PIETRASANTA, Guiscardo di
PIETRASANTA, Guiscardo di. – Appartenne a una numerosa famiglia dell’aristocrazia milanese, figlio di Pagano e nipote di Pietro; non è nota la data di nascita.
Si può ipotizzare che fosse suo figlio quel Pagano, capitano del Popolo a Firenze nel 1288, il cui sarcofago si trova nel portico della basilica di S. Ambrogio di Milano; tuttavia il massiccio ricorrere di omonimie nell’ambito del gruppo parentale dei Pietrasanta impedisce la ricostruzione dell’albero genealogico; inoltre si osserva che, dopo il 1254, data a partire dalla quale si sa con certezza che Pagano, padre di Guiscardo, era morto, nella documentazione relativa a beni fondiari si parla genericamente di ‘eredi di Pagano’: il che fa pensare a una famiglia assai estesa e comunque a un contesto ereditario non definito.
Guiscardo incarna pienamente la figura del politico di professione come venne configurandosi nell’Italia comunale duecentesca: solida preparazione giuridica e amministrativa, rilevante posizione sociale della famiglia nella città di provenienza, raggiungimento di una fama che portava all’offerta di incarichi podestarili anche in sedi assai lontane rispetto alla propria città. La prima traccia di Guiscardo di Pietrasanta risale al 1247, quando fu catturato in Liguria insieme agli zii Guido e Gabrio dalle forze di Federico II: riconosciuti a Porto Venere da armati genovesi, vennero portati a Genova, città assai attiva del fronte antimperiale. Grazie all’intervento delle autorità genovesi, vennero scambiati con prigionieri bergamaschi detenuti a Milano e poterono così tornare in patria. È da notare che Guiscardo non ricoprì incarichi pubblici nella propria città, mentre è segnalato quale podestà di Novara nel 1250-51, e l’anno seguente dell’importante sede di Genova; è probabile che la fama di validi amministratori meritata nei decenni precedenti dal padre e dal nonno fungesse da garanzia, evidentemente unita a una preparazione adeguata di cui anch’egli doveva aver dato prova. Prese così avvio la breve ma intensa attività politica di Guiscardo, che ricoprì la carica podestarile a Firenze nel 1254 e l’anno seguente fu chiamato a Lucca, per rimanervi fino al 1257 con analogo incarico.
Il 1258 registra l’unico grande ruolo accertato di protagonista del ceto dirigente della propria città: in occasione della pace di Sant’Ambrogio, così denominata dal luogo in cui venne raggiunta la sofferta ed effimera pacificazione tra le fazioni cittadine, mentre lo zio Guido era presente nel gruppo dei rappresentanti di capitanei e valvassori (cioè la parte degli aristocratici), Guiscardo affiancò i due podestà piacentini in carica in città, Filippo Visdomino e Riccardo da Fontana, quale elemento evidentemente ritenuto equilibrato e neutrale. A conferma di tale giudizio vi è la disposizione, compresa nel testo della pacificazione, che Guiscardo si unisse alla delegazione paritaria di aristocratici e popolari che avrebbe dovuto chiedere al papa di legittimare la possibilità per esponenti della parte popolare di accedere alle più alte cariche della gerarchia ecclesiastica ambrosiana. Il 1259 si aprì con Guiscardo in carica come podestà a Piacenza, schierato a sostegno dell’azione di Alberto da Fontana, che capeggiava coloro che si erano ribellati al potere di Ubertino Landi, mentre nella seconda metà dell’anno, e probabilmente anche nella prima parte del 1260, fu a capo del Comune di Firenze. Nel 1261 fu di nuovo podestà a Lucca e vi rimase l’anno successivo con il titolo di capitano del Popolo, in una fase molto travagliata della vita della città, soprattutto per i ricorrenti scontri bellici con Pisa per il controllo di vaste aree e luoghi strategici del contado.
L’ultima parte della vita politica di Guiscardo avvenne nell’ambito dell’amministrazione pontificia. Già segnalato al tempo di Innocenzo IV, nel quadro dell’ampliarsi all’area padana del reclutamento per l’amministrazione dei territori sotto giurisdizione papale, tra i podestà favorevoli alla Chiesa (‘Ecclesie devoti’), venne compreso tra quei rettori ‘in temporalibus’, a cui ricorsero i papi valorizzando le esperienze acquisite nei governi comunali. Urbano IV lo nominò rettore e capitano del Patrimonio di S. Pietro, ma tale ruolo determinò anche la tragica conclusione della sua brillante carriera politica. L’energica azione papale per affermare una volta per tutte la sovranità della Chiesa sui territori circostanti al lago di Bolsena condusse allo scontro armato con le signorie locali e in particolare con i fratelli di Bisenzio, decisamente riluttanti a diventare vassalli pontifici. Gli armati di Urbano IV riuscirono a catturare Giacomo di Bisenzio e a tradurlo a Montefiascone: nonostante una sentenza di condanna emessa da Pietrasanta, fu rilasciato in seguito alla rinuncia ai diritti sull’isola Martana. Giacomo e i suoi fratelli si allearono allora con Viterbo e, appurato che Guiscardo avrebbe intrapreso un viaggio da Montefiascone a Canino, gli tesero un’imboscata: nonostante la strenua resistenza della scorta il rettore pontificio venne ucciso a Orvieto e il suo cadavere lasciato sulla via orrendamente mutilato. Di tale fatto, accaduto nel 1264, si ha un eloquente riscontro in una lettera di Urbano IV indirizzata al podestà, al capitano del Popolo e al Consiglio del Comune di Viterbo con cui il papa, riferendo dell’orribile misfatto perpetrato dagli scelleratissimi di Bisenzio, traditori della Chiesa romana, che aveva condotto alla crudele morte di Guiscardo di Pietrasanta, invitò i viterbesi a vendicare il rettore papale e a rompere quindi qualsiasi legame con i di Bisenzio. Si sa comunque che, in seguito alle ferite riportate, pochi giorni dopo anche Giacomo di Bisenzio morì.
Il nome di Guiscardo è legato alla fondazione della cittadina toscana di Pietrasanta. La notizia risale alla Historia di Giovanni da Cermenate, cronista e notaio milanese o comasco vissuto tra la fine del XIII e la prima metà del XIV secolo. Mentre era podestà a Lucca, nel 1255, Guiscardo prese l’iniziativa di creare in Versilia un borgo murato, utile per condurre in maniera incisiva la lotta contro le famiglie signorili della zona – in particolare le consorterie dei Corvaia e dei Vallecchia –, oscillanti nell’alleanza ora con Pisa ora con Lucca e gli avrebbe imposto il nome della propria famiglia; è assai probabile che tale borgo fosse collocato su antiche fortificazioni di epoca romana, utilizzate anche in età longobarda, sul tratto stradale che da Pisa conduceva a Luni. Per assicurare un successo duraturo alla campagna militare lucchese Guiscardo indusse i gruppi vassallatici dei Corvaia e dei Vallecchia a popolare il borgo nuovo esentandoli da tributi, e affrancandoli da obblighi di dipendenza personale. Tuttavia poco tempo dopo i pisani presero il controllo di Pietrasanta e lo tennero per alcuni anni. Ancora oggi la cittadina versiliese presenta come stemma quello della famiglia Pietrasanta, con la colonna sormontata da un’ostia.
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