guizzare
È usato nel senso proprio in If XI 113 i Pesci guizzan su per l'orizzonta, dove il sorgere della costellazione dei Pesci è visto come un ‛ guizzare ' al di sopra dell'orizzonte, che appare come una superficie d'acqua. Simile al movimento dei pesci è quello della coda di Gerione che nel vano tutta... guizzava (lf XVII 25): da intendere intransitivamente, in conformità all'uso costante del verbo in Dante.
Similmente, in If XIX 26 (Le piante erano a tutti accese intrambe; / per che sì forte guizzavan le giunte, / che spezzate averien ritorte e strambe), si noti l'errore ad esempio del Landino, che spiega: " con prestezza muovevano le giunture... "; infatti, anche qui, " le giunture " fanno da soggetto, e non da oggetto, come ben intendono i commenti moderni. Il g. ben definisce l'agitarsi delle anime (o degli arti) dei simoniaci, perciò troviamo di nuovo il verbo in If XIX 32, riferito un po' a tutta la persona: Chi è colui, maestro, che si cruccia / guizzando più che li altri suoi consorti...? Si veda l'interpretazione allegorica di Guido da Pisa: " in figura huius summus Pontifex calceamenta rubea gestat in pedibus, ad ostendendum quod sui affectus debent esse caritate succensi "; ma in questa chiosa si perde il tratto essenziale che caratterizza la figura di Niccolò III: il g., lo ‛ spingare ' con ambo le piote (v. 120).
Il verbo ha infine due occorrenze nel Purgatorio: una volta abbiamo l'image umana che guizza dentro a lo specchio (XXV 26) seguendo il guizzo della persona che vi si riflette: " ed impertanto noi non siamo in quello specchio, né alcuna cosa di noi non v'è; ma l'ombra nostra, che in quello corpo terso e pulito si riceve, ne rappresenta: così in queste anime non v'era magrezza, ma umbratile magrezza " (Ottimo). in Pg XVII 42, con uso traslato, il sonno fratto guizza pria che muoia tutto: " Siccome il pesce, tratto fuor d'acqua, guizza prima di morire, così per catacresi appella guizzare quello sforzo che l'interrotto sonno fa di rimettersi prima che del tutto svanisca " (Lombardi).