GIANNETTI (Zannetti), Guido (Guido da Fano)
Ignota la data di nascita, la provenienza geografica si ricava dall'appellativo Guido da Fano che ricorre nelle fonti. Le prime notizie su di lui risalgono al 1528: in quell'anno si trovava a Viterbo (dove risiedeva la corte pontificia dopo il sacco di Roma del 1527) in veste di segretario dell'ambasciatore inglese presso Clemente VII, Gregorio Casali. Qui conobbe Pietro Carnesecchi, allora al servizio del cardinale Pirro Gonzaga. Il G. rimase presso il Casali fino alla morte di questo, avvenuta nel 1536. Nel 1532, come ricompensa dei servizi resi, venne naturalizzato inglese e gli venne conferita una prebenda sul canonicato di Highworth (Salisbury).
La morte del Casali e la definitiva rottura delle relazioni diplomatiche tra l'Inghilterra e Roma sulla questione del divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona convinsero il G. a trasferirsi a Londra, dove continuò a trasmettere alla corte notizie di politica internazionale provenienti dall'Italia. è molto probabile che già in quegli anni il G. avesse aderito alla Riforma. Nell'ottobre 1538 si trovava a Norimberga, dove il gentiluomo che lo ospitava gli presentò Andreas Osiander. Successivamente tornò in Italia (è attestata la sua presenza a Roma il 5 febbr. 1539), dove svolse la funzione di informatore e agente segreto al servizio di Enrico VIII; uno dei suoi compiti era quello di sorvegliare attentamente i movimenti del cardinale inglese Reginald Pole, oppositore dello scisma anglicano. Alla fine del 1539 incontrò nuovamente Pietro Carnesecchi, che sostò per qualche tempo a Roma in attesa di recarsi a Napoli, dove si sarebbe legato al circolo eterodosso riunito attorno a Juan de Valdés. In quell'occasione, come lo stesso Carnesecchi riferì agli inquisitori molti anni più tardi, il G. sottopose al protonotario fiorentino una copia dei Loci communes di Filippo Melantone.
Nel giugno 1540 la caduta e la condanna a morte di Thomas Cromwell per alto tradimento coinvolsero anche il G., che per cinque anni non partecipò più attivamente alla politica inglese in Italia. Nella tarda primavera del 1541, nella residenza romana del cardinale Ercole Gonzaga, egli rivide ancora una volta l'amico Carnesecchi, che tornava da Napoli: con lui era l'umanista Marcantonio Flaminio, da poco conquistato alle dottrine valdesiane. In quell'occasione il Carnesecchi prestò al G. una copia manoscritta del Beneficio di Cristo - il celebre libretto destinato a diventare una delle opere più rappresentative dell'eterodossia religiosa italiana - non ancora completamente rielaborato dal Flaminio. Di lì a poco, il G. si mise al servizio di un altro valdesiano, l'arcivescovo di Otranto Pietro Antonio Di Capua, presso il quale rimase fino al 1545. Durante questo periodo frequentò gli incontri di lettura e commento delle Sacre Scritture (in particolare le epistole paoline) organizzati e ospitati dallo stesso Di Capua nella sua abitazione romana. Oltre al G., vi partecipavano Girolamo Borri, Vittore Soranzo e Giovanni Tommaso Sanfelice.
Alla fine del 1545 il G. fu costretto a fuggire da Roma a causa della cattura di due suoi amici luterani di origine spagnola, Diego e Francisco de Enzinas (quest'ultimo, studioso di letteratura greca, poi esule a Strasburgo e a Cambridge, è noto anche col nome grecizzato di "Driander"). In un primo momento il G. cercò rifugio a Venezia, da dove il nunzio pontificio Giovanni Della Casa segnalava la sua presenza alle autorità romane nel marzo 1546. Poco dopo si recò in Germania, allo scopo di perorare presso i principi protestanti tedeschi una lega antimperiale tra l'Inghilterra, la Lega protestante di Smalcalda e gli Stati italiani ostili a Carlo V (tra i quali Venezia, il cui atteggiamento politico e religioso suscitava grandi speranze nei filoprotestanti italiani). Il progetto era stato concepito da Enrico VIII, che per la realizzazione si era affidato, oltre che al G., all'avventuriero bolognese Ludovico Dall'Armi e a Baldassarre Altieri. Il 24 giugno 1546 il G. scriveva una lunga e appassionata lettera all'elettore Giovanni Federico di Sassonia, nella quale esponeva dettagliatamente il piano e associava "l'antica libertà d'Italia" e "l'antica e giusta dottrina del santo Evangelo". Il G. tornò a Venezia in ottobre; le sue mosse erano però sorvegliate attentamente dal nunzio, il che lo costrinse nuovamente a fuggire e a rifugiarsi in Inghilterra.
In un breve arco di tempo la morte di Enrico VIII (gennaio 1547), la scoperta di diverse congiure antimperiali in Italia, il rifiuto dei Veneziani di inimicarsi l'imperatore e, infine, la sconfitta militare della Lega di Smalcalda a Mühlberg (aprile 1547) vanificarono tutte le speranze dei filoprotestanti italiani.
In Inghilterra il G., in crescenti difficoltà economiche, fu ospite del mercante fiorentino Bartolomeo Compagni. Durante questi anni svolse attività di informatore e di intermediario tra eterodossi italiani e autorità inglesi. Dopo l'ascesa al trono della cattolica Maria Tudor, forse su consiglio di Reginald Pole, il G. tornò in Italia tra il 1554 e il 1555 in compagnia degli ambasciatori della regina. Secondo quanto avrebbe dichiarato molto più tardi Pietro Carnesecchi agli inquisitori romani, l'intenzione del G. era di riconciliarsi con la Chiesa cattolica, ma l'elezione dell'intransigente Gian Pietro Carafa, papa Paolo IV, lo costrinse a fermarsi a Venezia, dove rimase fino al 1565.
Durante questo soggiorno veneziano, il G. poté rinsaldare l'antica amicizia col Carnesecchi e frequentò assiduamente i circoli eterodossi della città, legandosi a personaggi come Pietro Gelido, Endimio Calandra, Apollonio Merenda e gli ambasciatori francesi Jean Hurault de Boistaillé e Arnauld du Ferrier, di orientamento "politique" e segretamente inclini al calvinismo. Dopo l'ascesa al trono inglese di Elisabetta I (1558), inoltre, il G. ricominciò a svolgere le funzioni di informatore, inviando in Inghilterra notizie sulle attività del S. Uffizio e sulle vicende del concilio di Trento.
La ripresa dei contatti con le autorità britanniche offrì al G. un appoggio determinante in occasione del suo arresto da parte del Consiglio dei dieci (che aveva acconsentito alle richieste in tal senso provenienti da Roma). Imprigionato nel febbraio 1561, il G. venne infatti scarcerato il 19 settembre dello stesso anno, dopo un autorevole intervento del Privy Council. Vane furono le proteste di Roma, espresse all'ambasciatore veneziano dallo stesso Pio IV. Dopo quell'episodio il G. tornò a frequentare gli ambienti eterodossi veneziani, ma i suoi rapporti con l'Inghilterra si fecero via via più radi. I suoi movimenti erano costantemente sorvegliati e ogni contatto con lui poteva essere compromettente a tal punto che, desiderando far visita al suo antico protettore Pietro Antonio Di Capua, giunto a Venezia come nunzio pontificio alla fine del 1565, il G. dovette farlo di nascosto.
All'inizio dell'anno seguente il G. si trovava a Padova, dove ospitava studenti "a dozzina". L'affievolirsi dei suoi legami con l'Inghilterra fece sì che, giunta da Roma una nuova richiesta di arresto, la Repubblica la esaudisse prontamente: agli inizi di luglio 1566, dopo un'indagine condotta dal suffraganeo di Padova, il G. venne catturato e incarcerato per eresia. Nelle settimane seguenti si svolse un aspro contenzioso tra il S. Uffizio romano, che desiderava l'estradizione del G. per estorcergli informazioni riguardanti i movimenti eterodossi di tutta l'Italia, e la Repubblica di Venezia, inizialmente arroccata nella difesa della propria giurisdizione.
Nel frattempo, il sequestro dei libri trovati in possesso del G. rivelava la complessità dei suoi interessi culturali: nella sua ricchissima biblioteca trovavano posto non soltanto l'edizione erasmiana del Nuovo Testamento, gli Adagia dello stesso Erasmo, scritti di Joachim de Watt (Vadian) e di Antonio Brucioli, ma anche diverse opere di Lorenzo Valla, Niccolò Machiavelli e una copia del Corano: il che è forse indice di una tendenza eterodossa volta a mettere sullo stesso piano le tre grandi religioni monoteistiche, in ossequio alla tradizione ereticale cui appartenevano anche gli ambasciatori francesi frequentati dal G. e che sarebbe sfociata poi nel Colloquium heptaplomeres di Jean Bodin.
Venezia dovette infine cedere all'inflessibilità di Pio V: il G. giunse a Roma alla fine dell'agosto 1566. Il processo fu lunghissimo; al G. vennero strappate confessioni su molti personaggi vivi e morti, variamente compromessi con le vicende eterodosse italiane dei trascorsi decenni, come Pietro Carnesecchi, Vittoria Colonna, Alvise Priuli e Reginald Pole. I suoi costituti vennero usati tra l'altro per accusare il Carnesecchi, che nel frattempo era stato consegnato al S. Uffizio romano dal suo antico protettore Cosimo I de' Medici.
A differenza del protonotario fiorentino, il G., non essendo relapso, riuscì ad avere salva la vita: nel maggio 1569 abiurò a Roma trentotto articoli eretici e venne condannato al carcere perpetuo. Questa è l'ultima notizia che possediamo su di lui.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Arch. della Congregazione per la Dottrina della fede, Stanza storica, R.4.a, b, c (processo contro P. Carnesecchi), passim; S.5.c (processo contro Bartolomeo della Pergola), cc. 25, 32v-33r; Estratto del processo di P. Carnesecchi, a cura di G. Manzoni, in Miscellanea di storia italiana, X (1870), pp. 187-573 passim; Nunziature di Venezia, VIII, a cura di A. Stella, Roma 1963, ad indicem; Il processo inquisitoriale del card. G. Morone, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, I-II, IV, VI, Roma 1981-95, ad indices; S. Pagano, Il processo di E. Calandra e l'Inquisizione a Mantova nel 1567-1568, Città del Vaticano 1991, ad indicem; A. Stella, G. da Fano eretico del secolo XVI al servizio del re d'Inghilterra, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIII (1959), pp. 196-238; Id., Utopie e velleità insurrezionali dei filoprotestanti italiani (1545-1547), in Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, XXVII (1965), pp. 141 n., 147, 151 s., 155, 158 n., 167-172; A. Gardi, P.A. Di Capua (1513-1578). Primi elementi per una biografia, in Riv. di storia e letteratura religiosa, XXIV (1988), pp. 272 s., 300 s.; S. Caponetto, La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento, Torino 1992, ad indicem.