Vedi Guinea dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2015
La Guinea, indipendente dalla Francia dal 1958, ha vissuto nell’autunno 2010 un momento epocale della propria storia con lo svolgimento delle prime elezioni democratiche dalla sua fondazione. Queste hanno posto fine a un biennio di profonda crisi politico-istituzionale avviata con il colpo di stato attuato, nel dicembre 2008, dal capitano Moussa Dadis Camara, presidente del Conseil national pour la démocratie et le développement (Cndd), a seguito della morte di Lansana Conté e della fine del regime autoritario guidato da quest’ultimo sin dal 1984. Ferito nel corso di un attentato nel dicembre 2009, Camara si è rifugiato all’estero, lasciando nel paese un vuoto di potere che è degenerato in una serie di lotte intestine tra fazioni delle forze armate, conclusesi solo grazie alla mediazione del presidente del Burkina Faso, Blaise Campaoré. Con la Dichiarazione congiunta di Ouagadougou, del 15 gennaio del 2010, le forze facenti capo a Camara e quelle guidate dal generale Sékouba Konaté si sono impegnate a dare al paese un futuro democratico, istituendo un governo di transizione e prevedendo elezioni presidenziali entro sei mesi, alle quali non avrebbero potuto prendere i membri del governo provvisorio e delle forze armate.
Nonostante l’esplosione di violenza avvenuta il 15 novembre 2010 in seguito alla vittoria ottenuta al secondo turno dal Rassemblement du peuple de Guinee, guidato da Alpha Condé, che ha sconfitto il favorito Cellou Dalein Diallo dell’Union des forces démocratiques de Guinée, la Corte suprema ha legittimato il controverso risultato elettorale, e dal 2 dicembre 2010 Alpha Condé è divenuto il primo presidente democraticamente eletto del paese.
Le maggiori sfide alla sicurezza del paese derivano dalla divisione etnica della popolazione tra Malinké e Peul, che si riflette anche nelle dinamiche politiche e partitiche – Alpha Condé è un Malinké, mentre Diallo è un Peul. Anche l’instabilità regionale genera preoccupazioni al governo di Conakry, in particolar modo in relazione alla difficile situazione interna della Costa d’Avorio, paese da cui affluiscono in Guinea migliaia di rifugiati.
Il passaggio da un governo militare ad uno di natura civile dovrebbe consentire al paese di essere riammesso all’interno della Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) e dell’Unione Africana (Au), dalle quali era stato sospeso conseguentemente al colpo di stato del 2008.
Principale obiettivo del neo presidente Condé in campo economico è quello di promuovere un migliore sfruttamento – soprattutto tramite la ridefinizione dei contratti con gli investitori stranieri – delle ricchezze minerarie del paese, che possiede notevoli giacimenti di oro, ferro, diamanti e soprattutto bauxite, di cui è il primo esportatore mondiale. Questo permetterebbe di risanare un’economia devastata dall’inefficienza dei governi succedutisi nel corso degli ultimi anni: si stima infatti che questi abbiano destinato circa il 40% della spesa pubblica alle forze armate e non abbiano investito a sufficienza nelle infrastrutture necessarie allo sviluppo economico del paese e neppure nella lotta alla povertà. Non a caso, secondo l’indice Doing Business sull’attrazione degli investimenti esteri, la Guinea è al 179° posto su 183 paesi. I principali prodotti esportati sono bauxite, alluminio, oro e diamanti, quindi beni vulnerabili alla volatilità dei prezzi, e questi sono diretti prevalentemente verso India, Spagna, Russia e Germania.