GUIDO (Guido Puella)
Le origini di G. sono sconosciute. Nacque presumibilmente alla fine dell'XI secolo o all'inizio del XII. La sua appartenenza alla Congregazione dei canonici di S. Maria di Reno ha fatto ritenere che egli fosse originario di Bologna. A Bologna G. - che aveva ottenuto il titolo magistrale e nelle fonti è anche indicato come "magister Guido" - probabilmente aveva compiuto la sua formazione, poiché l'autore dei Gesta Adalberonis attesta che egli fu coltissimo ed esperto in diritto.
L'affermazione di Chacón e Oldoino che G. appartenesse alla famiglia genovese dei Cibo si fonda su un falso documento papale del sec. XVI e non trova alcun riscontro nelle fonti coeve. Secondo Giovanni di Salisbury egli ebbe il soprannome di Puella, probabile corruzione del suo titolo cardinalizio, S. Pudenziana. L'indicazione "Guidodens", talora presente nelle fonti, potrebbe essere ricondotta all'errato scioglimento dell'abbreviazione "dns" (dominus).
G. fu creato cardinale prete di S. Pudenziana il 22 dic. 1144 da Lucio II; la sua è dunque una delle nomine cardinalizie di canonici esperti in diritto, numerose in quegli anni.
La sottoscrizione di G. compare nei documenti papali dal 31 genn. 1145 al 15 giugno 1157, anche se per lo più con il titolo "Pastoris", più raramente con il titolo "S. Pudentianae". Subito dopo la sua elevazione al cardinalato G. fu tra i membri del Collegio cardinalizio più influenti e più in vista e si impegnò fortemente per gli interessi del Papato e della riforma della Chiesa.
G. accompagnò il papa quando nel 1147 Eugenio III intraprese un lungo viaggio in Francia dove tenne alcuni sinodi di riforma, come attestano le sue sottoscrizioni nei privilegi rilasciati in quel periodo. Anche quando il papa il 29 e 30 novembre giunse a Treviri dove fu splendidamente ricevuto, G. era al suo fianco. Presumibilmente, dopo che giunsero in Francia le notizie dell'insuccesso della seconda crociata, egli tornò a Roma con Eugenio III verso la fine di aprile 1148.
Nel frattempo a Roma era dilagata la ribellione dei cittadini.
Arnaldo da Brescia, dichiarato eretico da Innocenzo II nel secondo concilio Lateranense (1139), nel 1146 era stato nuovamente accolto nella comunità ecclesiale da Eugenio III, grazie all'intercessione del cardinale diacono Guido ("de Castro Ficeclo"), legato in Boemia e Moravia. Come penitenza gli furono imposti digiuno, veglie e preghiere nei luoghi santi di Roma. Arnaldo durante il suo soggiorno a Roma non compì esercizi penitenziali ma rivolse, con interventi pubblici molto seguiti, aspre critiche al Sacro Collegio e alla persona del papa. In questo modo egli raccolse rapidamente un gran numero di seguaci e venne inoltre in contatto con il movimento dei cittadini romani che si contrapponeva al Papato.
Arnaldo e il movimento dei cittadini romani, favoriti dall'assenza del papa, avevano trovato seguaci anche tra il clero romano e quindi, nonostante il rinnovo del bando contro Arnaldo, il papa e il Sacro Collegio nel 1149 dovettero ritirarsi da Roma a Tuscolo. Eugenio III diede a G. l'incarico (così racconta Giovanni di Salisbury nella sua Historia pontificalis) di dare l'assalto a Roma, per riconquistare la città per il Papato con le armi. G. però non ottenne successi decisivi. Solo verso la fine del 1149 un accordo tra il papa e i Romani rese possibile un ritorno di breve durata della Curia.
Anche in seguito G. fu al fianco di Eugenio III. Nel 1151 fu nuovamente legato e venne inviato dal papa a Siena, dove con il cardinale Gerardo di S. Stefano in Monte Celio compose una vertenza patrimoniale.
Dopo la morte di Eugenio III G. fu uno dei più stretti collaboratori di Anastasio IV, come mostrano numerose sottoscrizioni in privilegi papali. Si era giunti a una temporanea tregua nel conflitto del Papato con il movimento dei cittadini romani e con Arnaldo da Brescia, nuovamente a Roma. Dopo l'elezione di Adriano IV (4 dic. 1154) il conflitto si riaccese e G. fu nuovamente tra i più importanti sostegni del Papato. Avendo agito sotto Eugenio III in prima linea nella lotta contro i ribelli e avendo avuto il comando delle truppe papali, G. si era guadagnato la tenace inimicizia dei Romani. All'inizio del 1155 egli fu ferito gravemente in un'aggressione sulla via Sacra presumibilmente compiuta da seguaci di Arnaldo da Brescia. Per questo il papa - per la prima volta nella storia di Roma - lanciò l'interdetto contro la città, che fu revocato il 23 marzo 1155, solo dopo che il clero e il popolo di Roma ebbero costretto il Senato a giurare al papa che avrebbero cacciato da Roma e dal suo territorio Arnaldo e i suoi seguaci.
Forse in seguito a questi avvenimenti e come ringraziamento per l'impegno a favore del Papato, Adriano IV il 17 marzo 1155 trasferì la chiesa titolare di G., S. Pudenziana, a S. Maria di Reno, la sua Congregazione canonicale di un tempo, alla quale G. si era sentito sempre profondamente legato. Il papa sottolineò nel suo privilegio che G., "charissimus filius noster", lo aveva fervidamente pregato.
All'inizio del marzo 1155 la salute di G. si era ristabilita poiché egli poté accompagnare Adriano a Viterbo e a Sutri, dove fu attivamente impegnato nelle trattative tra Federico Barbarossa e il papa a proposito dell'incoronazione imperiale. Il 1° giugno G. fu incaricato, con il cardinale Giovanni dei Ss. Giovanni e Paolo e Gregorio di S. Maria in Portico, di una missione presso Federico Barbarossa a San Quirico d'Orcia.
I legati dovevano ottenere dal re la garanzia della sicurezza del papa. Inoltre - e questo era il motivo della presenza di G. nella legazione - il Barbarossa doveva dichiararsi pronto a consegnare al papa Arnaldo da Brescia che si trovava nelle vicinanze. Lo Svevo accettò la richiesta della consegna di Arnaldo per dare un segno della sua buona volontà.
Oltre a ciò non volle fare promesse di alcun genere prima del ritorno dei suoi ambasciatori, che egli aveva incaricato di trattare con il papa l'incoronazione imperiale, e quindi i legati si misero sulla via del ritorno. Lungo la strada essi incontrarono i negoziatori del re e tornarono indietro con loro presso Federico che nel frattempo si era stabilito a Viterbo. A quel punto il re concesse le garanzie di sicurezza che gli venivano richieste e i legati papali poterono al loro ritorno recarne ad Adriano IV la tranquillizzante notizia. Il papa, da parte sua, si dichiarò pronto a compiere l'incoronazione. Arnaldo, consegnato ad Adriano IV, fu in seguito giustiziato, in circostanze non ben chiare, probabilmente dopo che Pietro, prefetto di Roma, lo ebbe processato. Il suo corpo fu bruciato e ciò che ne rimase fu gettato nel Tevere. Il suo movimento si sciolse.
Nell'aprile 1156 G., con il camerario Bosone, intraprese una legazione in Toscana, dove tenne un sinodo di vescovi. In quella circostanza Monticchiello (tra Pienza e Montepulciano) fu assegnata al papa.
Il 15 giugno 1157 G. sottoscrisse con altri un privilegio di Adriano IV in cui il papa convalidava a Rodolfo, priore di Camaldoli, una donazione di Girolamo vescovo di Arezzo; questa è l'ultima occasione in cui egli appare. Probabilmente G. morì nello stesso anno, in ogni caso, però, prima dell'inizio dello scisma del 1159.
Sebbene G. si sia guadagnato grandi meriti specialmente con il suo intervento nella lotta del Papato contro il movimento romano e Arnaldo da Brescia, egli era ben lontano dal non vedere i mali della Curia e si impegnò energicamente con tutte le sue forze per debellarli. Apprendiamo dal Policraticus di Giovanni di Salisbury che G. manifestò spesso schiettamente le sue critiche in pubblico, stigmatizzando davanti al S. Collegio riunito e in presenza di Adriano IV la doppiezza esistente nella Chiesa e la crescente avidità come causa di tutti i mali. G., colto giurista, che appare verso l'esterno un inflessibile difensore del Papato, ma verso l'interno, tuttavia, ammonitore e propugnatore di una riforma del Collegio cardinalizio, ha reso un prezioso servizio al Papato della metà del XII secolo.
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