MACHIAVELLI, Guido
Nacque a Firenze, presumibilmente all'inizio del secolo XIV, da Giovanni di Buoninsegna e da Francesca di Domenico Del Caccia.
Del padre si sa che militò al servizio del Comune di Firenze e che nel 1315 prese parte alla battaglia di Montecatini contro Uguccione Della Faggiuola. Dal suo matrimonio nacquero altri tre figli: Bartola, Filippo, che intraprese la carriera politica, e Ludovico.
Il cursus honorum del M. è documentato a partire dal 1343, all'indomani della fine della signoria del duca di Atene, Gualtieri di Brienne.
La riorganizzazione della città in quartieri aveva determinato una modifica dei procedimenti elettorali, allo scopo di favorire il ceto popolare, rappresentato non solo dalle arti maggiori, ma anche da quelle medie e minori, a danno della classe magnatizia. La vittoria dei popolari fu sancita dallo squittinio tenuto nel 1343 per le cariche maggiori e da quello generale del 1344 per gli uffici amministrativi. Furono queste le prime elezioni politiche su larga base tenute dopo l'introduzione del sistema elettorale della "tratta", avvenuta a Firenze nei primi decenni del Trecento.
Anche il M. vi partecipò, insieme con il fratello Filippo: il suo nome compare, infatti, nella lista degli iscritti per essere sorteggiati a ricoprire gli uffici intrinseci, predisposta nel 1344 nel quartiere S. Spirito, "gonfalone" Nicchio; il M. concorse anche per gli uffici estrinseci, in particolare per quello di podestà. Il 14 ag. 1344 il M. fu tra i vincitori della tornata elettorale per le maggiori cariche interne.
Tuttavia, l'equilibrio raggiunto tra le diverse componenti della classe sociale affermatasi nel 1343 subì una nuova crisi di fronte al tentativo da parte delle corporazioni artigiane medie e minori di cambiare sempre più a loro vantaggio la struttura politica di governo, anche attraverso la modifica dei meccanismi elettorali. Pertanto nell'agosto del 1348, nel pieno dell'epidemia di peste che imperversava a Firenze, vi fu il tentativo delle arti maggiori di riprendere l'assoluto controllo del potere politico, attraverso la convocazione di una Balia che doveva provvedere alla tenuta di un nuovo squittinio, per annullare i risultati di quello precedente.
Di questa commissione elettorale fece parte anche il M., nominato al posto del fratello Filippo, impedito dall'assumere l'incarico. Negli anni seguenti il ruolo del M. diventò sempre più incisivo all'interno dei nuovi schieramenti politici, che videro il consolidarsi della posizione della Parte guelfa anche attraverso i meccanismi elettorali. Nel 1353 risulta in carica come capitano del Popolo a San Gimignano; il 6 giugno di quell'anno, infatti, prese parte alla riunione del Consiglio del Popolo di quel Comune che ratificò la pace stipulata con Sarzana, con l'arcivescovo di Milano Giovanni Visconti e con Bologna, Perugia, Siena e Firenze. Il 12 settembre fu estratto per il magistrato dei Dodici buonuomini, con inizio il 15 successivo. Il 29 ag. 1356 fu sorteggiato per l'ufficio di gonfaloniere di Compagnia, ma non entrò in carica in quanto assente. Nel gennaio-febbraio 1358 il M. fu per la prima volta priore; durante il suo mandato dovette affrontare una difficile questione riguardante le richieste della Parte guelfa di rinnovare le leggi contro i ghibellini per escluderli dalle cariche pubbliche, rischiando, a causa del diniego opposto a tale richiesta, di essere accusato egli stesso, insieme con gli altri magistrati, come ghibellino e quindi nemico dello Stato. Il 12 marzo 1359 fu estratto tra i Dodici buonuomini che avrebbero dovuto iniziare il mandato il 15 seguente. Il 29 dic. 1360 venne estratto per il priorato, ma non fu approvato. Ancora venne eletto alla carica di priore per il bimestre gennaio-febbraio 1362. Nello stesso anno donò diversi beni alla Compagnia del Bigallo insieme con il nipote Andrea, contribuendo a completare l'ospedale di S. Andrea in Percussina nella podesteria di San Casciano.
Il 13 genn. 1364 fu inserito nella recata (elenco di eleggibili) predisposta dalla Parte guelfa per lo scrutinio degli uffici maggiori. Nel maggio-giugno 1365 ricoprì ancora il priorato e il 28 apr. 1366 venne estratto alla carica di gonfaloniere di Compagnia. Il 9 febbr. 1367 il M. fu inserito ancora nelle liste della Parte guelfa per le elezioni agli uffici maggiori; l'11 settembre fu estratto per far parte dei Dodici buonuomini. Il 29 ag. 1368 venne sorteggiato come gonfaloniere di Compagnia, con inizio dell'ufficio l'8 settembre.
Nel 1369 il M., con il nipote Buoninsegna di Filippo, Cianco di Agnolo da Montespertoli, Vagnozzo di Bartolomeo di ser Mico da San Felice, ricevette l'eredità di Niccolò di Nardo da Montespertoli, con il quale doveva esservi un legame di parentela. In particolare, al M. e al nipote Buoninsegna andarono i benefici derivanti dai patronati della pieve di S. Piero in Mercato, delle chiese di S. Paolo, S. Quirico alla Sodera, S. Miniato a Ortano, S. Iacopo a Mozzano, S. Maria a Pubica, S. Andrea a Montespertoli, la chiesa nel castello di Quaratola e la canonica di S. Donato a Linizzano.
Nel bimestre maggio-giugno del 1371 esercitò nuovamente il priorato. Il 29 dic. 1373 fu ancora designato per tratta gonfaloniere di Compagnia e il 26 genn. 1375 fu eletto vicario della Val di Nievole per sei mesi, con inizio dell'ufficio dal 1 maggio. Durante lo svolgimento di questo incarico, la Signoria gli inviò una missiva il 19 settembre in cui lo informava che i Lucchesi avevano protestato per i danni causati nella loro giurisdizione da banditi e ribelli della Repubblica, che dopo le loro scorrerie riparavano nel territorio fiorentino: pertanto si allegava la lettera dei Lucchesi perché il M. fosse a conoscenza dei fatti e provvedesse a impedire che tali episodi si ripetessero.
Nel marzo-aprile 1377 il M. ricoprì per la prima volta la carica di gonfaloniere di Giustizia. Il 2 genn. 1378 fu estratto per svolgere l'ufficio di podestà a Fucecchio, ma non assunse la carica; nello stesso anno, secondo Litta, fu podestà a San Gimignano, ma il dato non è verificabile in quanto per l'anno 1378 manca gran parte della documentazione.
Il M. fu anche protagonista dei fatti che, in seguito alla crisi politica e istituzionale che Firenze attraversò alla fine degli anni Settanta del Trecento, culminarono nel luglio del 1378 nel tumulto dei ciompi.
L'influenza della Parte guelfa, che già dagli anni Cinquanta aveva acquisito un ruolo politico determinante nel governo della città, controllando di fatto le operazioni elettorali ed escludendo dalle cariche pubbliche numerosi cittadini, con la connivenza delle forze magnatizie, determinò una violenta reazione dei ceti meno abbienti, alla quale parteciparono le arti minori e il popolo minuto: il fine era quello di acquisire una rappresentanza politica attraverso la modifica dei meccanismi elettorali che fino ad allora avevano favorito gli interessi della stessa Parte guelfa e delle corporazioni maggiori. La vittoria riportata dalla sommossa popolare nel luglio 1378 spazzò via i membri del governo in carica, proclamando Michele di Lando gonfaloniere di Giustizia e predisponendo l'elezione di una Balia per la tenuta del nuovo squittinio. Tutte le borse della Parte guelfa vennero bruciate.
Per celebrare l'avvenimento, il 20 luglio 1378 il M. fu nominato, insieme con altri numerosi cittadini, cavaliere a spron d'oro. Le cronache fiorentine che riportano l'episodio narrano che la creazione dei nuovi cavalieri avvenne in maniera tumultuosa davanti alla ringhiera del palazzo della Signoria. Nello stesso mese il M. partecipò anche al nuovo squittinio per le cariche principali, presentandosi nella recata predisposta per le arti maggiori, gli "scioperati" e il popolo minuto. Nell'ottobre seguente fu deciso che i nuovi cavalieri dovessero recarsi al palazzo della Signoria per dichiarare espressamente se accettavano o meno tale dignità, in modo che la loro elezione fosse sanzionata attraverso una corretta procedura istituzionale: tra i trentuno che manifestarono il loro assenso vi fu anche il M., mediante Alessandro dei Bardi, suo procuratore. Il giuramento di fedeltà al reggimento avvenne il giorno 18, con una solenne cerimonia, davanti al gonfaloniere di Giustizia, con la consegna di una lancia, del pennone e della targa con le armi del Popolo fiorentino, per i quali il M. pagò 11 fiorini, oltre a un fiorino versato per il palio d'oro offerto a S. Giovanni Battista. Nel 1379 venne iscritto nella recata per partecipare al nuovo squittinio per gli uffici principali, che comportò uno spostamento dell'asse politico a vantaggio delle arti maggiori.
Nel novembre-dicembre 1381 il M. ricoprì ancora l'ufficio di gonfaloniere di Giustizia. Nel gennaio-febbraio 1382 dovette partecipare allo scrutinio per i tre maggiori uffici indetto dalla Balia, i cui risultati furono decisamente favorevoli alla parte oligarchica che riuscì in tal modo a riprendere il controllo del governo della città. Nello stesso 1382 fu inviato a Pistoia al fine di contrastare il peso politico della fazione ghibellina attraverso opportune riforme istituzionali. Ancora fu gonfaloniere di Giustizia nel luglio-agosto 1386. A Pistoia dovette tornare nel 1388.
Il M. contrasse matrimonio con Filippa di Albizzo Ricoveri (nel Litta e in Firenze, Biblioteca naz., Poligrafo Gargani figura il cognome Rinucci) dalla quale ebbe quattro figli: Francesca, che andò sposa a Francesco Strozzi, Andrea, Paolo e Amadio. Da una nota del secolo XVII (Carte Strozziane, s. II, f. 130, c. 1) risulta che nel 1353 l'unione era già avvenuta, in quanto si registra l'iscrizione della stessa Filippa, come moglie del M., nel libro del Monte di quell'anno. Nel Poligrafo Gargani come data del matrimonio viene indicato il 1382.
Il M. morì il 2 sett. 1390: la notizia è contenuta nel manoscritto conservato presso la Biblioteca nazionale di Firenze, Mss., II.IV.379, c. 398. Il dato non compare tuttavia nelle registrazioni dei morti degli Ufficiali della grascia presso l'Archivio di Stato di Firenze, per cui si potrebbe supporre che il M. non sia morto a Firenze.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 291, c. 14v; 313, c. 1v; 323, c. 1v; 327, c. 1r; 333, c. 1r; 344, c. 2r; 354, c. 1v; 390, c. 4r; 537, c. 1r; 540, c. 1v; 541, c. 6r; 543, c. 1v; 544, c. 3r; 547, c. 2r; 748, c. 37r; 750, c. 48r; 753, c. 113r; 754, c. 8r; 757, c. 91r; 759, c. 21r; 760, c. 7r; 764, c. 74r; 767, c. 143v; 1001, c. 18v; Priorista di palazzo, cc. 102v, 110r, 116r, 121v, 127v, 132r; Signori, Missive prima Cancelleria, 16, c. 25v; Carte Strozziane, s. II, f. 130, c. 1; Firenze, Biblioteca nazionale, Passerini, 171/1; Poligrafo Gargani, 1167-1168; Bartolomeo di ser Gorello, Cronica dei fatti d'Arezzo, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 1, p. 254; Il tumulto dei ciompi. Cronache e memorie, a cura di G. Scaramella, ibid., XVIII, 3, pp. 74, 87, 109, 145, 148; D.M. Manni, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi, XIII, Firenze 1733, p. 89; Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), pp. 17, 39, 54, 90, 181; XV (1781), p. 22; XVI (1783), p. 65; XVII (1783), p. 169; XVIII (1784), pp. 25, 90; Priorista fiorentino istorico, a cura di M. Rastrelli, Firenze 1783, II, pp. 61, 83, 100, 120, 143; III, pp. 16, 20; L. Pecori, Storia della terra di San Gimignano, Firenze 1853, p. 752; Istorie pistolesi, ovvero delle cose avvenute in Toscana dall'anno 1300 al 1348 e Diario del Monaldi, a cura di C. Guasti, Prato 1855, pp. 519, 523; O. Corazzini, I ciompi. Cronache e documenti con notizie intorno alla vita di Michele di Lando, Firenze 1887, pp. 22, 54, 99; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze, Firenze 1896, p. 140; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Macchiavelli di Firenze, tav. I.