò ancora le gesta di cinque generali di Maria Teresa distintisi nella guerra tra l'Austria e la Prussia di Federico II (De vita quinque Austriacorum imperatorum qui floruerunt bello Borussio, Vindobonae 1776).
A partire dal 1773, a seguito della soppressione della Compagnia di Gesù, cominciò per il F. un periodo di peregrinazioni che si concluse con l'arrivo all'Efebeo di Monza, dove trascorse gli ultimi anni di vita in condizioni economiche precarie a causa della misera pensione che il governo pagava agli ex gesuiti. Non abbandonò comunque l'attività letteraria, dedicandosi alla preparazione di un corpus di epigrafi, a celebrazione del regno di Carlo Emanuele III re di Sardegna.
Le varie fasi di elaborazione dell'opera si possono ricostruire attraverso una serie di quaranta lettere scritte al F., dal 19 giugno 1776 al 21 apr. 1781, dal conte G. L. Bogino, che collaborò fattivamente con l'autore, sia emendando la prima stesura del testo da eventuali errori o inesattezze sia offrendo suggerimenti.
Il lavoro, cominciato nel 1777, fu condotto a termine in poco più di due anni. Le spese della stampa, che il F. non poteva sostenere, furono assunte dal conte Bogino, e cosi nell'aprile del 1780 il libro venne pubblicato con il titolo Caroli Emmanuelis Sardiniae regis univeirsa vitae et principatus forma inscriptionibus explicatae... .
La storia del regno di Carlo Emanuele III era ripercorsa in 314 iscrizioni latine (nel 1786 fu stampata a Torino la versione italiana, ad opera di Filippo R. Orsini d'Orbassano, Fasti di Carlo Emanuele III re di Sardegna).
L'ultimo scritto del F. fu il Somnium sive Dialogus statuarum (Augustae Taurinorum 1784).
Dall'autunno del 1788 la salute del F. peggiorò sensibilmente fino alla morte, avvenuta a Monza l'11 genn. 1791 (G. B. Morandi contesta con convincenti argomentazioni la data dell'11 febbraio, fornita dai precedenti biografi).
Fonti e Bibl.: G. Ferrari, Auctoris de se rebusque suis ad Franciscum Gemellum commentarius, Lugano 1781, in Id., Opera, Mediolani 1791, I, pp. VII-LV; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, Pisis1799, XVIII, pp. 182-204; R. D. Caballero, Bibliothecae scriptorum Societatis Iesu supplementa, Romae 1814, pp. 136-137; A. de Backer, Bibl. des écrivains de la Compognie de Jésus, Liège 1854, pp. 186-189; G. Corniani, I secoli della letter. ital. dopo il suo risorgimento, VII, Torino 1856, p. 139; G. Negroni, Lettere di G. L. Bogino, di P. Balbo e del conte Perrone a G. F., in Misc. di storia ital., XXI (1883), pp. 51-128; S. Grosso, Delle opere di G. F. e di G. Garantoni, Pisa 1889, pp. 1-34; G. B. Finazzi, Notizie biografiche, Novara 1890, p. 52; P. Nigra, Diz. illustrato di pedagogia, I, Milano 1905, pp. 623-625; G. B. Morandi, Come morì padre G. F., in Boll. stor. per la prov. di Novara, I (1907), pp. 238-244; G. B. Gerini, Gli scrittori pedagogici ital. del sec. XIX, Torino 1910, p. 378; E. Codignola, Pedagogisti ed educatori, Milano 1941, p. 198; G. Natali, Il Settecento, Milano 1960, pp. 529, 559; L.-G. Michaud, Biographie univ. ancienne et moderne, XIII pp. 615 s.; Nouvelle Biographie universelle, XVII: col. 515; C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon..., IV, Wien 1858, p. 193; C. Sommervogel, Bibl. de la Compagnie de Jésus, III, Bruxelles 1892, pp. 670-676.