LA REGINA, Guido
Nacque a Napoli il 13 febbr. 1909 da Annibale ed Elvira Venanzi. Dal padre, pittore, apprese i primi insegnamenti e nel 1923, dopo le scuole tecniche, si iscrisse all'istituto d'arte, dove studiò incisione con L. Balestrieri. L'anno successivo espose alcune incisioni alla Biennale di arti decorative di Monza e nel 1926 eseguì due xilografie per la novella di S. Di Giacomo Pesci fuor d'acqua (ripr. in Lux, p. 82). Contemporaneamente, frequentò lo studio dello scultore V. Gemito (1924). Attraverso R. Orlando, incontrato nel 1927 alla Mostra primaverile d'arte, conobbe l'editore G. Casella e i pittori futuristi Fillia (L. Colombo), F. Depero e F. Cangiullo, i quali lo introdussero al discorso astrattizzante del secondo futurismo. Nel 1929 e nel 1931 si recò a Parigi, dove ammirò la scomposizione cézanniana, il colore di H. Matisse e le ricerche del cubismo, mentre in Germania approfondì l'interesse per l'espressionismo tedesco.
Rientrato a Napoli si diplomò nel 1931, ma non aderì al Sindacato fascista di belle arti. Non potendo partecipare alle esposizioni artistiche ufficiali, si dedicò alla grafica allestendo una mostra di xilografie al Circolo della stampa (aprile 1933) e pubblicando due raccolte di incisioni (Xilografie di L., Napoli 1932; Trenta xilografie di G. L., ibid. 1936); iniziò a insegnare storia dell'arte presso l'istituto d'arte di Napoli (1934); disegnò le scenografie del Giannina e Bernardone di D. Cimarosa per il teatro S. Carlo e quelle di Madonna Oretta di G. Forzano per la compagnia del Piccolo teatro di Napoli (1934); lavorò ai cartoni preparatori di un grande mosaico, mai realizzato, per il catino absidale della chiesa parrocchiale di Abbazia, vicino a Fiume (1936).
Le opere di questo periodo, che rappresentano nudi, figure mitologiche e scene sacre, rivelano ancora, nelle scelte tematiche, l'influenza della cultura classica paterna e delle idee religiose del fratello Mario, terziario francescano, ma anche l'interesse per le opere di M. Sironi esposte nel 1933 alla V Triennale di Milano (Nudo seduto, Figura di ragazzo, 1934: Roma, collezione privata).
Nel 1936 sposò Claudia Mazzella, dalla quale ebbe due figli, Adriano e Liliana. Richiamato alle armi, nel 1940 prese parte alle operazioni di guerra in Africa settentrionale poi, nel 1942, fu inviato come corrispondente di guerra presso il comando della 2a armata di stanza a Sušak, presso Fiume. Prima della fine del conflitto allestì ad Abbazia, dove frattanto si era stabilita la sua famiglia, una mostra a villa Alma ed eseguì per la chiesa di S. Maria Annunziata due pale d'altare con S. Benedetto e S. Rita (1944-45: Monteoliveto Maggiore).
Nella primavera del 1946 si trasferì a Roma, dove organizzò il Sindacato pittori e scultori aderente alla CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro). Nel 1947, in qualità di segretario, allestì nel palazzo di Venezia la I Mostra del Sindacato provinciale delle arti figurative; ma si dimise subito dall'incarico per dedicarsi unicamente alla ricerca artistica, come spiegò più tardi in una intervista rilasciata a Telesera (Roma, 25 marzo 1961). Nello stesso anno il ministero della Pubblica Istruzione gli assegnò lo studio n. 10 di villa Massimo, dove rimase per dieci anni e dove, insieme con Leoncillo (L. Leonardi), M. Mazzacurati e più tardi R. Guttuso, sviluppò un drammatico linguaggio neocubista ricco di inflessioni espressionistiche, ma aperto a una progressiva conquista del colore.
Risultato di questo sodalizio artistico, terminato nel 1949, fu la personale alla galleria di Roma in via Sicilia del dicembre 1950, composta da quindici disegni, tra i quali erano tre studi di grandi dimensioni per la Genesi (dipinto; Roma) e venti dipinti, tra i quali Composizione con manichino, Scheletro con armatura, Paesaggio autunnale.
All'inizio degli anni Cinquanta approdò a un linguaggio non figurativo sia nella ricerca grafica - con la cartella di Dieci linoleum a colori (Roma 1951) esposti con le relative tempere alla galleria Vetrina di Chiurazzi (1951) - sia in pittura con i Paesaggi presentati alla VI Quadriennale romana nel dicembre 1951 (catal., p. 42, nn. 13-15). Tra alterne vicende la sua adesione all'arte astratta si precisò l'anno successivo con la sottoscrizione, insieme con L. Fontana, G. Capogrossi, R. Crippa, E. Vedova, A. Burri e altri, del Manifesto del movimento spaziale per la televisione (maggio 1952); con la partecipazione alla I Mostra nazionale degli artisti spaziali alla galleria Casanova di Trieste (novembre 1952) e la collaborazione con la galleria del Naviglio di Milano. Invitato alla XXVII Biennale di Venezia nel 1954, espose cinque serigrafie ispirate ai paesaggi della costiera napoletana, caratterizzate da colori contrastanti e da un complicato schematismo geometrico di matrice neoplastica; mentre alla galleria del Cavallino presentò alcuni dipinti sul tema della Città (1954), basati sull'associazione di paesaggio e architettura, caos e geometria.
Questi lavori aprirono al L. le porte del mercato americano: quello stesso anno partecipò a una mostra collettiva al Museum of art di Cincinnati; e nel 1955-56 allestì personali alla Myrtle Todes Gallery di Chicago e alla galleria De Braux di New York. Rispetto alle opere esposte nel 1955 alla VII Quadriennale romana (Lampare sul golfo, Venezia, Periferia di Chicago) o alla serie di dipinti sulle Acciaierie, nelle quali si registrava il ritorno a un'immagine referenziale, il soggiorno americano coincise con una decisiva svolta nella ricerca astratta del L., il quale, sulla scorta di J. Pollock, adottò un linguaggio informale più libero e automatico, indipendente dal reale sia nell'iconografia e nei colori sia nei titoli.
Tra il 1958 e il 1959 tenne diverse mostre in Germania (Colonia, Düsseldorf, Francoforte, Würzburg) presentato da G.C. Argan, ma rifiutò di esporre alla VII Quadriennale di Roma. Dal 1955 al 1961 partecipò regolarmente al premio nazionale di pittura F.P. Michetti di Francavilla al Mare, e vinse l'edizione del 1959 con Spazio blu (Chieti, Pinacoteca provinciale).
Interessato a verificare i risultati della propria ricerca attraverso linguaggi artistici differenti, coltivò anche la scultura confrontandosi con la progettazione di gioielli (1952) e con la lavorazione della ceramica, campo in cui ottenne buoni riconoscimenti alla II Mostra delle maioliche di Deruta (Forma 60, Forma 60A). Nel 1961 realizzò una serie di piccole opere in bronzo, ottone e gesso di matrice astratto-informale che furono esposte nel 1976 da N. Ponente alla Studio S di Roma. Su indicazione di L. Venturi - che già da anni lo sosteneva e lo aveva inserito nella mostra romana "Nuove tendenze dell'arte italiana" (New York Art Foundation, 1958) - nel 1960 Palma Bucarelli acquistò per la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma il dipinto Spazio viola esposto nella personale dell'artista alla galleria L'incontro di Roma.
Nel 1961 alla III Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio espose un quadro dipinto in Germania nel 1959 (Sul Reno). Pur non rinunciando all'elaborazione plastica delle sue tele, trattate con stesure sovrapposte di pigmento o con l'impiego di stucco e sabbia, giunse all'elaborazione di una più salda costruzione compositiva e cromatica, suggerita dalla visione delle opere di M. Rothko e poi maturata attraverso i contatti con il Medio Oriente. Attratto dalla tradizione aniconica del mondo islamico, nel 1963 espose con una antologica di settanta opere al Musée Sursock di Beirut (Omaggio a Venturi, 1956; Spazio rosso, 1958; Oro-Nero, 1961; Via Atri, 1962: ripr. in Lux, nn. 37, 49, 58 s.) e nel 1964 partecipò alla mostra itinerante "Pittura italiana d'oggi" ospitata a Teheran, Baghdad e Damasco, città nella quale rimase tre anni come docente di pittura presso la facoltà di belle arti.
Frutto di questo soggiorno fu un ciclo di opere dominate dalla presenza di un modulo geometrico semplice ripetuto per rotazione e molteplice intersezione, come nel dipinto Habibi presentato nel 1968 alla VI Biennale romana.
Rientrato in Italia, continuò a insegnare all'Accademia di belle arti di Catania realizzando corsi sperimentali impostati sul costruttivismo. Nel 1970 eseguì per i "Quaderni di letteratura e interpretazione figurativa" delle edizioni De Luca una serigrafia per la poesia di D. Campana Arabesco-Olimpia presentata da M. Petrucciani (Roma 1973). Dopo un nuovo soggiorno in Siria espose in una grande mostra antologica all'Università G. D'Annunzio di Pescara (1973) curata da R. Orlando, promotore, tra le altre, anche dell'ultima personale del L. ospitata all'Istituto italiano di cultura di Copenaghen nel 1988. Contemporaneamente, attraverso la dilatazione degli elementi geometrici il L. giungeva in pittura a esiti di estrema semplificazione (Opera R80 del 1980 e Opera D84 del 1985: Roma, collezione privata), a una definizione concretista dell'immagine che andò poi sfaldandosi negli anni estremi (A.L./6, 1992-94: ibid.).
Il L. morì a Roma il 6 maggio 1995.
Fonti e Bibl.: Morto a Roma G. L., in Il Mattino, 10 maggio 1995; R. Orlando, G. L., Roma 1952; N. Ponente, G. L., Roma 1955; E. Lavagnino, Storia dell'arte moderna, Torino 1956, s.v.; E. Battisti, G. L., Roma 1962; L.: opere dal 1950 al 1973 (catal., Pescara), a cura di R. Orlando, Roma 1973; S. Lux, G. L. Mostra antologica (opere dal 1928 al 1989) (catal.), Roma 1989; G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del '900. Generazione primo decennio, Bologna 1996, ad indicem.