GURNIÀ
Città minoica situata presso il golfo di Mirabello nella Creta nord-orientale: è l'unico esempio di un agglomerato di una certa importanza lontano dai grandi palazzi e da questi topograficamente indipendente e quindi interessante per l'aspetto domestico delle costruzioni e come testimonianza di vita quotidiana.
La città è direttamente poggiata su una gibbosità rocciosa nei pressi del mare ed adatta le costruzioni e le strade al gradire e allo scendere del terreno presentando una pianta variamente articolata consistente in un fitto agglomerato di case e stradette.
Le case, quasi tutte molto modeste, erano costruite con pietre di calcare locale fino ad una certa altezza e con il resto dell'elevato in mattoni crudi; al primo periodo della città che può datarsi al Medio Minoico III, risalgono muri di piccole pietre messe insieme con l'argilla; nel periodo del suo massimo fiorire, Tardo Minoico I, i muri sono composti di pietre più grandi non ben squadrate, con pietrisco negli interstizi; al tardo periodo della città, Tardo Minoico III, sono assegnati alcuni muri ad aspetto pressocché ciclopico.
È certo che molte case dovettero avere due o più piani: sono conservate infatti alcune scale e restano tracce di scale lignee: spesso, inoltre, gli oggetti migliori furono trovati ad una certa altezza nel suolo sì da far pensare di essere caduti da piani superiori. Le case poste sulla cresta della collina hanno le stanze del primo piano con accesso da una porta posteriore, dal lato della collina che degrada, ed il piano. superiore con le stanze principali cui si accede dalla strada sulla cresta. La pianta consiste generalmente in un'anticamera pavimentata in diretta comunicazione con la strada tramite una bella soglia di pietra, e con stanze interne da cui alcuni gradini conducevano ai piani superiori; i pavimenti erano in terra battuta. Per sostenere il secondo piano si usarono pilastri rettangolari nella prima fase, sostituiti poi da pilastri rotondi. Quasi al centro dell'abitato, dislocato su tre ripiani del terreno è un piccolo palazzo, articolato alla maniera dei grandi palazzi minoici, con cortile centrale e ai lati appartamenti e magazzini. A S del palazzo si apre uno spiazzo che può aver servito da agorà all'intero villaggio; a N è un tempio che si pensa costruito nel Tardo Minoico I e la cui suppellettile è del Tardo Minoico III, chiaro esempio di costruzione sacra disgiunta dal palazzo.
G. ha restituito moltissimi oggetti di utilità domestica come anfore, pìthoi, brocche e superbi esemplari di ceramica policroma decorata in uno stile naturalistico di grande bellezza che si svolge in forma fantasiosa, senza alcuna costrizione derivante dalla forma del vaso. I soggetti, per lo più marini, sono espressi nella più assoluta libertà con esuberanza e freschezza, senza prospettiva e senza chiaroscuro, ma con l'immediatezza di uno stile che può anche dirsi illusionistico: esempio classico è la brocchetta con il polipo che tende le sue spire su tutta la superficie del vaso, sulla quale pullula tutto un microcosmo di nautili, tritoni, attinie, ecc.
Accanto a questa decorazione libera e fantasiosa è anche la decorazione naturalistica stilizzata che a Cnosso prende il nome di stile di palazzo; per lo più motivi vegetali stilizzati che scandiscono la superficie del vaso in ritmi sempre meno liberi tendenti a forme simmetriche. Il periodo di maggior fioritura ceramica a G. è il Tardo Minoico I. Al Tardo Minoico III appartiene una làrnax dipinta con figure di animali: nelle sagome senza rilievo delle figure, pur nello schema statico della composizione il lungo tirocinio naturalistico dei ceramisti di G. si esplica nella vivace scena della mucca che allatta il vitellino.
Bibl.: H. Boyd-Hawes ed altri, Gournià, Vasilikì, and Other Praehistoric Sites, Filadelfia 1908; H. Th. Bossert, Altkreta, Berlino 1921, passim; J. D. S. Pendlebury, The Archaeology of Crete, Londra 1939, passim; R. W. Hutchinson, in The Town-Planning Review, XXI, 1950, p. 199 ss.; L. Pernier-L. Banti, Il Palazzo Minoico di Festos, II, Roma 1951, passim e capitoli sulla ceramica p. 518 ss.; F. Matz, Kreta, Mykene, Troja, Stoccarda 1956, p. 58.