GUIDI, Guido
Quarto di questo nome, figlio del conte Guido (III) e di Adelaita di Ildebrando, è attestato per la prima volta nel 1056.
Il padre del G. insieme con il fratello Tegrimo (III) compare in fonti di area toscana in particolare dal 1043 fino al 1048, anno a partire dal quale Tegrimo non è più citato nei documenti (cfr. Delumeau, p. 391); a sua volta Guido (III) viene ricordato come già morto nel 1056.
Il G. seguì, sia pure nei modi diversi dettati dai tempi, la politica familiare consolidatasi ai tempi del nonno Guido (II). La sua azione portò la famiglia ad accentuare fortemente la presenza in ambito toscano, trascurando quello che era stato un tratto distintivo nelle scelte delle prime generazioni, ossia una politica di doppio versante a nord degli Appennini, in Romagna, e a sud, in Toscana. Proprio qui fu particolarmente attivo, realizzando una politica di bilanciamento tra gli interessi patrimoniali nelle aree rurali e un inserimento nei giochi di potere cittadini nelle aree di maggior presenza della famiglia, in particolare nel territorio di Pistoia ma anche in quelli di Firenze, di Fiesole e di Arezzo.
Il radicamento della politica del G. in ambito essenzialmente toscano fu molto probabilmente influenzato dalla morte di Enrico III avvenuta nel 1056 - proprio l'anno della prima attestazione documentaria relativa al G., riguardante la donazione di alcuni beni di sua pertinenza in favore del monastero di monte Taona - e dalla presenza in Tuscia di un potere marchionale vigoroso, quello costruito dalla coppia formata da Goffredo il Barbuto e Beatrice di Lorena (1056-69), in un primo tempo, e poi da Beatrice e sua figlia Matilde di Canossa (1069-76). Sempre nel 1056 egli compare anche in un atto sottoscritto con l'abate di S. Michele di Marturi, nel quale il G. è citato con l'appellativo di "Guerra" (ibid., p. 392).
Questo soprannome sembrerebbe richiamare una certa inclinazione all'uso della forza e della violenza, riecheggiando in qualche misura quello di "Bevisangue" relativo all'antenato Tegrimo (II). È solo, comunque, a partire dal figlio del G. che tale appellativo si stabilizza nelle fonti e, dunque, nella storiografia.
Sul G. abbiamo una ricca documentazione che ci permette di seguirne i rapporti tanto con enti ecclesiastici delle città dove tradizionalmente i Guidi operavano, quanto con le fondazioni monastiche legate alla famiglia e, in particolare, con gli Ordini camaldolese e vallombrosano. Questi rapporti non furono sempre lineari né, probabilmente, facili per le aspirazioni riformistiche diffusesi in quel periodo in Toscana. È noto infatti che intorno agli anni Sessanta dell'XI secolo un deciso rilievo ebbero le istanze avanzate dalla Congregazione vallombrosana, sorta per volere di Giovanni Gualberto proprio all'interno di un cenobio patrocinato dal G., istanze che furono particolarmente vivaci specie in merito alla controversa elezione di Pietro Mezzabarba quale presule di Firenze (1065), avversata da Giovanni Gualberto e dai suoi seguaci. È probabile che il G. in questo contesto non abbia apertamente sostenuto la comunità vallombrosana, allineandosi in tal modo alle prudenti direttive sostenute nel corso della vicenda dal marchese Goffredo e da sua moglie Beatrice.
Parrebbe poi confermarsi con il G. un'altra costante della dinastia, ossia l'importante ruolo svolto in essa dalle donne, tanto appartenenti alla discendenza quanto a essa legate per vincoli matrimoniali. Infatti G. sposò una certa Ermellina o Armellina, figlia del marchese Alberto, che il Rauty (p. 250) ricollega con convinzione alla famiglia degli Alberti con i quali, in effetti, non mancarono anche nei decenni successivi rapporti e vincoli.
La comunanza di intenti che legava il G. ai marchesi di Toscana si espresse anche nel corso delle note vicende dello scisma guibertista, quando Matilde di Canossa, rimasta sola nel 1076 alla guida del Marchesato, sostenne con vigore il pontificato romano contro il presule di Ravenna Guiberto (Wiberto), eletto papa nel 1080 da un'assemblea di vescovi germanici con il nome di Clemente III. In tale contesto del resto già si muoveva il figlio del G., Guido (V), che proprio in quegli anni figura come figlio adottivo della stessa Matilde.
Anche i rapporti con le istituzioni ecclesiastiche cittadine, diretta espressione dei ceti emergenti in ambito urbano, furono intensi e vivaci. Risale al 1098 un famoso atto con il quale G. rinunciava in favore della canonica di Arezzo ai diritti su Moggiona, promettendo l'estromissione propria e dei suoi "missi" da ogni esercizio della giustizia sugli uomini di quel luogo, tranne nel caso in cui i canonici avessero trascurato di farlo. Il documento, ampiamente studiato (cfr. da ultimo Delumeau, p. 181), si rivela ulteriore indizio delle prerogative rivendicate dalle istituzioni cittadine a scapito del potere comitale esercitato nei distretti rurali.
Gli ultimi anni del G. pare siano stati segnati da difficoltà finanziarie da ricollegare, forse, alla sua partecipazione alla prima crociata, attestata da un documento del 1100 (Davidsohn, p. 418), che lo vede fare una donazione in favore di un certo Rimundino per il servizio che gli prestò nel viaggio gerosolomitano. Ciò non gli dovette impedire comunque di mantenere una posizione di prestigio nei pur mutati rapporti ed equilibri sociali che si andavano delineando nella Toscana del XII secolo.
In un atto relativo al monastero di S. Salvatore di Fonte Taona del 1103 il G. è ricordato come defunto: nell'arco di tempo fra il 1100 e il 1103 va dunque collocata la sua morte.
Fonti e Bibl.: I placiti del Regnum Italiae, a cura di C. Manaresi, III, 1, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XCVII, Roma 1960, pp. 294-297; 2, ibid., pp. 435-437; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1956, pp. 230 s., 331, 360, 418, 1044, 1134; A. Overmann, La contessa Matilde di Canossa, Roma 1980, p. 146; Y. Milo, Political opportunism in Guidi Tuscan policy, in I ceti dirigenti in Toscana nell'età precomunale. Atti del I Convegno, Firenze… 1978, Pisa 1981, pp. 212-216, 220; M.G. Bertolini, I canossiani e la loro attività giurisdizionale, in I poteri dei Canossa da Reggio Emilia all'Europa. Atti del Convegno internazionale, Reggio Emilia-Carpineti… 1992, a cura di P. Golinelli, Bologna 1994, pp. 112 s.; J.-P. Delumeau, Arezzo. Espace et sociétés, 715-1230, Roma 1996, pp. 181, 186, 306, 391-399, 414, 423, 596, 764, 1388; N. Rauty, I conti Guidi in Toscana, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi, conti e visconti nel Regno italico, secc. IX-XII. Atti del II Convegno, Pisa… 1993, Roma 1996, pp. 250-257; M.E. Cortese, L'incastellamento nel territorio di Arezzo (secoli X-XII), in R. Francovich - M. Ginatempo, Castelli. Storia e archeologia del potere nella Toscana medievale, I, Firenze 2000, p. 100; E. Repetti, Diz. geografico fisico storico della Toscana, VI, App., Firenze 1846, p. 41.