Fink, Guido
Anglista, critico letterario e teatrale, storico e critico del cinema, nato a Gorizia il 28 luglio 1935. Ricorrendo prevalentemente a un metodo comparatistico, attraverso il quale il cinema viene messo in relazione soprattutto con il teatro e la letteratura, ma anche con il più generale contesto storico-artistico, F. ha fornito contributi fondamentali sia su singoli registi (per es., Ernst Lubitsch e William Wyler) sia su periodi e tendenze, con particolare riguardo alle cinematografie statunitense, inglese e italiana.
Di famiglia ebrea rifugiatasi a Ferrara quando il padre perse il lavoro in seguito alle leggi razziali, e rimasto orfano dello stesso quando questi fu deportato ad Auschwitz, F. si laureò nel 1958 all'Università di Bologna in lingua e letteratura inglese. Già a metà degli anni Cinquanta sviluppò un forte interesse per il cinema, collaborando con le pagine ferraresi di "l'Unità". Nel 1958 iniziò la collaborazione con la rivista "Cinema nuovo", per la quale scrisse, nell'arco di un quindicennio, numerosi saggi, articoli e recensioni di film, con analisi sul Free Cinema e in particolare sul binomio Joseph Losey-Harold Pinter, sul nuovo cinema americano degli anni Sessanta, su autori quali Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti, che nel tempo sono rimasti tra i suoi preferiti. Più volte visiting professor in università americane, dal 1971 al 1988 è stato docente di letteratura anglo-americana all'Università di Bologna e dal 1989 ha assunto l'insegnamento di lingua e letteratura inglese all'Università di Firenze. Dal 1999 al 2003 ha ricoperto anche l'incarico di direttore dell'Istituto italiano di cultura di Los Angeles.
Tra le pubblicazioni in riviste (per es., "Paragone" e "Cinema & cinema", di cui è stato direttore dal 1982 al 1987) e in numerosi volumi collettanei, si ricordano le sue analisi su Orson Welles, Mario Camerini, Mario Soldati, sul rapporto tra cinema e teatro, su quello tra cinema e storia, su W. Shakespeare e il cinema, sulla commedia classica americana, sul melodramma, autori e temi ai quali ha prestato tra i primi ‒ almeno in Italia ‒ singolare e profonda attenzione.
L'ideazione ‒ assieme ad Adelio Ferrero e a Lorenzo Pellizzari ‒ di una rivista quale "Cinema & cinema", nonché di una storia del cinema edita in più volumi da Marsilio hanno permesso a F. di promuovere e, in alcuni casi, analizzare personalmente periodi e tendenze quali il cinema francese degli anni Trenta, il Cinema Nôvo brasiliano, il musical e la commedia americana, il cinema italiano di varie epoche; autori quali Charlie Chaplin e Buster Keaton, David W. Griffith, John Cassavetes, Robert Altman e Stanley Kubrick. Nel 1977 F. ha pubblicato la prima monografia italiana su Lubitsch (Ernst Lubitsch, poi ampliata nel 1997), nella quale il regista risalta come straordinario autore di sofisticati meccanismi narrativi, ma anche come artefice di apparati scenici e visivi, in grado di dar vita a un corpus di opere di grande compattezza e rigore nella felice ibridazione tra cinema e teatro. Meno partecipata sentimentalmente, ma esemplare per acribia storico-filologica, è stata la monografia su Wyler (William Wyler, 1988, premio Umberto Barbaro-Filmcritica per il miglior libro di cinema). Anche la terza monografia in ordine d'importanza dedicata da F. a un singolo regista (I film di Robert Altman, 1982) è ulteriore esempio di originale e complessa attenzione verso un 'tema' cinematografico posto in continua relazione con altre forme artistiche e culturali. Di fatto il contributo di F. agli studi sul cinema si è sempre intrecciato con quelli dedicati alla letteratura e al teatro, soprattutto di area anglo-americana ed ebraico-americana. Un percorso tra i più originali e proficui attraverso la cultura cinematografica dell'ultimo trentennio, ulteriormente espresso dai saggi per la Storia del cinema mondiale (diretta da Gian Piero Brunetta, 2000-2002) e da quello che può essere considerato il libro di una vita, Non solo Woody Allen. La tradizione ebraica nel cinema americano (2001). In esso una fondamentale e personalmente condivisa istanza storico-culturale è ripercorsa in tappe di notevole e variegata densità, con il consueto stile da critico-scrittore, tra gli ultimi esponenti di un'importante tradizione.