MIGLIOLI, Guido
– Nacque il 18 maggio 1879 a Castelnuovo Gherardi, in provincia di Cremona, da Colombo e da Paolina Villa, agricoltori benestanti. Laureatosi in lettere (1901) e poi in legge (1903) all’Università di Parma fece pratica presso lo studio legale di E. Sacchi, deputato cremonese ed esponente di spicco della Sinistra radicale. Dopo la brusca rottura con il Sacchi e gli ambienti radicali il M. iniziò a militare nel Movimento cattolico, dando vita, il 7 genn. 1905, al settimanale L’Azione, rivolto al proletariato agricolo cremonese, e impegnandosi nella diffusione e nel consolidamento delle leghe contadine d’ispirazione cristiana.
In competizione con le leghe «rosse», accusate di voler ridurre i contadini a salariati di Stato, le leghe «bianche», promosse dal M., perseguivano forme di compartecipazione aziendale al fine di rendere più forte e stabile il rapporto dei lavoratori con la terra.
Le lotte per i patti colonici del 1907 accrebbero la popolarità del M. che al congresso dell’Unione popolare, svoltosi a Genova nel marzo 1908, emerse come uno degli esponenti di punta dell’ala progressista del Movimento cattolico. Al congresso cattolico di Modena (9-11 ott. 1910) si oppose con successo, insieme con L. Sturzo, alla creazione di unioni sindacali di carattere confessionale aperte sia ai dipendenti sia ai datori di lavoro e riuscì a far passare una linea favorevole all’autonomia programmatica e operativa dei cattolici in campo elettorale.
Oppositore di G. Giolitti e contrario alla guerra di Libia, il 26 ott. 1913 fu eletto alla Camera al primo turno, beneficiando più dei suoi avversari nel collegio di Soresina – il radicale A. Pavia e il socialista C. Lazzari – dell’introduzione del suffragio universale maschile.
Dopo aver votato, nel marzo 1914, la fiducia al governo Salandra, avendone apprezzato l’attenzione ai problemi dell’agricoltura, il M., interprete dei sentimenti diffusi tra le masse rurali, fu risolutamente contrario all’intervento in guerra, esponendosi ai violenti attacchi degli interventisti cattolici e a minacce e aggressioni da parte dei nazionalisti.
Nel 1914 avviò il processo di organizzazione su scala nazionale dei lavoratori della terra cattolici che, nel settembre 1916, portò alla costituzione della Federazione italiana dei lavoratori agricoli (FILA), di cui divenne presidente. Nel dopoguerra fu alla testa del movimento per «la terra ai contadini», slogan che egli, diversamente dai socialisti, intendeva come conquista graduale della proprietà attraverso l’associazione dei lavoratori alla conduzione dell’azienda agricola. Per perseguire tale obiettivo il M. definì una piattaforma di lotta che aveva come punti principali la conquista delle otto ore di lavoro, il controllo delle assunzioni e dei licenziamenti, l’imponibile di manodopera, l’equo canone d’affitto e la suddivisione degli utili.
Nei primi mesi del 1919 le leghe bianche condussero insieme con quelle rosse una lotta unitaria per il patto colonico che portò, in maggio, alla conquista delle otto ore. Tale risultato riaccese gli entusiasmi per il raggiungimento degli altri obiettivi, a cominciare dalla partecipazione diretta dei contadini all’azienda e alla cointeressenza, determinando la rottura con i socialisti che insistevano per le rivendicazioni salariali mirando all’abolizione della proprietà privata. Otto giorni di sciopero e l’annuncio di una lotta a oltranza indussero gli agrari a fare le prime concessioni sulla ripartizione degli utili dell’azienda anche per i salariati agricoli. Tali concessioni furono di lì a poco rimesse in discussione, provocando scioperi durissimi, che in varie località del Cremonese diedero luogo a scontri tra socialisti e «migliolini» e a sanguinosi incidenti con la forza pubblica, in uno dei quali, il 12 giugno 1920, fu ucciso il capo-lega G. Paulli, vicino al Miglioli. Con il patto di Parma del 19 giugno gli agrari accettarono il principio della compartecipazione, ma ancora una volta gli accordi furono disattesi. I lavoratori occuparono allora le aziende, che vennero gestite dai «consigli di cascina».
La lotta proseguì per diversi mesi e, dopo l’intromissione nelle trattative di R. Farinacci, si concluse il 10 ag. 1920 con il lodo Bianchi, che riconosceva ai salariati la compartecipazione ai capitali e agli utili, il controllo della contabilità e della conduzione dell’azienda stessa e la possibilità di acquistare le attività esistenti in bilancio alla fine del contratto. Fu una vittoria di grande portata, ma destinata a non produrre effetti concreti nella nuova situazione che vedeva il fascismo cremonese farsi strumento sempre più aggressivo della reazione agraria.
L’intensa attività sindacale portata avanti nella sua terra non distolse il M. dagli impegni politici sul piano nazionale. L’evoluzione organizzativa e politica del Movimento cattolico non lo convinceva: nel marzo 1918 giudicò la costituzione della Confederazione italiana lavoratori (CIL) un’operazione calata dall’alto e destinata ad approfondire il solco tra lavoratori cattolici e socialisti. Fu anche critico – lui che da tempo si batteva per la nascita di una forza politica dei cattolici – nei confronti del Partito popolare italiano (PPI) che avrebbe voluto si caratterizzasse come partito del proletariato cristiano. Decise tuttavia di aderire al PPI alla vigilia del primo congresso (Bologna, 14-17 giugno 1919), consapevole di rappresentare al suo interno posizioni assai minoritarie.
Al congresso di Napoli (8-11 apr. 1920) chiese l’espropriazione delle terre, la loro distribuzione ai contadini e l’alleanza con il Partito socialista italiano (PSI). Al congresso di Venezia (20-23 ott. 1921), sotto l’incalzare dello squadrismo fascista, tornò a perorare l’intesa con i socialisti, tentando, nel marzo 1922, di realizzarla sul piano locale.
Sconfessato dai vertici nazionali del PPI e del PSI, si trovò esposto alla reazione violenta dei fascisti di Farinacci che lo aggredirono, devastarono la sua casa e lo misero al bando da Cremona. In ottobre diede vita con F.L. Ferrari al settimanale Il Domani d’Italia, che si batté per l’uscita dei popolari dal governo Mussolini.
Non ricandidato alle elezioni del 6 apr. 1924, il M. si pronunciò contro la secessione dell’Aventino e di lì a poco, dopo un incontro con A. Gramsci, G. Di Vittorio e R. Grieco, maturò la convinzione che fosse necessario realizzare l’unità sindacale come primo passo verso l’unità di classe tra operai e contadini. L’11 dic. 1924, in una intervista al giornale comunista L’Unità, esternò questo convincimento affermando che nessuna conquista sindacale poteva considerarsi sicura senza la presa del potere politico da parte dei lavoratori. Tali affermazioni destarono scalpore, provocando, il 24 genn. 1925, la sua espulsione dal PPI.
Il M. si avvicinò sempre più al mondo comunista e nell’aprile 1925 fu invitato in Unione Sovietica per partecipare al primo congresso dell’Internazionale contadina (Krestintern), di cui divenne vicepresidente. Protrasse il suo soggiorno per studiare le ripercussioni della rivoluzione russa nelle campagne (ne parlerà nel volume Una storia, un’idea, Torino 1926). Dopo una breve permanenza a Parigi rientrò in Italia tentando di riunire in un’unica organizzazione i lavoratori della terra, ma presto si convinse dell’opportunità di espatriare. La notte del Natale 1926 riparò in Svizzera, dove si stabilì per qualche tempo, prima d’intraprendere una lunga peregrinazione che lo portò in Germania, Belgio, Francia, Spagna, Unione Sovietica, Austria, Cecoslovacchia e Iugoslavia.
Con il nome di battaglia di Giuseppe il M. continuò a collaborare con il movimento comunista senza mai aderirvi, per una sua scelta di autonomia e per una certa diffidenza che i dirigenti del Partito comunista italiano (PCI) mantenevano nei suoi confronti.
Nel 1937 si stabilì a Parigi e quando, nel giugno 1940, i Tedeschi occuparono la città lanciò un suo programma, «non aderire, non sabotare», prese contatto con le autorità italiane in Francia e con esponenti del governo collaborazionista francese e tentò di favorire un riavvicinamento tra i due paesi. Nonostante ciò, il 15 febbr. 1941 venne arrestato e dalla prigione scrisse a Farinacci una lettera in cui si diceva vittima della plutocrazia ebraico-massonica, esaltava l’asse Roma-Berlino e rinnegava il lodo Bianchi. Grazie probabilmente all’intervento di Farinacci il M. fu trasferito in Italia e il 26 agosto rinchiuso nelle carceri di Bolzano. Il 10 ottobre fu condannato a cinque anni di confino. Fu confinato prima a Lipari e poi in Basilicata, a Lavello e a Pescopagano, da dove il 29 maggio 1943 indirizzò una petizione a B. Mussolini. Liberato dopo la caduta del regime, il 12 agosto, il M. si stabilì per qualche tempo a Roma, dove prese contatto con diversi esponenti del mondo cattolico: dai democristiani G. Spataro e A. De Gasperi, al fondatore del Movimento cristiano-sociale G. Bruni, ai cattolici-comunisti F. Rodano e A. Ossicini. Tornato a Cremona, dopo l’8 sett. 1943 si nascose nell’abitazione di un nipote a Milano, ma il 21 apr. 1944 venne arrestato. Farinacci, intenzionato a speculare sul suo «pentimento», lo fece ricondurre a Cremona dove fu sottoposto a libertà vigilata fino alla Liberazione.
Incerto se entrare in una delle formazioni cattoliche di sinistra, promuoverne una nuova o aderire alla Democrazia cristiana (DC), optò per quest’ultima, ma, dopo aver partecipato alla campagna elettorale per le amministrative dell’aprile 1946, si vide rifiutare la tessera del partito. Decise allora di collocarsi definitivamente a sinistra, impegnandosi nelle organizzazioni contadine comuniste. Nel dicembre 1947 promosse, insieme con R. Grieco, la Costituente della terra e, dopo aver tentato di dar vita a un movimento dei lavoratori cristiani, costituì con A. Alessandrini il Movimento cristiano della pace. Aderì quindi al Fronte democratico popolare, nelle cui liste fu candidato alle elezioni del 18 apr. 1948 nella circoscrizione Cremona-Mantova senza risultare eletto.
Con la Costituente della terra, fu alla testa dei grandi scioperi del 1948 e del 1949 per la riforma agraria, i consigli di cascina e la giusta causa delle disdette, ma presto maturò severe critiche verso la politica comunista del settore.
Per quanto non avesse condiviso la scissione sindacale e la nascita della Confederazione italiana sindacati dei lavoratori (CISL), il M. tentò nuovamente di dar vita a un’organizzazione contadina bianca, cercando di coinvolgere le Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI) e le Avanguardie cristiane di don P. Mazzolari. Alle elezioni amministrative del 1951 presentò a Castelleone una propria lista, denominata Avanguardia cristiana, per l’unità della massa contadina, che non ebbe successo.
Il M. morì a Milano il 2 ott. 1954.
Tra i suoi scritti si ricordano: Con Cristo, Milano 1947 (con P. Mazzolari); Un dibattito inedito sul contadino della Valle Padana (con R. Grieco), a cura di A. Zanibelli, Firenze 1957 e la raccolta di Documenti inediti 1940-1945, a cura di C. Bello - A. Zanibelli, Roma 1980.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; R. Grieco, G. M. assertore dell’unità contadina, Cremona 1954; G. De Rosa, Storia del Partito popolare, Bari 1958, ad ind.; A. Canaletti Gaudenti, G. M. alfiere del quinto stato, Roma 1959; A. Zanibelli, Le «leghe bianche» nel Cremonese (dal 1900 al «lodo Bianchi»), Roma 1961, passim; L. Bedeschi, La sinistra cristiana e il dialogo con i comunisti, Parma 1966, ad ind.; L’Azione, 1905-1922, a cura di C. Bello, Roma 1967, ad ind.; F. Leonori, No guerra, ma terra! G. M. una vita per i contadini, Milano-Roma 1969; Gli Atti dei Congressi del Partito popolare italiano, a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, ad ind.; Leghe bianche e leghe rosse: l’esperienza unitaria di G. M., Roma 1972; L’Azione 1918-1922. G. M.: un messaggio del passato per un sindacato di classe, Cremona 1974; L. Bedeschi, Cattolici e comunisti. Dal socialismo cristiano ai cristiani marxisti, Milano 1974, ad ind.; P.G. Zunino, La questione cattolica nella sinistra italiana (1919-1939), Bologna 1975, ad ind.; M.G. Rossi - F.L. Ferrari, Dalle leghe bianche al Partito popolare, Roma 1977, ad ind.; A. Fappani, G. M. e il movimento contadino, Roma 1978; C. Bellò, Le avanguardie contadine cristiane nella Valle del Po, Roma 1979, passim; C.F. Casula, G. M. Fronte democratico popolare e Costituente della terra, Roma 1981; A. Zanibelli, G. M. e le leghe bianche, Roma 1982; La figura e l’opera di G. M. 1879-1979, a cura di F. Leonori, Roma 1982; A. Alessandrini, G. M. e il Movimento cristiano per la pace, Roma 1982; E. Guccione, La collocazione ideologica di G. M. nel Partito popolare italiano, Cremona 1986; G. Vecchio, Politica e democrazia nelle riviste popolari (1919-1926), Roma 1988, ad ind.; A. Parisella, G. M., in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell’Italia 1861-1992, XI, 1923-1928. Dalla conquista del potere al regime, Milano 1990, pp. 252-255, 538 s.; M. Felizietti, G. M. testimone di pace. Con una testimonianza di Adriano Ossicini, Roma 1999; C. Baldoli, G. M. Percorsi di un esule cattolico nell’Italia del dopoguerra, in Le rotte dell’io. Itinerari individuali e collettivi nelle svolte della storia d’Italia, Napoli 2008; Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, III, Milano 1976, s.v.; Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, III, Roma 1977, s.v.; Dizionario storico del Movimento cattolico in Italia 1860-1980, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, s.v.
G. Sircana