Guidubaldo da Montefeltro
Nacque il 24 gennaio 1472 a Gubbio, ultimogenito e unico figlio maschio di Federico da Montefeltro e della sua seconda moglie Battista Sforza, che poco tempo dopo (7 luglio) morì, obbligando Federico ad affidare l’erede a Ottaviano Ubaldini della Carda, suo luogotenente e vicario generale. Alla morte del padre (sett. 1482), G., appena decenne, dovette subentrare alla testa del ducato, sempre sotto la guida di Ubaldini. Per allentare il controllo di papa Innocenzo VIII su Urbino, G. tentò di stabilire contatti con Francesco Gonzaga e Giovanni Bentivoglio (convegno di Lugo, 15 sett. 1486), e l’11 febbraio 1488 sposò Elisabetta Gonzaga: a causa della sua impotenza – inizialmente tenuta segreta, poi ammessa pubblicamente agli inizi del Cinquecento – la coppia non ebbe però figli.
Nel 1495 combatté per i fiorentini, a Poggio Imperiale, contro le forze senesi e nelle operazioni per il recupero di Pisa. L’anno dopo, G. cercava di destreggiarsi tra il nuovo pontefice, Alessandro VI, desideroso di servirsene contro gli Orsini, e Venezia, che voleva inviarlo in aiuto di Ferdinando II, re di Napoli. Combattendo, appunto, contro gli Orsini, G. fu catturato (25 genn. 1497) e imprigionato nella rocca di Soriano. Grazie soprattutto all’intervento della Serenissima, fu liberato dietro uno scambio di prigionieri e il pagamento di un oneroso riscatto, parzialmente risarcito dal papa, a spese dei perugini.
Nelle more degli impegni militari, G. animò la corte urbinate chiamandovi prestigiosi artisti, e affrontò lo spinoso problema della continuità dinastica adottando Francesco Maria Della Rovere (→), figlio di una delle sorelle, Giovanna, nonché nipote del cardinale Giuliano Della Rovere (il futuro Giulio II).
Nel 1502 anche Urbino fu investita dalla marcia conquistatrice di Cesare Borgia. A questi, che gli aveva fatto credere di avanzare contro Camerino, accordò il permesso di transito sulle sue terre e la fornitura di artiglieria e vettovagliamento, ma, appena entrato, il Valentino occupò Cagli e puntò su Urbino, dove, dopo la fuga di G. e Francesco Maria, si insediò il 22 giugno 1502. G. riparò a Ravenna e poi a Mantova; da qui raggiunse a Milano il re di Francia, Luigi XII, per perorare, invano, la propria causa contro Cesare Borgia; infine, si rifugiò a Venezia (cfr. Principe vii 17).
Nell’autunno successivo, sfruttando la ribellione di San Leo e l’accordo antiborgiano fra gli Orsini, Vitellozzo Vitelli, Oliverotto Euffreducci e Giampaolo Baglioni (la «dieta alla Magione» di Principe vii 20), G. tornò in Montefeltro: il 18 ottobre rientrò a Urbino e la tenne per una decina di giorni. Si giunse quindi, il 7 dicembre, a un’intesa con il Valentino, in virtù della quale il ducato restava al Borgia, ma G. poteva uscirne indenne, non prima però – come rileva anche M. nel Modo che tenne il duca Valentino (SPM, p. 601) – di aver disposto la distruzione di tutte le roccaforti fatte innalzare dal padre, eccetto San Leo, rimasta nelle sue mani, e Maiolo. Tale decisione di G., ricordata anche in Principe xx 25 e in Discorsi II xxiv 22, fu apprezzata dal Segretario fiorentino: a suo dire, infatti, le fortezze sono facile preda dei nemici e servono unicamente a quel principe che, odiato dai sudditi, vi si arrocca.
Il 5 gennaio 1503 G. si spostò da Città di Castello a Pitigliano, attaccata per questo dal Valentino; G. riuscì a fuggire e, dopo varie peripezie, a congiungersi nuovamente con la moglie a Venezia.
Con la morte di Alessandro VI (18 ag. 1503) e il periclitare di Cesare Borgia, si prospettò per G. l’ipotesi di un risarcimento: si mosse quindi alla volta di San Leo arrivando, in agosto, nei pressi di Urbino senza alcuna certezza circa l’esito della spedizione, tanto più che il nuovo pontefice, Pio III, sembrava sostenere ancora il Valentino. G. poteva contare sull’appoggio di Venezia, che aiutò a conquistare Rimini ai danni dei Malatesta, ma gli interessi di Roma e Venezia divergevano ormai troppo perché potesse continuare a servire entrambe: il nuovo papa Giulio II (1° nov. 1503), quindi, dichiarò a M., il quale a sua volta informò tempestivamente i Dieci, che G. «era per fare a suo modo e non ad modo de’ Viniziani» (M. ai Dieci, 6 nov. 1503, LCSG, 3° t., p. 329). Chiariti tutti i dissapori con il pontefice, giunse a Roma, dove fu nominato capitano e gonfaloniere della Chiesa, reclamando al contempo – come documenta una lettera di M. ai Dieci (3 dic. 1503, LCSG, 3° t., p. 440) – un risarcimento di duecentomila ducati per i danni subiti dal Valentino. Il 1° giugno 1504 Guidubaldo rientrò a Urbino e da qui andò a occupare Forlì, dove si trattenne per quasi tre mesi per riordinarne lo Stato. L’8 settembre 1504 Giulio II riconosceva Francesco Maria Della Rovere quale legittimo erede del ducato.
Recuperati lo Stato, il patrimonio e un ruolo significativo nel quadro politico, il duca di Urbino visse nel quinquennio successivo la sua stagione migliore. La sua corte, generoso ricetto secondo le tradizioni paterne di nobili ingegni e di artisti, divenne l’espressione più ricca di quella humanitas rinascimentale, la cui aspirazione al bello, al giusto, all’armonioso ebbe la ventura di essere poeticamente rivissuta e immortalata nel Cortegiano di Baldassarre Castiglione. E ancora, da buon diplomatico qual era, G. ebbe un ruolo delicato sia nel ricomporre i contrasti tra la Serenissima e il pontefice (febbr. 1505) sia nel sedare le discordie intestine di Cesena (apr. 1506). Il duca intervenne anche nella vicenda di Giampaolo Baglioni, piegato il quale il papa poté entrare trionfante a Perugia, Gubbio e Cantiano, per poi giungere il 25 settembre a Urbino, dove gli furono consegnate le chiavi della città; da Urbino il corteo papale risalì, passando per Forlimpopoli, Forlì, Imola e Bologna. Qui G. rimase sino al febbraio successivo presso la residenza di Giulio Malvezzi; nel frattempo, il 6 novembre 1506, Castiglione aveva ricevuto a Londra, per suo conto, l’insegna dell’antico ordine della Giarrettiera conferitogli da Enrico VII.
All’acuirsi della gotta, G. si trasferì nella più mite Fossombrone, dove morì l’11 aprile 1508.
Moltissime furono le biografie e le opere a lui dedicate, che, non innalzandolo al livello del padre, lo fecero brillare almeno di luce riflessa: si segnalano, tra le altre, la Vita di Federico di Vespasiano da Bisticci, il Libellus de quinque corporibus regularibus di Piero della Francesca, la Summa de arithmetica di Luca Pacioli e l’edizione del 1499 di Aldo Manuzio dei testi astronomici di Giulio Firmico Materno, Manilio, Arate e Proclo. Per di più anche nel Principe e nei Discorsi di M., che fu testimone oculare delle vicende militari e politiche di G., il duca di Urbino venne esaltato, quasi enfatizzandolo nella sua azione di uomo di guerra e di Stato, quale principe esemplare e amato dai sudditi.
Oltre alle menzioni nei Discorsi, nel Principe e nell’Arte della guerra, G. è ben presente nelle lettere pubbliche machiavelliane del 1503-04 (LCSG, 3° e 4° t., ad indicem), nonché nei cosiddetti Frammenti storici e negli Spogli dal 1464 al 1501 (N. Machiavelli, Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, t. 2, 2010, ad indicem). Alle vicende di G. e del ducato di Urbino nel 1499 è fatta anche allusione nel primo Decennale (vv. 193-98).
Bibliografia: B. Baldi, Della vita e de’ Fatti di Guidobaldo I da Montefeltro duca d’Urbino, 2 voll., Milano 1821; J. Dennistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino, 3 voll., London 1851, 1° vol., pp. 243-335, e 2° vol., pp. 3-72 (trad. it. a cura di G. Nonni, Urbino 2010); F. Ugolini, Storia dei conti e duchi d’Urbino, 2° vol., Urbino 1859, pp. 41-162; A. Luzio, R. Renier, Mantova e Urbino. Isabella d’Este ed Elisabetta Gonzaga nelle relazioni famigliari e nelle vicende politiche, Torino-Roma 1893, pp. 8-50, 124, 135, 140-85; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, 2° vol., Città di Castello 1960, pp. 24 e segg., 34, 39, 41; C.H. Clough, Sources for the history of the court and city of Urbino in the early sixteenth century, «Manuscripta», 1963, 7, pp. 67-79; G. Franceschini, Guidobaldo da Montefeltro e la lotta politica tra Marche e Romagna, «Studia picena», 1963, 31, pp. 88-121; G. Franceschini, I Montefeltro, Varese 1970, pp. 522, 525, 539, 545-77; Federico di Montefeltro. Lo stato, le arti, la cultura, a cura di G. Chittolini, G. Cerboni Baiardi, P. Floriani, 3 voll., Roma 1986, ad indicem; G. Benzoni, Guidubaldo I da Montefeltro, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 61° vol., Roma 2004, ad vocem; Cesare Borgia di Francia gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, 1498-1503. Conquiste effimere e progettualità statale, Atti del Convegno di studi, Urbino 2003, a cura di M. Bonvini Mazzanti, M. Miretti, Ostra Vetere 2005 (in partic. A. Gattucci, Alessandro VI, Cesare Borgia e Guidubaldo di Montefeltro, pp. 263-88).