MIRIMAO, Guido
– Nacque a Papigno (frazione di Terni) il 1° febbr. 1909, da Alfredo, dipendente delle Regie Ferrovie, e da Domenica Moretti, commerciante. Il padre avviò una piccola impresa a carattere familiare specializzata nella locazione di macchine agricole.
Il M. dimostrò sin da giovanissimo una naturale predisposizione per l’arte, tanto che tra il 1918 e il 1925 realizzò alcuni ritratti di amici e parenti (Ritratto di Goffredo Pacifici, 1925: ripr. in M., 1971). Allo stesso tempo, seguendo il padre e i fratelli nel lavoro dei campi cominciò a disegnare dal vero paesaggi e contadini (Disegno, 1925: ripr. in G. M., 1980). Esortati dal maestro che il M. aveva avuto in IV elementare, i genitori del M., tramite alcuni parenti di Narni, nel 1926 riuscirono a mettersi in contatto con il pittore belga C. Doudelet, che allora soggiornava in una villa della campagna narnese. Doudelet, esponente di spicco del simbolismo belga, dopo aver visto i disegni del giovane decise di accettarlo come allievo offrendogli la possibilità di accompagnarlo durante il viaggio di ritorno in patria. Al seguito del maestro il M. visitò la Svizzera e la Francia, venendo a conoscere direttamente movimenti e protagonisti dell’arte europea sia antica sia contemporanea; quindi arrivò a Parigi, dove rimase circa sei mesi, durante i quali frequentò i corsi dell’Académie Julian. In seguito si recò in Olanda e infine in Belgio, a Gand, città nella quale rimase fino al 1927.
Rientrato in Italia, proseguì la ricerca artistica indirizzandola verso la definizione di un personale linguaggio pittorico, ma per mantenersi dovette lavorare come manovale presso la Società del carburo di calcio e acetilene di Papigno. Stabilitosi a Terni, tra il 1927 e il 1940, si dedicò alla carriera giornalistica, collaborando soprattutto come articolista-illustratore con vari periodici e quotidiani: Il Giornale d’Italia, La Tribuna, Il Messaggero, Acciaio, Il Nuovo Stato, la Rivista del Comune di Terni. Nello stesso periodo entrò come aiutante nella ditta di decorazioni murali e restauro diretta dal pittore U. Castellani.
L’avvio dell’attività espositiva del M. si fa ufficialmente risalire al 1931 con la partecipazione alla II Mostra sindacale d’arte di Perugia, sebbene avesse già preso parte nel 1928 a una collettiva di pittori ternani organizzata presso il negozio d’arredamento gestito da A. Zingarini.
Fino al 1941 il M. fu presente a tutte le mostre sindacali umbre, ed entrò a far parte del comitato organizzatore per le edizioni del 1937 (Perugia), 1939 (Terni) e 1941 (Terni). Tra il 1936 e il 1938 partecipò anche ai Ludi della cultura e dell’arte che si svolsero a Roma e nelle altre province laziali, ottenendo vari riconoscimenti e menzioni d’onore.
Tra il 1925 e il 1930 il M. realizzò una serie di disegni a matita, carboncino, pastello o sanguigna, nei quali il dato figurativo è declinato secondo stilemi assimilabili a certi esiti del realismo magico (Ritratto di Gildo, 1928: ripr. in Civello). I primi quadri a olio risalgono al 1930: ritratti molto fisionomici come Mio fratello Settimio (ibid.), nei quali prevale l’uso espressionista del colore per definire le immagini. L’esordio pittorico del M. avvenne nell’ambito della cosiddetta scuola ternana, formata da un gruppo eterogeneo di artisti allineati per propositi culturali ed esiti formali ai coevi movimenti antinovecentisti. Tra quelle rimaste, L’operaio (1931; Terni, Pinacoteca comunale) è senza dubbio l’opera più significativa di quel periodo.
Lontano dal trionfalismo e dalla retorica novecentista tesa all’esaltazione del lavoro, celebrata dal film Acciaio, girato proprio a Terni da W. Ruttman, il M. propose una pittura dal tono intimista, attraverso un cauto espressionismo, descrivendo una figura disadorna definita da pennellate sommarie e con sobria cromia.
Nel 1939 la sua maniera subì una svolta radicale, tanto che per un intero decennio, fino al 1949, egli dipinse quasi esclusivamente opere non figurative, alternando esempi di astrazione geometrica piuttosto rigorosa e astrazione lirica svincolata da schemi e regole prefissate. Questa fase risulta scarsamente documentabile in quanto la maggior parte dei dipinti è andata dispersa. Restano tuttavia disegni, pastelli e tempere di piccolo formato, come Astrazione del 1939 o Astrazione: ritmo ascensionale del 1948 (ripr. in G. M., 1980), che il M. utilizzò come bozzetti per lavori di decorazione murale negli anni Sessanta.
Nel 1941 fu richiamato alle armi e tornò a occuparsi d’arte solo dal 1945 dedicandosi in prevalenza a lavori di decorazione e restauro, condotti sia in edifici pubblici sia in numerose abitazioni private di Roma, Terni o Milano.
Nel 1948 dipinse sette cappelle nella collegiata di Collevecchio, presso Rieti, l’anno successivo realizzò ad affresco la volta della chiesa di Montebuono (Rieti) con la rappresentazione dell’Assunzione della Vergine, e un pannello a olio con la Nascita di Venere per l’Agenzia di viaggi aerei internazionali di Roma.
L’attività espositiva, interrotta nell’intero corso degli anni Quaranta, ricominciò nel 1951, quando il M. prese parte alla Mostra permanente di arti figurative all’aeroporto di Ciampino. L’anno successivo allestì la prima personale presso la galleria 11 Quai Voltaire di Parigi. Sempre nella capitale francese, tra il 1952 e il 1955, fu regolarmente invitato al Salon de l’art libre.
Tra il 1954 e il 1960, pur riprendendo una produzione figurativa, il M. sperimentò una maniera tendente all’astrazione di matrice informale.
Sono di questi anni alcuni paesaggi descritti in maniera assai sintetica, nei quali la rappresentazione è stata ridotta all’essenzialità strutturale dell’immagine e le forme sono state delineate mediante forti giustapposizioni cromatiche. Il M. definì questo personale linguaggio «astratto-concreto», ovvero un’astrazione basata sul senso del colore-luce suggerita dalla sensazione del dato naturale. Tra il 1957 e il 1958 nella sua ricerca subentrarono nuove tematiche: al paesaggio naturale preferì vedute di officine, stabilimenti, siti industriali, visti con un’intonazione drammatica ma senza ombra di populismo.
Tra la fine degli anni Cinquanta e la gran parte degli anni Sessanta ottenne commissioni pubbliche per una serie di restauri e decorazioni a Terni e provincia.
Nel 1958 restaurò con pesanti integrazioni e rifacimenti i seicenteschi affreschi di G. Troppa nel palazzo Carrara, allora sede della Biblioteca comunale, che erano stati danneggiati dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Successivamente eseguì la decorazione parietale del salone delle conferenze nel palazzo della Camera di commercio; dipinse i quattro Evangelisti all’interno della chiesa del Sacro Cuore; il salone delle riunioni del Centro sanitario provinciale; alcuni ambienti della scuola media Leonardo da Vinci e, nel 1968, terminò il soffitto del salone dei concerti nella villa provinciale di Piediluco.
Negli anni Sessanta avviò un nuovo ciclo tematico, ancora inerente al paesaggio, proponendo una descrizione sempre più evocativa e mai didascalica di situazioni ambientali estreme o di imponderabili fenomeni naturali, come dimostrano i dipinti Eruzione del vulcano (1960), Montagna alpina (1960), Alluvione: terra - acqua - aria (1960), nei quali gli episodi figurativi sono interpretati in chiave cromatica mediante l’alternanza di coaguli, ampie stesure o improvvise e violente accensioni di differenti cromie.
Nei quadri di un’altra serie dello stesso periodo il M. fece costante riferimento ai paesaggi umbri, ma nelle raffigurazioni non perseguì mai intenti topografici, né alcun riscontro naturalistico o paesaggistico. Rivestì gli ambienti naturali di un valore espressivo impostato per intero sulla gradualità o giustapposizione dei toni di colore, come rese esplicito nella scelta dei titoli: Verde tenero di casa mia (1971), Evocazione in verde (1971), Accordo in rosso e giallo (1970), Una ruga sul bleu-viola (1972), Vibrazione dorata sul marrone (1970; tutte ripr. in Giacomozzi).
Nel 1971, dopo numerose personali e collettive in Italia e all’estero, il M. allestì una mostra antologica a Roma presso lo studio Due P, cui fecero seguito quella organizzata dalla Regione dell’Umbria e dalla Provincia di Perugia al palazzo dei Priori (1977) e quella presentata nel 1980 a palazzo Cesi di Acquasparta.
Dal 1978 cominciò a lavorare alla trilogia Il cielo, la Terra, l’uomo, che volle contraddistinguere per il forte impegno civile.
Nelle opere della prima serie il cielo, con i colori dei vari momenti del giorno, sovrasta e schiaccia i paesaggi, ridotti a sottili strisce d’orizzonte. Nella Terra, il M. invertì i termini; pertanto è il cielo ad assottigliarsi sopra i predominanti profili paesaggistici. Nell’ultimo capitolo della trilogia sono rappresentati impiccagioni, torture, corpi gettati nelle foibe, ma anche esplorazioni sottomarine, la conquista della Luna, le scoperte scientifiche o mediche, ovvero tutto ciò di cui è capace l’uomo sia in termini negativi, tragici e brutali, sia in termini positivi, grandiosi e audaci.
Il M. morì a Terni il 16 giugno 1990.
Nel 2003 il Comune di Narni ha organizzato un’esposizione antologica nelle sale della rocca Albornoz in occasione dell’acquisizione di un cospicuo numero di opere databili tra il 1921 e il 1990.
Fonti e Bibl.: R. Civello, M., Macerata-Roma-Ancona 1969; C. Giacomozzi, L’Umbria di M., Verona 1972; M. (catal.), testo di P. Adorno, Roma 1971; M. (catal.), a cura di F. Miele - A. Faccio, Ragusa 1972; G. M., Bruxelles 1977; G. M., in Guida all’arte contemporanea in Umbria, a cura di A.C. Ponti, Perugia 1979, pp. 389-392; G. M. (catal.), a cura di C. Vivaldi, Acquasparta 1980 (con ampia bibl.); G. Cappuzzo, La dialettica cromatica di G. M., in La Vernice, XX (1981), 207, p. 109; La scuola ternana 1930-1942 (catal., Acquasparta), a cura di F. Calzavacca et al., Perugia 1982, pp. 55 s., 84-86, 103, 136 s.; M.: cinquanta anni di studi e bozzetti, opere recenti (catal., Terni), testi di Z. Cerquaglia et al., s.l. 1986; Pinacoteca comunale Orneore Metelli di Terni: dipinti e sculture del XIX e XX secolo, a cura di J. Nigro Covre, Milano 2000, pp. 14, 19-21, 26, 91, 107, 134 s., 256; Terra di maestri. Artisti umbri del Novecento, II, 1923-1945 (catal., Spello), a cura di A.C. Ponti - F. Boco, Perugia 2003, pp. 21-24, 27, 29, 34 s., 37, 170, 216 s., 219, 226-229.