PESENTI, Guido.
– Nacque a Milano il 23 giugno 1884, secondogenito di Francesco, ufficiale superiore dell’esercito poi rettore dell’orfanotrofio maschile Martinitt, e della possidente Anna di Marsciano, discendente di un’antica famiglia comitale. La sorella maggiore, Antonietta, sposò nel 1909 l’editore ebreo Guido Treves e mantenne stretti rapporti d’amicizia con Gabriele D’Annunzio, testimone di nozze del marito e frequentatore del suo salotto letterario e artistico.
Guido, che fin da giovane era stato severamente educato agli ideali patriottici nonché alla condanna dell’anarchismo, divenne allievo ufficiale seguendo la tradizione di famiglia e, nel febbraio 1904, fu nominato sottotenente di complemento nell’arma di fanteria. Ultimata la ferma di leva e terminati gli studi in Legge, si dedicò alla professione legale, acquistando da subito un’ottima reputazione, che tra l’altro lo avrebbe portato a sedere nel consiglio di amministrazione della Società industriale italiana cisalpina e a collaborare con importanti gruppi industriali, tra cui gli stabilimenti siderurgici Dalmine.
Dal gennaio 1918 partecipò come volontario alla prima guerra mondiale con il grado di tenente e, comandato alla propaganda, fu incaricato di avviare e dirigere un giornale di corpo d’armata. Nell’immediato dopoguerra fondò e presiedette l’Unione popolare antibolscevica, un’aggregazione patriottica sorta per prevenire e reprimere la diffusione del comunismo, ma anche per tutelare l’ordine pubblico in occasione di tumulti e scioperi. A lui, nella sua veste di presidente, la mattina del 15 aprile 1919 il prefetto di Milano Angelo Pesce chiese, ottenendolo, il rinvio della manifestazione in programma quella stessa mattina per mostrare la compattezza delle associazioni patriottiche e dei circoli nazionalisti di fronte allo sciopero generale indetto dai socialisti. L’impegno assunto da Pesenti non impedì, poche ore più tardi, lo scontro di via Mercanti tra anarchici e fascisti, cui seguì la distruzione da parte di quest’ultimi della sede dell’Avanti!
Nel frattempo si era avvicinato al movimento fascista, prendendovi parte attiva. Sansepolcrista, propugnò un’articolazione della società in corpi organizzati di carattere economico-professionale, divenendo segretario generale della Confederazione nazionale fascista del credito e dell’assicurazione (poi Consiglio della corporazione, del credito e della previdenza), che dal giugno 1934 rappresentò nel Consiglio nazionale delle corporazioni. Inoltre, membro della Commissione reale degli avvocati, nel giugno 1935 entrò nel direttorio nazionale del sindacato fascista avvocati e procuratori e nel 1939 nella Commissione centrale per gli avvocati e procuratori, con competenza giurisdizionale di secondo grado in materia di ricorsi disciplinari e iscrizione agli albi. Già in precedenza, Rino Parenti lo aveva nominato sindaco della Federazione provinciale dei fasci di combattimento e vicepresidente della Commissione di finanza.
All’attività politica e sindacale affiancò un impegno in campo sociale, come attestano le cariche di segretario generale del Comitato Savoia pro orfani di guerra o di consigliere del Luogo pio Trivulzio, e sostenne iniziative a favore delle imprese nazionali, ricoprendo tra l’altro l’incarico di segretario generale della prima mostra campionaria di Tripoli, organizzata nel 1927 dal governo italiano.
Fu nella seconda metà degli anni Trenta che Pesenti, grande ufficiale della Corona d’Italia, sposato con la milanese Emma Villa e padre di due figli maschi, Gianfranco ed Emanuele, ottenne la nomina di podestà di Milano. Nel novembre 1935, infatti, il duca Marcello Visconti di Modrone e Jenner Mataloni, rispettivamente podestà del Comune e preside della Provincia di Milano, entrambe cariche di nomina regia, furono invitati a rassegnare le dimissioni. Il ‘cambio della guardia’ e l’investitura negli enti locali della ‘capitale economica’ di fedeli interpreti del fascismo, quali appunto Pesenti e l’ingegnere Mario Belloni, coincisero con l’entrata in vigore delle sanzioni economiche deliberate dalla Società delle nazioni contro l’Italia per l’aggressione all’Etiopia.
Nel suo incarico Pesenti fu affiancato da due nuovi vice-podestà, portatori di competenze ed esperienze complementari, acquisite rispettivamente nel settore privato e pubblico: Franco Marinotti, iscritto ai fasci di combattimento dal 1922, era amministratore delegato e direttore generale della SNIA-Viscosa, nonché esperto di mercati asiatici, mentre il vice-prefetto Vincenzo Vella era ispettore al ministero dell’Interno e già commissario straordinario a Bari.
Il programma amministrativo di Pesenti mirò al bilanciamento di due contrastanti esigenze: da un lato, l’attuazione del piano regolatore firmato dall’ingegnere Cesare Albertini, già approvato nel 1934, dall’altro lato, il rispetto dei vincoli di bilancio imposti dall’andamento recessivo delle entrate e, più in generale, da una politica di rientro dal disavanzo ereditato dalle gestioni precedenti.
Contro il podestà e il suo operato non mancarono le denunce di delatori. In una lettera anonima a Mussolini fu censurata, in particolare, la condivisione dello studio legale con l’avvocato Sante Massarenti, rinomato antifascista con precedenti nel casellario politico per aver militato nel Partito socialista unitario. La denuncia non ebbe però conseguenze, anche per una nota favorevole del prefetto Riccardo Motta. Pochi mesi più tardi, nell’ottobre del 1937, fu promosso maggiore per meriti eccezionali riconducibili alla precoce adesione al fascismo.
Ben prima del termine del mandato, accettato da «soldato e gregario fedelissimo» (Dichiarazioni del podestà sulla prossima attività comunale, in Corriere della sera, 11 dicembre 1935), avendo avuto comunicazione dell’imminente nomina di un nuovo podestà, abbandonò il suo posto, adducendo motivi professionali, ma rimarcando il lavoro compiuto in ossequio alle direttive di Mussolini, a cui confermò obbedienza. Il 13 giugno 1938 fu sostituito dal conte Gian Giacomo Gallarati Scotti.
Non aderì alla Repubblica sociale italiana. La famiglia ne ricorda l’internamento a Mauthausen (la notizia non trova conferma né nella Zentrale Archivdetenbank der KZ-Gedenkstätte Mauthausen né nelle collezioni digitali dell’International Tracing Service); certo è che Pesenti risulta essere stato rinchiuso dalle SS nel terzo raggio del carcere di San Vittore, da cui uscì l’11 marzo 1944.
Nei decenni successivi si dedicò alla libera professione, pubblicando nel 1957, per i tipi della Stampa commerciale, un volume dal titolo Memento agli amministratori di società.
Morì a Milano il 21 maggio 1962.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Segreteria particolare del duce, Carteggio riservato, b. 48, fasc. ‘Pesenti Gr. Uff. Avv. Guido’; Ministero dell’Interno, Direzione generale dell’amministrazione civile, Divisione affari generali e riservati, Podestà e Consulte municipali, b. 197, fasc. ‘Comune di Milano. Podestà’; Milano, Archivio di Stato, Prefettura, Gabinetto, II versamento, categoria 11, b. 23, fasc. ‘Milano. Podestà. Pesenti Gr. Uff. Guido’; Civiche raccolte storiche, Archivio di storia contemporanea (già della guerra), b. 555, fasc. 49526, Registro matricolare detenuti politici del Carcere di S. Vittore; Centro documentale, ad nomen, stato di servizio e libretto personale.
Il “cambio della guardia” a Palazzo Marino, in Milano. Rivista mensile del Comune di Milano, LI (1935), 11-12, pp. 494-495; E. Savino, La nazione operante. Albo d’oro del fascismo: profili e figure, Novara 19373, p. 694; R. Vivarelli, Storia delle origini del fascismo. L’Italia dalla grande guerra alla marcia su Roma, I, Bologna 1991, pp. 370 e 627; D. Bardelli - P. Zuretti, L’amministrazione comunale nel periodo podestarile, in Storia di Milano, XVIII, Il Novecento, 1, Milano 1995, pp. 659-660; A. Meniconi, La «maschia avvocatura». Istituzioni e professione forense in epoca fascista (1922-1943), Bologna 2006, pp. 183, 204, 212, 262, 266; M. Dau, Mussolini l’anticittadino. Città, società e fascismo, Roma 2012, pp. 193-196.