MATTIUSSI, Guido
– Nacque a Vergnacco di Reana del Rojale, presso Udine, il 14 apr. 1852 da Bonaventura Bartolomeo e da Caterina Basi Cappellari, pronipote di papa Gregorio XVI.
Trasferitosi in tenera età con la famiglia a Gemona, dove il padre era stato nominato pretore, vi frequentò le scuole elementari. Più tardi, all’età di dieci anni, entrò nel collegio Fagnani di Bressanone, diretto dai gesuiti. Il 1° luglio 1868 venne accolto nel noviziato dei gesuiti di S. Paolo in Appiano (Bolzano), dove dominavano le idee di G.M. Cornoldi, il più autorevole rappresentante della corrente neotomista in Italia: il M. «ne assorbì lo spirito e ne divenne presto un campione» (Casanova, p. 187).
A differenza, però, di altri studiosi di filosofia, il M. sentì l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali anche attraverso lo studio delle scienze positive. Nel 1874 si laureò in fisica e due anni dopo si perfezionò alla Sorbona di Parigi in scienze fisiche e filosofiche. Si trasferì quindi a Laval, dove insegnò tali discipline e intraprese sotto la guida di L. Billot gli studi teologici, proseguiti poi in Inghilterra. Nel 1882 insegnò fisica e filosofia nel collegio dei gesuiti di Valenza in Spagna, nel 1886 in quello di Porto Re (Kraljevica), presso Fiume, e quindi nel collegio di Scutari in Albania. Dal 1887 al 1892 fu a Roma, dove insegnò fisica e matematica all’Università Gregoriana e filosofia nell’Accademia di S. Tommaso, di cui venne eletto membro.
Nel 1893 il M. fu trasferito a Milano, dove esercitò un’intensa attività di conferenziere, apologista, scrittore del circolo S. Stanislao, sodalizio giovanile studentesco fondato nel 1888 dal suo amico mons. G. Testa; in seguito ricoprì anche la carica di rettore del collegio Leone XIII. Sotto la sua guida spirituale si formarono alcune personalità di spicco del laicato milanese, come F. Meda, futuro leader del Partito popolare italiano (PPI), e L. Necchi, fondatore spirituale dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Nel 1896 pubblicò Fisica razionale, accolta favorevolmente anche in ambienti non ecclesiastici.
Si trattava di dispense litografate che circolarono a lungo nell’Università Gregoriana di Roma. In quest’opera e in altri scritti sullo stesso argomento il M. cercò implicitamente di dimostrare come il pensiero scientifico non fosse di per sé in contrasto con quello tomistico, ancorato a una visione metafisica della realtà, e propose una classificazione deduttiva della qualità dei corpi, sul modello di quella tentata da G.W.Fr. Hegel. Egli trasferì il suo naturalismo aristotelico al piano della conoscenza umana, considerata come «la determinazione naturale che garantisce l’infallibilità dell’intelletto, ne assicura il primato sulla volontà (contro lo scotismo), e perviene al concetto di una verità immutabile» (ibid., p. 193).
Dal 1898 il M. collaborò con la rivista La Scuola cattolica, ingaggiando una battaglia serrata contro il modernismo, che condusse – a partire dal 1907 – anche nelle colonne della rivista senese Armonia della fede.
Nello stesso anno pubblicò Il veleno kantiano. Nuova e antica critica della ragione (Monza 1907), in cui sostenne l’incongruenza e la contraddittorietà del pensiero di I. Kant e, in particolare, della Critica della ragion pura. Il libro del M., molto apprezzato negli ambienti cattolici integralisti, fu una sorta di manifesto della sua personale battaglia contro la filosofia moderna, colpevole a suo dire di essersi allontanata dalla retta via del pensiero tomistico e di avere scavato un abisso tra l’umanità e Dio (rovesciamento della triade: essere, vero bene in bene, vero essere). Negli scritti successivi sparsi nelle diverse riviste cattoliche integraliste il M. battagliò a difesa della metodologia tradizionale dell’apologetica basata sui miracoli, respingendo ogni suggestione relativa alla critica delle fonti bibliche, che proveniva dalla storiografia e dalla linguistica del suo tempo. Accolse inoltre tutta la dogmatica proposta nei secoli dalla Chiesa cattolica come infallibile e immutabile. La sua visione filosofica, ancorata sostanzialmente ai dettami teologici imposti dal concilio Vaticano I (1868-70), nasceva dalla convinzione che la scolastica costituiva l’unico sistema di pensiero che potesse dare una risposta compiuta e definitiva ai problemi legati alla conoscenza di Dio e della natura delle cose.
Il M. fu anche l’ispiratore della virulenta polemica antimodernista de L’Unità cattolica, l’antico organo intransigente, dal 1907 divenuto di proprietà della S. Sede, soprattutto durante la direzione di P. De Töth (1908-09) e di A. Cavallanti (1909-17), con i quali mantenne legami personali molto stretti. Tali polemiche, dirette precipuamente contro gli scrittori modernisti, non risparmiarono neppure quei presuli ritenuti vicini a essi o simpatizzanti per questa corrente religiosa, come l’arcivescovo di Milano A.C. Ferrari, e sovente furono sollecitate dagli ambienti più integralisti e oltranzisti del Vaticano e dallo stesso Pio X.
Tra le battaglie personali del M. contro il modernismo vi fu anche una presa di posizione contro R. Murri, al quale dedicò nel numero del 25 marzo 1908 della rivista Armonia della fede un aspro articolo, in cui pur riconoscendogli il merito di essersi opposto all’immanentismo e concedendogli la qualifica di «buon scolastico», lo accusava però proprio di immanentismo, «perché a questo viene in teologia quando tratta del sentimento religioso, della coscienza individuale e delle collettività e però dell’autorità e della dipendenza nella Chiesa di Cristo: non è ed è» (p. 5). Non meno polemici furono i suoi attacchi a Meda e soprattutto a p. G. Semeria, di cui denunciò a Pio X le idee giudicate eterodosse suggerendo che le sue opere fossero messe all’Indice.
Per la sua attività filosofica e per quella di polemista il M. si guadagnò così la fama di esponente di punta dell’antimodernismo milanese, nonché di «cane poliziotto dell’ortodossia ufficiale» (Bedeschi, 1970, p. 141). Tuttavia subì anche l’ostracismo di una parte del mondo cattolico, non soltanto quella vicina alle tesi moderniste, ma anche quella più moderata, che non ne approvava la rigidezza, l’irruenza e l’intransigenza, nonché le nostalgie apertamente temporaliste. La stessa Compagnia di Gesù, alla quale il M. apparteneva, più propensa alla polemica sfumata e al compromesso, non ne approvò fino in fondo l’operato, tantoché non lo elevò mai a importanti cariche istituzionali, nonostante la sua chiara fama di studioso.
A partire dal 1911 il M. collaborò alla Rivista di filosofia neoscolastica con articoli di carattere speculativo dai toni più pacati. Alcuni suoi importanti scritti apparvero anche nella rivista dei gesuiti Civiltà cattolica, dove dal 1914 al 1916 pubblicò a puntate Le XXIV tesi della filosofia di s. Tommaso d’Aquino approvate dalla S. Congregazione degli studi, successivamente riunite in volume (Roma 1917). L’opera, che ebbe diverse edizioni, fu proposta dopo la prima guerra mondiale come modello filosofico per tutte le scuole cattoliche.
In seguito a nuove polemiche provocate dal M., l’arcivescovo, ora cardinale, Ferrari ne ottenne l’allontanamento da Milano. Pio X, tuttavia, lo ricompensò chiamandolo all’Università Gregoriana, dove sostituì Billot, nominato cardinale, sulla cattedra di teologia dogmatica. Con la morte di Pio X e l’elezione al soglio pontificio di Benedetto XV, che guardò con meno favore alla crociata antimodernista e ai suoi interpreti, avendo subito al tempo in cui era arcivescovo di Bologna le loro asperità, il M. perse i suoi appoggi in Vaticano e dovette lasciare Roma. Dal 1916 al 1920 insegnò all’Antoniano di Padova dove, attraverso le riviste Gregorianum e La Scuola cattolica, si confrontò con l’idealismo italiano con maggiore misura rispetto alle sue passate polemiche antimoderniste. Si impegnò inoltre come teologo nell’elaborazione delle basi teoretiche del dogma dell’Assunzione (L’Assunzione corporea della Vergine Madre di Dio nel dogma cattolico, Milano 1924).
Il M. morì a Gorizia il 12 marzo 1925.
Tra le altre opere del M., ricordiamo: L’essenza del cristianesimo per Adolf Harnack (Monza 1903); Credo in unum Deum. Lezioni tenute all’Associazione S. Stanislao (Milano 1905); Apologia della religione. Appunti alle lezioni tenute nella Scuola sociale cattolica (Bergamo 1911); Essenza ed essere (Firenze 1912); Celestina Angella, vergine pontremolese (Modena 1917); Il Sillabo del santo padre Pio IX (Acquapendente 1923); De sacramentis in genere et de eucharestia (Roma 1925); Les points fondamentaux de la philosophie tomiste. Commentaire des vingt-quatre thèses approuvées par la S. Congrégation des Études (decret du 27 juillet 1914) (Turin-Rome 1926). Un elenco dettagliato delle opere del M. è in P. Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano 1940, pp. 131-142.
Fonti e Bibl.: Necr., in La Civiltà cattolica, LXXVI (1925), 2, p. 85: P. Dell’Oste, 1° anniversario della santa morte di p. G. M.…, Udine 1926; P. Dezza, I neotomisti italiani del XIX secolo. La filosofia teoretica, Milano 1942, p. 8; C. Fabro, Storia della filosofia, Roma 1954, p. 864; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna 1961, pp. 22, 256; M. Torresin, Il cardinale Andrea C. Ferrari, arcivescovo di Milano e s. Pio X (Contributo allo studio dei rapporti), in Memorie storiche della diocesi di Milano, X (1963), pp. 248-251; C. Giacon, Le grandi tesi del tomismo, Bologna 1967, ad ind.; L. Bedeschi, Lineamenti dell’antimodernismo. La querela Meda - Unità cattolica (Documenti e considerazioni), in Nuova Riv. storica, LIV (1970), pp. 125-176; Id., Nuovi documenti per la storia dell’antimodernismo. De Töth e Cavallanti alla direzione dell’«Unità cattolica», ibid., LV (1971), pp. 90-132; Id., Metodi antimodernisti italiani denunciati da Delehaye e Grandmaison, in Riv. di storia e letteratura religiosa, VII (1971), p. 284; G. Casanova, L’antimodernismo di G. M., in La filosofia friulana e giuliana nel contesto della cultura italiana. Atti del I Congresso regionale…, Cividale del Friuli… 1970, Udine 1972, pp. 187-207; L. Bedeschi, Reazione antimodernista in Lombardia durante il pontificato di Pio X, in Civitas, XXVII (1976), 34, pp. 33-35; C. Giacon, Per una prima genesi delle XXIV tesi del tomismo specifico, in Doctor communis, XXXIV (1981), pp. 175-193; A. Gentili, All’origine della progettata «messa all’Indice» degli scritti semeriani: il carteggio Mattiussi - Colletti (1904-1922), in Barnabiti studi. Riv. di ricerche storiche dei chierici regolari di S. Paolo, IV (1987), pp. 143-183; L. Matusa, Neotomismo e intransigentismo cattolico. Testi e documenti per un bilancio del neotomismo. Gli scritti inediti di G.M. Cornoldi, Milano 1989, p. 66; M. Casella, Pio X e la riforma dei seminari a Roma, Roma 2001, pp. 207 s., 210, 212, 215; G. Martina, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Brescia 2003, pp. 52, 209, 218 s., 224, 312; Enc. cattolica, VIII, col. 502 (P. Dezza); Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, III, 2, pp. 532 s. (G. Vecchio); L. Polgár, Bibliographie sur l’histoire de la Compagnie de Jèsus (1901-1980), III, 2, Roma 1990, p. 514.