GUIZZARDINO da Bologna (di Porta Stiera)
Nacque a Bologna probabilmente nell'ultimo decennio del secolo XII.
Il percorso formativo di questo giurista, per il quale mancano indicazioni utili nelle fonti, si può ricostruire nelle grandi linee analizzandone l'opera. Per un verso pare potersi sostenere che G. fu discepolo di Azzone e non amò invece Martino e i martiniani, per altro verso da un punto di vista metodologico egli sembra molto vicino a Iacopo Baldovini e si può credere che come lui sia stato allievo di Ugolino Presbiteri. G. sarebbe dunque un esponente di quella "linea alternativa" alla giurisprudenza accursiana viva sino al tardo Duecento che trovava nello stesso Ugolino il capostipite.
Nel necrologio di S. Giovanni in Monte, G. è indicato come "frater noster". Ciò bastò a Besta per inferire - con qualche cautela in un primo tempo e in modo risoluto in seguito - il suo status di ecclesiastico. Tuttavia, come ha ricordato Fanti (p. 19), già Monti poté "spiegare che l'espressione fraternoster, usata continuamente nel necrologio, doveva intendersi nel senso di una fratellanza spirituale". Che G. vestisse l'abito religioso non si può insomma né affermare, né negare.
La sua attività documentata, tutta bolognese, ha inizio nelle giornate del 2 e del 3 nov. 1215, quando egli fu presente in veste di iudex agli atti con i quali Visconte Visconte, podestà di Bologna, si appellò al pontefice e si dichiarò pronto a sostenere le ragioni del Comune in giudizio nei confronti del vescovo Gerardo. Il 19 febbr. 1216 G. è ricordato tra i membri del Consiglio del Comune di Bologna semplicemente come "Guizzardinus de Portasterii". Il 30 ottobre, indicato per la prima volta con il titolo di doctor legum, giurò la propria fedeltà al Comune e prese cattedra nella città felsinea.
Il 15 ott. 1217 e il 18 giugno 1219 compare come testimone in tre atti di vendita - due di questi negozi ebbero luogo nel palazzo comunale tra privati cittadini e i rappresentanti del Comune -; il 18 maggio 1219 fu presente al giuramento con il quale i Comuni di Bologna e Pistoia accettarono le disposizioni emanate dal legato pontificio Ugolino cardinale vescovo d'Ostia per risolvere la contesa che li vedeva protagonisti. Il 15 luglio 1220 è menzionato in qualità di membro del Consiglio di credenza, il 1° settembre partecipò all'atto con il quale il legato di Federico II in Italia, Corrado vescovo di Metz e Spira, liberò Bologna dal bando imperiale. In seguito fu incaricato dal podestà di una missione di grande importanza, nella quale già avevano fallito i giuristi Ugolino Presbiteri e Bagarotto. Si trattava di risolvere una controversia tra il Comune e il vescovo che aveva spinto quest'ultimo a scagliare l'anatema contro la città per lesione dell'immunità ecclesiastica nei confronti di un omicida. La mediazione di G. diede gli esiti sperati, tanto che il 24 dicembre le parti giunsero a una composizione e il presule accordò la liberazione dalla scomunica.
Il 30 ag. 1221 il cardinale Ugolino impose la pace tra il patriarca di Aquileia, il presule di Feltre e Belluno e il Comune di Treviso. Nei due documenti, redatti nel palazzo episcopale di Bologna, tra i testimoni G. compare insieme con altri doctores legum.
Due avvenimenti, oltre a questi, risultano particolarmente significativi. In una glossa presumibilmente della prima metà del secolo XIII (Condorelli) si ricorda che una volta G. fu interpellato "pro quibusdam negotiis" da Federico II. Ancora, per quel che concerne la sua attività nella prassi, ci è giunta memoria di un dibattito processuale nel quale si confrontarono Azzone, Bagarotto, Ugolino Presbiteri et alii da una parte e Iacopo Baldovini, G. et alii dall'altra. A dimostrazione che nella Bologna del tempo G. godeva gran fama sia come giurista, nel foro e nello Studio, sia come uomo delle istituzioni (dal secondo decennio del secolo XIII i doctores erano tenuti a prestare la propria dottrina al Comune ogniqualvolta ne fossero richiesti). D'altronde da certe espressioni della sua opera sul processo si deduce che del proprio valore egli era ben conscio; pare anche che le sue capacità fossero riconosciute al punto da risultare "oggettive".
Morì il 13 sett. 1222 in località e circostanze a noi ignote.
Enrico Besta (1896, p. 8) notò che la figura di G. fu del tutto ignorata nelle fonti della storia del diritto intermedio - Azzone, Accursio e Odofredo -, e tuttavia sarebbe sbagliato giudicare per questo di nessun interesse la sua produzione scientifica. Altre volte, infatti, quelle fonti lasciano nel silenzio autori di prima grandezza, forse per inimicizia o per scelte dottrinali incomponibili. L'oblio nel quale cadde G., che pure non si può annoverare tra i giuristi maggiori del Duecento, fu immeritato, ma spiegabile forse con la brevità della carriera accademica e la presumibile assenza di una scuola di doctores che facesse capo a lui. Si può ben credere che la morte gli abbia impedito di produrre nella dottrina e nel magistero i frutti migliori.
G. fu autore di glosse al Codice, al Digesto e alle Istituzioni. A suo nome è stata tramandata anche l'importante Lectura all'Autentica federiciana Sacramenta puberum che, tramite un'elaborazione più tarda (Hallebeek, p. 103), fu accolta in seguito nella Glossa ordinaria. Abbiamo inoltre notizia di "unum librum scriptorum domini Guizardini super Codice" che ancora circolava nel 1293 (Sarti - Fattorini, I, p. 124 e n. 4).
Il Libellus de preparatoriis litium et earum praeambulis (1220-22), edito da Palmieri e da lui attribuito a Pillio da Medicina, fu riconosciuto opera di G. da Besta che si valse della testimonianza decisiva di Geremia da Montagnone, uomo autorevolissimo e senz'altro attendibile nel caso specifico, come possono dimostrare molti e significativi riscontri nel testo. Nel piano originario l'opera fu prevista come una trattazione completa sul processo, articolata in sei sezioni; a noi è giunta solo la prima - nella quale si tratta la preparazione della lite - e per di più incompleta. Non è possibile dire se quel che manca sia rimasto allo stato di progetto irrealizzato o se ci sia stato sottratto dal tempo: Besta inclinò per la seconda ipotesi e, sulla base dei manoscritti conservati, sostenne che l'opera ebbe non disprezzabile diffusione, ma cadde presto nell'oblio, al punto che nessuno dei giuristi posteriori la citò o vi attinse; occorre tuttavia notare che Bagarotto se ne servì in un compendium di successo (Fowler-Magerl, p. 68).
Alcune caratteristiche si riscontrano in tutta la produzione di G.: il frequente confronto tra ius vetus e diritto vigente, l'autorità accordata alla consuetudine, il ricorso costante alle quaestiones de facto, "una certa sottigliezza nelle continuationes titulorum, nelle casus positiones, nelle distinctiones e specialmente nella partizione delle leggi, di cui i successivi commentatori fecero poi tanto abuso" (Besta, 1896, p. 11).
Fonti e Bibl.: Pillii libellus de preparatoriis litium et earum preambulis ex cod. Ms. Cassinensi XX 213, a cura di G.B. Palmieri, in Scripta anecdota glossatorum vel glossatorum aetate composita, III, Bononiae 1901, pp. 15-68; Registri dei cardinali Ugolino d'Ostia e Ottaviano degli Ubaldini, a cura di G. Levi, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], VIII, Roma 1890, pp. 70, 74; Chartularium Studii Bononiensis, I, Bologna 1909, ad indices; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, I, Bologna 1596, pp. 130, 132; L.V. Savioli, Annali bolognesi, Bassano 1784-95, II, 1, p. 337; II, 2, pp. 362 s., 366, 404, 437, 444, 455 s.; F.C. Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, II, Torino 1857, pp. 275 s.; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus…, I, Bononiae 1888, pp. 117, 123 s.; II, ibid. 1896, pp. 31-33, 290; E. Besta, Su due opere sconosciute di G. e di Arsendino Arsendi, Venezia 1896, pp. 7-13; Id., Per la storia della nostra letteratura processuale nella prima metà del secolo decimo terzo, in Studi di diritto romano, di diritto moderno e di storia del diritto pubblicati in onore di V. Scialoja nel XXV anniversario del suo insegnamento, II, Milano 1905, pp. 655-670; R. Abbondanza, Bagarotto (Bagarotto dei Corradi), in Diz. biogr. degli Italiani, V, Roma 1963, p. 173; G. Santini, L'origine bolognese di due leggi di Roncaglia: le "constitutiones" "Habita" e "Sacramenta puberum", in Archivio giuridico "Filippo Serafini", s. 6, XLIV (1968), pp. 510-512; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, III, Frankfurt a.M. 1972, s.v.; G. Dolezalek - L. Mayali, Repertorium manuscriptorum veterum Codicis Iustiniani, I-II, Frankfurt a.M. 1985, ad indices; N. Sarti, Un giurista tra Azzone e Accursio. Iacopo di Balduino (… 1210-1235) e il suo "Libellus instructionis advocatorum", Milano 1990, ad indices; L. Sorrenti, L'Autentica "Sacramenta puberum" nell'esegesi dei dottori bolognesi del Duecento: G. e Iacopo Baldovini, in Riv. internazionale di diritto comune, II (1991), pp. 69-121; N. Sarti, Una inedita "quaestio" azzoniana sulla restitutio in integrum del minore soccombente in possessorio (Ms. München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 28178), in Riv. di storia del diritto italiano, LXV (1992), pp. 117, 131-134, 142-144; J. Hallebeek, Symon Vincentinus' "Quaestiones ad auth. Sacramenta puberum", in Riv. internazionale di diritto comune, III (1992), pp. 93-108; L. Fowler-Magerl, Ordines iudiciarii and Libelli de ordine iudiciorum (from the middle of the twelfth to the end of the fifteenth century), Turnhout 1994, pp. 40, 53, 68, 77; M. Fanti, Il necrologio della canonica di S. Vittore e S. Giovanni in Monte di Bologna (secoli XII-XV). Note su un testo ricuperato, Bologna 1996, pp. 19, 75, 102; O. Condorelli, "Quum sint facti et in facto consistant". Note su consuetudini e statuti in margine a una costituzione di Bonifacio VIII (Licet Romanus pontifex, VI.1.2.1.), in Riv. internazionale di diritto comune, X (1999), p. 220 n. 38.