Vedi Guinea dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2015
La Guinea, proclamatasi indipendente dalla Francia nel 1958 votando ‘no’ al referendum indetto dal presidente De Gaulle, ha vissuto nell’autunno 2010 un momento epocale, con le prime elezioni democratiche dalla sua fondazione. Si è così concluso un biennio di profonda crisi politico-istituzionale iniziata con il colpo di stato del 23 dicembre 2008 del capitano Moussa Dadis Camara, nominato presidente del Conseil National pour la Démocratie et le Développement (Cndd).
Dopo il massacro di almeno 157 persone da parte dei militari durante una protesta pacifica, il 28 settembre 2009, a Conakry, Camara è stato ferito in un attentato nel dicembre 2009. Successivamente si è rifugiato all’estero, lasciando un vuoto di potere che è degenerato in una serie di lotte intestine tra fazioni delle forze armate. Gli scontri si sono conclusi con la mediazione del presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré. Con la Dichiarazione congiunta di Ouagadougou, 15 gennaio 2010, le forze che facevano capo a Camara e quelle guidate dal generale Sékouba Konaté si sono impegnate a dare al paese un futuro democratico, prevedendo elezioni presidenziali entro sei mesi. Nonostante l’esplosione di violenza avvenuta il 15 novembre 2010, in seguito alla vittoria ottenuta al secondo turno dal Rassemblement du Peuple de Guinée (Rpg) guidato da Alpha Condé, che ha sconfitto il favorito, Cellou Dalein Diallo dell’Union des Forces Démocratiques de Guinée (Ufdg) la Corte suprema ha convalidato il controverso risultato elettorale. Dal 2 dicembre 2010 Condé è divenuto il primo presidente democraticamente eletto del paese. Tuttavia, la Guinea sta attraversando un forte periodo di instabilità politica: la posticipazione continua delle elezioni legislative per la costituzione dell’Assemblea nazionale, che si sono svolte alla fine nel settembre 2013, ha esasperato la popolazione, che ha espresso il suo dissenso in modo sempre più violento. Le forti critiche hanno portato alle dimissioni del premier Fofana e del suo governo, in seguito revocate. Le elezioni presidenziali dell’ottobre 2015 hanno confermato, con il 58% delle preferenze, Condé alla presidenza. Le votazioni - che hanno portato all’elezione di Mamadi Youla - hanno avuto un’elevata affluenza (circa il 68%) e sono state considerate valide dagli osservatori dell’Unione Europea. Le maggiori sfide alla sicurezza derivano a tutt’oggi dalla divisione etnica della popolazione tra malinké (circa il 35%) e peul (circa il 40%), che si riflette anche nelle dinamiche politiche e partitiche: Condé è malinké, mentre Diallo è peul. Anche l’instabilità regionale costituisce una minaccia per il governo di Conakry: il paese ospita rifugiati liberiani e ivoriani, per cui l’Unhcr ha avviato un programma di rimpatrio volontario. La Guinea è stata riammessa nella Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas) e dell’Unione Africana (Au), dalle quali era stata sospesa dopo il golpe del 2008. Principale obiettivo del presidente Condé in campo economico è promuovere un migliore sfruttamento delle ricchezze minerarie (oro, ferro, diamanti e bauxite, di cui la Guinea è il primo esportatore mondiale). La revisione del ‘Codice delle attività estrattive’ ha costituito un primo passo in questo senso. Dal marzo 2014 la Guinea lotta contro il virus ebola, il cui focolaio è stato rintracciato proprio in un villaggio del paese. Mentre in Sierra Leone e in Liberia, gli altri due stati più colpiti, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) ha dichiarato la fine dell’epidemia, in Guinea nel mese di ottobre sono stati registrati due nuovi casi. In totale nel paese ci sono stati più di 3800 contagi con 2536 morti.